Rime
eBook - ePub

Rime

  1. 304 pagine
  2. Italian
  3. ePUB (disponibile sull'app)
  4. Disponibile su iOS e Android
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Informazioni su questo libro

Gaspara Stampa è l'autrice di uno dei più bei canzonieri della letteratura italiana. Ispirate da una passione d'amore pienamente vissuta, le Rime descrivono le gioie e i turbamenti, i sentimenti e le passioni di una donna capace di perseguire, non senza dolore, una scelta di vita libera e raffinata all'interno di un ambiente ostile, capace di tollerare solo la dissolutezza maschile. Nell'introduzione, Maria Bellonci illumina con sottile penetrazione le ragioni esistenziali e poetiche che fanno da sfondo all'opera, osservando come il valore dei dati biografici della Stampa debba essere inteso quale traccia di un sotterraneo esercizio artistico legato alla sua avventura umana, a quei sussulti paralleli alla vita stessa.

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Informazioni

Editore
BUR
Anno
2013
Print ISBN
9788817169783
eBook ISBN
9788858657829
Argomento
Letteratura
Categoria
Poesia

RIME

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ALLO ILLUSTRE MIO SIGNORE

Poi che le mie pene amorose, che per amor di V. S. porto scritte in diverse lettere e rime, non han possuto, una per una, non pur far pietosa V. S. verso di me, ma farla né anco cortese di scrivermi una parola, io mi son rissoluta di ragunarle tutte in questo libro, per vedere se tutte insieme lo potranno fare. Qui dunque V. S. vedrà non il pelago1 delle passioni, delle lagrime e de’ tormenti miei, perché è mar senza fondo; ma un piccolo ruscello solo di esse; né pensi V. S. ch’io abbia ciò fatto per farla conoscente2 della sua crudeltà, perché crudeltà non si può dire, dove non è obligo, 3 né per contristarnela; ma per farla più tosto conoscente della sua grandezza ed allegrarla. Perché, vedendo esser usciti dalla durezza vostra verso di me questi frutti, congeturerà quali saranno quelli, che usciranno dalla sua pietà, se averrà mai che i cieli me la faccino pietosa: o obietto nobile, o obietto chiaro, o obietto divino, poi che tormentando ancora giovi e fai frutto. Legga V. S. dunque, quando averà triegua delle sue maggiori e più care cure, le note delle cure amorose e gravi della sua fidissima ed infelicissima Anassilla;4 e da questa ombra prenda argomento quali ella le debba provare e sentir nell’animo; ché certo, se accaderà giamai che la mia povera e mesta casa sia fatta degna del ricevere il suo grande oste,5 che è V. S., io son sicura che i letti, le camere, le sale e tutto racconteranno i lamenti, i singulti, i sospiri e le lagrime, che giorno e notte ho sparse, chiamando il nome di V. S., benedicendo però sempre nel mezzo de’ miei maggior tormenti i cieli e la mia buona sorte della cagion d’essi: percioché assai meglio è per voi, conte, morire, che gioir per qualunque.6 Ma che fo io? Perché senza bisogno tengo V. S. troppo lungamente a noia, ingiuriando anco le mie rime, quasi che esse non sappian dir le lor ragioni, ed abbian bisogno dell’altrui aita? Rimettendomi dunque ad esse, farò fine, pregando V. S., per ultimo guiderdone della mia fedelissima servitù, che nel ricever questo povero libretto mi sia cortese sol di un sospiro, il quale refreschi così lontano la memoria della sua dimenticata ed abbandonata Anassilla. E tu, libretto mio, depositario delle mie lagrime, appreséntati nella più umil forma che saprai, dinanzi al signor nostro, in compagnia della mia candida fede. E, se in recevendoti vedrai rasserenar pur un poco quei miei fatali ed eterni lumi, beate tutte le nostre fatiche e felicissime tutte le nostre speranze; e ti resta seco eternamente in pace.
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RIME D’AMORE

I

Voi, ch’ascoltate in queste meste rime,
in questi mesti, in questi oscuri accenti
il suon degli amorosi miei lamenti
e de le pene mie tra l’altre prime,
ove fia chi valor apprezzi e stime,
gloria, non che perdon, de’ miei lamenti
spero trovar fra le ben nate genti,
poi che la lor cagione è sì sublime.1
E spero2 ancor che debba dir qualcuna:
– Felicissima lei, da che sostenne
per sì chiara cagion danno sì chiaro! 3
Deh, perché tant’amor, tanta fortuna
per sì nobil signor a me non venne,
ch’anch’io n’andrei con tanta donna a paro? 4
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II

Era vicino il dì che ’l Creatore,
che ne l’altezza sua potea restarsi,
in forma umana venne a dimostrarsi,
dal ventre virginal uscendo fore,1
quando degnò l’illustre mio signore,
per cui ho tanti poi lamenti sparsi,
potendo in luogo più alto annidarsi,
farsi nido e ricetto del mio core.
Ond’io sì rara e sì alta ventura 2
accolsi lieta; e duolmi sol che tardi
mi fe’ degna di lei l’eterna cura.
Da indi 3 in qua pensieri e speme e sguardi
volsi a lui tutti, fuor d’ogni misura
chiaro e gentil, quanto ’l sol giri e guardi.


III

Se di rozzo pastor di gregge e folle
il giogo ascreo4 fe’ diventar poeta
lui, che poi salse 5 a...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Frontespizio
  3. INTRODUZIONE
  4. CRONOLOGIA
  5. PREMESSA AL TESTO
  6. GASPARA STAMPA NELLA STORIA DELLA CRITICA
  7. BIBLIOGRAFIA
  8. DOCUMENTI
  9. ILLUSTRAZIONI
  10. RIME
  11. BIBLIOGRAFIA