October List (VINTAGE)
eBook - ePub

October List (VINTAGE)

  1. 368 pagine
  2. Italian
  3. ePUB (disponibile sull'app)
  4. Disponibile su iOS e Android
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October List (VINTAGE)

Informazioni su questo libro

Chiusa in una stanza, Gabriela aspetta notizie della sua bambina. Finalmente, la porta di casa si apre: è l'uomo che ha sequestrato Sarah. E stringe in pugno una pistola. Comincia così, dalla fne, questo cult-thriller di Jefery Deaver: un romanzo unico nel suo genere, un incubo di trenta ore per ritrovare la fglia rapita, un lungo fashback costellato di colpi di scena. Per rivederla viva, Gabriela deve versare un riscatto di mezzo milione di dollari e recuperare un documento scottante, la misteriosa October List. Un thriller magistrale, che svela tutta la maestria di uno scrittore entrato nella storia della letteratura gialla. Con Fotografie dell'Autore

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Informazioni

Editore
RIZZOLI
Anno
2015
Print ISBN
9788817080699
eBook ISBN
9788858680650

Terza Parte

CAPITOLO

36

Domenica, ore 18:30

L’ultimo drink di Sam
La donna alla finestra dell’appartamento di Manhattan sbirciava attraverso le tende leggermente scostate. Le tremavano le mani.
«Vedi qualcosa?» domandò l’uomo dall’altra parte della stanza, la voce tesa.
«Non ne sono certa. Forse sì.» Sporgendosi in avanti, inquieta, accostò i lembi di quelle tende pesanti, come se ci fosse qualcuno intento a scrutare le finestre con un binocolo. O con un fucile di precisione. «Naturalmente, non ho visto nessuno nemmeno prima. Finché non è stato troppo tardi.» Bofonchiò con rabbia: «In questo momento vorrei avere una pistola. La userei. Se vedessi qualcuno, giuro su Dio che la userei».
Sam Easton domandò: «Ma chi potrebbe essere?».
La donna si girò verso di lui, allontanandosi velocemente dalla finestra. «Chi potrebbe essere? Chiunque. A quanto pare vogliono tutti la stramaledetta October List!»
«Ma come hanno fatto a sapere che eri qui?»
Gabriela sbottò in una risata amara. «Si direbbe che io non abbia più segreti.» Ebbe un attimo di esitazione, poi, di malavoglia, tornò a guardare la strada. «Non capisco. Mi era sembrato che ci fosse qualcuno, e adesso non c’è più. Io…» D’un tratto, agitata, sussurrò: «Il catenaccio!».
Sam la fissò, inclinando la testa.
Con gli occhi spalancati per la paura, Gabriela disse: «L’ho messo?». Andò in fretta in corridoio, poi tornò in soggiorno. «Tutto okay. La porta è chiusa bene.»
Sam prese il suo posto alla finestra e guardò fuori. «Vedo delle ombre, c’è del movimento. Ma non capisco bene di cosa si tratti. Potrebbe esserci qualcuno, o forse è solo il vento tra gli alberi. Il lampione davanti al palazzo è spento, maledizione.» Le rivolse un’occhiata. «Prima era acceso?»
«Non lo so. Credo di sì. Non è possibile che qualcuno spenga un lampione…»
Sam non le diede risposta e si allontanò a sua volta dalle tende. Attraversò la stanza e si sedette su un pouf accanto a lei. Gabriela si era già accorta che Sam aveva un bel fisico, ma non aveva ancora notato la vita sottile e le spalle larghe. I suoi muscoli mettevano a dura prova la giacca del completo e la camicia bianca.
«Dio, come odio questa situazione!» sbottò. «Chissà come sta Sarah… Cosa starà pensando? Cosa…?» La voce le si strozzò in gola. Inspirò ed espirò lentamente. «Pensi che ci vorrà molto per sapere qualcosa?» Daniel e Andrew erano usciti da mezz’ora per incontrare Joseph.
Si asciugò una macchiolina di sangue dal labbro inferiore.
«Difficile a dirsi» rispose Sam. «Joseph ha i suoi programmi, lo sai. Il… una persona nella sua posizione può fare ciò che vuole.»
Gabriela capì che Sam stava per dire «rapitore», ma non l’aveva detto, forse per evitare di agitarla di più.
Espirò lentamente, premendosi il petto col palmo aperto. «Odio l’attesa.»
«Ce la faranno» disse Sam, senza molta convinzione.
«Tu credi?» gli chiese lei con un filo di voce. «Joseph è un pazzo. È imprevedibile. E io non ho la più pallida idea di quali siano le sue intenzioni.»
Un pesante silenzio calò sulla stanza in penombra, il silenzio che si stabilisce fra due estranei che attendono di conoscere il destino di una bambina.
«Quando è successo, di preciso?» domandò Sam. Aveva la giacca sbottonata. L’elegante camicia inamidata, senza cravatta, era liscia come cartongesso.
«Quando l’ha rapita?» ribatté Gabriela. Lei non aveva paura di usare quella parola.
«Sabato mattina. Ieri.»
Un’eternità fa. Ecco la frase che le era passata per la testa, ma aveva preferito non dirlo davanti a quell’uomo, che conosceva solo da poche ore.
«E quanti anni ha Sarah?»
Gabriela rispose: «Sei. Ha solo sei anni».
«Oh, Signore.» Il viso allungato e opaco di Sam Easton, che lo faceva sembrare più vecchio dei suoi trentacinque anni, tradì un moto di indignazione. Gli tremò la mascella.
La donna annuì, in segno di ringraziamento per quella dimostrazione di solidarietà. Dopo un attimo disse: «Odio le domeniche».
«So cosa intendi.» Sam tornò a studiarla: i jeans neri che si era comprata mentre lei e Daniel fuggivano, inseguiti per le strade di New York, non le stavano granché bene. La felpa blu scuro era troppo grande. Si era già soffermato sui suoi capelli biondo rame, tutti arruffati, e sul suo viso emaciato, che aveva perso ogni traccia di trucco da molto tempo. Scrutò i suoi fianchi stretti e il seno abbondante, ma era chiaro che non provava alcun interesse di tipo romantico. Non la desiderava. Lei pensò tra sé: Non sono il suo tipo e non è il momento, ma in ogni caso devo avere un aspetto orribile.
Si alzò e andò al tavolino. Lì c’era lo zaino nero con l’eti-chetta del prezzo ancora attaccata. Aprì la cerniera, tirò fuori una piccola borsa da palestra e dalla borsa un gomitolo di lana, i ferri e il lavoro che aveva già avviato. La lana era verde scuro e blu.
Colori che le ricordavano il verso di una canzone.
Una delle sue preferite.
Con gli occhi arrossati e l’aria agitata, Gabriela si sedette sulla logora poltrona di morbida stoffa viola al centro del soggiorno. Pur tenendo in mano il gomitolo, per il momento non iniziò i movimenti cadenzati, confortanti, consueti, con i ferri rossi. Si sfiorò la bocca con un fazzolettino di carta. Guardò il fazzoletto, una distesa bianca macchiata di rosso. Lo smalto sulle sue unghie era quasi dello stesso colore.
Poi tic, tic, Gabriela lavorò cinque ferri. Tossì più volte, si premette il torace, sotto il seno destro, chiuse un attimo gli occhi per il dolore. Avvertì il sapore del sangue in bocca. Un sapore di rame, salato e amarognolo.
Con la fronte aggrottata per la preoccupazione, Sam le domandò: «Sanguini molto, forse dovresti andare al pronto soccorso. Mi sembra stia peggiorando».
Gabriela fece una breve risata. «Non credo sia una buona idea. Daniel non ti ha detto cos’è successo oggi pomeriggio?»
«Ah, è vero. Forse non è il caso.»
«Stringerò i denti finché non riavrò Sarah. Poi mi farò visitare. Nell’infermeria del carcere, probabilmente.» Accompagnò il commento con una smorfia amara.
Esaminò ancora una volta l’appartamento. Quando era arrivata con Daniel, un paio d’ore prima, era troppo preoccupata per notare granché. I mobili erano vecchi e il posto trasudava un’aria di provvisorietà; era cupo, soprattutto ora, nella penombra opprimente. Si disse che quell’atmosfera doveva dipendere dall’altezza del soffitto, dalle dimensioni ridotte degli ambienti, dalla tappezzeria grigia punteggiata di fiorellini pallidi. Posò lo sguardo sul tavolino di ferro battuto al centro della stanza. Aveva gli spigoli appuntiti e sarebbe andato bene come arma in un film di fantascienza.
Dolore…
Quell’immagine le incendiò i nervi. Ma poi, come faceva spesso da due giorni, pensò: Il tuo obiettivo. Concentrati sul tuo obiettivo.
Sarah. Salvare Sarah è il tuo unico obiettivo. Ricordatelo, ricordatelo, ricordatelo.
«Lavori spesso con Daniel?»
«Ho rapporti con lui e il Norwalk Fund da quasi sette anni» rispose Sam.
«Gli hanno mai detto che assomiglia all’attore?» Gabriela stava ripensando al venerdì sera – erano davvero passati solo due giorni? –, quando aveva incontrato Daniel Reardon per la prima volta. Poi, quella sera stessa: la sua fronte umida, imperlata di sudore, e i suoi occhi azzurri, sereni e intensi al tempo stesso.
«Lo fanno in tanti» rispose Sam passandosi una mano sul cranio lucido. «A me non capita mai che mi chiedano se sono questo o quell’attore…» Rise. Dopotutto, forse, era dotato di senso dell’umorismo.
«E il capo della società? Andrew… come fa di cognome?»
«Faraday.»
«È un uomo affascinante» osservò lei. «Con uno strano lavoro.»
«Sono in pochi a fare quello che facciamo noi. Si è fatto un nome. Gira il mondo. Centosessantamila chilometri di aereo all’anno. Come minimo.»
Gabriela completò un altro ferro, verde e blu. Tic, tic.
«E tu, Sam, di cosa ti occupi?»
«Io sto dietro le quinte. Sono il direttore operativo della società.»
«Come me» disse lei. «Sono la responsabile dell’ufficio…» Le si spense la voce, e si lasciò andare a una risata amara. «Ero la responsabile dell’ufficio. Prima che capitasse quello che è capitato.» Sospirò, tamponandosi di nuovo la bocca con il fazzolettino, poi abbassò la testa sui ferri come se ne avesse abbastanza delle brutte notizie. Lo guardò di sbieco. «Ma tu sei un direttore operativo o un baby-sitter?»
Lui fece per protestare, ma si trattenne e le chiese con un ghigno: «Perché, è così ovvio?».
«Non si capisce perché ti abbiano coinvolto in questa faccenda, a meno che tu non debba assicurarti che io li lasci lavorare in pace.»
«Daniel e Andrew stanno trattando la liberazione di tua figlia. Avresti potuto fare qualcosa, se fossi andata con loro?»
Gabriela si strinse nelle spalle. «Avrei cavato gli occhi a Joseph, cazzo.»
«Come immaginava Daniel. È meglio che tu sia rimasta qui.»
«E se avessi voluto andare all’incontro? In che modo mi avresti fermata?»
«Probabilmente ti avrei supplicata.»
Lei rise.
«Cosa sai di Joseph?» domandò Sam.
Il sorriso svanì dal volto di Gabriela, come acqua assorbita da un terreno arido. «È un mostro, un sadico.» Lanciò uno sguardo al sacchetto di plastica bianca della catena di farmacie CVS, all’interno del quale si intravedeva una macchia di sangue sbiadita.
La notò anche Sam. «Daniel me l’ha detto. Pazzesco. Chi farebbe una cosa del genere?»
Gabriela chiuse un attimo gli occhi. «Joseph è grande e grosso e mette paura. È un bullo, un violento. Ma sai qual è la cosa peggiore? Che c’è qualcosa di strano in lui. Tutti quei riccioli biondi...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Frontespizio
  3. Copyright
  4. Dedica
  5. Terza Parte - Domenica
  6. Seconda Parte - Sabato
  7. Prima Parte - Venerdì