Rime
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Rime

  1. 320 pagine
  2. Italian
  3. ePUB (disponibile sull'app)
  4. Disponibile su iOS e Android
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Informazioni su questo libro

Le date delle Rime di Ludovico Ariosto (1493-1525) si affiancano come in un controcanto alla stagione più creativa del poeta, dalle poesie latine dei Carmina alle prime commedie, dalle Satire alle due stesure dell'Orlando Furioso. Ma nonostante questo, Ariosto non solo non le ha mai raccolte in un canzoniere vero e proprio ma rifiutò addirittura di divulgarle. All'occhio del lettore di oggi esse rivelano invece un'inattesa freschezza, accogliendo senza esasperazioni la lezione classica di Bembo, recuperando abilmente la tradizione latina, variando, da una poesia all'altra, tonalità, lessico e temi. Tutti elementi che sono puntualmente individuati in questa edizione attentamente curata da Stefano Bianchi.

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Informazioni

Editore
BUR
Anno
2014
Print ISBN
9788817168717
eBook ISBN
9788858653470

NOTE

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CANZONI

I.

Il 24 giugno 1513 a Firenze, nel corso dei solenni festeggiamenti in onore del santo patrono Giovanni Battista (e in onore anche di Giovanni de’ Medici da poco eletto al soglio pontificio con il nome di Leone X), l’Ariosto dichiarò il proprio amore alla gentildonna Alessandra Benucci Strozzi. «L’Ariosto aveva conosciuto la Strozzi a Ferrara, ove ella abitava col marito Tito (da non confondersi con il poeta Tito Vespasiano Strozzi), addetto anch’esso alla corte estense, ma o per l’inespugnabile onestà di lei o per l’amicizia ch’egli aveva cogli Strozzi o per altre ragioni che qui non importa rilevare, l’Ariosto frenò la sua nascente simpatia, la quale però non poté più contenere quando, qualche anno dopo, i due ebbero agio di trovarsi con maggiore libertà a Firenze; da questo anno e più fortemente, dopo la morte di Tito (ottobre 1515), incomincia in Ludovico un affetto che solo la morte potrà troncare, e al quale, sia pure velatamente, il poeta allude nelle Satire, nelle Rime, nel Furioso, e senza sottintesi, perché ormai sua legittima moglie, nel testamento del 1532» (Fatini). Questo componimento, che fu scritto — non molto dopo il 1513 — su richiesta della stessa Alessandra (cfr. v. 8), rievoca appunto il giorno e le circostanze dell’innamoramento, secondo l’esempio petrarchesco di poesie come il son. Era il giorno ch’al sol si scoloraro (III) e la canz. Nel dolce tempo de la prima etade (XXIII). — Schema metrico: AbC.AbC/cDdEE con cong. XxYyZZ (schema delle strofe identico a Petrarca, RVF, CCLXVIII, Che debb’io far? che mi consigli, Amore?).

1. Non so...rima: cfr. Petrarca, Tr. Pud., 127-28: «I’non poria le sacre e benedette / vergini ch’ivi fur chiudere in rima»; e RVF, XXIX, 50-52: «So io ben ch’a voler chiuder in versi / suo laudi, fôra stancho / chi più degna la mano a scriver porse»; e XCV, 1-2: «Così potess’io ben chiudere in versi / i miei pensier’, come nel cor gli chiudo».

2. in parole sciolte: in prosa.

3. ricontarvi a pieno: raccontarvi compiutamente, in modo disteso. Per l’uso del verbo, che registra molte occorrenze nel Furioso, cfr. soprattutto Petrarca, RVF, LXXXIX, 3-4: «...lungo fôra a ricontarve / quanto la nova libertà m’increbbe»; CXXVII, 88: «novo penser di ricontar mi nacque»; CCXCIV, 8: «ma non è chi lor duol riconti o scriva»; e Tr. Cup., II, 2-3: «...guardando / cose ch’a ricontarle è breve l’ora».

4. come...libertà: «Il tópos della perdita della libertà per effetto della passione amorosa torna nella tematica amorosa ariostesca, misurato e sperimentato sulla più ampia prospettiva del valore inalienabile della libertà: si pensi ad esempio al carme De diversis amoribus [LIV]. L’amore si configura, articolato in un largo ventaglio di varianti, come “pazzia”, come defezione dalla ragione; ma la “pazzia” amorosa, in tutta la poesia ariostesca, si connota costantemente di ambiguità, deplorata e, insieme, accettata (o perfino idoleggiata) come un irrinunciabile valore del vivere» (Santoro).

6. il freno: il governo del mio cuore.

8. farne il poter: di fare quanto è nelle mie possibilità. — vi agrada: vi piace.

9. che ne vada: che se ne diffonda.

11. chiare palme: locuzione petrarchesca: cfr. Tr. Pud., 96: «mille vittoriose e chiare palme».

12-17. Le sue vittorie...disio: qualcuno ha eternato negli scritti le proprie vittorie, traendole così dall’oblio, ma nessuno ha mai voluto celebrare le proprie sconfitte (li perduti esserciti e gli adversi conflitti).

19. prigion: prigioniero.

20-22. ché...mi essalto: poiché, anche se perdei, solo per il fatto di avere sostenuto l’assalto di Amore (di man sì forte), mi vanto più che se avessi vinto mille altri avversari.

24. non fu il primo: in quanto l’Ariosto aveva già conosciuto e frequentato Alessandra a Ferrara.

25. li real costumi: cfr. Petrarca, RVF, CCXLVIII, 10: «ogni bellezza, ogni real costume».

27. aviso: accorto.

28. che...lumi: «che io non potea contemplare occhi più belli e (per estensione) volto più bello del suo» (Fatini).

30. dipinsi: immaginai. — desire: «Nel lessico ariostesco relativo alla tematica amorosa il vocabolo si carica di un più specifico significato psicologico, in rispondenza al dibattito in corso, da diverse angolazioni, sulle teorie dell’amore, un dibattito che costituisce, come si sa, un capitolo di gran momento nella cultura del primo Cinquecento» (Santoro).

32-33. d’entrar...forse: «di concepire la speranza d’essere corrisposto e vivere poi nell’ansia d’essere appagato» (Fatini).

34. Quinci: di qui, cioè dalla via (v. 32) che portava ad Alessandra. — lo: il desire (v. 30). — escluso: lontano, distante.

35-36. più sicura strada: allude probabilmente all’amore per Orsolina Sassomarino, dalla quale l’Ariosto ebbe nel 1509 il figlio Virginio. Orsolina fu poi maritata dal poeta, che le procurò la dote, ad uno dei propri servitori, Antonio Cattinelli, detto «Malacisio» o «Malagigi» (cfr. M. Catalano, Vita di Ludovico Ariosto, Genève, Olschki, 1930, I, pp. 300 sgg.). Ma Santoro è del parere che «il riferimento riguarda più un diverso genere d’amore che una donna in particolare».

37. l’uso: l’abitudine di star lontano dalla donna.

38. di lui: sempre del desire.

39-40. tosto che...sentissi: appena da me sentito di nuovo libero, senza freno (senza morso).

40. ebbe ricorso: fece ritorno.

42. nel labirinto: «È, nei suoi valori metaforici (come condizione di ansia, di incertezza, di timore, di angosciosi andirivieni), un vocabolo chiave del lessico ariostesco, dal riferimento allo stato dell’uomo catturato dalla passione amorosa a quello, più generale, della condizione umana segnata dall’insicurezza e dal fortuito. Qui il labirinto esprime la condizione complicata e contraddittoria dell’amore» (Santoro). Rapportata alla condizione amorosa, la metafora è già in Petrarca, RVF, CCXI, 14: «nel laberinto intrai, né veggio ond’esca»; e CCXXIV, 4: «un lungo error in cieco laberinto». Per labirinto come espressione di una condizione umana disagevole, cfr. Satira IV, 169-71: «Dimandar mi potreste chi m’ha spinto / dai dolci studi e compagnia si cara / in questo rincrescevol labirinto» (il richiamo è agli anni trascorsi dall’Ariosto in Garfagnana).

45-46. Né il dì...preso: cfr. Petrarca, RVF, LXI, 1-4: «Benedetto sia ’l giorno, e ’l mese, et l’anno, / et la stagione, e ’l tempo, et l’ora, e ’l punto, / e ’l bel paese, e ’l loco ov’io fui giunto / da’ duo begli occhi che legato m’ànno».

47. gli altri trofei: «i tanti altri successi» (Innamorati).

48. apo: in confronto a. Cfr. Fur., XXXIII, 105, 3-4...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Frontespizio
  3. Dedica
  4. INTRODUZIONE
  5. CRONOLOGIA DELLA VITA E DELLE OPERE
  6. GIUDIZI CRITICI
  7. BIBLIOGRAFIA
  8. PREMESSA AL TESTO
  9. CANZONI
  10. SONETTI
  11. MADRIGALI
  12. CAPITOLI
  13. EGLOGHE
  14. NOTE
  15. TAVOLA METRICA