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La laicità serena di un cattolico gentile

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La laicità serena di un cattolico gentile

Informazioni su questo libro

A un anno dall’improvvisa scomparsa del Professor Giuseppe Dalla Torre, non pochi hanno ripercorso i suoi prestigiosi incarichi nell’Università, nella comunità accademica italiana e internazionale, nella Curia romana e nello Stato della Città del Vaticano, e ne hanno ricordato le qualità intellettuali e umane nonché la sterminata produzione scientifica. C’è tuttavia un profilo della sua versatile personalità che forse è rimasto in ombra: quello legato alla sua attività giornalistica, invero assai protratta e fertilissima.
Probabilmente a causa del pregiudizio per il quale scrivere sui giornali o interfacciarsi con i mass media, per l’approccio più semplice e divulgativo con cui le materie vengono affrontate, rientri in una sorta di dimessa ‘arte minore’ cui i docenti si dedicano a tempo perso: quasi un leggero diversivo rispetto alla più scrupolosa e severa stesura di testi rigorosamente scientifici. Per converso Giuseppe Dalla Torre, sin dalla giovinezza, mai ha disdegnato di applicarsi all’elaborazione di articoli giornalistici, in particolare per il quotidiano Avvenire: scendendo dalla cattedra universitaria e rivolgendosi con immediatezza al lettore della testata di ispirazione cattolica, per illustrare, con linearità logica e chiarezza concettuale, l’autentica sostanza dei problemi trattati in tutti i loro risvolti, specie giuridici, più controversi. Attraverso la lettura di questi articoli su argomenti quanto mai eterogenei - sintetici e quasi lapidari, come postulato dal genere letterario - emerge l’avvincente itinerario ultratrentennale della vivace militanza, nella compagine ecclesiale e nella società civile, di un giurista cattolico che non ha mai, anche nelle condizioni di più aspro scontro su differenti fronti, abdicato al suo munus - diremmo canonisticamente - genuinamente laicale di animazione cristiana delle realtà temporali, secondo il magistero più vivido del Vaticano II. Il volume, riproponendo molti di tali interventi e corredandoli di brevi analisi di suoi allievi, diretti e indiretti, auspica di dar conto di questo aspetto sinora poco indagato, e invece così pregnante, della sua opera.
A cura di Geraldina Boni

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1. GENIO DIPLOMATICO E CUORE EVANGELICO

01/03/1988 – p.10 (Sezione Chiesa)

Fu, forse, l’ultimo di un’epoca e di un mondo. Per più aspetti. Infatti, la vicenda terrena del cardinale Domenico Tardini – che in così larga parte s’intreccia indissolubilmente con la vicenda della Santa Sede nei decenni centrali del nostro secolo – sembra significare uno di quei tornanti nel divenire della storia, che segnarono l’ineludibile consumarsi di un’esperienza.
A cominciare da quella ‘romanità’, espressione con la quale non si vuole tanto intendere l’origine dei natali, ovvero alludere a certe dimensioni tipiche della sua personalità: il motto di spirito, alcune inclinazioni del carattere, particolari espressioni della religiosità, fino a quegli atteggiamenti non privi di scettica ironia nei confronti di un certo mondo vaticano d’altri tempi, così ben raffigurato nei sonetti del Belli, poeta a lui assai caro.
Perché il suo essere ‘prete romano’ significa qualcosa di più e di diverso: devozione al Papa, da servire con fedeltà ma anche con franchezza e realismo; senso di apertura e universalità (giammai chiusura nel gretto provincialismo); coscienza del significato più pieno e pregnante – meglio: trascendente – che i valori della romanità vengono ad avere con il cristianesimo.
Egli appare anche l’epigono, o quasi, d’un ambiente curiale non ancora toccato dal profondo processo di internazionalizzazione che segna l’età post-conciliare; nel quale, governo della Chiesa universale e governo della diocesi del Papa sembrano, nonostante tutto, più vicini; nel quale sono palpabili ancora i segni e l’atmosfera di un tempo, ormai tramontato, quando la romanità della Curia era in qualche modo da connettersi anche alle funzioni da essa esercitate nel reggimento del potere temporale dei Papi.
Eppure, a ben guardare, la vicenda di Tardini sembra piuttosto aprire un’epoca, entrare tra le premesse per il rinnovamento che abbiamo conosciuto negli anni più prossimi a noi. A cominciare dallo stile di vita schietto e semplice, seguito sin negli uffici più alti; a cominciare dal suo inserimento in un’attività di servizio – la politica intesa nel senso più ampio e alto, la diplomazia –, con un curricolo di studi superiori del tutto estraneo a quello cui solitamente vengono iniziati i diplomatici della Chiesa.
E forse è in ciò la spiegazione della passione e dell’impegno con cui per anni, nonostante le gravose incombenze in Segreteria di Stato, tenne a conservare gli insegnamenti di liturgia e di teologia sacramentale presso l’Apollinare e l’ateneo di Propaganda Fide.
Ma soprattutto il suo collocarsi all’inizio di una nuova età mi sembra evidente ed assai significativo proprio nelle funzioni da lui svolte, almeno per un trentennio, da quando fu nominato sottosegretario della S. Congregazione degli Affari ecclesiastici straordinari (giugno 1929), fino alla nomina a Segretario di Stato (1958), ufficio che ricoprì sino al giorno della sua scomparsa, il 30 luglio 1961.
Perché se è vero – come gli storici ammettono unanimemente – che egli fu in quell’arco di tempo una delle figure più influenti della Chiesa, se ne deve concludere che egli visse non da spettatore bensì da protagonista il rinnovamento del modo di concepire e del modo di esprimere la politica di presenza della Chiesa nella complessa realtà delle relazioni internazionali e con gli Stati.
Una concezione ed un’esperienza fatte di saldezza nei principi inderogabili, di profonda coscienza dell’alta missione religiosa, morale e civile della Chiesa; di radicata convinzione circa la necessità che la Chiesa non sia legata a nessuna ideologia, a nessun partito, a nessuna forma di Stato o di Governo, a che all’imparzialità della Chiesa e del papato nelle vicende politiche interne e internazionali debba accompagnarsi una sollecitudine tutta apostolica nel giudizio morale da darsi sulle questioni politiche quando esse tocchino il bene delle anime, la libertas Ecclesiae, la tutela dei più piccoli e dei più deboli.
Chiarissima testimonianza in questo senso può trarsi dalle numerose pagine degli Actes et documents relativamente all’attività della Santa Sede nel corso della seconda guerra mondiale, dove si riscontra il ruolo rivestito da Tardini in iniziative diplomatiche di ampio respiro volte a limitare gli effetti dannosi della guerra, a favorire le basi per la costruzione di quel nuovo ordine internazionale ed interno agli Stati – solo garanzia di una pace giusta e duratura – che segna l’impegno più alto del pontificato pacelliano.
Ma dalle pagine esce anche la testimonianza di quella che, incisivamente, è stata definita la «diplomazia della carità» di Tardini verso le vittime della persecuzione e della guerra: ebrei, orfani, prigionieri di guerra, esuli e rifugiati.
Così come si deve notare che lo spirito critico e pragmatico del diplomatico non soffoca l’animo sacerdotale: quando durante la crisi del 1983, alla vigilia degli accordi di Monaco, Tardini avverte la gravità del pericolo per la pace, pensa e si muove per un impegno, il più alto, da parte della Santa Sede: un «invito del Papa alla preghiera», una sorta di «colletta per la pace» da indirsi per tutto il mondo.
Non vorrei sbagliare, ma mi pare di poter dire che dall’insieme delle iniziative che – sotto i pontificati di Pio XI, Pio XII e Giovanni XXIII – lo vedono prima ascoltato consigliere poi indiscusso protagonista, si traggono elementi sufficienti a ricostruire la sua concezione dei rapporti tra Chiesa e comunità politica. Una concezione nuova, che va al di là degli ormai consunti schemi racchiusi nelle tradizionali trattazioni del diritto pubblico ecclesiastico, che erano stati elaborati per una società, per un mondo ormai naufragati da tempo.
Si tratta di una concezione caratterizzata da profondo realismo, ma al contempo animata da forte tensione pastorale. In essa – mi sembra – possono già intravedersi i semi di un progetto che il Vaticano II porterà a compiuta maturazione.
Lo stesso suo impegno nella fondazione e nello sviluppo di Villa Nazareth, al di là dell’originale e rilevantissimo spessore dell’iniziativa sul piano pedagogico, culturale e religioso, pare assurgere a concreta esperienza – si direbbe quasi a ‘laboratorio’ – di un più alto progetto ideale: quello di una Chiesa che non confida più nella cristianizzazione dall’alto della società, ad opera di un principe cristiano; che non confida nei privilegi che il potere secolare può offrirle.
Bensì una Chiesa che guarda alla crescita della società umana secondo il progetto di Dio, grazie all’iniziativa che nasce dal basso, dall’impegno del popolo cristiano e, segnatamente ad opera di laici profondamente animati e professionalmente qualificati. Insomma: quell’animazione cristiana dell’ordine temporale su cui compiutamente dirà il magistero conciliare.
E non è un caso che sia proprio Tardini a presiedere, con posizioni di distinta autonomia rispetto ad altre posizioni ed altre correnti, la commissione antepreparatoria dell’assise conciliare.

2. GLI ARCHEOLOGI DEL DIRITTO

02/09/1988 – p.1 (Prima pagina)

La sentenza del Consiglio di Stato sulla cosiddetta ‘ora di religione’ ha il merito di far chiarezza sui termini strettamente giuridici del problema: ora, il dibattito può eventualmente proseguire, ma solo su piani diversi, come quello politico, ideologico o culturale. Nelle pagine della lunga e ben costruita decisione, infatti, si spazzano via una serie di equivoci e di erronee interpretazioni che avevano in passato e fino ad ora non solo inquinato la discussione, bensì anche ostacolato una piena e corretta attuazione delle nuove disposizioni in materia. Un esempio tra i tanti: con piacere oggi si constata che aderiscono alla definizione di materia “curriculare” (e quindi facente parte integrante dell’orario delle lezioni), fatta dal Consiglio di Stato, anche quei critici della sentenza che pure in passato si erano espressi per il carattere aggiuntivo dell’insegnamento dell’ora di religione cattolica, ritenendolo come un quid pluris rispetto agli insegnamenti curriculari. Come pure merito della sentenza è quello di mostrare, attraverso rigorose e lucide motivazioni, che nel testo del Concordato è già in nuce quanto ha poi trovato attuazione nelle disposizioni successive. Sicchè risulta fuorviante e tatticamente debole la contrapposizione, che molti fanno, tra norme concordatarie e norme dell’Intesa tra Ministro della Pubblica Istruzione e Presidente della CEI, del dicembre 1985.
Il discorso, quindi, non può essere ricondotto all’art. 9 n. 2 dell’Accordo di revisione del Concordato lateranense, come del resto fanno i più acuti critici della decisione stessa. Ma con alcune precisazioni preliminari. Innanzitutto, che la nuova normativa concordataria è tutt’altro che frutto di «precipitazione e faciloneria», come pure è stato scritto.
Basti pensare che i lavori bilaterali di revisione iniziarono nell’ormai lontano 1976; che il Parlamento italiano fu più volte e nei suoi vari organi, ivi comprese le assemblee, investito dello stato delle trattative; che il frutto di ciò furono le numerose bozze redatte di volta in volta, tenendosi conto delle indicazioni di provenienza parlamentare. Si è seguita cioè una procedura del tutto anomala rispetto a quella comune ai trattati internazionali, per la quale il Parlamento interviene dopo la loro stipula; e ciò all’evidente scopo di far convenire sui contenuti della revisione, oltre la semplice maggioranza, il massimo numero possibile dei consensi. Cosa che di fatto avvenne.
In secondo luogo che le nuove disposizioni concordatarie sull’insegnamento cattolico risultavano nella loro sostanza precognite non solo grazie alla peculiare procedura seguita nella revisione, ma anche perché nel loro nucleo essenziale – individuabile nell’inserimento di detto insegnamento «nel quadro delle finalità della scuola» – ripetevano il contenuto di una disposizione del testo di riforma della scuola secondaria superiore, approvato in tutta la sua laica e sovrana autonomia da uno dei due rami del Parlamento, e poi decaduto per scioglimento anticipato delle Camere. Col rischio di ripetere cosa già dette, si deve notare che la differenza intercorrente tra la vecchia e la nuova disciplina concordataria dell’‘ora di religione’ è data dal fatto che nel 1929 – coerentemente con l’impostazione idealistica della scuola di Stato, segnata dalla riforma Gentile – l’insegnamento era considerato estraneo alla scuola pubblica, come una cessione al rigore della ideologia, fatta alla Chiesa per fini strumentalmente politici. In quel «e perciò consente…» che seguiva nell’art. 36 del Concordato la roboante ma inutile premessa a tutti nota, era davvero racchiusa tutta quella storia di emarginazione che l’insegnamento ha conosciuto nella scuola pubblica, e che è a tutti conosciuta.
Nella nuova disciplina – e giustamente la sentenza del Consiglio di Stato lo sottolinea – l’insegnamento non è più una concessione fatta alla Chiesa, rientrando a titolo proprio nelle finalità dello Stato. E ciò nella misura in cui la scuola pubblica – che è la scuola dell’intera comunità nazionale, e non di un ente mitico portatore di una sua ideologia – ha come scopo quello della promozione umana e culturale del singolo cittadino, per rapporto alla realtà in cui vive. In questo senso esattamente nell’articolo 9 n. 2 dell’Accordo di revisione si afferma che detto insegnamento si inserisce «nel quadro delle finalità della scuola», e si fonda sul riconoscimento «del valore della cultura religiosa» e sul fatto che «i principi del cattolicesimo fanno parte del patrimonio storico del popolo italiano». Un insegnamento di carattere «confessionale» (in un Concordato non poteva essere altrimenti, potendo liberamente lo Stato per suo conto introdurre, nella sua scuola, insegnamenti di tipo culturale sul fenomeno religioso); un insegnamento oggettivamente obbligatorio, nel senso che deve essere attivato in ogni scuola di ordine e grado, a prescindere ad esempio dalla richiesta dell’utenza.
Se considerata anche alla luce di questa clausola, correttamente la sentenza del Consiglio di Stato deduce che la scuola è tenuta ad offrire un’alternativa ai non avvalentisi dell’insegnamento cattolico, ovvero attività «culturali e formative equivalenti».
In effetti, una volta che lo Stato ha ritenuto essenziale l’approccio con la problematica religiosa, in ordine alle finalità formative che la sua scuola intende perseguire, è del tutto coerente dedurre la necessità che per i non avvalentisi dell’insegnamento cattolico si dispongano attività le quali, dal punto di vista formativo, possano essere equivalenti. Da tutte queste premesse deriva come ovvio corollario che la disciplina dell’insegnamento cattolico non può essere marginalizzata rispetto agli altri insegnamenti curriculari.
E veniamo alla cosiddetta materia alternativa, di nuovo oggetto di polemiche, avendo la sentenza stabilito, per le ragioni accennate, la frequenza obbligatoria. Occorre preliminarmente ricordare che essa non è stata prevista, ovviamente, dalle norme concordatarie, che non avrebbero potuto disporre in merito, bensì è stata disposta sulla base di precise indicazioni parlamentari, a conclusione del dibattito svoltosi nel gennaio 1986. L’attività alternativa, dunque, è stata voluta dal Parlamento. In particolare, essa si deve all’iniziativa del mondo laico, preoccupato di evitare discriminazioni che sarebbero potute derivare dalla scelta tra ore di religione e il nulla.
Tra i commentatori della sentenza non è mancato chi – anche tra i più autorevoli – ha gridato alla violazione della laicità dello Stato, invocando il ritorno alla lettera e allo spirito della Costituzione. Ma forse si è dimenticato che esiste una «ideologia della laicità», contrapposta anch’essa alla laicità dello Stato; che al fenomeno religioso la Costituzione riserva un’attenzione particolare, per certi aspetti ben più ampia di quella riservata a fenomeni di primo rilievo, quale l’associazionismo per fini politici e sindacali.
Sicché, parrebbe strano che in una scuola di Stato, chiamata innanzitutto ad educare i cittadini ai valori racchiusi nella Carta fondamentale, si estromettesse il fatto religioso col pretesto della laicità. Altri commentatori – ed altrettanto autorevoli – hanno aggiunto che, stando sul punto di diritto le cose così come le ha indicate la sentenza del Consiglio di Stato, ed essendo illusione la possibilità di cambiare le norme vigenti con la riapertura delle trattative fra le due parti, l’unica via perseguibile è quella dell’abolizione del sistema concordatario, tornando al separatismo di cui all’antica formula cavouriana. Il che significherebbe non solo andare contro l’articolo 7 della Costituzione, ma contro lo stesso principio pluralistico, che informa tutta la Carta costituzionale.

3. CHI ASPETTA DA QUARANT’ANNI

17/09/1988 – p.1 (Prima pagina)

Sorprende davvero che nel corso dell’attuale, vivace polemica sulla scuola non statale, si sia con tanta insistenza sostenuta la tesi che la proposta di finanziamento pubblico costituirebbe una lettera talmente elastica ed evolutiva della clausola di cui all’articolo 33 della Costituzione (il famoso inciso «senza oneri per lo Stato»), da giungere addirittura – ad avviso di alcuni – alla violazione della Costituzione. Sorprende innanzitutto perché si dà il caso che proprio tra i più strenui stigmatizzatori della pretesa interpretazione evolutiva della Carta fondamentale, sono non pochi che, in altri ambiti, si sono fatti a loro volta sostenitori di tesi assai ardite sul piano dell’interpretazione del dettato costituzionale, al punto di giungere al suo totale stravolgimento. Penso, ad esempio, agli odierni dibattiti sulla cosiddetta ‘famiglia di fatto’, di cui in una recente proposta di legge si vuole addirittura il riconoscimento legale, nonostante la perentorietà della norma costituzionale per la quale la Repubblica riconosce la famiglia «come società naturale fondata sul matrimonio».
Ora, va da sé che il richiamo alla fedeltà al testo costituzionale dovrebbe valere per tutti, ed in ogni direzione. Ma poi, è davvero incostituzionale la proposta di finanziamento della scuola non statale? Direi proprio di no, e per almeno due buoni ordini di ragioni. In primo luogo perché, sia alla luce dei lavori preparatori della Costituzione che dagli sviluppi della dottrina costituzionalistica (dalla quale non si possono correttamente estrapolare le opinioni, per quanto autorevolissime, di alcuni studiosi soltanto), risulta chiaramente che la ricordata clausola esonerativa di cui all’art. 33 della Costituzione vale solo a negare un diritto delle scuole private ad avere finanziamenti pubblici, per altro senza esclusione di questi laddove ricorrano determinati requisiti.
In tal senso, appare del tutto coerente il principio sotteso alla proposta del Ministro Galloni, secondo cui il divieto costituzionale sarebbe limitato al momento dell’impianto iniziale, non già anche a quello del funzionamento delle scuole che presentino i requisiti per ottenere la parità.
Ed in tal senso, d’altra parte, si è mossa la legislazione, nonché la prassi amministrativa (giustamente sono state ricordate le numerosissime convenzioni intercorse negli ultimi anni fra enti locali e scuole private), comportanti finanziamenti diretti – ancorché insufficienti ed ‘a pioggia’ – alle istituzioni scolastiche private, onde garantire il dettato costituzionale sulla libertà della scuola e sul diritto allo studio.
Sicché è stato acutamente osservato che esiste nella vigente legislazione statale e regionale un principio il quale, fino a prova contraria di illegittimità costituzionale, esclude preclusioni assolute al sovvenzionamento pubblico di scuole non statali.
In aggiunta si deve ricordare che nella sistematica dell’art. 33 della Costituzione, il divieto di oneri per lo Stato è posto, al terzo comma, in rapporto alla libertà dei privati di istituire scuole ed istituti di educazione, genericamente indicati, volendosi così fare riferimento a iniziative educative e scolastiche, promosse da privati, che si pongono fuori dalla funzione pubblica in materia di istruzione in ragione degli obiettivi formativi proposti (si pensi alle scuole che non hanno alcun corrispondente con i titoli legali di studio), ovvero che abbiano precipuamente una finalità di lucro.
La scuola cui fa riferimento la proposta Galloni, invece, è la scuola paritaria prevista dal successivo comma 4 dell’articolo 33 della Costituzione, ed alla quale quindi non si estende il divieto di cui al comma precedente. Si vuole dire cioè che dalla stessa sistematica costituzionale, è possibile argomentare la distinzione tra scuole meramente private, che possono essere liberamente istituite «senza oneri per lo Stato», e scuole paritarie, che secondo Costituzione danno luogo ad un trattamento scolastico equipollente.
Ora, i concetti di parità ed equipollenza non possono davvero limitarsi all’adeguamento dei programmi e delle strutture scolastiche, quale presupposto necessario per la validità dei titoli scolastici rilasciati, giacché altrimenti non si vedrebbe la differenza fra istituto della parità – introdotto dalla Costituzione e non ancora attuato –, e quello del riconoscimento legale, preesistente alla Costituzione tutt’ora in vigore.
Ai concetti di parità e di equipollenza deve darsi un significato più ampio che, nel contesto di un sistema scolastico integrato, comprenda anche il finanziamento di istituzioni che non hanno scopo di lucro e che si inseriscono nella funzione pubblica in materia di istruzione, rendendo così effettivamente – e non solo teoricamente – possibil...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Scritti su Avvenire
  3. Indice dei contenuti
  4. INTRODUZIONE. L’ULTIMO EDITORIALE
  5. TRA LE RIVE DEL TEVERE
  6. LA SEMPLICITÀ DELLA COMPLESSITÀ: IL PENSIERO SEMPLICE DI UN UOMO GIUSTO
  7. PRESENTAZIONE
  8. I PATTI LATERANENSI, L’ACCORDO DI MODIFICAZIONE DEL 1984 E LE QUESTIONI CONCORDATARIE
  9. BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE
  10. LE RELAZIONI TRA STATO E CHIESA E LA LAICITÀ – PARTECIPAZIONE DEI CITTADINI E CRISI DELLA DEMOCRAZIA
  11. BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE
  12. PROSPETTIVE DEI DIRITTI UMANI NELL’ESPERIENZA GIURIDICA CONTEMPORANEA
  13. BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE
  14. SUSSIDIARIETÀ, RESPONSABILITÀ, SOLIDARIETÀ E CARITÀ. IL VOLONTARIATO E L’ASSISTENZA SOCIALE
  15. BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE
  16. L’APPORTO DEL LAICATO CATTOLICO ALL’ANIMAZIONE E PERFEZIONAMENTO DELLE REALTÀ TEMPORALI
  17. BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE
  18. BIOETICA E BIODIRITTO
  19. BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE
  20. PRATICHE E SIMBOLI RELIGIOSI NELLO SPAZIO PUBBLICO
  21. BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE
  22. IL SISTEMA UNIVERSITARIO E LE UNIVERSITÀ CATTOLICHE
  23. BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE
  24. LA ‘QUESTIONE GIUSTIZIA’ IN ITALIA
  25. BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE
  26. LA SCUOLA CATTOLICA IN ITALIA: PARITÀ, LIBERTÀ DI INSEGNAMENTO, FINANZIAMENTO PUBBLICO
  27. BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE
  28. SANTA SEDE E STATO DELLA CITTÀ DEL VATICANO
  29. BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE
  30. I PRESUNTI ‘PRIVILEGI’ FISCALI A FAVORE DELLA CHIESA CATTOLICA
  31. BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE
  32. STATI E NUOVE SOVRANITÀ
  33. BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE
  34. LA CODIFICAZIONE NEL DIRITTO DELLA CHIESA – CHIESA E ABUSI SESSUALI
  35. BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE
  36. MATRIMONIO E FAMIGLIA
  37. BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE
  38. LA LIBERTÀ DI MAGISTERO DELLA CHIESA IN ITALIA
  39. BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE
  40. I LIMITI ALLA LIBERTÀ RELIGIOSA E L’ESPERIENZA DELLA PANDEMIA DI COVID-19
  41. BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE
  42. L’INSEGNAMENTO DELLA RELIGIONE CATTOLICA NELLA SCUOLA PUBBLICA
  43. BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE
  44. LA PARABOLA EVOLUTIVA DEI RAPPORTI TRA STATO E CHIESA
  45. BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE
  46. LO STATUS GIURIDICO DEGLI INSEGNANTI DI RELIGIONE
  47. BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE
  48. VINCOLI DI SOLIDARIETÀ SOCIALE E ADEMPIMENTO DEI DOVERI INDEROGABILI
  49. BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE
  50. LA SATIRA E LA TUTELA DELLA LIBERTÀ RELIGIOSA - INTOLLERANZA RELIGIOSA: UNO SGUARDO OLTRE I CONFINI NAZIONALI
  51. BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE
  52. LA LIBERTÀ RELIGIOSA E IL PROCESSO DI INTEGRAZIONE EUROPEA
  53. BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE
  54. ARTICOLI DI GIUSEPPE DALLA TORRE SU AVVENIRE DAL 01/03/1988 AL 20/09/2020
  55. 1. GENIO DIPLOMATICO E CUORE EVANGELICO
  56. 2. GLI ARCHEOLOGI DEL DIRITTO
  57. 3. CHI ASPETTA DA QUARANT’ANNI
  58. 4. IL RISPETTO DI OGNI IDENTITÀ
  59. 5. VALORI RELIGIOSI E COSTITUZIONE
  60. 6. UN’ORA DI RELIGIONE UNA SCUOLA PER TUTTI
  61. 7. FALSI BERSAGLI SULL’ORA DI RELIGIONE
  62. 8. LIBERTÀ A SCUOLA E PIÙ GIUSTIZIA PER GLI INSEGNANTI
  63. 9. ORA DI RELIGIONE UN DIRITTO INVIOLABILE PER TUTTA EUROPA
  64. 10. LE RAGIONI DELL’«INTESA»
  65. 11. UN CASO DI STRABISMO
  66. 12. IL DOPPIO GIOCO SULL’ORA DI RELIGIONE
  67. 13. UN’‘ORA’ AL SERVIZIO DI UNA SCUOLA PIÙ LIBERA
  68. 14. COMUNITÀ DI DIRITTI PER I CITTADINI. I COSTI DEL NEOCAPITALISMO POSSONO FRENARE L’IDEA EUROPEA
  69. 15. CON LO SGUARDO AL FUTURO NEL SEGNO DELLA VERA SOLIDARIETÀ
  70. 16. SOLIDALI O DIVISI? È ORA DI DECIDERE
  71. 17. UNO STATO TRAVESTITO DA PRETE?
  72. 18. LA COSTITUZIONE INCOMPIUTA
  73. 19. A DECIDERE SIA LA SCUOLA
  74. 20. LA VOCE DELLA CHIESA PER UNA COLLABORAZIONE AL BENE DEL PAESE
  75. 21. MAGISTRATI IN POLITICA PER UN PIATTO DI LENTICCHIE
  76. 22. UN ACCORDO CHE ALIMENTA IL TESSUTO ETICO DELLA COMUNITÀ CIVILE
  77. 23. I DIRITTI DEL FIGLIO, UNA SFIDA AI LAICI
  78. 24. OBIETTIVI PIÙ AMBIZIOSI PER UNA COLLABORAZIONE AL RITMO DELLA STORIA
  79. 25. MA A CHI FA PAURA LA SFIDA DI UNA VOCE DISARMATA?
  80. 26. «MA IL RISORGIMENTO È TRAMONTATO»
  81. 27. MA LA CHIESA NON INSIDIA LA CREDULITÀ POPOLARE
  82. 28. IL DIRITTO ALLA VITA E I FRAGILI MITI DEL PALEO-FEMMINISMO
  83. 29. QUEL TARLO CHE CORRODE LE MODERNE DEMOCRAZIE
  84. 30. DIRITTI UMANI INSIDIATI ALLA RADICE
  85. 31. QUELLA PRETESA DI DIRITTI SENZA IL CORAGGIO DELLE SCELTE
  86. 32. FORTE APPELLO ALL’UNITÀ DELLA NAZIONE
  87. 33. CHIESE DA RESTITUIRE. SOLO VECCHIO FUMO PER CONFONDERE LE CARTE
  88. 34. RESTITUIRE LE TOGHE AL RISERBO DEL COSTITUENTE
  89. 35. FINALMENTE UNO SCUDO AL DIRITTO DEI PIÙ DEBOLI
  90. 36. L’OSTACOLO DEI DIRITTI UMANI INALIENABILI
  91. 37. UNA VIA PREFERENZIALE PER LA FAMIGLIA
  92. 38. PRESEPI SFRATTATI DALLE SCUOLE. QUANDO IL RIDICOLO TRACIMA
  93. 39. LA FAMIGLIA IN ITALIA: UNA RIVOLUZIONE MANCATA
  94. 40. QUEI PALETTI PER IL FUTURO DI TUTTI
  95. 41. GUAI A DEPRIMERE IL PLURALISMO SOCIALE
  96. 42. SALTI INDIETRO NEL CAMMINO DI COESIONE EUROPEA
  97. 43. UN PAESE “NORMALE”? MA NON PER LA SCUOLA
  98. 44. PARITÀ SCOLASTICA. FINALMENTE ARRIVA UNA PROPOSTA
  99. 45. UNA OPERAZIONE AVVENTATA PER LA CITTÀ. MANI SULLA FAMIGLIA
  100. 46. LA FEDE ALLA RADICE DELL’ITALIA
  101. 47. UN PIENO DI SUSSIDIARIETà. MA EVITIAMO GLI EQUIVOCI
  102. 48. SULLA PARITÀ. CAMMINO IN SALITA: LE PREMESSE BUONE
  103. 49. OCCORRE CHIARIRCI CHE SOCIETÀ VOGLIAMO COSTRUIRE. LE PAROLE DI RUINI INTERROGANO
  104. 50. NON LEDERE IL PATTO SOCIALE
  105. 51. SE GLI STUDI GIURIDICI DECLASSANO IL FENOMENO RELIGIOSO
  106. 52. UN VOTO INCOMPRENSIBILE SCARDINA L’ORDINAMENTO
  107. 53. NON C’È GIUSTIZIA SENZA IL RISPETTO DELLA PERSONA
  108. 54. LEGGE E COSCIENZA, IN DUE SOTTO LA TOGA
  109. 55. RESTITUÌ SPAZI VITALI ALLA SOCIETÀ CIVILE
  110. 56. LIBERIAMO LA SOCIETÀ CIVILE A PARTIRE DALLA SCUOLA
  111. 57. COSTITUZIONE E SCUOLA? BASTA INTERPRETARE
  112. 58. RIEQUILIBRIO UTILE ALLA POLITICA. PIATTAFORMA PER IL DUEMILA
  113. 59. MA IL MURO È CROLLATO SU DIO
  114. 60. UN SEME PIANTATO NEL CUORE DEL SAPERE
  115. 61. TINCANI: IN CATTEDRA PER I POVERI
  116. 62. STATO ADULTO CON UNA CHIESA ADULTA
  117. 63. QUELLO SPORT DI IMBROGLIARE LE CARTE
  118. 64. QUEL DIRITTO FA VIVO LO STATO
  119. 65. IL VINCOLO DEL MATRIMONIO PERNO DI CIVILTÀ
  120. 66. IL DISCORSO DEI DOVERI PER LEGITTIMARE I DIRITTI
  121. 67. CITTADINI E POLITICI, QUALITÀ DI APPORTI
  122. 68. STATO E CHIESA. L’ITALIA DEL 2001 PIÙ AVANTI DI CAVOUR
  123. 69. RISPOSTA A E. SEVERINO: QUEI PATTI TRA STATO E CHIESA CHE ERANO (E RESTANO) VALIDI
  124. 70. NON POSSIAMO DIMETTERCI DA CITTADINI
  125. 71. SE TRA GLI STATI NON SI RECUPERA LA NOZIONE DEL DIRITTO
  126. 72. ABORTO E DINTORNI. L’INTOLLERANZA AL DUBBIO FA TANTO LAICO
  127. 73. TROPPO ZELO IN CERTE SCUOLE
  128. 74. LUMSA E DOCENTI, GESTIONE TRASPARENTE
  129. 75. ZITTISCONO CHI LE HA INCORAGGIATE A PARLARE
  130. 76. UN POSTO PER DIO NELLA CARTA EUROPEA? PERCHÉ I DIRITTI SIANO MENO PRECARI
  131. 77. APPELLARSI ALLE RADICI FA L’EUROPA PIÙ LAICA
  132. 78. STURZO AL CROCEVIA DELLA POLITICA
  133. 79. LIBERTÀ RELIGIOSA E DOVERI CONNESSI
  134. 80. TELA STRAPPATA NELLA CASA COMUNE
  135. 81. SACRIFICI DI BILANCIO ESIZIALI PER LE UNIVERSITÀ
  136. 82. ISTITUZIONI NELLA BUFERA
  137. 83. SULLA SCIA DI AMSTERDAM AMPI SPAZI DI LIBERTÀ RELIGIOSA
  138. 84. CERCHIOBOTTISMO, DEBOLE PARZIALITÀ
  139. 85. SCAPPARE DALLE COSTITUZIONI. LE ALLERGIE INATTESE
  140. 86. EUROPA E CRISTIANESIMO CULLE DEL MULTICULTURALISMO
  141. 87. SULLA FECONDAZIONE DISCERNERE TRA GLI INTERESSI
  142. 88. A PROPOSITO DEL DIBATTITO SULLA 194. LA BANALIZZAZIONE DELLE PROCEDURE HA RESO LA LEGGE ANCORA PEGGIORE
  143. 89. UN ESEMPIO DI LAICITÀ PER L’EUROPA
  144. 90. LA LIBERA SCELTA DEI CITTADINI
  145. 91. LE FESTE CHE FANNO RICCO UN POPOLO
  146. 92. COMBINAZIONE DI CIVILTÀ
  147. 93. E CAVOUR MISE LA CROCE IN CLASSE
  148. 94. DEMOCRAZIA, UNA POLIS DA RIFARE
  149. 95. IL CORAGGIO DI UN PENSIERO NUOVO
  150. 96. LA FAMIGLIA, BENE PRECEDENTE IL DIRITTO
  151. 97. REFERENDUM, DIGNITÀ DELL’ASTENSIONE
  152. 98. COME FU CHE LA SANTA SEDE DIVENNE «INTERNAZIONALE»
  153. 99. LA SOCIETÀ CIVILE SCOLPISCE IL PROPRIO PROFILO
  154. 100. UN CLERICALISMO ROVESCIATO IMPEDISCE DI VEDERE
  155. 101. CAMMEO, UN ARCHITETTO EBREO PER LA «COSTITUZIONE» VATICANA
  156. 102. TUTTI OGGI PARLANO, SOLO LA CHIESA DEVE TACERE
  157. 103. CORPORAZIONI ALL’ITALIANA, UNICUM EUROPEO
  158. 104. SE DÀ LA PILLOLA DEL GIORNO DOPO IL FARMACISTA RISCHIA L’ILLECITO PENALE
  159. 105. UNA SATIRA FALLIMENTARE NON PRIVA DI VIGLIACCHERIA
  160. 106. UNIVERSITÀ, UN SISTEMA UNICO
  161. 107. E LO STATO COPIÒ LA CHIESA
  162. 108. L’AFFETTO ENTRA NEL CODICE
  163. 109. PARLARE DI AFFETTI SFUGGE A REGOLAMENTAZIONI GIURIDICHE
  164. 110. SOCI FONDATORI DEL BENE COMUNE
  165. 111. SE ILLANGUIDISCONO I LEGAMI DI APPARTENENZA
  166. 112. TENER FERMI I PRINCIPI E VALUTARE LE DIVERSITÀ
  167. 113. IMPEGNO D’EGUAGLIANZA E NON DI PRIVILEGIO. I REGIMI FISCALI PER GLI ENTI RELIGIOSI E NON PROFIT
  168. 114. MANOVRA INCREDIBILE SENZA SENSO E SENZA STORIA
  169. 115. LA SUSSIDIARIETÀ SMENTITA. STRANEZZE DI VECCHI STATALISTI
  170. 116. L’AUTENTICA LAICITÀ È NECESSARIA
  171. 117. VORREBBERO DIVIDERCI E POI DEPREDARE
  172. 118. UNIVERSITÀ SOTTO TIRO? IO LA DIFENDO
  173. 119. MODERNITÀ DELLA VIA CONCORDATARIA
  174. 120. CONSULTORI FAMILIARI. URGENTE PRONUNCIARSI A 30 ANNI DALLA LORO ISTITUZIONE
  175. 121. LE SCHIZOFRENIE DEL DIVORZIO BREVE
  176. 122. LA BANALIZZAZIONE DELLE PROCEDURE
  177. 123. IPOTESI FIN TROPPO AVVENTATA E GIUNTA UN PO’ IN RITARDO
  178. 124. PIO IX, LA STORIA E LE FALSE CONTRAPPOSIZIONI
  179. 125. MA L’ABORTO LEGALE NON È «BENE PUBBLICO»
  180. 126. IL NODO DELLA SOCIETÀ CIVILE: QUESTO CI DIFFERENZIA DALL’AMERICA
  181. 127. L’AUTONOMIA «PREGIATA». QUELLA SERVE ALL’UNIVERSITÀ
  182. 128. IL DIRITTO DI POTER TORNARE INDIETRO
  183. 129. PACE RELIGIOSA. L’INGERENZA «NECESSARIA»
  184. 130. STRADA TUTTA IN SALITA MA VALE LA PENA PERCORRERLA
  185. 131. LA SCUOLA? DA RESTITUIRE ALLA SOCIETÀ CIVILE
  186. 132. SE I RETTORI LAICI DIFENDONO LE NON STATALI
  187. 133. QUANDO ANCHE I NUOVI POTERI PASSANO AL VAGLIO DELLA LAICITÀ
  188. 134. L’ORA DI SOPPESARE LA FORMULA DEL 3+2
  189. 135. NEL CASO DI ELUANA E SEMPRE NELLA VITA. CONTRAPPORRE CARITÀ E GIUSTIZIA SIGNIFICA DERAGLIARE
  190. 136. NELLE AULE DI GIUSTIZIA. EPPURE, NON C’È UN POSTO MIGLIORE PER IL CROCIFISSO
  191. 137. QUEL PRONUNCIAMENTO ANTI-PAPA SMENTISCE UNA TRADIZIONE
  192. 138. MA SENZA UN’ALTA MORALE NON C’È VERA LAICITÀ
  193. 139. STUPEFACENTI IMPRECISIONI DELLO STORICO MELLONI. LE LEGGI RAZZIALI FASCISTE NON ENTRARONO MAI IN VATICANO
  194. 140. L’UNIVERSITÀ PAGA LA CULTURA DEL «TUTTO DOVUTO»
  195. 141. UN’INGHILTERRA SEMPRE MENO ‘OCCIDENTALE’
  196. 142. NON SPACCIARE PER FAMIGLIA CIÒ CHE FAMIGLIA NON È
  197. 143. SVARIONI E OMISSIONI: UNA FERITA ALLA CULTURA E ALLA LAICITÀ
  198. 144. DELLA SOCIETÀ, NON DELLO STATO. VECCHIE PIEGHE AL NOSTRO PENSIERO SULLA SCUOLA
  199. 145. IL REGIME CONCORDATARIO ITALIANO: PECULIARITÀ ED ESEMPLARITÀ
  200. 146. L’ORA DI RELIGIONE AMICA DELLA VERA LAICITÀ
  201. 147. L’ALTRO VOLTO DELLA POLITICA È QUELLO CHE PUÒ ESSERLE DATO
  202. 148. RIPENSIAMO ALL’«IMMUNITÀ» SECONDO LA CARTA DEL ’48
  203. 149. RELIGIONE A SCUOLA: NIENTE CONFUSIONI
  204. 150. LA SCUOLA E LA COSTITUZIONE: QUELLA TAVOLA DI VALORI MURA DELLA CASA COMUNE
  205. 151. C’È UN’UNIVERSITÀ CHE DÀ E POCO O NULLA RICEVE
  206. 152. PIÙ STRETTA LA MORSA DELL’INTOLLERANZA RELIGIOSA
  207. 153. IL BUONISMO ALLA PROVA DELLA VERA SOLIDARIETÀ
  208. 154. «SÌ» CHE VALE E CHE DÀ VALORI
  209. 155. L’ANTROPOLOGIA CHE GUARDA ALLA PERSONA
  210. 156. SICURI CHE AI NUOVI AVVOCATI NON SERVA IL DIRITTO ECCLESIASTICO?
  211. 157. LE “CONCEZIONI” DELLA CHIESA E L’OSSESSIONE OCCIDENTALE
  212. 158. LA GIUSTIZIA DEGLI STATI, LA MISSIONE DELLA CHIESA
  213. 159. PIÙ CREDITI A CHI SEGUE L’ORA DI RELIGIONE? NESSUNA VIOLAZIONE DELL’EGUAGLIANZA
  214. 160. MACCHÉ PRIVILEGIO, SOLO CHIAREZZA
  215. 161. LIBERATI DAI LACCI DELLA BUROCRAZIA, MA NON DAI VINCOLI DELL’ETICA
  216. 162. IL RADICATO PREGIUDIZIO PAN-STATALISTA CHE GRAVA SULLA SCUOLA PARITARIA
  217. 163. FINALMENTE SI STA APRENDO IL «CANTIERE UNIVERSITÀ»
  218. 164. NON C’È CRISTIANESIMO SENZA OPERE DI CARITÀ
  219. 165. E L’ATTACCO ALLA «CULTURA DEL DONO» PRODUSSE ASSISTENZIALISMO
  220. 166. UNIVERSITÀ E LAVORO. NON BUTTIAMO IL «SAPERE SAGGIO»
  221. 167. FRATERNITÀ: PERCHÉ NON CONTINUI A PERDERSI
  222. 168. ALLA BASE DI OGNI INTESA. PRINCÌPI E DOVERI INDEROGABILI
  223. 169. LA PIÙ GRANDE PROVA DI SOLIDARIETÀ. QUELLA RIFORMA CI PUÒ INSEGNARE ANCORA MOLTO
  224. 170. NUOVE SOVRANITÀ E TIRANNIDE PLANETARIA
  225. 171. QUEL DEFICIT DA SANARE NELLA LEGGE MATRIMONIALE
  226. 172. CIÒ CHE UNA SENTENZA PUÒ FAR CAPIRE
  227. 173. IL VERO NODO DA SCIOGLIERE DELLA SCUOLA ITALIANA
  228. 174. IN DIALOGO, NON NEUTRALI
  229. 175. PREPARAZIONE E AZIONE PER DAR SENSO ALLA POLITICA
  230. 176. L’EUROPA SAPPIA RITROVARE LE VERE RAGIONI CHE UNISCONO
  231. 177. TRE GRANDI URGENZE PER RIPENSARE LA POLITICA
  232. 178. LEGALITÀ NON È LEGITTIMITÀ. PIÙ DEONTOLOGIA CONTRO LE LENTEZZE
  233. 179. C’È DEL VECCHIO NELLE FALSITÀ SULL’ICI
  234. 180. L’INCIVILE ANONIMATO
  235. 181. FAMIGLIA SPOGLIATA
  236. 182. IL FUTURO SIA SOVRANO
  237. 183. QUATTRO IDEE SULLA RIFORMA DEGLI STUDI GIURIDICI
  238. 184. QUELL’INSEGNAMENTO CHE OFFRE A TUTTI L’ANIMA D’ITALIA
  239. 185. LA RITORNANTE (E PER NIENTE LAICA) PRETESA DI FAR TACERE LA CHIESA
  240. 186. IL (NON)SENSO DELLA DERIVA
  241. 187. I MASS MEDIA E LA CHIESA: PERCHÉ NON SI VUOLE CAPIRE
  242. 188. PRESIDIO ED ESEMPIO
  243. 189. GABRIO LOMBARDI E IL MATRIMONIO SENZA DISTINZIONI
  244. 190. «I MAÎTRES À PENSER SONO I TECNOCRATI»
  245. 191. LA PRETESA DEL SILENZIO
  246. 192. IL MATRIMONIO INDISSOLUBILE? UN’IDEA DEI LIBERALI LAICISTI
  247. 193. QUALCHE ERRORE «SUPREMO»
  248. 194. L’IRRAGIONEVOLE MIOPIA DEGLI ANTI-PARITARIE
  249. 195. IL MATRIMONIO È UNO SOLO (NÉ LARGO, NÉ DOPPIO)
  250. 196. L’ADOZIONE DEI FIGLI OLTRE I NUOVI «MITI»
  251. 197. RISPETTO O LIBERTÀ? IL DILEMMA DELLA SATIRA
  252. 198. UNA CARTA CHIARISSIMA
  253. 199. GLI ASSENTI E I CREATIVI
  254. 200. VANONI. LE BUONE TASSE
  255. 201. CODICE CANONICO. L’INTUITO DI PIO X
  256. 202. IL DIRITTO DELLA CHIESA NEL MONDO
  257. 203. IL PRINCIPIO TRADITO
  258. 204. IL VATICANO II FU BUSSOLA PER IL SUO AGIRE CRISTIANO
  259. 205. GLI ORDINI DATI DELLO STATO E L’ORDINE INTERNO DELLA CHIESA
  260. 206. «UNA CHIESA NEL MONDO»
  261. 207. LEZIONE DI LIBERTÀ DI CULTO DALLA PATRIA DELLA «LAÏCITÉ»
  262. 208. MA OGNI UMANO DIRITTO HA RESPONSABILI LIMITI
  263. 209. LA RESISTENZA DI PIO IX? LEGITTIMA E DOVEROSA
  264. AUTORE
  265. CULTURA STUDIUM