
eBook - ePub
Preludio a Dune
- 1,296 pagine
- Italian
- ePUB (disponibile sull'app)
- Disponibile su iOS e Android
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Informazioni su questo libro
L'imperatore di tutto l'Universo Conosciuto vuole impadronirsi del segreto del melange, la misteriosa spezia che permette di attraversare gli spazi stellati e allunga la vita. Tutto quello che sa è che essa cresce sotto le sabbie di un pianeta lontano. Intanto su Caladan il giovane Leto, ultimo discendente della nobile Casa Atreides, sta preparandosi per diventare il nuovo Duca, in lotta contro i rivali di sempre, gli Harkonnen dominatori di Arrakis, un pianeta che i suoi abitanti chiamano Dune.
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Informazioni
Print ISBN
9788804750451eBook ISBN
9788835717546CASA HARKONNEN
Al nostro comune amico Ed Kramer,
senza il quale questo progetto
non avrebbe mai dato frutti.
È stato lui a far scoccare la scintilla.
Ringraziamenti
A Jan Herbert, con riconoscenza per la sua incrollabile devozione e per il costante sostegno creativo.
A Penny Merritt, per l’aiuto nel gestire l’eredità letteraria del padre, Frank Herbert.
A Rebecca Moesta Anderson, che con instancabile entusiasmo, idee, fantasia e occhio acuto ha veramente esaltato questo progetto.
A Robert Gottlieb e Matt Bialer della William Morris Agency, Mary Alice Kier e Anna Cottle della Cine/Lit Representation: non hanno mai vacillato in fede e impegno, convinti del potenziale del progetto.
A Irwyn Applebaum e Nita Taublib della Bantam Books, che hanno dato sostegno e attenzione a un’impresa così grande.
A Pat LoBrutto, che fin dall’inizio, con entusiasmo e impegno, ci ha aiutato a mantenerci in carreggiata e ci ha spinto a considerare possibilità e trame secondarie che hanno reso Preludio a Dune. Casa Harkonnen ancora più solido e complesso.
Ad Anne Lesley Groell e Mike Shohl che, prendendo le redini del lavoro redazionale, ci hanno dato eccellenti consigli e suggerimenti, anche all’ultimo minuto.
Al nostro editor inglese, Carolyn Caughey, che ha continuato a trovare imprecisioni sfuggite a tutti e ci ha dato suggerimenti su particolari grandi e piccoli.
Ad Anne Gregory, per il lavoro editoriale in un’edizione estera di Preludio a Dune. Casa Atreides, avvenuto troppo tardi per elencare anche lei nei ringraziamenti di quel libro.
Come sempre, a Catherine Sidor della WordFire, Inc., che ha lavorato instancabilmente a trascrivere decine di minicassette e a battere a macchina centinaia di pagine per tenersi al passo con il nostro folle ritmo di lavoro. Il suo aiuto in tutte le fasi di questo progetto ha contribuito a mantenerci sani di mente, e lei riesce persino a far credere alla gente che siamo organizzati.
A Diane E. Jones e Diane Davis Herdt, che hanno lavorato duramente come lettrici cavia: ci hanno dato pareri spassionati e suggerito scene che hanno contribuito a rendere più valido il libro.
Alla Herbert Limited Partnership, che comprende Ron Merritt, David Merritt, Byron Merritt, Julie Herbert, Robert Merritt, Kimberly Herbert, Margaux Herbert e Theresa Shackelford: tutti ci hanno offerto entusiasmo e sostegno, affidando a noi la continuazione del grandioso universo immaginato da Frank Herbert.
A Beverly Herbert, per quasi quarant’anni di sostegno e devozione al marito Frank.
E, soprattutto, grazie a Frank Herbert, il cui genio creò un così meraviglioso universo affinché tutti noi lo esplorassimo.

La scoperta è pericolosa... come la vita, del resto. Chi non è disposto a correre rischi è condannato a non imparare mai, a non crescere mai, a non vivere mai.
— PARDOT KYNES, Manuale per principianti di Arrakis, scritto per il figlio Liet
QUANDO DA MERIDIONE giunse la gigantesca tempesta di sabbia, Pardot Kynes era più interessato a rilevare dati meteorologici che a mettersi al riparo. Il figlio Liet (che aveva solo dodici anni, ma era cresciuto secondo l’aspra via del deserto) osservò con interesse l’antico modulo meteorologico trovato nella stazione botanica sperimentale abbandonata. Non era molto convinto che quel macchinario funzionasse ancora.
Poi si girò a guardare la distesa di dune in direzione della tempesta in arrivo. «Il vento del demonio, nel deserto aperto. Hulasikali Wala» disse. Con reazione istintiva controllò gli accessori della sua tuta distillante.
«Tempesta di Coriolis» lo corresse Kynes, usando il termine scientifico anziché quello fremen. «I venti che soffiano sulle distese piatte sono accelerati dal moto di rivoluzione del pianeta. Le raffiche a volte raggiungono i settecento chilometri l’ora.»
Intanto Liet aveva sigillato il modulo meteorologico ovoidale. Controllò le chiusure degli sfiatatoi, il pesante portello, le provviste d’emergenza. Lasciò perdere il generatore di segnali e il faro di soccorso: i disturbi elettrostatici della tempesta di sabbia avrebbero ridotto a semplici scariche elettromagnetiche ogni trasmissione.
In società più avanzate, Liet sarebbe stato considerato solo un ragazzo; crescendo invece fra i rudi fremen, aveva raggiunto una maturità che pochi altri, anche con il doppio dei suoi anni, dimostravano. Per cavarsela in una situazione d’emergenza era meglio attrezzato del padre.
Pardot Kynes si grattò la barba color sabbia, ormai ingrigita. «Una forte tempesta come questa può estendersi anche per quattro gradi di latitudine» disse. Accese gli schermi degli analizzatori del modulo. «Solleva particelle a duemila metri d’altezza e le tiene sospese nell’atmosfera; così, molto tempo dopo il passaggio della tempesta, dal cielo continua a cadere polvere.»
Liet diede un ultimo strattone al fermo del portello e parve soddisfatto: avrebbe resistito alla tempesta. «I fremen la chiamano El-Sayal, la “pioggia di sabbia”.»
«Un giorno, quando sarai planetologo, dovrai usare un linguaggio più tecnico» disse Pardot Kynes, in tono professorale. «Di tanto in tanto invio ancora rapporti all’imperatore, anche se meno spesso di quanto dovrei. Non credo che lui li legga.» Batté il dito su uno degli strumenti. «Ah, il fronte atmosferico è quasi sopra di noi.»
Liet rimosse la copertura di un oblò e guardò l’arrivo della muraglia di polvere bianca e marrone rossiccio e le scariche elettrostatiche. «Un planetologo deve usare gli occhi al pari del linguaggio scientifico. Guarda fuori, padre.»
Pardot Kynes rivolse al figlio un sorriso. «È ora di far alzare il modulo» disse. Azionò comandi da tempo inutilizzati e riuscì a mettere in funzione la coppia di motori a sospensori. Il modulo vinse la forza di gravità e si staccò dal suolo.
La tempesta incombeva ormai su di loro. Liet chiuse la copertura del finestrino e si augurò che l’antico modulo meteorologico non andasse in pezzi. Si fidava fino a un certo punto dell’intuito del padre, ma ben poco della sua abilità pratica.
Il modulo ovoidale si alzò dolcemente sui motori a sospensori, schiaffeggiato dalle prime raffiche. «Ah, ci siamo» disse Pardot Kynes. «Ora comincia il nostro lavoro...»
La tempesta li colpì come un randello smussato e li lanciò in alto nel turbine di sabbia.

ALCUNI GIORNI PRIMA, durante un viaggio nel cuore del deserto, Pardot Kynes e il figlio avevano scoperto le familiari indicazioni di una stazione botanica sperimentale, abbandonata da migliaia d’anni. I fremen avevano saccheggiato gran parte degli avamposti di ricerca, portando via gli oggetti di valore; ma quella stazione isolata, in un anfratto fra le rocce, era stata scoperta solo quando Kynes ne aveva scorto i segni.
Lui e il figlio avevano forzato il portello incrostato di polvere e scrutato all’interno, come due saccheggiatori di tombe sul punto di entrare in una cripta. Erano stati costretti ad aspettare sotto il sole che il ricambio naturale eliminasse la micidiale aria viziata. Pardot Kynes aveva passeggiato avanti e indietro sulla sabbia, a volte infilando la testa nel buio e trattenendo il fiato, in attesa di poter entrare e investigare.
Le stazioni botaniche sperimentali erano state costruite nell’età d’oro del vecchio Impero. All’epoca, quel pianeta desertico non era niente di speciale, quasi privo di risorse e di attrattive per la colonizzazione. I nomadi zensunni, dopo generazioni di schiavitù, vi si erano stabiliti, con la speranza di costruire un mondo dove vivere liberi.
Tutto questo però era avvenuto prima della scoperta della spezia melange, una preziosa sostanza che non si trovava in nessun’altra parte dell’universo. Allora tutto era cambiato.
Anche Kynes, ormai, non si riferiva più a quel pianeta chiamandolo con il nome riportato sui documenti imperiali, Arrakis, ma adoperava quello datogli dai fremen: Dune. Kynes, per natura, era simile ai fremen, ma rimaneva un servitore degli imperatori padiscià. Elrood IX gli aveva affidato il compito di scoprire il mistero della spezia: da dove proveniva, come si formava, dove si poteva trovare. Per tredici anni Kynes era vissuto con gli abitanti del deserto; aveva preso una moglie fremen e aveva allevato un figlio per metà fremen, perché seguisse le sue orme e prendesse il suo posto come planetologo su Dune.
Non aveva mai perduto l’iniziale entusiasmo per quel pianeta. Si era esaltato alla possibilità di apprendere qualcosa di nuovo, anche a costo di spingersi nel cuore di una tempesta di sabbia.

GLI ANTICHI MOTORI A SOSPENSORI del modulo ronzarono come vespe rabbiose in contrappunto al ruggito della tempesta di Coriolis. Il velivolo rimbalzava sotto le raffiche, come un pallone aerostatico dal guscio d’acciaio. La polvere flagellava lo scafo.
«Mi ricorda le tempeste aurorali su Salusa Secundus» disse Kynes. «Sorprendenti. Molto pittoresche e molto pericolose. Il vento-maglio può scaturire dal nulla e appiattirti come una lamina di ferro. Non ti piacerebbe trovarti all’aperto.»
«Non mi piace nemmeno adesso» replicò Liet.
Sotto la pressione esterna, una piastra laterale si deformò; con un sibilo sottile, l’aria sfuggì dalla crepa. Liet si protese verso la perdita. Aveva tenuto a portata di mano il kit di riparazione e la schiuma sigillante, sicuro che il decrepito modulo non avrebbe resistito. «Siamo nelle mani di Dio, potremmo essere schiacciati in qualsiasi momento.»
«Le parole che direbbe tua madre» commentò il planetologo, senza alzare gli occhi dalla quantità di dati che dallo strumento di registrazione si riversavano in un vecchio supporto magnetico. «Guarda, una raffica ha raggiunto gli ottocento chilometri!» Nel tono non c’era paura, solo entusiasmo. «Che tempesta mostruosa!»
Liet alzò gli occhi dal sigillante duro come pietra appena steso sulla sottile crepa. Il sibilo della perdita d’aria diminuì, sostituito da un soffocato fragore d’uragano. «Se fossimo fuori, questo vento ci strapperebbe la carne dalle ossa.»
Kynes sporse le labbra. «Abbastanza probabile, ma devi imparare a esprimerti in modo preciso e obiettivo. “Strappare la carne dalle ossa” non è un’espressione che si userebbe nei rapporti all’imperatore.»
La forza del vento, il raspio della sabbia e il ruggito della tempesta proseguirono in crescendo; poi nel modulo ci fu un brusco cambiamento di pressione e tutto si esaurì in una bolla di silenzio. Liet batté le palpebre e deglutì con forza per liberarsi le orecchie e la gola. Un intenso silenzio gli pulsò nel cranio. Attraverso lo scafo dello scricchiolante velivolo udiva ancora i venti di Coriolis come sussurri in un incubo.
«Siamo nell’occhio» disse Pardot Kynes, contento, scostandosi dagli strumenti. «Un sietch al centro della tempesta, un rifugio dove meno te lo aspetteresti.»
Livide scariche elettrostatiche scoppiettarono intorno a loro, campi elettromagnetici generati dallo sfregamento di sabbia e polvere. «Preferirei essere davvero nel sietch» ammise Liet.
Il modulo andò alla deriva nell’occhio della tempesta, sicuro e silenzioso, dopo l’intenso martellamento delle raffiche frontali. Chiusi nel piccolo velivolo, Pardot e Liet ebbero un’occasione per parlare, da padre a figlio.
Ma non ne approfittarono.
Dieci minuti più tardi il velivolo colpì il fronte opposto della tempesta di sabbia e fu rigettato nel turbine, con un rapido colpo di vento fitto di polvere. Liet barcollò e si sorresse; suo padre riuscì a mantenersi in piedi. Lo scafo vibrò con un rumore sordo.
Pardot Kynes guardò i comandi, il pavimento, poi il figlio. «Non so bene che cosa fare. I sospensori...» Avvertirono un rollio improvviso e iniziarono a cadere a precipizio, come se la loro corda di sicurezza fosse stata tagliata. «... Non rispondono più.»
Liet si sorresse per vincere una bizzarra mancanza di peso: il modulo danneggiato precipitava verso il terreno nascosto dalla massa di polvere. Mentre venivano sballottati nell’aria, il planetologo continuò ad azionare i comandi.
Gli incerti motori a sospensori scoppiettarono e si riaccesero poco prima dell’impatto. La forza del generatore di campo Holtzman li protesse quanto bastava ad assorbire la parte peggiore dell’urto. Poi il modulo sbatté contro la sabbia ribollente. In alto, i venti di Coriolis ruggivano e padre e figlio si sentirono come topi canguri al passaggio di una mietitrice di spezia. Dal cielo cadde un diluvio di polvere.
Incolumi, a parte qualche contusione, Pardot e Liet-Kynes si tirarono in piedi e si guardarono, passata la paura. La tempesta puntò verso l’alto, passò sopra di loro e si lasciò alle spalle il modulo.

DOPO AVER ELIMINATO un accumulo di sabbia nella bocchetta d’aerazione, Liet pompò aria fresca per sostituire quella viziata. Quando aprì il pesante portello, un fiume di sabbia cadde dentro; Liet usò un collante di schiuma statica per rendere compatte le p...
Indice dei contenuti
- Copertina
- Frontespizio
- Introduzione. di Franco Forte
- Prefazione. Genesi dell’universo espanso. di Stefano Giorgianni
- PRELUDIO A DUNE
- Casa Atreides
- Casa Harkonnen
- Casa Corrino
- Seta Nuziale
- Copyright