Aprite la mente al vostro cuore (VINTAGE)
eBook - ePub

Aprite la mente al vostro cuore (VINTAGE)

  1. 270 pagine
  2. Italian
  3. ePUB (disponibile sull'app)
  4. Disponibile su iOS e Android
eBook - ePub

Aprite la mente al vostro cuore (VINTAGE)

Informazioni su questo libro

Il primo Papa venuto dalle Americhe ci esorta a cogliere il reale significato della parola di Dio con la meditazione e la preghiera, nel silenzio della solitudine o insieme nella comunità. Un viaggio in quattro tappe, dedicate all'incontro con Gesù, al mistero della manifestazione di Dio nel mondo, al futuro della Chiesa e, infine, alla dimensione quotidiana della vita. Nel segno di quell'amore di Cristo che è amore per l'uomo.

Domande frequenti

Sì, puoi annullare l'abbonamento in qualsiasi momento dalla sezione Abbonamento nelle impostazioni del tuo account sul sito web di Perlego. L'abbonamento rimarrà attivo fino alla fine del periodo di fatturazione in corso. Scopri come annullare l'abbonamento.
Al momento è possibile scaricare tramite l'app tutti i nostri libri ePub mobile-friendly. Anche la maggior parte dei nostri PDF è scaricabile e stiamo lavorando per rendere disponibile quanto prima il download di tutti gli altri file. Per maggiori informazioni, clicca qui.
Perlego offre due piani: Base e Completo
  • Base è ideale per studenti e professionisti che amano esplorare un’ampia varietà di argomenti. Accedi alla Biblioteca Base con oltre 800.000 titoli affidabili e best-seller in business, crescita personale e discipline umanistiche. Include tempo di lettura illimitato e voce Read Aloud standard.
  • Completo: Perfetto per studenti avanzati e ricercatori che necessitano di accesso completo e senza restrizioni. Sblocca oltre 1,4 milioni di libri in centinaia di argomenti, inclusi titoli accademici e specializzati. Il piano Completo include anche funzionalità avanzate come Premium Read Aloud e Research Assistant.
Entrambi i piani sono disponibili con cicli di fatturazione mensili, ogni 4 mesi o annuali.
Perlego è un servizio di abbonamento a testi accademici, che ti permette di accedere a un'intera libreria online a un prezzo inferiore rispetto a quello che pagheresti per acquistare un singolo libro al mese. Con oltre 1 milione di testi suddivisi in più di 1.000 categorie, troverai sicuramente ciò che fa per te! Per maggiori informazioni, clicca qui.
Cerca l'icona Sintesi vocale nel prossimo libro che leggerai per verificare se è possibile riprodurre l'audio. Questo strumento permette di leggere il testo a voce alta, evidenziandolo man mano che la lettura procede. Puoi aumentare o diminuire la velocità della sintesi vocale, oppure sospendere la riproduzione. Per maggiori informazioni, clicca qui.
Sì! Puoi usare l’app Perlego sia su dispositivi iOS che Android per leggere in qualsiasi momento, in qualsiasi luogo — anche offline. Perfetta per i tragitti o quando sei in movimento.
Nota che non possiamo supportare dispositivi con iOS 13 o Android 7 o versioni precedenti. Scopri di più sull’utilizzo dell’app.
Sì, puoi accedere a Aprite la mente al vostro cuore (VINTAGE) di Francesco Papa in formato PDF e/o ePub, così come ad altri libri molto apprezzati nelle sezioni relative a Theology & Religion e Religion. Scopri oltre 1 milione di libri disponibili nel nostro catalogo.

Informazioni

Editore
RIZZOLI
Anno
2015
Print ISBN
9788817070898
eBook ISBN
9788858680636
Categoria
Religion

Terza parte

Lettere alle sette Chiese

(Ap 1-3)

Presenza del Signore e gioia

Per predisporci alla presenza del Signore, che ci osserva e ci ama, prenderemo in considerazione la prima parte dell’Apocalisse, affinché la visione che appare a Giovanni ci riempia gli occhi e la sua voce penetri nel nostro cuore.
Come sostiene Romano Guardini, «l’Apocalisse è un libro di consolazione. Non è una teologia della storia o della fine di essa, ma una consolazione che Dio ha voluto consegnare nelle mani della sua Chiesa alla fine dei tempi apostolici. La Chiesa ne ha bisogno, perché visse nella sofferenza».9 In che modo ci consola Dio? Non lo fa dicendo che «in fondo la sofferenza non è tanto terribile come sembra», ma la considera in tutto il suo orrore e, al di là della realtà terrena, ci indica il cielo. Ci mostra Gesù Cristo che appare silenzioso, in attesa. «Vede tutto, considera tutto, dai primi battiti del cuore agli ultimi effetti prodotti dal succedersi degli eventi e lo iscrive nel libro della sua scienza infallibile. [...] Cristo consola pronunciando la parola che donerà chiarezza a tutte le opere umane nel loro valore reale, che durerà per sempre.»10
«La consolazione del Signore non appare in forma di consigli o disquisizioni teologiche, ma di immagini ed eventi simbolici che devono essere interpretati in modo corretto. Giovanni traduce la rivelazione in figure e simboli, seguendo questa legge estetica della Sacra Scrittura in cui ogni avvenimento salvifico prende una forma visibile, ogni Verbo si fa carne. Senza questa dialettica tra avvenimento e visione, la nostra fede non avrebbe una forma umana, sarebbe irrazionale e spiritualista.»11
Il modo corretto di cogliere queste «figure» non è quello di interpretarle allegoricamente o tentare di rappresentarle. Sono visioni. Visioni come quelle che ci appaiono nei sogni, in cui una sensazione o un sentimento molto forte, chiarissimo nella sua pulsione e al tempo stesso oscuro, suscita figure e forme di grande forza. «Nei sogni è l’immaginazione della vita che lavora al servizio del suo impeto occulto; nella visione è lo Spirito di Dio che regna e conferisce alle immagini del mondo nuove forme per esprimere attraverso di esse un senso divino.»12
Guardini, utilizzando la prospettiva del sogno, ci dà la chiave per leggere l’Apocalisse. Prende l’immagine di Giovanni che piange davanti al libro chiuso: «Io piangevo molto, perché non fu trovato nessuno degno di aprire il libro e di guardarlo» (Ap 5, 4). «Perché quest’uomo piange, con queste lacrime così particolari che commuovono il nostro essere più profondo? Potremmo rispondere con un ragionamento [...] ma non sarebbe una spiegazione viva [...]. Tutto il mondo ha sognato qualcosa di simile a quanto segue: lì sopra al tavolo c’è qualcosa, messo in piedi o riverso, forse un libro, ma chiuso. Un presentimento ci induce a credere che tutto, assolutamente tutto, dipende dal fatto che quel libro sia aperto. Però non si apre e noi ci disperiamo. Se qualcuno ci chiedesse perché piangiamo, mostreremmo il libro e diremmo: “Ma come, non lo vedi? Il libro non si apre!”. Nella visione succede la stessa cosa. Però ciò che accade non è una vita naturale con i suoi impulsi, angosce e speranze, ma la vita nuova e santa di Dio. È lei che parla e si esprime nelle immagini che emergono.»13
Per questo, l’atteggiamento giusto per leggere l’Apocalisse è quello di «trasformarsi in ascoltatore attento e docile dello Spirito, catturare le immagini come vengono, penetrare in esse scendendo in profondità e mettersi in sintonia con esse (con il cuore). Allora comprenderemo nella misura in cui Dio ce lo concederà».14 Scorriamo ciò che il Signore dettò a Giovanni, capendo che è questa l’immagine che il sacerdote, rappresentante di Dio sulla terra, dovrebbe avere: «Mi voltai per vedere la voce che parlava con me, e appena voltato vidi sette candelabri d’oro e, in mezzo ai candelabri, uno simile a un Figlio d’uomo, con un abito lungo fino ai piedi e cinto al petto con una fascia d’oro. I capelli del suo capo erano candidi, simili a lana bianca come neve. I suoi occhi erano come fiamma di fuoco. I piedi avevano l’aspetto del bronzo splendente, purificato nel crogiuolo. La sua voce era simile al fragore di grandi acque. Teneva nella destra sette stelle e dalla bocca usciva una spada affilata, a doppio taglio, e il suo volto era come il sole quando splende in tutta la sua forza» (Ap 1, 12-16).
L’immagine del Signore è quella del sacerdote (abito lungo fino ai piedi e cinto al petto), anziano (capelli bianchi) e giovane (piedi di bronzo splendente), che sta in piedi al centro della Chiesa adempiendo alla sua missione sacramentale. Il Signore è nella posizione del giudice, saldo sui suoi piedi, con uno sguardo puro che attrae come il sole quando brilla con tutta la sua forza; la sua voce è tonante e in grado di tagliare come una spada a doppio filo.
Questa immagine ieratica del Signore ci incute paura. Chi può dire cosa rappresenta? Gli somiglia veramente il sacerdote che celebra la messa o confessa i fedeli? Eppure questa immagine maestosa e inavvicinabile del Signore è dirompente quando Egli inizia a parlare. Perché ciò che dice questa voce simile al fragore delle acque non è un oracolo fulminante ma un dolce «Non temere». E il «sacerdote celeste» che sembra un fantasma si trasforma in Gesù, Colui che dorme nella nostra barca, cammina sulle acque, spezza il pane dell’Eucaristia, ci dice: «uomini di poca fede, perché avete dubitato?».
Il Verbo, inteso come parola divina, assomiglia a una tempesta sacra – come quelle delle antiche teofanie in cui Jahvè si rivela come un mistero affascinante e tremendo – e si addolcisce in parola umana fino a trasformarsi in quelle gocce stillanti silenziosamente dal cuore ferito del Signore sulla croce. Per questo, al «non temere» il Signore aggiunge: «Io sono il Primo e l’Ultimo, e il Vivente. Ero morto, ma ora vivo per sempre» (Ap 1, 17-18). E ancora: «Non temere [...] ho le chiavi della morte» (Ibid.), della morte di ognuno.
Di fronte al Signore, lasciando che il suo messaggio diventi chiaro per noi in questa tensione tra immagini e parole, possiamo pregare per la nostra gioia, la nostra fede, la nostra tristezza e le nostre preoccupazioni. La figura del Signore in quanto simbolo è sacralizzante; in quanto parola si avvicina umanamente e umanizza. Possiamo chiederci come consacrarci, con quali sentimenti ricevere il perdono dei peccati, e come avvicinarci agli altri nel quotidiano. Dietro ai nostri gesti pulsa lo stesso amore? Il Signore ha eliminato tutti i meccanismi rituali e ha sacralizzato solo l’Amore che si dà «senza timore», come parola e come gesto di dedizione. Talvolta i fedeli avvertono nei sacerdoti la stanchezza: il loro esaurimento di energia e fervore proviene da una perdita di contatto con il Signore vivente. I fedeli a volte percepiscono i gesti rituali come astratti quando il sacerdote non riesce a dire loro: «Sono io, colui che vive con te, che si diverte quando ridi e soffre quando piangi». Se la presenza fraterna del sacerdote non si traduce in buona liturgia, se il sacerdote non è in grado di rendere santo il pane quotidiano, allora per molti la sua figura diventa inutile. Tutto appare sterile se si perde la gioia. Nella figura del Signore che si mostra e ci parla sta la vera fonte della gioia. Una gioia che crea «presbiteri» giovani e giovani «anziani» («che nessuno disprezzi la tua giovinezza» dice Paolo al «presbitero-vescovo» Timoteo). Davanti a Lui non dobbiamo temere la nostra morte, perché è al sicuro presso di Lui. Lui la tiene tra le sue mani. Non avverrà né prima né dopo di quando dovrà essere, e non sarà terribile. Perché non è forse la preoccupazione per la nostra morte – in tutte le sue forme: quella quotidiana e quella definitiva – la radice della vecchiaia che minaccia la nostra gioia?

Lettera alla Chiesa di Efeso:

la dolcezza della croce

Ci chiediamo quale sia l’afflizione della Chiesa di Efeso che il Signore vuole curare. Potrebbe essere una sorta di livore e rabbia che, dopo lunghe «lotte con i malvagi», «sofferenze» e «rivelazioni di inganni», le ha fatto perdere la sua iniziale carità. Efeso si è nutrita di troppi conflitti e il Signore ora vuole darle da mangiare dall’Albero della Vita, dalla sua croce, che è dolce e soave da portare. La carità, in età matura, non giunge a noi come «innamoramento», ma come dolcezza della croce.

Simboli dell’infinita grandezza del Signore: stelle e candelabri

Cristo conforta Efeso mostrandosi come Colui che tiene le sette stelle nella mano destra e cammina tra i sette candelabri. Il Signore non solo ha le chiavi della nostra morte, ma anche le sette stelle che sono gli angeli delle sette Chiese. Per angeli si intendono i vescovi e i sacerdoti, gli uomini responsabili delle comunità, la cui missione è proteggere, dirigere e illuminare le persone. Queste «stelle-angeli» non solo rappresentano i sacerdoti, ma lo «sono» anche realmente. Lo stesso vale per i candelabri d’oro – le alte colonne portatrici di luce – tra i quali il Figlio dell’Uomo cammina: sono reamente le nostre Chiese, la loro vita e la loro realtà luminosa. Poniamoci anche noi di fronte alla comunità, chiedendo al Signore «che cammini» tra le nostre pecorelle e che ci doni la grazia di convertirci, affinché Egli non debba spostare il nostro candelabro.

La profonda conoscenza che il Signore ha di noi

«Conosco le tue opere [...]. Ho però da rimproverarti di aver abbandonato il tuo primo amore» (Ap 2, 2-4).
Con gli anni, il carattere delle persone, così come il vino, o migliora o s’inacidisce. Non è per caso che una persona diventa un anziano gioioso, rispettato dai figli e capace di dare consigli, un nonno che i nipotini vanno a trovare con allegria, per ascoltarne storie. Così come non avviene per caso che un vecchio sia burbero, malizioso, fastidioso, scontroso o un vecchio senile, o un vecchio immaturo, e la preparazione di quello che saremo nella terza età comincia fin da subito, pregando per la nostra carità.
Nell’Apocalisse c’è un brano che narra di quando il fervore iniziale abbandona la comunità che potrebbe esserci utile. La Chiesa di Efeso ha molti meriti: si è sempre comportata bene, ha sopportato la fatica, è stata paziente nella sofferenza, non sopporta i malvagi e ha sventato l’inganno dei falsi apostoli. Però il Signore va più a fondo e con un rimprovero assesta un colpo unico e definitivo alla Chiesa: «Ho però da rimproverarti di avere abbandonato il tuo primo amore» (Ap 2, 4). L’atteggiamento che il Signore ha nei confronti della Chiesa di Laodicea è invece tutto il contrario. Laodicea, «tu non sei né fredda né calda» (Ap 3, 15). E visto che è tiepida, il Signore le dice che la «vomiterà» dalla sua bocca. Laodicea è vanitosa e paga per la sua vanità; si crede ricca: «Sono ricco, mi sono arricchito, non ho bisogno di nulla» (Ap 3, 17). Il Signore le fa comprendere la sua cecità all’unica cosa importante: «Sii dunque zelante e convèrtiti» (Ap 3, 19). Questo rimprovero nasce dall’amore: «Io tutti quelli che amo li rimprovero e li educo» (Ap 3, 19), non guarda tanto i peccati, quanto l’atteggiamento di fronte al Signore che viene, che bussa alla porta per l’«ultima cena».
Possiamo dunque affermare che, prima della fine, prima del giudizio definitivo, la cosa più importante è pregare per la carità, così le virtù, cosicché i difetti secondari perdono importanza. Le due Chiese devono trasformarsi e recuperare la carità iniziale, il fervore originario.
Cosa significa «recuperare la carità perduta»? Cosa significa tornare al «primo amore»? Non è un po’ ingenuo? Il primo amore deve essere riconquistato, ma non a colpi di «impeti» eroici, come nella giovinezza, ma con l’unico colpo che fa cedere un cuore maturo.
Quando il fedele si rende conto di aver perso lo slancio e l’entusiasmo di un tempo, tende a assumere atteggiamenti che non gli sono propri. Alcuni sacerdoti si sottopongono a una sorta di «lifting dell’anima» allo scopo di avvicinarsi ai giovani e iniziano a vestirsi alla moda e a parlare come loro. Nella maggior parte dei casi, però, si tratta di una sorta di vernice che copre il vero problema. Altri si barricano dietro una dose di serietà che li fa apparire campioni di fariseismo e rinuncia. Al di là delle questioni dell’abito – dalla tonaca ai capelli lunghi – che riflettono una posizione interiore, ciò che entra in gioco è qualcosa di più profondo, che si riflette nell’attitudine dei pastori della Chiesa nei confronti del lavoro.
La perdita del fervore iniziale porta alcuni religiosi a rifugiarsi in quelli che possiamo chiamare «compiti secondari». La crisi di mezza età è un invito del Signore ad approfondire le virtù teologali. La fuga si manifesta come fuga verso le virtù «secondarie»: alcuni si dedicano al sociale con un impegno che li allontana dalle liturgie convenzionali. Altri, al contrario, si concentrano sui riti. In entrambi i casi ciò non basta per affrontare la vera sfida. La carità invece produce una trasformazione che porta a «concentrarsi solo in Gesù Cristo».
Ovvero fissare lo sguardo su Gesù Cristo: «ricòrdati di Gesù Cristo» (2Tm 2, 8). E intendo il Gesù Cristo che indurì il volto e posò il suo sguardo su Gerusalemme.
Gesù Cristo s’incammina deciso verso la sua elevazione, alla croce e al cielo, come ci dice Luca 9, 51. Perché «se moriamo con lui, con lui anche vivremo» (2Tm 2, 11). Guardare la nostra stessa morte e la nostra risurrezione fa sì che la nostra vita cambi il suo centro. Ciò che è importante non sta in cosa «potremmo fare», ma in quello che il Signore ha fatto di noi, integrando quello che abbiamo tralasciato, e ciò che ne farà.
C’è un passaggio del Vangelo che illustra meglio delle nostre riflessioni quello che vogliamo dire: è il punto in cui Maria, sorella di Lazzaro, presentendo la morte del Signore, lo unge col profumo di nardo prezioso e gli asciuga i piedi con i suoi capelli. Giuda, vedendola, si irrita e le rivolge un duro rimprovero usando i poveri come scusa (Gv 12). Quella che per Maria è un’espressione gioiosa del suo amore per Gesù, per Giuda è motivo di tristezza, mescolata a fastidio e rabbia. Colui il quale non gode più dell’amicizia di Gesù, non può condividere gli stessi sentimenti di amicizia. Peggio ancora, nutre sentimenti contrari: di astio. L’astio di Giuda nei confronti di Maria svela la natura di un cuore che interpreta male i tempi del Signore. L’atteggiamento di Giuda è dominato dall’acrim...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Frontespizio
  3. Copyright
  4. Prefazione
  5. Nota dell’editore
  6. Prima parte - I dialoghi di Gesù
  7. Seconda parte - Epifania – manifestazione
  8. Terza parte - Lettere alle sette Chiese (Ap 1-3)
  9. Quarta parte - La nostra carne nella preghiera
  10. Note
  11. Indice