I vacanzieri
eBook - ePub

I vacanzieri

  1. 300 pagine
  2. Italian
  3. ePUB (disponibile sull'app)
  4. Disponibile su iOS e Android
eBook - ePub

I vacanzieri

Informazioni su questo libro

Sole, spiaggia, tapas e campi da tennis: quali ingredienti migliori per una vacanza da sogno? Eppure i Post, quando atterrano a Maiorca e si ritrovano tutti insieme sotto lo stesso tetto, dubitano di aver fatto la scelta giusta. Dopo trentacinque anni di matrimonio Jim e Franny sono ai ferri corti: lui l'ha tradita con una ragazza poco più grande di Sylvia, la loro figlia minore, e ora la moglie fatica persino a dividere il letto nella bella camera della casa che hanno preso in affitto. Sylvia, invece, vorrebbe già essere al college per lasciarsi alle spalle un ragazzo troppo stupido e amici di poca sostanza. Forse andare a Maiorca con la famiglia è stato solo un errore. Suo fratello maggiore, Bobby, e la sua fidanzata Carmen hanno un rapporto che vacilla, troppe cose non dette. Solo Charles, il migliore amico di Franny, e il marito sembrano felici, ma è davvero così? Le ferie d'agosto, come spesso accade, non sono solo riposo e benessere, ma possono generare e acuire conflitti, così come succede ai Post, il cui fine ultimo è sopravvivere alla loro vacanza in famiglia. Con tono vivace e dialoghi spassosi, Emma Straub ci conduce in un microcosmo affettivo in cui potremo riconoscere molte delle idiosincrasie che abitano le stanze delle nostre case, crescono attorno alle nostre tavole e si piantano anche nei nostri letti. Una commedia illuminata dal sole mediterraneo, pronta a strappare risate.

Domande frequenti

Sì, puoi annullare l'abbonamento in qualsiasi momento dalla sezione Abbonamento nelle impostazioni del tuo account sul sito web di Perlego. L'abbonamento rimarrà attivo fino alla fine del periodo di fatturazione in corso. Scopri come annullare l'abbonamento.
Al momento è possibile scaricare tramite l'app tutti i nostri libri ePub mobile-friendly. Anche la maggior parte dei nostri PDF è scaricabile e stiamo lavorando per rendere disponibile quanto prima il download di tutti gli altri file. Per maggiori informazioni, clicca qui.
Perlego offre due piani: Base e Completo
  • Base è ideale per studenti e professionisti che amano esplorare un’ampia varietà di argomenti. Accedi alla Biblioteca Base con oltre 800.000 titoli affidabili e best-seller in business, crescita personale e discipline umanistiche. Include tempo di lettura illimitato e voce Read Aloud standard.
  • Completo: Perfetto per studenti avanzati e ricercatori che necessitano di accesso completo e senza restrizioni. Sblocca oltre 1,4 milioni di libri in centinaia di argomenti, inclusi titoli accademici e specializzati. Il piano Completo include anche funzionalità avanzate come Premium Read Aloud e Research Assistant.
Entrambi i piani sono disponibili con cicli di fatturazione mensili, ogni 4 mesi o annuali.
Perlego è un servizio di abbonamento a testi accademici, che ti permette di accedere a un'intera libreria online a un prezzo inferiore rispetto a quello che pagheresti per acquistare un singolo libro al mese. Con oltre 1 milione di testi suddivisi in più di 1.000 categorie, troverai sicuramente ciò che fa per te! Per maggiori informazioni, clicca qui.
Cerca l'icona Sintesi vocale nel prossimo libro che leggerai per verificare se è possibile riprodurre l'audio. Questo strumento permette di leggere il testo a voce alta, evidenziandolo man mano che la lettura procede. Puoi aumentare o diminuire la velocità della sintesi vocale, oppure sospendere la riproduzione. Per maggiori informazioni, clicca qui.
Sì! Puoi usare l’app Perlego sia su dispositivi iOS che Android per leggere in qualsiasi momento, in qualsiasi luogo — anche offline. Perfetta per i tragitti o quando sei in movimento.
Nota che non possiamo supportare dispositivi con iOS 13 o Android 7 o versioni precedenti. Scopri di più sull’utilizzo dell’app.
Sì, puoi accedere a I vacanzieri di Emma Straub, Anna Mioni in formato PDF e/o ePub. Scopri oltre 1 milione di libri disponibili nel nostro catalogo.

Informazioni

Editore
RIZZOLI
Anno
2015
Print ISBN
9788817081313
eBook ISBN
9788858680445

Secondo giorno

La maggior parte dei passeggeri del piccolo aereo in partenza da Madrid a Maiorca erano spagnoli e inglesi con i capelli bianchi, di un’eleganza inappuntabile, con occhiali senza montatura, diretti nelle loro seconde case, oltre a un grosso gruppo di tedeschi rumorosi che sembravano convinti di essere in gita scolastica. Dall’altra parte del corridoio rispetto a Franny e Jim c’erano due signori con pesanti giubbotti di pelle nera, che continuavano a voltarsi per gridare oscenità in un qualche strano gergo al loro amico in giacca di pelle seduto nella fila dietro. I giubbotti erano coperti di toppe con le sigle di varie associazioni che, Franny intuì, dovevano avere a che fare con il motociclismo: una con il disegno di una chiave inglese, un’altra con il logo della Triumph, diversi ritratti di Elvis. Franny fulminò con lo sguardo i tre, cercando di assumere l’espressione «è troppo presto per gridare in questo modo». Il più chiassoso dei tre era seduto vicino al finestrino, ed era un pel di carota con la faccia tonda e il colorito di un maratoneta al quarantesimo chilometro di corsa.
«Ohi, Terry» disse, e si sporse oltre lo schienale per dare un pugno in testa al suo amico che dormicchiava. «Fare la pennica è da pivelli!»
«Sì, be’, allora è proprio roba per te, no?» L’amico che dormiva alzò la faccia dalla mano, rivelando una guancia stropicciata. Si girò verso Franny e la guardò torvo. «’Giorno» le disse. «Spero che le piaccia lo spettacolo offerto durante il volo.»
«Siete una vera banda di motociclisti?» chiese Jim, sporgendosi nel corridoio. I redattori più giovani del «Gallant» insistevano sempre per fare articoli in cui dovevano provare bolidi costosi, ma Jim non era mai salito su una di quelle moto.
«In un certo senso» disse quello assonnato.
«Ho sempre sognato di avere la moto, ma il mio sogno non si è mai avverato.»
«Non è mai troppo tardi.» Poi il tipo assonnato riappoggiò la faccia sulla mano e cominciò a ronfare.
Franny alzò gli occhi al cielo con aria bellicosa, ma gli altri passeggeri non facevano caso a loro.
Il volo fu rapido e in meno di un’ora atterrarono a Palma, inondata di luce. Franny infilò gli occhiali da sole e si avviò dinoccolata dalla pista al ritiro bagagli come una stella del cinema che con la mezza età si era lasciata andare e si era appesantita. Le compagnie aeree low cost erano chic come i pullman della Greyhound, ma Franny poteva sempre fare finta. Aveva preso il Concorde due volte, Parigi andata e ritorno, e le mancava atrocemente la velocità supersonica e il menu raffinato servito a bordo. A Palma sembrava che tutti parlassero tedesco e per un attimo Franny ebbe paura di essere atterrata nel posto sbagliato, come se si fosse addormentata sulla metro e avesse saltato la sua fermata. Era una perfetta mattina mediterranea, calda e luminosa, con un accenno di olio d’oliva nell’aria. Franny era soddisfatta del posto che aveva scelto: Maiorca era meno banale del sud della Francia, e meno infestata dagli americani della Toscana. Certo, sul lungomare c’erano troppe costruzioni, e un po’ troppi ristoranti turistici, ma avrebbero evitato entrambi. Le isole, più difficili da raggiungere, separavano naturalmente il grano dal loglio: era la filosofia che stava alla base di posti come Nantucket, dove i bambini crescevano convinti di avere diritto alle spiagge private e ai pantaloni sgargianti. Ma Franny non chiedeva troppe fesserie snob: voleva accontentare tutti, figli compresi, il che implicava avere vicina una città abbastanza grande da poterci andare al cinema a vedere i film doppiati in spagnolo, se volevano distrarsi per qualche ora. Jim era cresciuto nel Connecticut e quindi era abituato a restare spiaggiato con la sua tremenda famiglia, ma tutti gli altri erano di New York, e quindi avere una via di fuga diventava necessario per mantenere la salute mentale.
La casa che avevano preso in affitto era a una ventina di minuti dal centro di Palma, «su per una collina» a sentire Gemma, e la cosa aveva fatto rabbrividire Franny, che vedeva come il fumo negli occhi ogni attività aerobica obbligatoria. Ma a cosa serviva camminare quando c’erano così tante camere da letto, e la piscina, a pochi minuti dall’oceano? L’idea era quella di stare tutti insieme, piacevolmente in trappola, a giocare a carte e bere vino con tutti gli ingredienti delle estati piacevoli a portata di mano. Negli ultimi mesi la situazione era cambiata in peggio, ma in ogni caso Franny desiderava che passare quel tempo con la sua famiglia non fosse un castigo, come lo era stare con i suoi genitori, o con quelli di Jim. Franny pensava che la più grande impresa della sua vita fosse stata quella di scodellare due figli che a quanto pareva andavano d’accordo anche quando nessuno li guardava, anche se, per via dei dieci anni di differenza, Sylvia e Bobby erano stati molto distanti. Forse era quella la chiave di tutti i buoni rapporti, passare eoni di tempo lontani. Forse non era nemmeno più vero: i ragazzi si vedevano solo durante le vacanze, e le poche volte in cui Bobby tornava a casa. Franny sperava che fosse ancora vero.
Jim si occupò di noleggiare l’auto mentre Franny e Sylvia aspettavano i bagagli. Persino in vacanza, Franny si sentiva in dovere di essere quantomeno efficiente: perché mai avrebbero dovuto aspettare per fare tutto? Jim doveva guidare per forza, perché tutte le auto a noleggio in Europa avevano il cambio manuale, e lei non ne vedeva uno dai tempi della scuola guida nel 1971. E comunque non c’erano motivi di passare più tempo del necessario all’aeroporto. Franny voleva ispezionare per bene la casa, andare a fare la spesa, scegliere le stanze per tutti, trovare un posto dove poter scrivere, sapere in quale armadio erano riposti gli asciugamani di ricambio. Voleva comprare lo shampoo, la carta igienica e il formaggio. La vacanza non sarebbe cominciata ufficialmente finché non avesse fatto una doccia e mangiato delle olive.
«Mamma» disse Sylvia. Indicò una valigia nera grande quanto una piccola bara. «Quella è tua?».
«No» rispose Franny, mentre guardava una valigia ancora più grande che scendeva lungo lo scivolo per i bagagli. «Quella è mia.»
«Non so perché ti sei portata tanta roba» disse Sylvia. «Sono solo due settimane.»
«Sono tutti regali per te e tuo fratello» disse Franny, e diede un pizzicotto a Sylvia sul bicipite smilzo. «Io mi sono portata solo un sudario di ricambio. Alle madri non serve nient’altro, giusto?»
Sylvia sbuffò come un cavallo e andò a prendere la valigia della madre.
«Guarda quei tipi» disse, accennando con il mento ai motociclisti chiassosi. «Mi fanno morire.»
«Sono dei bambinoni» disse Franny, e sospirò forte a bocca aperta. «Era meglio se andavano a Ibiza.»
«No, mamma, sono i Rocker con i Raggi Rotti, non vedi?»
Terry il Dormiglione si era girato per prendere la valigia, un trolley arancione un po’ assurdo, e aveva mostrato non solo la pallida fessura tra i glutei, ma anche il retro del giubbotto di pelle, su cui in stampatello gigante c’era scritto ciò che Sylvia aveva appena letto.
«Che nome orrendo» disse Franny. «Scommetto che passeranno tutta la settimana ubriachi a schiantarsi su e giù per le stradine.»
Sylvia si era già distratta e si stava precipitando a prendere la sua valigia, che ora scivolava verso il bordo del nastro trasportatore con un tonfo aggraziato.
Erano anni che i Post non andavano in vacanza, non così. C’erano state le case estive affittate a Sag Harbor, l’«anti-Hamptons», come a Franny era piaciuto chiamarlo finché non era più stato così, e poi quel mese passato a Santa Barbara quando Sylvia aveva cinque anni e Bobby quindici, due viaggi completamente diversi in simultanea, e un vero incubo al momento dei pasti. Era troppo difficile viaggiare tutti insieme, aveva deciso Franny. Quando Bobby aveva sedici anni lo portò da solo a Miami, e gli permise di passare pomeriggi senza mamma a South Beach, un viaggio che in seguito lui avrebbe identificato come l’ispirazione per iscriversi all’Università di Miami, un onore quantomeno equivoco per sua madre, che a quel punto pensò che sarebbe stato meglio portarlo in vacanza a Cambridge, piuttosto. Una volta Jim, Franny e Sylvia passarono un weekend ad Austin, nel Texas, senza fare altro che mangiare grigliate di carne e aspettare che i pipistrelli uscissero da sotto il ponte. E naturalmente Franny viaggiava spesso per conto suo, a scrivere servizi sulle nuove mode culinarie della California meridionale per una rivista, o su un festival del chili nel New Mexico per un’altra, o a fare un tour gastronomico della Francia, un croissant di sfoglia dopo l’altro. Per la maggior parte dell’anno Jim e Sylvia stavano a casa, a mettere insieme alla bell’e meglio un pasto raffinato con gli avanzi nel frigo, o a ordinarlo da uno dei ristoranti sulla Columbus Avenue, e a fingere di litigare per il telecomando. I genitori di Franny, i Gold di 41 Eastern Parkway, Brooklyn, New York, non l’avevano mai portata fuori dall’America, e lei riteneva suo dovere offrire nuove esperienze ai figli. La lingua di Sylvia si sarebbe addolcita, il suo spagnolo sarebbe passato dallo spagnolo portoricano di New York al vero spagnolo di Spagna e un giorno, trenta o quarant’anni più in là, quando si sarebbe ritrovata a Madrid o a Barcellona e la lingua le sarebbe ritornata in mente come il suo primo amore, Franny sapeva che, anche se lei fosse morta, Sylvia l’avrebbe ringraziata per questo viaggio.
***
La casa era ai piedi dei Monti Tramontana, all’estremità opposta della città di Puigpunyent, lungo la strada tortuosa che alla fine portava a Valldemossa. Nessuno riusciva a pronunciare Puigpunyent (quello del noleggio auto aveva detto Pucc-punjent, o qualcosa del genere, irripetibile per un americano) e così quando Sylvia insisté per chiamarlo «Pocooniente», Jim e Franny non riuscirono a correggerla, e Pocooniente fu. Lo spagnolo maiorchino non era uguale al castigliano, che non era uguale al catalano. Franny aveva in programma di ignorare le differenze e andare avanti lo stesso: così se la cavava di solito all’estero. A meno di non trovarsi in Francia, la gente si divertiva moltissimo a sentirti provare a pronunciare bene la sua lingua senza riuscirci. Franny e Sylvia guardavano fuori da finestrini opposti, Franny davanti e Sylvia dietro, mentre Jim guidava. A sentire Gemma, dall’aeroporto ci volevano solo venticinque minuti, ma sembrava valesse solo per chi sapeva dove andare. Gemma era uno degli esseri umani che Franny odiava di più sulla terra, per una serie di motivi: 1. Era la seconda migliore amica di Charles. 2. Era alta e magra e bionda, tre bersagli già centrati. 3. L’avevano spedita in un collegio nei dintorni di Parigi e parlava un francese perfetto, cosa che Franny trovava tremendamente sbruffona, come fare un triplo axel sulla pista di pattinaggio del Rockefeller Center.
Mentre salivano su per la montagna, Jim imboccò una serie di svolte sbagliate in stradine che sembravano troppo strette per essere a doppio senso e non semplicemente il vialetto d’ingresso ben asfaltato di qualche casa, ma nessuno si innervosì, perché la cosa permetteva loro di fare una migliore conoscenza dell’isola. Maiorca era una torta a strati: gli ulivi contorti e le palme aguzze, le montagne grigioverdi, i muri di pietra gessosa da una parte o dall’altra della strada, il cielo azzurro terso sulla testa. Anche se faceva caldo, l’afa di New York era sparita, sostituita da un sole limpido e un venticello che assicurava un refrigerio costante. Maiorca era l’estate perfetta, abbastanza calda da poter fare il bagno, ma non tanto da avere i vestiti incollati alla schiena.
Quando infilarono il vialetto di ghiaia Franny scoppiò a ridere, da tanto Gemma aveva sminuito casa sua: l’ennesimo motivo per disprezzarla, la sua modestia. In lontananza si vedevano delle vere montagne, con alberi secolari che cingevano i pendii come addobbi natalizi, e la casa stessa sembrava un pacco regalo: era un fabbricato in pietra dall’aria solida, dipinto di un rosa pallido, alto due piani e due volte più largo della loro villetta di pietra calcarea a New York. Brillava al sole di metà mattina, le imposte nere delle finestre aperte come ciglia su un bel volto. Un terzo abbondante della facciata era coperto di rigogliosi rampicanti verdi, che si inerpicavano da uno spigolo all’altro e minacciavano di infilarsi nelle finestre e mangiarsi tutta la casa. I confini della proprietà erano delimitati da pini alti e sottili, con le sommità puntute che stuzzicavano il cielo vasto e terso. Sembrava una casa disegnata da un bambino, un grande quadrato con un tetto triangolare in cima, colorato con un’antica matita color terracotta che rendeva l’insieme radioso. Franny applaudì.
Il retro della casa era persino meglio: la piscina, che nell’unica foto del giardino sembrava a malapena agibile, in realtà era fantastica, un grande rettangolo azzurro nascosto nel fianco della collina. A un’estremità erano raggruppati dei lettini di legno, come se i Post fossero arrivati nel bel mezzo di una conversazione già in corso. Sylvia correva dietro alla madre, aggrappata ai fianchi della sua tunica come alle redini di un cavallo. Da bordo piscina si vedevano altre case incastonate nella fiancata del monte, piccole e perfette come casette del Monopoli, le facciate lucenti che spuntavano da una coltre di alberi di un verde cangiante e rocce scabre. L’oceano era da qualche parte dall’altro lato delle montagne, ad altri dieci minuti di strada verso ovest, e Sylvia inspirò profondamente l’aria fresca, in cerca di salsedine. Doveva esserci un’università a Maiorca; o quantomeno una scuola di nuoto o di tennis. Poteva restare lì e lasciare che i suoi tornassero a casa da soli e facessero tutto quello che serviva. Se lei era dall’altra parte del mondo, che differenza faceva? Per la prima volta nella sua vita, Sylvia invidiava la lontananza di suo fratello. Era più difficile soffrire per la mancanza di qualcosa che non si era abituati a vedere tutti i giorni.
Jim lasciò i bagagli in auto e trovò la porta d’ingresso, che era sovradimensionata, massiccia e non chiusa a chiave. Ci volle un attimo per abituare gli occhi a quella parziale oscurità. L’atrio della casa era vuoto, a parte una consolle sulla sinistra, un grande specchio appeso alla parete e a destra un vaso di ceramica grande quanto un bambino piccolo.
«Ehi, di casa?» gridò Jim, anche se in teoria la casa doveva essere vuota e lui non si aspettava una risposta. Davanti a lui, un corridoio stretto portava dritto verso una porta che dava sul giardino, e al di là di quella Jim scorse un frammento di piscina, con le montagne sullo sfondo. La stanza profumava di fiori e di terra, con un pizzico di detersivi. Bobby l’avrebbe apprezzato al suo arrivo: sin da piccolo, quando Jim e Franny se lo portavano dietro nei loro viaggi nel Maine o a New Orleans o ovunque andassero, quando arrivavano in quegli appartamenti per turisti cadenti e con le forchette spaiate, Bobby aveva sempre mostrato apertamente il suo disgusto per la sporcizia. Detestava i mobili d’antiquariato e gli abiti vintage, qualsiasi cosa avesse avuto una vita precedente. Per quello gli piacevano così tanto le case della Florida, pensò Jim: lì era tutto sempre nuovo di zecca. Persino le gigantesche ville in rovina di Palm Beach venivano regolarmente svuotate e dotate di interni più al passo con i tempi. La Florida calzava a pennello a Bobby come non aveva mai fatto New York, ma nemmeno qui gli sarebbe dispiaciuto. Almeno, non per due settimane.
Jim passò sotto la volta alla sua sinistra per entrare in salotto. Proprio come nelle foto, lo avevano lasciato elegantemente spoglio, soltanto con due divani bassi e un bel tappeto, e quadri sulle pareti nei punti in cui il sole non li avrebbe colpiti direttamente. Gemma era una mercante d’arte, una gallerista, o qualcosa del genere. Jim aveva vagamente capito che era così ricca che era superfluo dare una definizione precisa del suo mestiere. Il salotto portava a una sala da pranzo, con un lungo tavolone rustico in legno e due panche dello stesso stile, che a sua volta dava nella grande cucina. Le finestre sopra il lavello si affacciavano sulla piscina, e Jim si fermò lì. Sylvia e Franny erano distese su due sdraio vicine. Franny si era tolta lo scialle dalle spalle e se l’era posato sul viso. Aveva le maniche arrotolate e le gambe divaricate: stava prendendo il sole, anche se completamente vestita. Jim sospirò soddisfatto: Franny si stava già divertendo.
Dire che nell’ultimo mese era stata nervosa sarebbe stato troppo prudente, troppo riduttivo. Aveva governato casa Post con uno sfintere di ferro. Anche se quel viaggio era stato meticolosamente progettato in febbraio, mesi prima che a Jim togliessero da sotto il sedere il lavoro alla rivista, l’organizzazione dei tempi era tale da poter stare certi che Franny avrebbe fatto una sfuriata almeno una volta al giorno. La cerniera della...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Copyright
  3. Primo giorno
  4. Secondo giorno
  5. Terzo giorno
  6. Quarto giorno
  7. Quinto giorno
  8. Sesto giorno
  9. Settimo giorno
  10. Ottavo giorno
  11. Nono giorno
  12. Decimo giorno
  13. Undicesimo giorno
  14. Dodicesimo giorno
  15. Tredicesimo giorno
  16. Quattordicesimo giorno
  17. Ringraziamenti