
- 256 pagine
- Italian
- ePUB (disponibile sull'app)
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eBook - ePub
Il cecchino paziente (VINTAGE)
Informazioni su questo libro
Quasi nessuno lo ha visto in faccia, nessuno conosce la sua vera identità. Di lui si sa solo che si fa chiamare Sniper, uno dei writer più famosi al mondo. Alejandra Varela detta Lex, specialista in arte urbana, si mette sulle tracce del "cecchino" con l'intenzione di convincerlo a esporre le sue opere. Da Madrid a Lisbona, da Verona a Napoli, una caccia all'uomo sempre più oscura e appassionante nel mondo affascinante e misterioso dei writer. Un romanzo adrenalinico e attualissimo, che non lascia un attimo di tregua.
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Informazioni
Print ISBN
9788817083393eBook ISBN
97888586808271
I topi non ballano il tip tap
Mentre prestavo attenzione alla proposta che avrebbe cambiato il senso della mia vita, pensai che la parola destino è equivoca, o inesatta. Il Fato è un cacciatore paziente. Certe coincidenze sono scritte in anticipo, come cecchini acquattati con un occhio nel mirino e un dito sul grilletto, in attesa del momento adatto. E quello, senza dubbio, lo era. Una delle tante false casualità pianificate da quel Fato contorto, ironico, amante delle piroette. O qualcosa del genere. Una specie di dio capriccioso e spietato, più in vena di scherzi che altro.
«Accidenti, Lex… Che coincidenza. Ti avrei chiamato uno di questi giorni.»
Mi chiamo Alejandra Varela, anche se tutti mi chiamano Lex. C’è chi, dopo aver pronunciato il mio nome, aggiunge un paio di aggettivi non sempre gradevoli; ma ci sono abituata. Navigata da dieci anni di mestiere e trentaquattro di vita. Il fatto è che gli astri cominciarono ad allinearsi da quel momento, dopo quelle parole, quando la voce educatissima di Mauricio Bosque, proprietario ed editore della Birnan Wood, risuonò alle mie spalle nella libreria del Museo Reina Sofía. Io avevo dato un’occhiata ai banconi delle novità, e adesso lo ascoltavo attenta, senza manifestare né entusiasmo né indifferenza. Con la cautela opportuna per evitare che il mio interlocutore cadesse nella tentazione di lesinare sui miei onorari, se di questo si trattava. Alcuni clienti stupidi tendono a confondere l’interesse per il tuo lavoro con la disponibilità a guadagnare meno per svolgerlo. Mauricio Bosque, un ragazzo raffinato, ricco e sveglio, era tutt’altro che uno stupido; ma come tutti quelli con cui ho a che fare nel mondo dell’editoria – dove quando si sente cadere a terra una moneta tutti dicono «è mia» – era capace di ricorrere a qualunque pretesto per risparmiare. Me l’aveva già fatta altre volte, con quel suo bel sorriso e le giacche sportive fatte su misura a Londra, o dovunque se le facesse cucire. E io sapevo che ci avrebbe provato.
«Sei impegnata adesso?»
«No. Il mio contratto con Studio Editores è scaduto un mese fa.»
«Ho una proposta che ti piacerà. Ma non è il caso di parlarne qui.»
«Dammi un’anticipazione.»
Mauricio tocchicchiava i libri, sistemando uno dei suoi – Ferrer-Dalmau: una mirada épica – in modo che si notasse di più in mezzo agli altri.
«Non posso.» Si guardò intorno con aria da cospiratore burlone, soffermandosi sulla ragazza che serviva al banco. «Questo non è il posto adatto.»
«Fammi un riassuntino, dai… Un flash.»
Ci interruppe l’arrivo di un gregge di quindicenni francesi, con grande confusione nella lingua di Voltaire: gita scolastica, naturalmente. La colta Francia, ovvero tutto il mondo è paese. Uscii con Mauricio dalla libreria, facendoci largo in una rumorosa babele di altri ragazzi e di nonnetti in pensione che schiamazzavano al piano terra del museo. Nel cortile interno, il cielo coperto rendeva l’atmosfera grigia e la terra era bagnata di pioggia recente. Il piccolo caffè era chiuso, triste, con le sedie umide capovolte sui tavolini.
«Sto preparando un libro» disse Mauricio. «Grande, importante. Con derivazioni complesse.»
«Argomento?»
«Arte urbana.»
«Sii più preciso, dai.»
Mauricio osservava l’Uccello lunare di Miró con aria pensierosa, gli occhiali firmati leggermente abbassati sulla punta del naso, come se stesse calcolando quanti soldi avrebbe potuto tirar fuori da quelle arrotondate forme di metallo una volta trasformate in illustrazioni stampate su carta. È questo il modo in cui il proprietario della Birnan Wood di solito guarda le cose e le persone. La sua è una casa editrice di enorme successo perfino con i tempi che corrono, specializzata in cataloghi e libri d’arte lussuosi e cari. O meglio: molto lussuosi e molto cari. Riassumendo: digita in un motore di ricerca le parole editore e superfighetto, premi Invio e appare la foto di Mauricio Bosque con un sorriso da un orecchio all’altro. Appoggiato a una Ferrari.
«Sniper» disse.
Incurvai le labbra e fischiai. Dentro, ero senza fiato. Pietrificata.
«Autorizzato o senza autorizzazione?»
«Questo è il problema.»
Fischiai di nuovo. Una ragazzina che passava lì vicino mi guardò di sottecchi, a disagio, pensando che il fischio fosse per lei. Naturalmente, non mi importava affatto che lo pensasse. Era carina. La guardai muoversi languida, consapevole dei miei occhi, vagamente scandalizzata, mentre si allontanava nel cortile.
«E io cosa c’entro?»
Mauricio adesso guardava l’enorme mobile di Calder al centro del cortile. Se ne stette così, lo sguardo fisso sull’opera d’arte, finché la banderuola rossa e gialla non fece un giro completo sul suo asse. Alla fine, chinò un po’ la testa mentre si stringeva nelle spalle.
«Sei la mia scout prediletta. La mia esploratrice intrepida.»
«Non fare il lecchino. Significa che stavolta hai intenzione di pagarmi poco.»
«Invece ti sbagli… È un buon progetto. Buono per tutti.»
Ci pensai per qualche secondo. Il Destino mi stava facendo l’occhiolino seduto sotto l’opera di Calder. Nel gergo editoriale, uno scout è qualcuno incaricato di scovare autori e libri interessanti. Una specie di battitore colto, qualificato, con un buon olfatto: uno che frequenta le fiere internazionali del libro, sfoglia i supplementi letterari, tasta il polso alle classifiche dei più venduti, viaggia in cerca di novità interessanti e cose del genere. Sono specializzata in arte moderna, e avevo già lavorato prima per la Birnan Wood, nonché per Studio Editores e Aschenbach, tra altra gente di peso. Io propongo libri e autori, oppure sono loro che mi incaricano di trovarli. Firmo un contratto a termine in esclusiva, lavoro duramente e mi pagano. Con il tempo, mi sono costruita una buona fama professionale, una ricca agenda, contatti e clienti in una decina di Paesi; gli editori russi, per esempio, mi adorano. Per farla breve, me la cavo bene. Sono sobria, con poche spese. Vivo sola, anche quando non lo sono. Vivo di questo.
«Per quello che so di Sniper» azzardai con cautela, «quel tipo potrebbe essere su Marte.»
«Sì.» Mauricio sorrideva in modo ipocrita, quasi crudele. «Gli conviene.»
«Spiegami» dissi.
«Perché non passi uno di questi giorni in casa editrice?»
Aggrottai le sopracciglia, anche se soltanto dentro di me. Fuori, sfoggiai un sorriso desolato, di convenienza. Non era la stessa cosa giocare sul suo terreno – un immenso ufficio a vetrate che sembrava galleggiare come un dirigibile sul Paseo de la Castellana – o su un terreno neutrale dove lui non potesse guardare oltre la mia spalla, come se a tratti si dimenticasse di me, lo splendido Beatriz Milhazes appeso a una parete del suo studio. Preferivo trattare privandolo di ogni vantaggio, lontano da quegli scomodi mobili di vetro, plastica e acciaio, da quegli scaffali pieni di libri carissimi e da quelle ancheggianti segretarie con le tette rifatte.
«Ci metterò un po’ di tempo» mentii, improvvisando. «Ho qualche viaggio in programma.»
Potevo quasi sentirlo pensare. Non il contenuto, è chiaro; ma il procedimento sì. Per mia sorpresa, cedette con insolita rapidità.
«E se ti invito a pranzo?» concluse.
«Adesso?»
«Certo. Adesso.»
Il ristorante era giapponese. O asiatico. Shikku, si chiama. Quasi all’angolo tra Lagasca e Alcalá, di fronte al Retiro. Mauricio va pazzo per questo tipo di posti. In tutta la vita non ricordo di aver mai mangiato con lui in un ristorante normale, europeo. Devono sempre essere carissimi e di design, messicani, peruviani o giapponesi. Questi ultimi gli piacciono molto perché gli danno l’occasione di ordinare sushi e sashimi con nomi esotici e di mostrare la sua abilità nel maneggiare i bastoncini – io chiedo sempre una forchetta – mentre ti spiega la differenza tra il pesce crudo tagliato alla maniera di Okinawa e di Okkaido. O qualcosa del genere. È una cosa che seduce le donne, mi disse una volta, con delle alghe appese ai bastoncini, al Kabuki. Be’, Lex – e qui, dopo aver riflettuto un istante, guardandomi, inframezzò un sorriso diplomatico – mi riferisco a un certo tipo di donne.
«Dai, racconta» suggerii quando ci fummo seduti a un tavolo.
Mi raccontò. Superficialmente e a grandi linee, con brevi pause per osservare l’effetto. Per verificare se l’esca ballava in modo adeguato davanti ai miei occhi, facendomi venire l’acquolina in bocca. Certo che me la faceva venire, è chiaro. Il progetto avrebbe stimolato le ghiandole di chiunque. Glielo dissi. Era anche quasi impossibile da realizzare, e gli dissi anche questo.
«Nessuno sa dov’è Sniper» riassunsi.
Dal modo in cui Mauricio versò un po’ di sakè caldo nel mio bicchierino, capii che aveva qualche asso nella manica. Ho già detto che l’editore della Birnan Wood non è per niente uno stupido.
«Tu puoi farcela. Conosci le persone giuste, e le persone giuste conoscono te. Ti pago tutte le spese e hai il quattro per cento del primo contratto.»
Gli risi in faccia. Sono una vecchia volpe.
«È come se mi offrissi un appezzamento nel cerchio di Ipparco. Perdiamo tempo.»
«Ascolta.» Alzava un dito, mettendomi in guardia. «Nessuno ha mai pubblicato un suo catalogo completo. Una grande opera in vari volumi, quanti ce ne vorranno. Qualcosa di monumentale. E non è solo questo.»
«Se ne sta nascosto da quasi due anni, con una taglia sulla testa. In senso letterale.»
«Lo so. Stiamo parlando dell’artista più famoso e più ricercato dell’arte urbana, a metà fra Banksy e Salman Rushdie… Una leggenda vivente e bla bla bla. Ma anche prima non è che si facesse vedere molto in giro. In più di vent’anni, da quando ha iniziato come semplice writer, quasi nessuno l’ha visto in faccia… Marchio registrato, e punto: Sniper. Il cecchino solitario.»
«Però adesso vogliono ammazzarlo, Mauricio.»
«Se l’è cercata lui» rideva, malevolo. «Ora se la sbrogli.»
Era un bel verbo: sbrogliarsela. Immaginai Sniper che se la sbrogliava.
«Non riuscirò mai a trovarlo» conclusi. «E nell’improbabile caso che ci riuscissi, mi manderebbe a spasso.»
«L’offerta che gli trasmetterai è senza limiti da parte mia. Lui fissa le condizioni. E io lo consacro per sempre e faccio entrare la sua opera nel circolo degli dei, gomito a gomito con il non plus ultra.»
«Tu da solo?»
Ci pensò un attimo. O fece finta di pensarci.
«Assolutamente no» concesse. «Ho alle spalle gente con un sacco di soldi: galleristi britannici e nordamericani, pronti a investire in questa storia come in un affare enorme.»
«Per esempio?»
«Paco Montegrifo, di Claymore… E Tania Morsink.»
Piegai la testa di lato, impressionata.
«La regina dell’arte fighetta newyorkese?»
«Proprio lei. E con cifre incredibili, ti assicuro. Un progetto a medio e lungo termine di cui questo catalogo sarà soltanto l’aperitivo.»
Adesso fui io a prendermi un attimo per riflettere.
«Non ci pensare nemmeno» dissi. «Si rifiuterà di apparire in pubblico.»
«Non ce n’è bisogno. Al contrario. Il suo anonimato intensifica l’attrazione per il personaggio. A partire da lì, Sniper sarà storia dell’arte. Lo coordineremo con una retrospettiva monstre in qualche posto di quelli importanti: la Tate Modern, il MoMA… Andremo dal miglior offerente. Ho già tirato qualche filo e sono tutti arrapati. Visto che si tratta di lui, si farebbero in quattro. Immagina la copertura mediatica. Evento mondiale.»
«E perché io?»
«Sei molto brava» mi lisciava il pelo, il furbastro. «La più seria con cui abbia lavorato, e sono nel settore da una vita. Hai anche dei requisiti particolari per avvicinarlo. Per toccare la corda giusta. Non ho dimenticato che la tua tesi di dottorato era sull’arte urbana.»
«Sul writing.»
«Esatto. Sai cosa significa avere la pittura tra le mani e gli spray nello zainetto. Sai come agganciare quella gente.»
Feci una smorfia opaca. «Sai» aveva detto Mauricio. E non avrebbe mai capito quanto fosse vicino alla verità. Ci pensai mentre infilzavo un niguiri, o come diavolo si chiamava, con la forchetta. Tanto andarmene in giro – a volte lo facevo ancora, quasi senza rendermene conto – a guardare muri fra vetrine e portoni, dove i writers urbani lasciavano tracce del loro passaggio. A ricordare e a ricordarmi. Quasi tutte erano semplici firme a pennarello, fatte in fretta e con poca arte, più quantità che qualità, di quelle che fanno gridare allo scandalo vicini e commercianti e arricciare il naso al Comune. Solo in rare occasioni qualcuno con più tempo o più coraggio si era impegnato a fondo con la bomboletta; e la tag, o la sua grafia, occupava più spazio o faceva ricorso al colore. Un paio di settimane prima, passeggiando lungo una strada nei dintorni del Rastro, mi aveva colpito qualcosa di particolarmente riuscito: un guerriero manga la cui spada da samurai minacciava gli utenti di un vicino bancomat. E io avevo continuato a guardare i graffiti – firme, firme, firme, qualche disegno poco originale, la criptica affermazione Senza denti, niente carie – finché non mi ero resa conto che, come in altre occasioni, stavo cercando la tag di Lita.
«Non posso garantirti niente» dissi.
«Fa lo stesso… Conosci il tuo mestiere, hai la mia fiducia. Sei perfetta.»
Masticai lentamente, valutando i pro e i contro. Il Destino mi faceva nuove smorfie, adesso seduto dietro il bancone, sulla spalla del cuoco giapponese che, con una fascia da kamikaze stretta sulla fronte, sfilettava del tonno rosso. Al Destino, pensai, piacciono gli scherzi e il pesce crudo.
«Biscarrués ti si scaglierà contro» conclusi. «Come un lupo.»
«A questo ci penso io. Non ho tutti i soldi che ha lui, ma ho abbastanza appoggi. E come ti ho detto, in questa storia non sono solo. Saprò badare a me stesso. E a te.»
Sapevo fin...
Indice dei contenuti
- Copertina
- Rizzoli Vintage
- Frontespizio
- Copyright
- Nella città. 1990
- 1. I topi non ballano il tip tap
- 2. Se è legale, non è writing
- 3. I graffitari ciechi
- 4. Il balcone di Giulietta
- 5. Questo è ciò che non sono
- 6. Il sicario colto
- 7. Trenta secondi su Tokyo
- 8. Il cacciatore e la preda
- 9. Acido sulla faccia