
- 640 pagine
- Italian
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eBook - ePub
Rinascita
Informazioni su questo libro
È possibile ricominciare a vivere dopo la fine di un amore? Non per Tohrment, che per mano dei lesser ha perso la sua adorata Wellsie e il figlio che lei portava in grembo. Ora Tohr vive per vendicarsi. Ma c'è ancora chi spera di salvarlo da se stesso e dalla spirale di autodistruzione in cui è precipitato. Persino qualcuno deciso a scendere sulla Terra e abbandonare il suo posto tra le Elette, per restituire a Tohr ciò che da lui ha ricevuto in passato: sacrificio, dedizione e amore. Il decimo episodio dell'amata serie dedicata alla Confraternita del Pugnale Nero è la storia di un destino amaro e di una coraggiosa rinascita.
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Informazioni
Print ISBN
9788817082075eBook ISBN
9788858680063INVERNO
Capitolo 53
Seduto ai piedi dello scalone, Lassiter guardava il soffitto affrescato tre piani sopra di lui. Nella raffigurazione dei guerrieri in sella agli stalloni tra le nuvole dipinte, trovò l’immagine che cercava, ma non voleva vedere.
Wellsie era sempre più lontana, ancora più rannicchiata su se stessa in quel campo di massi grigi.
Lassiter stava perdendo ogni speranza, in verità . Presto sarebbe stata così lontana che non sarebbero più riusciti a vederla. E allora sarebbe stata la fine: lei sarebbe stata spacciata, lui sarebbe stato spacciato… Tohr sarebbe stato spacciato.
Aveva creduto che la risposta fosse No’One. E in effetti all’inizio dell’autunno si era illuso che tutto fosse risolto. La sera dopo che Tohr se l’era finalmente scopata come si deve, si era presentata a tavola senza cappuccio e senza quell’orribile tunica: si era messa un vestito, un vestito azzurro fiordaliso troppo grande per lei, ma comunque incantevole, e aveva sciolto i capelli sulle spalle in una cascata bionda.
Tra loro c’era la sintonia che nasce solo dopo che due persone ci hanno dato dentro senza pietà per ore.
A quel punto lui aveva rimesso in valigia i vestiti; ciondolato in camera sua; camminato per ore avanti e indietro, in attesa di essere chiamato dal Creatore.
Quando il sole era tramontato di nuovo, aveva attribuito il ritardo alle solite lungaggini burocratiche. Quando il sole era sorto un’altra volta, aveva cominciato a preoccuparsi.
Poi si era rassegnato.
Adesso era in preda al panico.
Seduto a guardare quel simulacro di femmina defunta, si ritroÂvò a farsi la stessa domanda che tanto spesso si era fatto Tohr.
Cos’altro voleva il Creatore?
«Cosa stai cercando?»
Interrotto da una voce profonda, si voltò verso il vampiro in questione. Tohrment era chiaramente sbucato dalla porta nascosta sotto la scalinata: in canotta e pantaloncini da corsa neri, aveva la pelle e i capelli scuri lucidi di sudore.
A parte la traspirazione post-allenamento, aveva un aspetto magnifico. Ma è così che appaiono i vampiri quando sono ben nutriti, sessualmente appagati e sani come pesci.
Appena i loro occhi si incontrarono, però, il fratello perse un po’ di quell’aria schifosamente sana. Il che suggeriva che, appena sottopelle, aveva la stessa preoccupazione, un’ansia cronica che non lo abbandonava mai.
Tohr andò a sedersi vicino a lui, asciugandosi la faccia con una salvietta. «Parla.»
«La sogni ancora?» Inutile chiamarla per nome. Tra loro due c’era una sola femmina che contasse.
«L’ultima volta è stata una settimana fa.»
«Come ti è sembrata?» Come se non lo sapesse. La stava guardando proprio adesso, che cazzo.
«Più lontana.» Tohr si tolse l’asciugamano dal collo e lo strizzò con forza tra i pugni. «Sei sicuro che non stia svanendo nel Fado, magari?»
«Ti è sembrata felice?»
«No.»
«Ecco la risposta.»
«Io sto facendo tutto il possibile.»
Lassiter lo guardò e annuì. «Lo so. Lo so perfettamente.»
«Allora sei preoccupato anche tu.»
Inutile rispondere.
In silenzio, rimasero seduti fianco a fianco, le braccia ciondoloni sulle ginocchia, con davanti un metaforico muro di mattoni che bloccava ogni possibile orizzonte.
«Posso essere sincero con te?» disse il fratello.
«Tanto vale.»
«Sono terrorizzato. Non capisco cosa mi sfugge.» Si passò di nuovo la salvietta sulla faccia. «Non dormo molto, e non so se è perché ho paura di quello che vedrò o di quello che non vedrò. Non so come faccia a resistere.»
La risposta era che Wellsie non stava resistendo.
«Io le parlo» mormorò Tohr. «Quando Autumn dorme mi metto a sedere sul letto, e guardo nel buio. Le dico…»
Quando la voce gli si incrinò, Lassiter avrebbe voluto urlare, e non perché pensasse che Tohr era una lagna, ma piuttosto perché era troppo doloroso sentire la sofferenza in quella voce.
Merda, a un certo punto, nel corso dell’ultimo anno, doveva aver sviluppato una coscienza o roba del genere.
«Le dico che l’amo ancora, che l’amerò sempre, ma che ho fatto il possibile per… be’, non per colmare il vuoto che ha lasciato, perché nessuno potrà mai farlo, ma per tentare almeno di vivere una specie di vita.»
Mentre Tohrment continuava a parlare piano, in tono mesto, Lassiter venne assalito dall’improvviso terrore di averlo in qualche modo fuorviato, di avere… merda, non sapeva neanche lui cosa… incasinato tutto, preso un granchio, spinto quel poveraccio nella direzione sbagliata.
Riesaminò la situazione da zero seguendo la logica, un passo dopo l’altro, fino ad arrivare al punto in cui erano.
Non trovò nessun errore, nessun passo falso. Tutti e due avevano fatto del loro meglio.
Alla fine l’unica consolazione era quella… bella roba. Il pensiero che forse, senza volerlo, aveva danneggiato quella brava persona era di gran lunga peggiore della sua versione del purgatorio.
Non avrebbe mai dovuto accettare quell’incarico.
«Cazzo» esclamò con un filo di voce, chiudendo gli occhi doloranti. Avevano già fatto tanta strada, ma era come inseguire un bersaglio mobile. Più correvano, più strada facevano, più la fine sembrava allontanarsi.
«Devo solo impegnarmi di più» disse Tohr. «È l’unica risposta. Non so cos’altro fare, ma in qualche modo devo spingermi più a fondo.»
«Già .»
Il fratello si voltò verso di lui. «Sei ancora qui, giusto?»
Lassiter gli scoccò un’occhiata. «Se stai parlando con me, direi di sì.»
«Okay, bene.» Il fratello si alzò in piedi. «Allora ci resta ancora un po’ di tempo.»
Wow! Fantastico. Come se cambiasse qualcosa.
Fuori dal suo capanno Xhex se ne stava da sola sulle rive dell’Hudson, gli anfibi piantati nella neve immacolata, il fiato che usciva dalle narici in nuvolette che poi le fluttuavano sopra la spalla. La luce rosata del tramonto alle sue spalle pioveva sul paesaggio ghiacciato, riflettendosi sulle onde pigre al centro del canale.
Nel fiume non c’era molta acqua – il ghiaccio, dalle rive, si stava estendendo sempre più, minacciando di strangolare tutta la superficie col perdurare del freddo invernale.
Senza che glielo avesse ordinato, i suoi sensi da symphath perforarono i tentacoli invisibili del crepuscolo che ghermivano l’aria gelida e tersa. Non si aspettava di cogliere nessun indizio, ma era così abituata a essere ricettiva, dopo quegli ultimi due mesi, che quel lato del suo essere smaniava per protendersi verso l’esterno, se non altro per restare in esercizio.
Non aveva individuato il covo della Banda dei Bastardi. Non ancora.
La persona giusta per il lavoro, eh? Francamente, la cosa si s...
Indice dei contenuti
- Cover
- Frontespizio
- Dedica
- Ringraziamenti
- Citazione
- PRIMAVERA
- ESTATE
- AUTUNNO
- INVERNO
- Epilogo
- Glossario dei nomi comuni e dei nomi propri