Per tutto l'amore
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Per tutto l'amore

  1. 320 pagine
  2. Italian
  3. ePUB (disponibile sull'app)
  4. Disponibile su iOS e Android
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Per tutto l'amore

Informazioni su questo libro

Partire, lasciarsi alle spalle il passato per scrivere con lui il suo futuro. Ha scelto, Linda: vuole Tommaso senza riserve, con tutto l'amore di cui è capace. Una follia, per una donna indipendente e legata alla sua terra come lei. Ma se a chiederle di seguirlo, lontana da casa e dal suo lavoro come interior designer, è Lord Perfection in persona, con i suoi micidiali occhi blu ghiaccio, resistere è impossibile. Così, dalla campagna veneta Linda si ritrova a correre lungo il fiume Tago, seguendo il profilo morbido delle colline di Lisbona. Certo, l'ingresso nel jet set internazionale frequentato da Tommaso – tra noiose cene diplomatiche e ossessione per la forma – è un po' turbolento e per niente trionfale… Linda deve imparare a modulare il suo carattere spigoloso con la sottile arte del compromesso, per non deludere l'uomo che vuole renderla felice a ogni costo. Tommaso infatti adora sorprenderla, e la desidera con un'intensità travolgente. Anche se a volte la sua passione per lei assume contorni quasi morbosi, e si trasforma in un gioco dalle regole perverse che sembra appannare la loro vita perfetta. Perché è perfetta: di questo Linda è sicura. Almeno finché il destino decide di incrinare il loro delicato equilibrio. E questa volta ha gli occhi familiari e dolci di chi ti è sempre stato accanto e non hai mai creduto potesse renderti davvero felice. Perché, come ci svela Irene Cao, il vero amore non è mai perfetto. È unico. E non ti chiede mai di cambiare.

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Informazioni

Anno
2014
Print ISBN
9788817074704
eBook ISBN
9788858670736

1

Una luce calda sfiora la distesa d’acqua, disegnando diamanti e stelle che tra le onde leggere si disperdono in infinite scaglie d’oro.
Sembra mare, inganna lo sguardo, ma è l’immensa foce del Tago: o rio Tejo, come lo chiamano qui.
Il sole si è appena affacciato all’orizzonte e lei sta correndo. È diventata un’abitudine, ormai: ogni mattina all’alba è già per strada.
Nascosta nel cappuccio della sua felpa bianca, leggings neri e sneakers rosa a strisce blu ai piedi, Linda non pensa a nulla, è concentrata sul suo respiro. I capelli biondi lisciati in un caschetto che le arriva un po’ sopra le spalle e gli occhi celati da un paio di Gucci neri da diva, c’è poco della ragazza di una volta in questa piccola valchiria che sfreccia per le viuzze acciottolate di Lisbona.
Nell’iPod i Madredeus si alternano ai Fly Project, poesia pura che si fonde a ritmo ed energia più commerciali: perché Linda è così, nella contraddizione trova la sua cifra, il suo modo di esprimersi più vero. Adesso è la voce di Teresa Salgueiro ad accarezzarle le orecchie in questa mattina che nasce morbida, mentre l’aria densa dell’Atlantico le arriva dritta al cuore e glielo stringe in una morsa dolce e straziante.
Da quando è a Lisbona, non ha rinunciato un solo giorno alla sua droga quotidiana. E in nove mesi ha imparato a conoscerle a fondo quelle strade con il pavé così liscio che rischi di scivolare a ogni accelerata. Questa città non va aggredita, come le verrebbe naturale fare, ma assecondata: Linda ora l’ha capito. Bisogna lasciarsi cullare dalle mille discese, sfiorando i ciottoli con passi leggeri. Ecco perché adesso si muove con calma, senza urgenza, inseguendo un ritmo dilatato com’è il tempo in questo luogo a un passo soltanto da cielo e mare.
Le strade sono semideserte, alle sei di mattina, e pochissime le anime temerarie e sportive come lei: i lisbonesi vanno al parco, i turisti non corrono e a quest’ora dormono. Eppure, anche quando è vuota e sonnacchiosa, Lisbona ha un fascino speciale: Linda l’ha pensato dal giorno in cui ci ha messo piede per la prima volta.
Adesso lascia alle sue spalle la collina di Alfama e, aumentando leggermente l’andatura, attraversa la monumentale Praça do Comércio; lancia un’occhiata alle due colonne bianche che affiorano maestose dal Tago, e fa davvero fatica a convincersi che quelle acque immense non siano l’oceano, poi supera il gigantesco arco trionfale. Corre senza pensieri, il fiato regolare, Rua do Arsenal è già alle sue spalle, ora sta costeggiando il quartiere del Chiado, e si prepara ad affrontare la salita che conduce alla sua nuova casa, la loro nuova casa. È uno splendido attico in un palazzo del XVIII secolo appena ristrutturato. Tommaso ha voluto il meglio per sé e Linda, tanto le spese per l’alloggio sono a carico del Ministero degli Esteri.
L’hanno cercato a lungo, l’appartamento dei loro sogni, e quando l’hanno trovato, anche se era vuoto e con parecchi lavoretti da fare, se ne sono innamorati entrambi: è stato un vero e proprio colpo di fulmine.
Adesso inizia a rallentare il ritmo, fino a camminare. Gli ultimi cinquecento metri sono sempre di defaticamento. Inspira, espira, si gode l’aria tersa e calda di questa mattinata di fine maggio. Scioglie le braccia, descrivendo larghi cerchi nell’aria. Da qui riesce già a vedere le finestre di casa. Si ferma davanti al Miradouro de Santa Catarina per fare qualche allungamento. La vista della città da quassù è un capolavoro: una cartolina da abbracciare con lo sguardo. C’è il Tago, così luminoso e azzurro quando il vento spazza via tutte le nuvole; più in là, le case pastello dei quartieri di Lapa e Madragoa, strette le une alle altre come tessere di un mosaico; in fondo, verso l’oceano, il maestoso ponte 25 de Abril. Linda si ricorda ancora la prima volta che l’ha visto. Ma sono a Lisbona o San Francisco?, ha pensato, e ha chiuso gli occhi per un attimo respirando a pieni polmoni quel profumo intenso.
Non ci sono dubbi, Lisbona è un incanto, un piccolo miracolo: Linda è riuscita in pochi mesi a sentirsi a casa. Proprio lei, che non aveva mai viaggiato né tantomeno vissuto all’estero se non per brevi soggiorni di lavoro o di vacanza. Ora si ferma a guardare il cronometro al polso: ogni giorno lo stesso giro e ogni giorno qualche secondo in meno. È molto soddisfatta di sé. Ma è il momento di tornare a casa, perché se Linda per caso si attarda qualche minuto – come è già successo – e lui non la vede arrivare, inizia a preoccuparsi. È uno abitudinario, che ama le regole, Tommaso: se lei gli ha dato un orario, lui non transige e la aspetta a casa, la vuole vicino. E a Linda questo piace, la fa sentire amata, perché Tommaso la desidera sempre accanto a sé, detesta perderla di vista.
Questa nuova vita è fantastica, al di sopra di tutte le sue aspettative, deve ammetterlo. E Lisbona è una vera e propria sorpresa, che continua a stupirla ogni giorno. Se solo potesse evitare di dover frequentare sempre e solo il mondo di Tommaso, fatto di noiosissimi diplomatici con mogli altrettanto noiose al guinzaglio, metterebbe la firma per rimanere qui per tutta la vita.
Dopo il caffè del risveglio, Tommaso si chiude in bagno per una mezz’ora buona: è l’unico momento della giornata che può dedicare completamente a sé, alla cura del corpo, è il tempo quotidiano riservato alla ricerca della perfezione esteriore. Indispensabile per affrontare le infinite, pressanti responsabilità delle ore che seguiranno.
Apre il rubinetto del lavabo, regola il multijet a una pressione media, s’inumidisce le guance e il mento. Poi intinge il pennello in setole di tasso nella ciotola con la crema da barba all’olio di mango. Ne raccoglie la giusta quantità e se la spalma sulla pelle con cura maniacale, insistendo sulle zone più sensibili. È un rituale che si ripete ogni giorno uguale a se stesso da quando la prima peluria da adolescente gli è comparsa sul viso: ed è stata sua madre Erminia – non il suo impegnatissimo e sempre assente padre – a insegnargli a radersi. Ogni tanto di mattina si ritrova a pensare a lei, e un sorriso di tenerezza e nostalgia gli addolcisce i lineamenti mentre si guarda allo specchio, voltando la faccia da un lato e dall’altro. Ha i capelli cortissimi, di un castano chiaro tendente al biondo; gli occhi grigio blu sono due pietre preziose che spiccano nel bianco della schiuma. È un vichingo, ha i tratti scolpiti e vigorosi di un uomo del Nord. Afferra il rasoio a mano libera, a cui ha cambiato la lama la sera prima. Inizia a radere dalla tempia sinistra, come sempre, seguendo una linea ideale che va dall’alto al basso.
Nel frattempo Linda sta uscendo dall’altro bagno, con un asciugamano attorcigliato al corpo umido. Dopo l’allenamento, farsi la doccia cromatica è diventato ormai un piacere irrinunciabile che le restituisce un senso di benessere totale. Entra in camera, si strofina un po’ il tessuto morbido sulla pelle, poi lo abbandona per terra. Apre un’anta dell’armadio per cercare qualcosa da mettersi al volo, ma in quel preciso istante l’iPhone di Tommaso inizia a suonare e vibrare sopra il comò.
7.30 di mattina.
Linda lancia un’occhiata distratta al display: quel nome le dice qualcosa, se non ricorda male è un pezzo grosso del Ministero. Nuda, afferra il telefonino e corre verso il bagno privato della camera.
«Tommi!» urla attraverso la porta, mentre bussa con insistenza.
«Che c’è, amore?»
Amore. Ancora non si è abituata a sentirsi chiamare così. E ogni volta che succede, è una piccola scossa. Non può non pensare alla prima volta che lui le ha detto “Ti amo”, a quella notte magica in cui sono arrivati a Lisbona, consapevoli entrambi che le loro vite sarebbero cambiate per sempre.
È stato in aeroporto, appena sbarcati: l’ha fermata, le ha preso le mani e gliel’ha detto, come se fosse la cosa più naturale del mondo. «Ti amo, Linda. È per questo che ti voglio con me. Lo sai, vero?»
A lei è mancato il fiato, ed è rimasta a guardarlo, senza parole, mentre una lacrima di felicità le rigava il viso: e in quel silenzio meraviglioso c’era la sua risposta, il loro futuro insieme ancora tutto da scrivere.
Linda continua a bussare. E Tommaso ha un piccolo scatto, ma si controlla istantaneamente. Niente dovrebbe turbare la sacralità di quel momento, che gli serve soprattutto per raccogliere la concentrazione e l’energia che userà nel resto della giornata.
«Telefono!» grida Linda, con una certa urgenza.
«Mi dici chi è, per favore?»
«Guglielmo Pisanò!»
Tommaso chiude l’acqua con uno scatto e si precipita ad aprire la porta, lo sguardo torvo e contrariato. Linda capisce al volo che, se fosse solo, dal fastidio potrebbe anche tirare un calcio al muro: parlare con Pisanò senz’altro non rientra nella lista delle cose che lui ama fare di prima mattina.
Linda fa un profondo respiro – rovinargli quel momento le spiace davvero – e gli mostra il cellulare con un’espressione provocante, il braccio teso. È completamente nuda.
Tommaso si tampona una guancia con l’asciugamano, lasciando l’altra ancora mezza imbrattata di schiuma e intanto la osserva, sorpreso.
Lei lo studia in viso, si guarda intorno. Nel bagno non c’è una cosa fuori posto. Tommaso è davvero un maestro di perfezionismo. E lei, nemmeno se si impegnasse con tutte le sue forze, raggiungerebbe i suoi livelli di cura del dettaglio. È anche per questo che gli piace da morire e adesso avrebbe voglia di saltargli addosso e fare l’amore con lui fino a non poterne più. Oltre che per il suo culo scolpito nel marmo e quegli occhi che sembrano urlare: “Sei l’unica donna al mondo. E io sono solo tuo”.
«Non rispondere, ti prego» gli sussurra lei, con un tono voluttuoso che non lascia dubbi sui suoi secondi fini. Continua a brandire il telefono che vibra illuminandosi, ma il suo sguardo sta implorando di non prenderlo. Provoca Tommaso, e si sta divertendo un mondo a farlo, esibendo fiera il seno sodo e generoso, il monte di Venere completamente depilato, le natiche a mandolino.
Tommaso tentenna, ma solo per un attimo. Poi, con un gesto sicuro le strappa il telefonino di mano e imposta in fretta un tono di quasi cordialità. Quest’uomo è una macchina. «Pronto?»
Linda storce le labbra, delusa.
Tommaso le fa cenno, delicatamente, di allontanarsi. Ruota l’indice in aria, come a dire “ne riparliamo dopo”. Richiude senza fare rumore la porta del bagno e affronta con rassegnazione e volontà la conversazione con Pisanò, pensando già a quanto gli scotterà l’orecchio quando avrà finito. Dopo almeno mezz’ora, se gli va bene.
«Che palle!» mugugna Linda, e sbuffando torna in camera. Il senso del dovere di Tommaso è qualcosa con cui non è ancora riuscita a fare pace.
S’infila un paio di slip neri e una canotta abbinata. Poi si distende sul letto, a pancia in su, e rimane lì un po’. Sposta lo sguardo dal soffitto alla parete di fronte, dov’è appeso il quadro con i sette vizi capitali. Se lo ricorda come se fosse ieri, il giorno in cui Tommaso gliel’ha regalato: è stato ad Asolo, dopo che lei aveva passato l’intera mattinata a contrattare con il rigattiere. Forse, in un certo senso, la loro storia è iniziata proprio lì. Ed è per questo che il quadro è una delle poche cose che dal Veneto ha voluto portare con sé a Lisbona, un pezzetto della sua vecchia vita da innestare su quella nuova.
Chi avrebbe mai detto che Linda Ottaviani sarebbe diventata la compagna di un grande diplomatico? Ma soprattutto che lei, così indipendente e autonoma – una ribelle che della propria libertà aveva sempre fatto una bandiera – si sarebbe trovata a dipendere completamente dall’uomo che ama: e non solo a livello emotivo, ma anche dal punto di vista economico! Non avendo ancora un impiego, Tommaso provvede a lei in tutto e per tutto. Certo, ha ancora dei risparmi da parte, soprattutto grazie al suo ultimo lavoro in Italia, proprio a villa Belli, ma se non troverà di che mantenersi, presto finiranno. Il fatto è che Tommaso sembra volerle togliere ogni desiderio di lavorare ancora: le compra tutto, molto più di quello di cui avrebbe davvero bisogno. La spiazza, adora sorprenderla con regali a ogni occasione e continua a ripeterle che lei non deve preoccuparsi di nulla, finché avrà lui accanto.
Sì, ma quanto potrà resistere così? A volte il pensiero la tormenta, ma sono solo momenti. Ora non ha voglia di fasciarsi la testa. Non di mattina così presto. E di certo non prima di aver fatto colazione.
Isabel Correia è al lavoro dall’alba: gonna blu al ginocchio, camicetta bianca a mezze maniche con gilet coordinato alla gonna, décolleté basse color tortora. Quarant’anni appena compiuti, è la vera padrona di casa, l’aiuto domestico senza il quale Linda si sentirebbe persa.
I folti capelli neri raccolti in uno chignon alto, dalle cinque e mezza Isabel è in cucina per rendere unica la colazione di Linda e Tommaso: ha impastato i dolci, tagliato il pane fresco, acceso la tostiera, spremuto arance e pompelmi, messo il succo nelle caraffe. Poi ha preparato la tavola con cura maniacale – è per questo che lui l’ha scelta – attenta all’abbinamento di colori tra la tovaglia e le porcellane e alla sequenza delle posate. Al centro ha messo un vaso con delle rose bianche Avalanche, che le ha fatto conoscere Tommaso e che le costano sempre ricerche infinite tra i fiorai più chic di Lisbona. D’altro canto, quando lui l’ha assunta come domestica, è stato molto chiaro: «La colazione è il momento più importante della giornata, e va curata nei minimi dettagli» si è raccomandato, dopo averle consegnato una busta chiusa che, le ha spiegato, avrebbe dovuto leggere da sola una volta a casa. All’interno, Isa aveva scoperto poche ore dopo, c’erano istruzioni scritte nella precisissima calligrafia di Tommaso sull’ordine, la pulizia, il rigore, la forma da rispettare nello svolgimento del lavoro domestico: di padroni strani, anche un po’ ossessivi, ne aveva avuti, ma questo li batteva davvero tutti. In fondo, però, se dopo nove mesi non l’ha ancora licenziata, forse Isabel e Tommaso non hanno idee poi così distanti in fatto di gestione della casa.
«Buongiorno, Isa.» Linda sbuca dal corridoio, in vestaglia corta di seta bianca a pois neri.
«Buongiorno, Linda.» Isabel sfoggia un sorriso luminoso, scoprendo denti bianchissimi tra le labbra carnose. Si salutano in italiano – che Isabel conosce alla perfezione, dato che aveva un nonno di Napoli – e poi, il resto della conversazione scorre con molta naturalezza in portoghese. «Cosa posso servirti stamattina? Ho preparato torta di mele, pastéis de nata, bolos de arroz, queijadinhas, e poi pane tostato con marmellata…»
«Un pastel de nata, grazie!» Linda si siede e non riesce a staccare gli occhi da quella meravigliosa invenzione della pasticceria portoghese che sono i pastéis. Fin dal suo primo giorno a Lisbona, i dolci l’hanno stregata, regalandole sensazioni e sapori sublimi, magici incontri tra sinfonie di uova, burro, zucchero e originali accordi di cannella, latte, riso. E in cima alla classifica del gusto, i pastéis de nata, piccoli fagottini di pasta sfoglia ripieni di crema morbida, con un delizioso strato caramellato: ne mangerebbe a multipli di tre, tanto li smaltisce con la corsa, ma – e se n’è resa conto solo ultimamente – deve stare un po’ attenta alla linea, non ha più il metabolismo accelerato dei vent’anni.
«E da bere cosa prendi, tesoro?» chiede Isabel.
«Un espresso» risponde Linda. «Bollente!»
«Perfetto.» Isabel le strizza l’occhio, sistema la cialda nella macchinetta del caffè. «Arriva subito.»
Linda la osserva. Ha una grazia innata in ogni movimento, sembra quasi che danzi in cucina. I suoi quarant’anni, di cui senz’altro venticinque buoni li ha passati a lavorare per rendere meno faticose le vite degli altri, sembrano il risultato di un patto con il diavolo: non una ruga, né sul collo né intorno agli occhi. E poi quella pelle ambrata che profuma sempre di buono, e gli occhi nocciola pieni di lu...

Indice dei contenuti

  1. Cover
  2. Frontespizio
  3. Copyright
  4. Dedica
  5. 1.
  6. 2.
  7. 3.
  8. 4.
  9. 5.
  10. 6.
  11. 7.
  12. 8.
  13. 9.
  14. 10.
  15. 11.
  16. Un anno dopo
  17. Grazie