Il cuore di tutte le cose
eBook - ePub

Il cuore di tutte le cose

  1. 620 pagine
  2. Italian
  3. ePUB (disponibile sull'app)
  4. Disponibile su iOS e Android
eBook - ePub

Il cuore di tutte le cose

Informazioni su questo libro

Nella Filadelfia di inizio Ottocento, una grande serra di piante e di idee, Alma nasce in seno a una delle famiglie più scandalosamente ricche del Nuovo Mondo. Il padre Henry è un botanico autodidatta e uno spregiudicato uomo d'affari che ha costruito la sua fortuna commerciando in chinino e altre piante medicinali. Sua madre Beatrix, un'austera studiosa olandese, alleva la figlia senza concessioni al sentimentalismo e alla frivolezza. Alma impara a leggere le ore osservando l'aprirsi e chiudersi delle corolle dei fiori, studia da vicino l'operosa natura che la circonda, cresce respirando scienza e cultura. Brillante e curiosa, ben presto si mette in luce nell'ambiente internazionale della botanica. E mentre si addentra sempre più nei misteri dell'evoluzione, l'uomo di cui si innamora la trascina nella direzione opposta: verso il regno della spiritualità, del divino, della magia. Se Alma è una scienziata razionale e concreta, Ambrose è un giovane idealista votato all'arte e alla purezza. Ma li unisce il desiderio appassionato e struggente di comprendere i meccanismi segreti che regolano il mondo e danno origine e senso alla vita. Lussureggiante e sensuale come un fiore tropicale, Il cuore di tutte le cose racconta con voce autentica e vibrante la storia indimenticabile di una donna ribelle che osa sfidare le convenzioni del suo tempo.

Domande frequenti

Sì, puoi annullare l'abbonamento in qualsiasi momento dalla sezione Abbonamento nelle impostazioni del tuo account sul sito web di Perlego. L'abbonamento rimarrà attivo fino alla fine del periodo di fatturazione in corso. Scopri come annullare l'abbonamento.
Al momento è possibile scaricare tramite l'app tutti i nostri libri ePub mobile-friendly. Anche la maggior parte dei nostri PDF è scaricabile e stiamo lavorando per rendere disponibile quanto prima il download di tutti gli altri file. Per maggiori informazioni, clicca qui.
Perlego offre due piani: Base e Completo
  • Base è ideale per studenti e professionisti che amano esplorare un’ampia varietà di argomenti. Accedi alla Biblioteca Base con oltre 800.000 titoli affidabili e best-seller in business, crescita personale e discipline umanistiche. Include tempo di lettura illimitato e voce Read Aloud standard.
  • Completo: Perfetto per studenti avanzati e ricercatori che necessitano di accesso completo e senza restrizioni. Sblocca oltre 1,4 milioni di libri in centinaia di argomenti, inclusi titoli accademici e specializzati. Il piano Completo include anche funzionalità avanzate come Premium Read Aloud e Research Assistant.
Entrambi i piani sono disponibili con cicli di fatturazione mensili, ogni 4 mesi o annuali.
Perlego è un servizio di abbonamento a testi accademici, che ti permette di accedere a un'intera libreria online a un prezzo inferiore rispetto a quello che pagheresti per acquistare un singolo libro al mese. Con oltre 1 milione di testi suddivisi in più di 1.000 categorie, troverai sicuramente ciò che fa per te! Per maggiori informazioni, clicca qui.
Cerca l'icona Sintesi vocale nel prossimo libro che leggerai per verificare se è possibile riprodurre l'audio. Questo strumento permette di leggere il testo a voce alta, evidenziandolo man mano che la lettura procede. Puoi aumentare o diminuire la velocità della sintesi vocale, oppure sospendere la riproduzione. Per maggiori informazioni, clicca qui.
Sì! Puoi usare l’app Perlego sia su dispositivi iOS che Android per leggere in qualsiasi momento, in qualsiasi luogo — anche offline. Perfetta per i tragitti o quando sei in movimento.
Nota che non possiamo supportare dispositivi con iOS 13 o Android 7 o versioni precedenti. Scopri di più sull’utilizzo dell’app.
Sì, puoi accedere a Il cuore di tutte le cose di Elizabeth Gilbert in formato PDF e/o ePub. Scopri oltre 1 milione di libri disponibili nel nostro catalogo.

Informazioni

Editore
RIZZOLI
Anno
2014
Print ISBN
9788817074209
eBook ISBN
9788858670330

TERZA PARTE

Interferenze

Dodici

Nel 1848 Alma Whittaker aveva messo mano al suo nuovo libro, Tutti i muschi dell’America del Nord. Nei ventisei anni precedenti aveva completato anche Tutti i muschi della Pennsylvania e Tutti i muschi degli Stati Uniti nord-orientali, due volumi esaurienti e riccamente illustrati, pubblicati dal suo vecchio amico George Hawkes. La comunità botanica li aveva accolti calorosamente; Alma aveva ricevuto recensioni lusinghiere da alcune delle riviste più autorevoli e ora era largamente riconosciuta come un’esperta della tassonomia delle briofite. Si era impadronita della materia a partire dallo studio dei muschi di White Acre e dintorni, ma anche comprando, scambiando e facendosi regalare esemplari da altri collezionisti americani e stranieri. Transazioni che regolava senza difficoltà. Alma già sapeva come importare piante e il muschio non destava il minimo problema. Bastava farlo seccare e metterlo in una scatola: sopportava bene qualsiasi viaggio. Inoltre, poiché occupava poco spazio e aveva un peso irrisorio, i capitani non si opponevano al carico supplementare. Il muschio non si deteriorava mai ed era ideale da trasportare, tanto che veniva usato da secoli come materiale per imballare qualsiasi cosa; Alma aveva infatti scoperto che i magazzini di suo padre al porto erano zeppi di centinaia di varietà di muschi di tutto il pianeta, infilati negli angoli più nascosti e nelle casse dimenticate, ignorati fino a quando Alma non ci aveva puntato sopra il microscopio.
In ventisei anni era riuscita a raccogliere circa ottomila specie di muschi che aveva conservato nel fienile più asciutto delle scuderie, in un erbario speciale. Il suo corpus di conoscenze nel campo della briologia era impressionante, malgrado non fosse mai uscita dalla Pennsylvania. Era in contatto epistolare con botanici sparsi per il mondo intero, dalla Terra del Fuoco alla Svizzera, e seguiva da vicino i complessi dibattiti tassonomici che infuriavano nelle più remote pubblicazioni scientifiche, cercando di stabilire se un ramoscello di Neckera o di Pogonatum costituisse una nuova specie, o non fosse piuttosto una variante di una specie già descritta. E qualche volta interveniva nella disputa con la sua opinione e le sue pubblicazioni meticolosamente documentate.
Ormai pubblicava firmandosi per esteso, ma senza titoli dottorali o indicazioni di partecipazione ai più esclusivi circoli scientifici. E non era nemmeno una «Signora» con la dignità che tale appellativo accorda a una donna, era semplicemente «Alma Whittaker». A questo punto tutti sapevano che non si trattava di un uomo, ma non importava granché. Sui muschi non c’era competizione e forse per questo era riuscita a inserirsi in quell’ambito senza incontrare resistenze. E anche perché era ostinata e perseverante.
Approfondendo la conoscenza dell’universo dei muschi, Alma aveva anche capito come mai nessuno lo avesse studiato sul serio fino a quel momento. A uno sguardo superficiale sembrava non offrisse nulla di interessante. I muschi erano definiti, più che da ciò che erano, da ciò che a loro mancava. Ed erano tante le cose che mancavano. Non producevano frutti e non mettevano radici. Non possedevano uno scheletro cellulare interno sul quale sorreggersi, e quindi non superavano i pochi centimetri d’altezza. Non potevano trasportare acqua nei loro corpi. Non si riproducevano per via sessuata (a differenza dei gigli o dei fiori di melo o di tutti gli altri fiori con il loro evidente apparato di organi femminili e maschili). I muschi conservavano il mistero della loro propagazione davanti all’occhio umano, ed è per questo che venivano definiti anche col nome evocativo di Cryptogamae: «dall’unione nascosta».
Da ogni punto di vista, dunque, i muschi potevano sembrare umili, noiosi, modesti, perfino primitivi; le più semplici erbacce che spuntavano sui marciapiedi delle città apparivano molto più complesse. Ma dalle ricerche di Alma emergeva una caratteristica fondamentale: il muschio è incredibilmente forte; mangia la pietra, con lentezza inesorabile – un pasto che dura secoli – mentre non c’è nulla o quasi che lo distrugga. Se ne ha il tempo, una colonia di briofite può trasformare una scogliera in una pietraia e poi le pietre in soprasuolo. Sotto zoccoli di pietra calcarea i muschi creano spugne vive che si tengono salde sulla roccia e bevono l’acqua ricca di calcio direttamente dalla pietra. Col tempo l’unione di muschio e minerale si trasforma in travertino; in quella dura superficie marmorea color crema si vedranno per sempre le venature blu, verdi e grigie, tracce di muschi antidiluviani. La stessa basilica di San Pietro fu eretta con pietre di questo tipo.
Il muschio cresce dove non può crescere altro: sui mattoni, sulla corteccia degli alberi e sull’ardesia dei tetti; cresce nel Circolo Polare Artico e ai tropici profumati; cresce perfino sulla pelliccia dei bradipi, sul guscio delle lumache e sulle ossa umane in decomposizione. Inoltre, aveva scoperto Alma, è il primo segno di vita vegetale a ricomparire sulla terra bruciata o comunque ridotta alla sterilità. Ha l’audacia di riportare in vita la foresta, è un motore di resurrezione. Un ciuffo di muschio può rimanere secco e addormentato per quarant’anni di fila e poi tornare rapidamente a vivere se solo viene intriso d’acqua.
L’unica cosa di cui il muschio necessita è il tempo, e il mondo ne aveva da vendere. Anche altri studiosi cominciavano ad avanzare la stessa ipotesi. Negli anni Trenta dell’Ottocento, Alma aveva già letto i Principi di geologia di Charles Lyell in cui si ipotizzava che il pianeta fosse molto più antico di quanto non si credesse fino a quel momento, forse addirittura vecchio di milioni di anni. Ammirava l’opera più recente di John Phillips, che nel 1841 aveva presentato una cronologia ancora più antica di quella stimata da Lyell. Phillips pensava che la Terra avesse già attraversato tre epoche di storia naturale (il Paleozoico, il Mesozoico e il Cenozoico), e aveva identificato flora e fauna fossili di ciascun periodo, muschi compresi.
L’idea di un mondo incredibilmente antico non sconvolgeva Alma, anche se molti ne erano rimasti turbati perché era in aperto contrasto con gli insegnamenti della Bibbia. Ma Alma aveva le sue teorie speciali sul tempo, che furono ulteriormente rafforzate dai ritrovati fossili nello scisto dell’oceano primordiale a cui Lyell e Phillips facevano riferimento nei loro studi. Alma era arrivata a credere che ci fossero diversi tipi di tempo che operavano nel cosmo in modo simultaneo. Da tassonomista diligente era arrivata perfino a differenziarli e a dar loro un nome. Prima di tutto, aveva deciso Alma, c’era il Tempo Umano, che era una storia limitata dalla memoria mortale, basata sulle imperfette ricostruzioni delle cronache; era un processo breve e orizzontale. Avanzava, lungo una linea dritta e stretta, dal passato relativamente recente al futuro appena immaginabile. La sua caratteristica più impressionante però era che si muoveva a una sconvolgente velocità. Purtroppo per Alma, i suoi giorni mortali, come quelli di tutti gli altri, ricadevano nell’ambito del Tempo Umano e dunque, come le era dolorosamente noto, non sarebbe esistita a lungo. Lei era, come tutti, solo un battito di ciglia nell’universo.
All’altro polo dello spettro, presupponeva Alma, c’era il Tempo Divino, un’eternità incomprensibile dove crescevano le galassie e dove risiedeva Dio. Del Tempo Divino non sapeva nulla. Nessuno ne sapeva nulla, anzi, Alma si irritava spesso con chiunque pretendesse di averne una qualsivoglia conoscenza. Non le interessava studiarlo perché riteneva che non ci fosse modo per la mente umana di comprenderlo. Era tempo fuori dal tempo, così lo lasciava perdere. E tuttavia sentiva che esisteva, sospettava fosse lì, sospeso in una sorta di stasi massiccia e infinita.
Più concretamente, tornando sulla Terra, Alma credeva anche in qualcosa che chiamava Tempo Geologico, su cui di recente Charles Lyell e John Phillips avevano scritto in modo tanto convincente. La storia naturale rientrava in quella categoria. Il Tempo Geologico si muoveva a un ritmo che sembrava quasi eterno, quasi divino, il ritmo della pietra e delle montagne. Non aveva fretta ed era cominciato, secondo le ipotesi recenti di alcuni scienziati, molto prima di quanto non si pensasse.
Ma da qualche parte fra il Tempo Geologico e quello Umano, postulava Alma, doveva esserci il Tempo del Muschio. In confronto a quello Geologico, il Tempo del Muschio era un lampo, perché in mille anni i muschi potevano compiere progressi che una pietra non avrebbe ottenuto in un milione. Rispetto a quello Umano, invece, il Tempo del Muschio era dolorosamente lento. Per l’inconsapevole sguardo umano il muschio non sembrava neppure muoversi, tuttavia lo faceva, e con risultati straordinari. Non sembrava succedere niente e poi, nel giro di dieci anni, tutto cambiava. Solo che il muschio si muoveva così lentamente che la maggior parte degli uomini non se ne accorgeva.
Alma sì, però. Lei seguiva quel movimento. Ben prima del 1848, si era già allenata ad analizzare meticolosamente il mondo attraverso il meccanismo del Tempo del Muschio e inseriva piccole bandierine nel masso al confine con la foresta per segnare il progresso di ciascuna colonia; ormai osservava l’evolversi di quello spettacolo da ventisei anni. Quali varietà si erano estese sul masso e quali si erano ritratte? In quanto tempo? Osservava quelle superfici verdi, ne misurava le variazioni sul metro delle sue unghie e a ritmo quinquennale.
Mentre studiava il Tempo del Muschio Alma tentava di non preoccuparsi della vita mortale. Si sentiva intrappolata nei limiti del Tempo Umano, ma non c’era nulla da fare per quello. Avrebbe solo dovuto cercare di far fruttare il più possibile l’esistenza di efemera che le era stata assegnata. Aveva già quarantotto anni, niente per una colonia di muschio ma un’età notevole per una donna. Era da poco entrata nella menopausa e i capelli cominciavano a incanutirsi. Con un po’ di fortuna, pensava, avrebbe avuto ancora venti o trent’anni di vita e di studio, al massimo quaranta. Era il meglio che poteva desiderare per sé, e se lo augurava tutti i giorni. Aveva ancora tanto da imparare, ma non il tempo per farlo.
Se i muschi avessero saputo quanto presto se ne sarebbe andata, pensava spesso Alma Whittaker, l’avrebbero compatita.
Nel frattempo la vita a White Acre proseguiva come sempre. Da anni l’impresa botanica dei Whittaker non si espandeva ma nemmeno contraeva; si era consolidata, si potrebbe dire, divenendo un’affidabile macchina di lauti guadagni. Le serre erano ancora le migliori d’America, e nella proprietà albergavano più di seimila varietà di piante. Negli Stati Uniti era il momento in cui trionfavano felci e palme (era la «pteridomania», come la chiamavano i giornalisti insolenti) e Henry raccoglieva i benefici di quella voga coltivando e vendendo ogni tipo di fronda esotica. E poi c’erano gli introiti provenienti da tutti i mulini e le aziende agricole. Negli ultimi anni Henry aveva venduto con profitto parte delle sue terre alle compagnie ferroviarie e aveva iniziato a interessarsi al crescente commercio della gomma: di recente aveva allertato i suoi contatti in Brasile e in Bolivia perché cominciassero a investire in quel settore nuovo e imprevedibile.
Così Henry Whittaker era ancora vivo e vegeto, miracolosamente. La sua salute, all’età di ottantotto anni, non era particolarmente cagionevole, cosa alquanto straordinaria considerando la vita strenua che aveva sempre fatto e quanto se ne fosse sempre lamentato. Aveva problemi di vista, ma con una lente di ingrandimento e una buona lampada riusciva a stare dietro alle sue carte. Se il clima non era umido poteva tranquillamente passeggiare per la proprietà – vestito, come al solito, da lord inglese – con l’aiuto di un bastone.
Dick Yancey, il coccodrillo ammaestrato, continuava a gestire con efficienza gli interessi internazionali della Whittaker Company importando nuove e redditizie piante medicinali come la simaruba, il condrodendro, e tante altre. James Garrick, il vecchio quacchero socio in affari di Henry, era morto, ma suo figlio John aveva ereditato la farmacia e il marchio Garrick & Whittaker seguitava a fare affari in tutta Filadelfia e oltre. Il monopolio di Henry sul commercio mondiale del chinino aveva subìto un duro colpo per via della concorrenza francese, tuttavia in America il suo primato non era ancora stato spodestato. Di recente aveva lanciato un nuovo prodotto: le «pillole rinvigorenti Garrick & Whittaker», una preparazione a base di corteccia dei gesuiti, resina di mirra, olio di sassafrasso e acqua distillata, che vantava la capacità di curare ogni malattia umana, dalla febbre terzana alle vescicole cutanee alle malattie ginecologiche. Fu un successo enorme. Le compresse erano economiche da produrre e generavano ottimi profitti, soprattutto d’estate quando malattie e febbri si diffondevano in città: tutte le famiglie, ricche o povere, vivevano nel terrore del contagio, e le mamme somministravano le pillole ai loro piccoli per qualsiasi problema.
La città si era espansa attorno a White Acre. Dove prima c’erano solo tranquille fattorie, adesso sorgevano quartieri pieni di movimento. Omnibus, canali, linee ferroviarie, strade statali lastricate, strade a pedaggio e traghetti a vapore. La popolazione degli Stati Uniti era raddoppiata da quando erano arrivati i Whittaker nel 1792 e la bandiera adesso vantava trenta stelle. I treni correvano in tutte le direzioni sputando cenere e tizzoni ardenti; pastori e moralisti temevano che le vibrazioni prodotte da quegli spostamenti veloci avrebbero scatenato frenesie sessuali nelle donne più deboli. I poeti scrivevano odi alla natura, proprio mentre la natura svaniva sotto i loro occhi. A Filadelfia aumentava il numero dei milionari, mentre un tempo c’era solo Henry Whittaker. Erano dunque anni di rapidi mutamenti, ma c’erano cose che non cambiavano mai: colera, febbre gialla, difterite, polmonite e morte. E così il settore farmaceutico non smetteva di prosperare.
Dopo la morte di Beatrix, Henry non si era risposato né si era mostrato interessato a farlo. Non aveva bisogno di una moglie: aveva Alma. La dedizione della figlia era talmente evidente che Henry arrivava perfino a lodarla per questo, una volta all’anno. Alma aveva ormai imparato come organizzare la propria vita ...

Indice dei contenuti

  1. Il cuore di tutte le cose
  2. Copyright
  3. Dedizione
  4. Prologo
  5. PRIMA PARTE: L’albero della febbre
  6. SECONDA PARTE: La Susina di White Acre
  7. TERZA PARTE: Interferenze
  8. QUARTA PARTE: L’importanza delle missioni
  9. QUINTA PARTE: La curatrice dei muschi
  10. Ringraziamenti
  11. Indice