Per il loro dodicesimo compleanno, Alex e Conner ricevono in dono dalla nonna un libro di fiabe tutto speciale. Perché non è un libro e basta, ma la porta che si apre su un altro mondo, in cui fratello e sorella precipitano come Alice, lei per errore, lui per non lasciarla sola. Dall'altra parte c'è la Terra delle Storie, e il primo incontro in quella landa magica è con il Principe Ranocchio. L'avventura chiama. E nelle fiabe, anche nelle più note, niente è come appare...
Domande frequenti
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«C’era una volta…» disse la signora Peters alla sua classe di prima media.
«Queste sono le parole più magiche che ognuno di noi abbia mai conosciuto, la porta d’ingresso per le più grandi storie mai raccontate. Sono un richiamo immediato, per chiunque le ascolti, a un mondo dove tutti sono i benvenuti e tutto può accadere. I topi possono trasformarsi in uomini, le serve in principesse, e si possono imparare importanti lezioni di vita.»
Alex Bailey si drizzò sulla sedia, entusiasta. Le lezioni della signora Peters le piacevano sempre, ma quell’argomento le stava particolarmente a cuore.
«Le fiabe sono molto più che semplici storie della buonanotte» continuò l’insegnante. «La soluzione a quasi ogni problema può essere trovata nella morale di una buona storia. Le storie sono lezioni di vita calate in personaggi e situazioni fantastiche. “Il bambino che gridava al lupo al lupo” ci insegna l’importanza di risultare credibili e il potere della sincerità. “Cenerentola” ci mostra cosa si può ottenere se si ha un buon cuore. “Il Brutto Anatroccolo” ci insegna il significato della bellezza interiore.»
Alex, gli occhi sgranati, annuiva a ogni frase dell’insegnante, felice che si parlasse di storie.
Era una ragazzina carina con gli occhi azzurri e corti capelli biondo-rossi, che teneva sempre ordinati con un cerchietto.
Gli altri ragazzi fissavano l’insegnante come se avesse appena finito di parlare in un’altra lingua: un atteggiamento che la signora Peters non aveva mai imparato a sopportare. Succedeva spesso che per tutta la lezione lei si rivolgesse soltanto alla prima fila, proprio dove era seduta Alex.
La signora Peters era una donna alta e magra, e indossava sempre abiti con motivi e fantasie che ricordavano quelle di vecchi divani. I suoi capelli scuri e ricci erano perfettamente adagiati sul capo, come un cappello (tanto che spesso gli studenti li scambiavano proprio per un cappello). Dietro gli occhiali spessi, i suoi occhi erano costantemente strizzati, un’eredità lasciata da tutti gli sguardi inquisitori che aveva lanciato ai suoi studenti anno dopo anno.
«Purtroppo queste storie senza tempo non rivestono più un ruolo importante nella nostra società» continuò. «Abbiamo sostituito i loro importanti insegnamenti con metodi di intrattenimento poco fantasiosi, come la televisione e i videogiochi. I genitori di oggi lasciano che cartoni animati offensivi e film violenti abbiano una grande influenza sui bambini. L’unico punto di contatto con le fiabe per alcuni ragazzini di oggi passa attraverso le versioni cinematografiche, che sono molto diverse da quelle originali. Gli “adattamenti” delle storie sono spesso impoveriti dei messaggi che contengono, e al loro posto vediamo animali che cantano e ballano. Ho letto di certi film recenti che ritraggono Cenerentola come una ballerina di hip-hop in difficoltà e la Bella Addormentata come una guerriera che combatte contro orde di zombie!»
«Forte» mormorò tra sé e sé un ragazzo dietro ad Alex.
Alex scosse la testa, sconfortata. Provò a rendere partecipi i compagni della propria disapprovazione ma, purtroppo, nessuno la pensava come lei.
«Chissà, forse il mondo sarebbe diverso se tutti conoscessero le fiabe come i fratelli Grimm e Hans Christian Andersen desideravano che fossero ricordate» disse la signora Peters con un sospiro. «Chissà, forse potremmo imparare qualcosa dalla tristezza infinita della Sirenetta nel momento della sua morte al termine del vero racconto. Chissà se ci sarebbero così tanti rapimenti, se i bambini conoscessero i pericoli che ha affrontato Cappuccetto Rosso. Chissà se i criminali sarebbero così inclini a fare del male, se solo avessero un’idea di ciò che Riccioli d’Oro dovette affrontare al ritorno dei Tre Orsi. C’è così tanto da imparare, e si potrebbero evitare così tante brutte situazioni, se solo aprissimo tutti gli occhi agli insegnamenti del passato. Forse se tutti conoscessimo le fiabe sarebbe più facile vivere felici e contenti…»
Se Alex non fosse stata l’unica a pensarla così, alla fine di ogni lezione la signora Peters avrebbe ricevuto fragorosi applausi. Purtroppo, tutto ciò che accadeva al termine di una lezione era uno scambio di sospiri tra i ragazzi, felici che la tortura fosse finita.
«Vediamo un po’ quanto conoscete le fiabe» annunciò l’insegnante sorridendo. La classe iniziò a mormorare.
«Nella storia di Tremotino, il mugnaio racconta al re che sua figlia riesce a trasformare la paglia in… cosa? Qualcuno lo sa?»
La signora Peters perlustrò la stanza con lo sguardo, come uno squalo in cerca di cibo. C’era una sola mano alzata.
«Sì, Signorina Bailey?» chiese l’insegnante.
«Il mugnaio racconta al re che la figlia può trasformare la paglia in oro» rispose Alex.
«Molto brava, signorina Bailey» disse la signora Peters. Se aveva una cocca, anche se non l’avrebbe mai ammesso, era proprio Alex.
Alex desiderava sempre fare bella figura. Rispondeva perfettamente all’etichetta di “topo di biblioteca.” Leggeva sempre, a qualunque ora, prima di andare a scuola, dopo la scuola, prima di andare a dormire. Aveva una vera e propria sete di conoscenza, e per questo di solito era la prima persona che rispondeva alle domande della signora Peters.
Cercava sempre di impressionare i suoi compagni di classe ogni volta che ne aveva l’occasione, impegnandosi più degli altri in tutte le presentazioni e nei riassunti dei libri che le venivano assegnati. Però con questo infastidiva gli altri studenti, e veniva spesso presa in giro di nascosto.
Di solito passava la pausa pranzo da sola sotto un albero con un libro preso in biblioteca. Non l’avrebbe mai confessato a nessuno, ma tutta questa solitudine ogni tanto la faceva soffrire.
«Ora, c’è qualcuno che mi sa dire qual è il patto che la fanciulla stringe con Tremotino?»
Alex esitò prima di alzare la mano. Non voleva sembrare la prediletta dell’insegnante.
«Sì, signorina Bailey?»
«In cambio del potere di trasformare la paglia in oro, la fanciulla promette a Tremotino di consegnargli il suo primogenito, quando diventerà regina» spiegò Alex.
«Uno scambio abbastanza rischioso» disse un ragazzo dietro Alex.
«Cosa se ne fa un nano malvagio di un neonato?» chiese una ragazza vicino a lui.
«Be’, con un nome come Tremotino, non c’è da sorprendersi che non potesse adottarne uno» aggiunse un altro studente.
«Alla fine si mangia il bambino?» chiese preoccupato qualcun altro.
Alex si girò verso i compagni che non conoscevano la storia.
«State tutti perdendo di vista il punto della storia» disse. «Tremotino approfitta della fanciulla che ha bisogno di aiuto. La storia ci parla delle conseguenze di un patto stretto alla leggera. A cosa siamo disposti a rinunciare nel futuro per ottenere qualcosa adesso, nel presente? Capito?»
Se la signora Peters avesse potuto cambiare espressione, sarebbe sembrata molto orgogliosa. «Ben detto, signorina Bailey» disse. «Devo ammettere che in tutti i miei anni di insegnamento di rado ho incontrato studenti informati come…»
Un rumoroso russare, che proveniva dal fondo della classe, risuonò improvvisamente nella stanza. Un ragazzo seduto in ultima fila aveva la testa appoggiata sul banco e da un angolo della bocca gli colava un filo di saliva.
Alex aveva un gemello, ed erano momenti come questo che le facevano desiderare di non averne uno.
La signora Peters si voltò verso di lui rapida come una graffetta attratta da un magnete.
«Signor Bailey?» chiese l’insegnante.
Lui continuò a russare.
«Signor Bailey?» chiese di nuovo la signora Peters, avvicinandosi.
Un fortissimo ronfo. Alcuni degli studenti si chiesero come fosse possibile fare tanto rumore.
«SIGNOR BAILEY!» gli gridò la signora Peters in un orecchio.
Come se qualcuno gli avesse fatto scoppiare un petardo sotto la sedia, Conner Bailey riprese i sensi e quasi ribaltò il banco. «Dove sono? Che cos’è successo?» chiese Conner in uno stato di panico misto a confusione. Il suo sguardo saettò per tutta la stanza mentre il cervello cercava di ricordare dove fosse.
Come sua sorella, anche lui aveva gli occhi azzurri e i capelli biondo-rossicci. Il suo viso era tondo e coperto di lentiggini, e in quel momento era leggermente inclinato da un lato, con l’espressione di un cane che si è appena svegliato da un pisolino.
Alex non avrebbe potuto sentirsi più imbarazzata per colpa del fratello. A parte assomigliarsi e avere la stessa data di nascita, lei e Conner non avrebbero potuto essere più diversi. Conner aveva molti amici, ma al contrario della sorella aveva problemi a scuola… soprattutto a stare sveglio.
«Sono contenta che lei sia tornato fra noi, signor Bailey» disse la signora Peters in tono severo. «Si è riposato abbastanza?»
Conner diventò paonazzo per la vergogna.
«Mi dispiace tanto, signora Peters» si scusò, tentando di essere più naturale possibile. «Ogni tanto, quando lei parla per molto tempo, mi viene sonno. Non si offenda, non posso farci niente.»
«Lei si addormenta in classe almeno due volte alla settimana» gli ricordò la signora Peters.
«Be’, lei parla davvero tanto.» Non poté trattenersi, ma sapeva che non era la cosa giusta da dire. Alcuni compagni furono costretti a mordersi la mano per non scoppiare a ridere.
«Le consiglio di stare sveglio quando spiego, signor Bailey» lo minacciò l’insegnante. Conner non aveva mai visto nessuno strizzare gli occhi così tanto senza chiuderli.
«A meno che lei non conosca le fiabe abbastanza da poter tenere la lezione al mio posto» aggiunse l’insegnante.
«Probabilmente sì» replicò Conner. Ancora una volta, aveva parlato senza pensare. «Cioè, questa roba la conosco, ecco tutto.»
«Davvero?» la signora Peters non si tirava mai indietro se sfidata, e l’incubo di ogni studente era ritrovarsi a sfidarla senza volerlo. «D’accordo signor Bailey: se ne sa così tanto, risponda a questa domanda.»
Conner trasalì.
«Nella fiaba originale della Bella Addormentata, quanti anni passano prima che la principessa venga svegliata dal bacio del suo vero amore?» chiese la signora Peters, studiando il volto del ragazzo.
Gli occhi di tutti erano su di lui e aspettavano con impazienza che Conner desse segno di non sapere la risposta. Ma per sua fortuna la sapeva.
«Cento» rispose Conner. «La Bella Addormentata dorme per cento anni. Ecco perché il castello è coperto di rovi e piante: perché la maledizione aveva colpito tutto il regno, e non c’era nessuno che potesse curare il giardino.»
La signora Peters aggrottò la fronte e lo guardò, sbalordita. Era la prima risposta corretta che Conner avesse mai dato a una delle sue domande, e lei non se l’aspettava proprio. «Cerchi di stare sveglio, signor Bailey. Per sua fortuna ho consumato tutto i moduli delle note questa mattina, ma posso sempre chiederne di nuovi» disse la signora Peters, e si avviò rapida verso la cattedra per continuare la lezione. Conner fece un sospiro di sollievo, e il rossore sparì dal suo viso. I suoi occhi incrociarono quelli della sorella: anche lei era sorpresa che avesse dato la risposta esatta. Alex non si aspettava certo che Conner si ricordasse le fiabe…
«Ora, ragazzi, aprite tutti il libro di letteratura, andate a pagina centosettanta e iniziate a leggere a bassa voce “Cappuccetto Rosso”» spiegò la signora Peters.
Gli studenti obbedirono. Conner cercò di mettersi comodo e iniziò a leggere. La storia, i disegni e i personaggi gli erano così familiari…
Una delle cose che fin da piccoli Alex e Conner attendevano con più entusiasmo erano le gite dalla nonna. Lei viveva in montagna in mezzo a un bosco, in una casetta che corrispondeva in tutto e per tutto alla descrizione di un cottage, se ne esistono ancora.
Il tragitto era lungo, alcune ore di macchina, ma i gemelli ne amavano ogni minuto. La loro trepidazione cresceva mentre s’inerpicavano tra le strade tutte curve circondate da distese sterminate di alberi; oltrepassato un ponte giallo, i gemelli ogni volta esclamavano: «Siamo quasi arrivati! Siamo quasi arrivati!»
Giunti a destinazione, la nonna li accoglieva sempre a braccia aperte sulla porta di casa, e li abbracciava fino a strizzarli.
«Ma guardatevi! Siete cresciuti di mezzo metro dall’ultima volta che vi ho visto!» diceva sempre, anche se non erano cresciuti affatto; poi li accompagnava dentro, dove ogni volta li aspettava una ciotola di biscotti appena sfornati.
Il loro papà aveva passato la sua infanzia nei boschi e passava ore e ore a raccontare ai gemelli le sue avventure di quando era ragazzo: tutti gli alberi su cui si era arrampicato, tutti i fiumi in cui aveva nuotato, tutti gli animali feroci a cui era sfuggito per un soffio. La maggior parte dei racconti era molto esagerata, ma loro adoravano quei momenti di confidenze.
«Un giorno, quando sarete più grandi, vi porterò in tutti i posti segreti dove giocavo da ragazzo» raccontava, affascinandoli. Era un uomo alto dagli occhi gentili che si increspavano a ogni sorriso, e sorrideva molto, soprattutto quando raccontava le sue st...