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PABLITO
Paolo Rossi, centravanti dal volto scavato del Lanerossi Vicenza. Pablito nasce dopo Spagna-Italia 2-1, 25 gennaio 1978, seconda maglia azzurra per lui. Il suo marcatore, nel post-gara, dice che Paolo Rossi è «il più pericoloso della squadra italiana, un demonio». È fatta. Diventa Pablito, grazie anche al giornalista Giorgio Lago, che per primo usa il soprannome nei suoi articoli. Il Mondiale di Argentina ’78 è la sua prima vetrina mondiale. Quattro anni dopo, il cerchio spagnolo si chiude. Pablito, el hombre del partido.
PAC MAN
L’argentino Claudio Husaín (Napoli all’alba dei 2000), centrocampista che – come Pac Man – correva dappertutto. Detto anche El Picapiedra ed El Turco.
PACHO
Francisco Maturana (Pacho, per i colombiani, è il diminutivo di Francisco), Ct della Colombia negli anni ’90. Profeta del calcio alla camomilla, in un coito mai interrotto di passaggi orizzontali. Il meneur de jeu era Valderrama, fate un po’ voi.
PACIFICADOR (EL)
È Carlo Ancelotti quando arriva al Real Madrid dopo la scia di veleni lasciata da José Mourinho.
PACKIE
Patrick, quindi Packie o Pat, Joseph Bonner, portiere irlandese, 642 presenze con il Celtic dal ’78 al ’98: un mito.
PADELLA
Il portiere inglese Frank Swift, per la spropositata grandezza delle mani. Nelle foto d’epoca (siamo negli anni ’30) l’impressione è quella di un fotomontaggio. Gloria del Manchester City, divenne poi giornalista per il «News of the World» e morì nel disastro aereo di Monaco di Baviera (1958), viaggiando sullo stesso volo del Manchester Utd.
PADRONCITO (EL)
Il difensore argentino anni 2000 Nicolás Burdisso, padrone delle aree di rigore. Lo chiamava così Roberto Scarpini su Inter Channel e il soprannome gli è rimasto, sia in nerazzurro sia alla Roma.
PAGANINI
È uno dei primissimi soprannomi che i tifosi interisti danno al giovane talento che li delizia: Mario Corso (anche noto, tra gli altri, come il Piede Sinistro di Dio). Niccolò Paganini, violinista e compositore, non amava il replay. Corso invece ha replicato la stessa punizione a foglia morta lungo tutti gli anni ’60.
PAGNOTTELLA (ER)
È il soprannome che i tifosi della Roma danno a Bruno Pesaola, noto poi come Petisso, quando alla fine degli anni ’40 sbarca da giocatore nella Capitale.
PAJARITO (EL) (1)
Hugo Eduardo Rubio, attaccante cileno del Bologna alla fine degli anni ’80. Passerotto, pajarito appunto, per il suo saltellare con il pallone ai piedi. Per tesserare lui, il club rossoblù mandò in Svizzera Zamorano. Ci vuole del talento.
PAJARITO (EL) (2)
L’Uccellino: è Jaime Valdés, centrocampista cileno da noi con Bari, Atalanta, Parma e Lecce negli anni 2000. Il doppio senso è consentito.
PÁJARO (EL)
L’Uccello, e il doppio senso vale anche stavolta. Claudio Caniggia, ala rapida, veloce come una freccia (non a caso detto anche Hijo del Viento), un uccello sempre in volo, tra i migliori contropiedisti negli anni ’90, poche volte in fuorigioco in campo, molte di più oltre la linea laterale, lì dove comincia la zona privé. Da noi con Verona, Atalanta e Roma, per nostra sfortuna volò in alto, quella sera al San Paolo, a interrompere l’imbattibilità di Zenga e le “notti magiche” della Nazionale italiana.
PALETTA
Franco Paleari, milanese di Nerviano, in porta (con riccioli e baffi) dal ’73 al ’93. A San Siro, Cavese batte Milan 2-1. «E la Cavese sembrava il Real Madrid» disse a 90° Minuto Gianni Vasino. Paletta, quel giorno, c’era.
PALLA DI GOMMA
L’acrobatico difensore Fosco Becattini, oltre 400 presenze nel Genoa, classe ’25, ligure di Sestri Levante.
PALLETTA
Giacomo Losi, più noto come Core de Roma. Ha raccontato a Gianni Mura di «la Repubblica»: «Mi chiamavano Palletta perché saltavo come se rimbalzassi». Con la Roma dal ’54 al ’69, 386 partite, 299 da capitano, una sola ammonizione, all’ultima gara in A, contro il Verona.
PALLOTTOLA
Ivano Bordon, portiere all’Inter negli anni ’70 e ’80. Ad affibbiargli il soprannome è stato il compagno di squadra Sandro Mazzola. Da un palo all’altro, esplosivo come una pallottola.
PALO ’E FIERRO
Giuseppe Bruscolotti, bandiera del Napoli maradoniano per sedici anni, fino all’88. Fisico compatto da uomo dei traslochi, sopracciglia modello Brežnev, terzino della serie prima ti spezzo e poi non ti spiego. A Napoli ha aperto un ristorante e lo ha chiamato 10 maggio 1987: è il giorno del primo storico Scudetto.
PAMPA (EL)
Roberto Sosa, centravanti argentino, da noi noto soprattutto per un quadriennio (2004-08) con il Napoli. La Pampa è la provincia della sua terra d’origine: è nato infatti a Santa Rosa.
PAMPURIO
Meglio conosciuto come Sor Pampurio, fumetto che per decenni è apparso sul «Corriere dei Piccoli». Era detto così il centrocampista Dante Micheli, uno dei leoni di Ibrox che, con la maglia viola, nel maggio 1961 conquistò la Coppa delle Coppe battendo in finale il Rangers Glasgow. Un mese dopo arrivò anche la Coppa Italia. Fu anche mezzala della Spal e del Foggia nel corso degli anni ’60.
PANAGOL
L’attaccante panamense Dely Valdés, 21 gol nel biennio a Cagliari (1993-95).
PANNEN OLLI
Oliver (Olli) Reck, portiere del Werder Brema, due titoli in Bundesliga tra la fine degli anni ’80 e l’inizio dei ’90. Pannen – “errore”, “disfunzione”, “catastrofe” – per via delle numerose papere.
PANNOCCHIA
Nel Milan della Stella (1978-79) la zazzera bionda era quella del maratoneta albino Ruben Buriani. Adagio popolare dei tempi andati: i biondi in campo si notano di più. È detto anche Méhari.
PANTEGANA BIONDA
Pantegana, cioè topo di fogna di grandi dimensioni: è un termine usato soprattutto in Veneto: «Te me pari na pantegana». Il centravanti tedesco Jürgen Klinsmann al suo arrivo all’Inter (1989) sbagliava parecchi gol. Venne deriso perciò dalla Gialappa’s Band, e divenne presto il bersaglio preferito del trio. In Germania però era conosciuto come Klinsi. È stato tra i primi a celebrare il gol con il tuffo a pancia sull’erba. Molti suoi colleghi, emulandolo, hanno rischiato l’osso del collo.
PANTERA
L’ala destra Giancarlo Danova, per le movenze e le serpentine ubriacanti. Così soprannominato dai tifosi del Milan a metà degli anni ’50. Nel derby di ritorno del 1961-62 Gianni Brera racconta che «Pantera Danova avrebbe avuto tre palle-gol, ma Pantera è un soprannome umoristico».
PANTERA DE HOSPITALET
È lo spagnolo Víctor Valdés, portiere del Barcellona dal 2002, nato a L’Hospitalet de Llobregat il 14 gennaio 1982.
PANTERA DI HÜTTELDORF
Soprannome dell’austriaco Michael Konsel, numero 1 di Roma e Venezia alla fine degli anni ’90, nonché amico di Niki Lauda. Faccia da attore di fotoromanzo, complice il capello precocemente metallizzato.
PANTERA NERA
Eusébio, leggenda del calcio mondiale, Pallone d’Oro nel 1965 e vero e proprio monumento lusitano. Se n’è andato all’alba del 2014. Ha scritto Mario Gherarducci sul «Corriere della Sera» il 5 gennaio 2002 (in occasione dei sessant’anni di Eusébio): «Anche se proveniva dall’Africa, per un decennio ha simboleggiato la risposta europea a Pelé. Stesso colore di pelle, stessa infanzia povera e stessi inizi calcistici a piedi scalzi. Stessa dimestichezza con il gol: oltre mille le reti segnate dal brasiliano, più di 700 quelle attribuite a lui. Stessa fedeltà alla propria squadra: se Pelé ha lasciato il Santos solo per consumare gli ultimi spiccioli della carriera nei Cosmos, Eusébio è rimasto legato al Benfica per 15 stagioni, scegliendo lui pure gli Stati Uniti per trascorrervi gli anni conclusivi della sua lunga avventura nel mondo del pallone. Talvolta anche lo stesso numero di maglia, il dieci. A distinguerli c’erano i soprannomi. Pelé era “la perla nera”, mentre lui era “la pantera nera”, omaggio alle sue movenze feline».
PANTERÓN
Il pigro attaccante uruguaiano Marcelo Zalayeta (Juventus, Napoli, Bologna negli anni 2000), per le movenze indolenti, da pantera. Anzi da panterone, col fardello di chili addosso e una svagata lentezza che in realtà era la sua forza.
PAPA (IL)
Questa volta l’abbreviazione nasconde il segreto intimo di Giuseppe Papadopulo, allenatore dai modi ecumenici specializzato in missioni impossibili (tipo salvare squadre disperate). Il Papa, che parlava per editti, in realtà è stato un duro della panchina.
PAPA NERO
Il centrocampista Clarence Seedorf per l’autorità e il carisma nello spogliatoio del Milan (2002-12), prima da giocatore e poi (dal 2014) da allenatore. Detto anche Obama, parla sei lingue. È l’unico giocatore al mondo ad aver vinto quattro Champions League con tre squadre diverse: Ajax, Real Madrid e Milan (due).
PAPAGAIO (O)
Sul finire del 2000 la Juve arriva a litigare con il Flamengo per il cartellino del terzino Athirson Mazzoli de Oliveira. Non ancora maggiorenne era già il nuovo Roberto Carlos. Si faceva chiamare solo Athirson e convinse Omar Sívori, osservatore bianconero per il Sudamerica, che a sua volta convinse Moggi. Si rivela un flop. Pappagallo per la loquacità e per l’innata simpatia. Almeno quella.
PAPEL
Cioè Carta, per la magrezza e la fragilità: Félix Venerando, portiere del Brasile 1970, l’anello debole della catena, il più dimenticato e dimenticabile di una delle squadre più forti di tutti i tempi.
PAPERELLA
Il mirabolante portiere Ciccio, nato Claudio, Garella. Tempi grami alla Lazio nei ’70, non ne imbroccava una. E quindi Paperella, ma con affetto. Soprannominato anche Garellik.
PAPERO D’ORO
La leggenda narra che il figlio della lavandaia dell’Ajax avesse i piedi a papera. Si chiamava Johan Cruijff. Detto anche Pelé Bianco, Profeta del Gol e Salvador.
PAPPA
Quando un giorno Giancarlo Galdiolo si presentò all’allenamento pettinato come il Pappagone di Peppino de Filippo, con tanto di ciuffo sporgente, per i compagni di squadra divenne subito Pappa. Galdiolo, stopper roccioso, ha speso gran parte della sua carriera con la maglia della Fiorentina: 229 presenze dal 1970 all’80.
PAPU (EL)
Il Folletto. L’attaccante argentino Alejandro Darío Gómez è alto 164 centimetri. Esploso nel Catania, nel 2013 è emigrato a Est.
PARADA 18
Così venne soprannominato il terzino brasiliano Olavo Rodrigues Barbosa alla fine degli anni ’40. Parada 18, cioè Fermata 18, dal nome della fermata dell’autobus che passava per il quartiere, denominato Tristeza, di Porto Alegre, dove il nostro abitava. Sono esistiti tempi in cui i calciatori andavano ad allenarsi in autobus, sigh.
PARANÁ
È uno Stato brasiliano, ed è anche il soprannome con cui è conosciuto Ademir de Barros, ala che ha vestito anche la maglia della Nazionale nel 1965.
PARÒN
Nereo Rocco, el Paròn. La traduzione italiana, “padrone”, non rende. L’inventore del libero o, se non fosse proprio così, uno dei primi a organizzare al meglio la difesa. Specie alla Triestina e al Padova, i suoi capolavori. Di quell’epoca un paio delle sue battute più riuscite: «Che vinca il migliore!». E lui: «Speremo de no!». «Mi fazo catenaccio, lori xe prudenti» replicava a suo modo a chi lo accusava di eccessivo difensivismo. Poi il Milan. E Gianni Rivera. Scudetti e coppe, per prima quella dei Campioni, nel 1963, con cronaca dallo studio di Beppe Viola. Grande personaggio, molto attento al lato umano, ruvido solo all’apparenza. Molti dei suoi giocatori sono diventati allenatori famosi, Cesare Maldini e Giovanni Trapattoni su tutti.
PASO DOBLE
È il fuoriclasse Luís Filipe Madeira Caeiro Figo che nasce nel 1972 a Lisbona nel distretto operaio di Almada. Numero 7 allo...