La pecora Dolly e altre storie per bambini
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La pecora Dolly e altre storie per bambini

  1. 144 pagine
  2. Italian
  3. ePUB (disponibile sull'app)
  4. Disponibile su iOS e Android
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La pecora Dolly e altre storie per bambini

Informazioni su questo libro

La clonazione che scatena il caos nel gregge, una piccola volpe alla ricerca della mamma cucita in una pelliccia, un bel coperchio sposato a una pentola brutta e vecchia… Piccole narrazioni morali dalla penna di una grande scrittrice.

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Informazioni

Editore
BUR
Anno
2014
Print ISBN
9788817031073
eBook ISBN
9788858656747

La pelliccia di volpe

illustrazione: afo, filo, forbici, ditale
Una bella signora bionda scendeva per la strada con addosso un cappotto foderato di pelliccia.
All’altezza del semaforo incontrò una volpe dalla zampa ferita che camminava zoppicando, con l’aria affaticata.
«Povera volpe,» disse la donna osservando la zampa ferita, «posso fare qualcosa per te?»
«Sono giorni e giorni che cammino, ho fame,» disse la volpe agitando la coda.
«Vieni a casa mia, ti curerò la zampa.»
“Che persona gentile!” si disse la volpe, che era abituata ad essere cacciata da tutte le parti.
«Vieni con me, come ti chiami?» chiese la signora bionda.
«Mia madre mi chiamava Tu-tu.»
«Vieni, Tu-tu, che ti metto del disinfettante sulla ferita.»
La volpe seguì la signora bionda in fondo alla strada dove c’era un cancello di ferro. La donna spinse il cancello accompagnata dall’animale e poi aprì la porta di casa e fece entrare la volpe.
«Che fai in giro per la città?» chiese la signora bionda.
«Sto cercando la mia mamma che è scomparsa da un mese.»
«E il papà dove ce l’hai?»
«Il papà non ce l’ho mai avuto. La mia mamma è rimasta incinta di un volpino rosso che poi è sparito e non si è fatto più vivo.»
«Non ha scritto nemmeno una cartolina?»
«Nemmeno una cartolina.»
«Ma che strano: anche mio padre se n’è andato quando io ero bambina senza dire dove e non ha mai scritto nemmeno una cartolina.»
«Me lo dai qualcosa da mangiare?»
«Vuoi una caramella, un cioccolatino?» disse la donna, mettendosi a cercare per tutta la casa.
«No, vorrei un pollo.»
«Non ho polli, mi dispiace. Ma ora vieni qui che ti disinfetto la zampina.»
E con molto garbo e molta delicatezza la donna pulì con l’acqua ossigenata la zampa della volpe. Gliela fasciò e ci mise pure un cerottino per fermare la garza.
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«Ma dimmi, come te la sei fatta questa ferita?»
«Mi daresti un uovo?»
«Non ho uova.»
«Forse nel frigorifero hai un vecchio uovo di gallina.»
«No. Io mangio sempre fuori. In casa ci sto poco, vivo sola dopo che mio marito è morto. Vuoi una ciliegia candita?»
La volpe si grattò la testa. C’era uno strano odore in quella casa, un odore di animale morto. Ma per quanto si guardasse intorno, la volpe non vedeva tracce di animali.
«Sarai stanca, e magari hai anche la febbre. Se vuoi ti puoi stendere sul letto della mia bambina, che ora è con la nonna in Francia. Vieni,» disse la donna bionda, e la portò in una cameretta tutta rosa con tante bambole sedute sugli scaffali.
La volpe Tu-tu si sdraiò sul letto e subito si addormentò tanto era stanca: aveva camminato notte e giorno per una settimana in cerca della madre scomparsa.
La donna la guardò dormire con un sorriso di tenerezza: se non fosse stato per quei peli rossicci, sarebbe potuta essere sua figlia, tanto le assomigliava. Prima di uscire coprì l’ospite con il suo cappotto foderato di pelliccia e poi chiuse la porta piano per non svegliarla.
Nel mezzo della notte la volpe sentì una voce che diceva «Svegliati, Tu-tu, sono qui.» La volpe si alzò e si guardò intorno ma non vide nient’altro che la vezzosa camera della bambina sui cui scaffali di legno chiaro stavano sedute immobili le bambole di pezza e di porcellana.
«Sono qui sul letto, guardami,» disse una voce conosciuta, e finalmente la vide, sua madre. Era stata cucita dentro il cappotto per tenere caldo.
«Ma tu sei morta. Ti hanno scuoiata!» disse la volpe figlia alla volpe madre, e scoppiò in singhiozzi.
«Non dire alla signora bionda che mi hai trovata. Fatti spiegare dove ha comprato la pelliccia e vai nel negozio a chiedere che ne è stato degli altri pezzi del mio corpo. Senza le zampe e gli occhi non posso tornare da te.»
La giovane volpe fece come le aveva ordinato la madre. Finse di dormire fino all’alba, poi si alzò, appoggiò delicatamente il cappotto foderato di pelliccia su una poltrona e bevve una tazza di latte che le aveva preparato la signora.
«Dove hai comprato questo bel cappotto?» chiese poi, facendo finta di ammirare il soprabito foderato.
«Ti piace? È un cappotto molto caldo. L’ho comprato dalla signora Jole nel negozio in piazza Duomo,» rispose candidamente.
«Allora io vado, ne voglio comprare uno uguale per la mia mamma.»
«Ti auguro di ritrovarla. E se hai bisogno di qualcosa torna pure da me.»
La volpe ringraziò e uscì più affamata di prima. Ma non voleva perdere tempo a cercare da mangiare. Si precipitò in piazza Duomo, trovò il negozio della signora Jole e le chiese dove fossero i pezzi della volpe con cui aveva cucito l’interno del cappotto.
La signora Jole, quando vide la giovane volpe, pensò: “Qui ci verrebbe un altro bel cappotto con l’interno di pelliccia.” E cominciò a fare domande strane, tipo: «Da dove vieni, bella volpe? Che ci fai in città? Perché te ne vai sola sola?» Ma la volpe capì l’antifona e rispose che era venuta in città insieme con un branco di lupi che la aspettavano all’imbocco della metropolitana. La signora Jole non insistette.
Tenne duro invece la volpetta nell’interrogare la signora Jole per sapere dove avesse comprato la pelliccia. E la signora Jole le rispose che veniva da una conceria chiamata Paradiso, il cui proprietario aveva nome San Pedro. Lì gli animali venivano scuoiati per fare pellicce.
La nostra volpe salutò e andò alla conceria Paradiso. Appena entrata credette di svenire: l’odore di sangue era così forte che non si riusciva a respirare.
Chiese del padrone, San Pedro, che appena seppe della volpe arrivò subito e si mise a scherzare con lei: «Sei venuta coi tuoi piedi a farti scuoiare? Sei coraggiosa. Cosa vuoi in cambio? Denaro?»
«Non voglio denaro. Voglio soltanto le zampe e gli occhi di mia madre per seppellirla nel nostro cimitero.»
«Ho centinaia di zampe e di occhi,» disse San Pedro, «come fai a riconoscere quelli di tua madre?»
«Dall’odore,» rispose la volpetta
«E allora provaci. Se ci riesci, ti darò in regalo una cintura.»
E San Pedro condusse la giovane Tu-tu nel mattatoio dove le volpi venivano uccise con un colpo di martello in testa. Dopo, una macchina le scuoiava e le privava degli occhi e delle zampe così che fossero pronte per farne delle pellicce. Il muso qualche volta lo tenevano per farne dei renard. Ma gli occhi in quei musetti appuntiti e levigati erano finti, di vetro. Gli occhi veri, senza vita, infatti diventano opachi. E venivano venduti per fare mangime per le mucche.
Tu-tu vide un gruppo di volpi dalla pelliccia argentata chiuse in gabbia che giravano in tondo.
«Che fanno quelle volpi?» chiese ingenuamente.
«Aspettano di essere scuoiate,» rispose San Pedro, «ma non sono affatto scontente, se la passano bene, prova a chiederglielo.»
La volpe si avvicinò alla gabbia e chiese: «Siete infelici di stare chiuse?»
«No,» risposero ridendo.
«E come mai?»
«Qui mangiamo tanto e cose prelibate, beviamo a sazietà, dormiamo sul morbido e non dobbiamo fare niente,» rispose una bellissima volpe argentata dalla coda che sembrava la via lattea.
«Non dobbiamo andare in giro tutto il giorno a cercare cibo, non siamo costrette a rincorrere topi e serpenti, non ci tocca girare di notte per afferrare una stupida gallina. Qui abbiamo perfino il tempo di giocare a carte,» aggiunse un volpetto dal ciuffo fulvo.
«Incoscienti,» disse la volpe, «non sapete che sarete scuoiate?» «Campa cavallo!» rispose un vecchio volpone dai baffi grigi, «prima che arrivino a noi passeranno mesi. E intanto mangiamo e scherziamo, e poi non è detto che non venga il terremoto e ci liberi tutti.»
«Hai visto?» disse San Pedro. «Qui stanno bene, nessuno ha mai tentato di scappare. Vuoi entrare anche tu nella gabbia? C’è una grossa scodella di carne di bue pronta per te. Hai una bella pelliccia, anche se un poco sporca.»
«Quasi quasi,» disse piano la volpe, che aveva una fame terribile, e al pensiero di un piatto pieno le veniva l’acquolina in bocca. Ma poi si riprese. «Devo cercare mia madre,» rispose continuando a camminare.
«Anche se la trovi, è bell’e morta. Che te ne fai?»
«Voglio seppellirla nel nostro cimitero,» dichiarò la volpe, ricordando l’ammonizione materna.
«Bene, ecco il deposito delle zampe e degli occhi,» disse San Pedro aprendo una porta blindata.
La volpe entrò e si trovò davanti una montagna di zampe e di occhi di volpe. Vacillò per l’orrore. Credette di morire lì sull’istante, ma la voglia di ritrovare sua madre fu più forte e la aiutò a resistere.
«Cosa ve ne fate di tutte queste zampe?» chiese trattenendo il respiro.
«Le vendo ad una azienda che le macina, ne fa farina e la rivende agli allevatori come mangime per gli animali.»
«Se mi lasciate sola cercherò di trovare i pezzi di mia madre. Con voi davanti non riesco ad annusare bene: l’odore dell’uomo è più forte di quello animale.»
«Veramente siete voi che puzzate di selvatico,» disse ridendo l’uomo, che non era cattivo ma faceva solo il suo mestiere.
Appena si fu chiusa la porta, la volpe Tu-tu si sedette per terra piangendo. Come avrebbe fatto a trovare sua madre fra tutte quelle zampe tagliate e tutti quegli occhi strappati?
Ma proprio mentre si soffiava il naso sconsolata sentì una voce che diceva: «Sono qui, bambina mia, sono qui.» Alzò la testa e vide quattro zampine che danzavano sul pavimento. Due occhi piccoli e azzurri si posarono come due piccole uova sul suo grembo.
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La volpetta prese le zampe e gli occhi e fece per andarsene. Ma mentre si avvicinava alla porta sentì dietro di sé un mormorio sommesso. “Cosa c’è?” si chiese, e voltò la testa. Allora vide tante zampette che ballavano sul pavimento e tanti occhi che volando come uccellini in giro per la stanza le si avvicinavano e le si posavano sulle orecchie, sulla spalla. «Anche noi, anche noi!» dicevano quelle zampette e quegli occhi. La volpe spalancò la porta e loro uscirono schiamazzando felici.
«Dannata volpaccia!» gridò San Pedro quando si accorse che tutte le zampine e tutti gli occhi delle volpi uccise correvano sulla strada ballando e ridendo. «Ora ti prendo e ti metto in gabbia, che tu lo voglia o no.»
Ma la volpe fu più rapida dell’uomo, che era grasso e si muoveva male. Fece una corsa giù per la strada, cambiò velocemente direzione in modo che lui la perdesse di vista e continuò a correre finché non ce la fece più.
Quando fu al sicuro, tirò fuori le zampette della madre e le chiese: «Cosa devo fare adesso, mamma?»
«Torna dalla signora bionda, fatti dare con una scusa il cappotto foderato e portalo via. Poi scuci la pelliccia, rimetti le zampette e gli occhi al loro posto e io tornerò a correre.»
La volpe Tu-tu fece quello che la madre le ordinava. Tornò dalla signora bionda e le chiese il cappotto in prestito. Ma la signora bionda non glielo volle dare. «Cosa te ne fai di un cappotto così lungo?» disse ridendo. «E poi è un regalo di mio marito, non posso darlo a qualcun altro. Se vuoi ti do un impermeabile rosso di quando mia figlia aveva sei anni che ti dovrebbe stare a meraviglia.»
La volpe si grattò la testa perplessa. «Ce l’hai una banana?» chiese alla donna, che fece cenno di no con la testa. «Ne ho vista una in giardino, vado e torno,» disse Tu-tu, che uscì di corsa, pestò con un piede un pezzo di bottiglia e si procurò una ferita che buttava sangue. Zoppicando vistosamente tornò indietro e disse: «La banana non l’ho trovata ma mi sono ferita di nuovo.»
La signora bionda fu felice di pulirle la ferita, di spalmarla con la pomata e fasciarla con una lunga garza.
«Ora vado,» annunciò Tu-tu.
«A quest’ora della notte? E con la zampa ferita? Non te lo permetto. Stenditi sul letto di mia figlia. Le bambole ti terranno compagnia per la notte.»
Era quello che voleva Tu-tu, che entrò con disinvoltura nella camera rosa della bambina, diede uno sguardo alle bambole allineate e si stese sul letto.
«Ho freddo, mi metteresti addosso il tuo cappotto?» chiese con voce gentile.
«E se poi me lo rubi? Non mi fido,» disse la signora bionda. «Voi volpi siete furbe e leste, non vorrei trovarmi senza il mio cappotto prediletto.»
La volpe Tu-tu non sapeva più come fare. Avvertiva le zampette della madre che scalpitavano sotto la camicia, sentiva gli occhi che si muovevano inquieti nella tasca. «E ora?» si chiedeva disperata.
«Be’, buonanotte,» disse la signora bionda e si ritirò nella sua stanza, portandosi via il cappotto foderato.
«Buonanotte,» bofonchiò la volpe, e rimase stesa al buio con gli occhi spalancati.
Quando l’orologio batté le tre sentì una voce che diceva: «È il momento buono, bambina. Vai nella stanza della signora bionda, porta via il cappotto foderato e tornatene di corsa nella tua tana.»
La volpe Tu-tu ubbidì. Uscì in silenzio dalla camera e percorse in punta di piedi il corridoio. Appoggiò l’orecchio sulla porta della signora bionda per capire se dormisse. La sentì russare dolcemente. Allora con est...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Frontespizio
  3. Il cavolo viaggiatore
  4. Scarpe di vernice
  5. Dalla cucina di un re
  6. La Cornacchia del Canadà
  7. La pecora Dolly
  8. La pelliccia di volpe
  9. Una famiglia in una scarpa
  10. L'uccellino al circo
  11. Spil, figlia di nani
  12. Cani di Roma
  13. L'Alto e il Basso