Minecraft. La montagna
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Minecraft. La montagna

  1. 240 pagine
  2. Italian
  3. ePUB (disponibile sull'app)
  4. Disponibile su iOS e Android
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Minecraft. La montagna

Informazioni su questo libro

L'avventura ha finalmente avuto inizio! Dopo aver abbandonato la sicurezza dell'isola, il naufrago è partito alla volta dell'ignoto, in cerca di nuove terre e risposte. La tanto agognata meta, però, non è proprio come si aspettava: una tundra fredda, vastissima e inospitale è ciò che lo attende, e in quelle lande gelide scopre di non essersi mai sentito più solo. Avrà fatto bene ad abbandonare l'isola? Sarebbe meglio tornare indietro? Non ha tempo per i ripensamenti, specialmente quando terrificanti zombi e lupi feroci cominciano a braccarlo. L'esploratore sta per perdere la speranza, quando una misteriosa figura interviene in suo aiuto, sgominando gli inseguitori. Summer è una naufraga come lui, una vera esperta di sopravvivenza in quelle terre selvagge e l'esploratore non riesce a credere alla fortuna di aver trovato finalmente un suo simile! I due decidono di unire le forze e quando raggiungono il riparo della fortezza di Summer, ricavata nell'imponente montagna che incombe sul paesaggio, si sentono finalmente al sicuro... ma in un mondo sconosciuto e tutto da scoprire le insidie si nascondono ovunque e il lavoro di squadra si rivela ben presto un complesso meccanismo per due compagni abituati a muoversi da soli. Anche l'amicizia ha le sue regole e i naufraghi dovranno imparare a conoscerle per sopravvivere e trovare le risposte che stanno cercando.

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Informazioni

Editore
Mondadori
Anno
2022
Print ISBN
9788804748328
eBook ISBN
9788835714576

CAPITOLO 1

“Freddo.”
Quella sensazione cambiò tutto.
Era trascorso all’incirca un giorno e mezzo da quando ero salpato dalla mia spiaggetta tutta cubi, e non mi imbarazza ammettere che ero lì lì per tornare indietro.
Non era la prima volta che me la davo a gambe, o meglio, a remi. Qualche giorno dopo essere approdato in quella terra strana e ignota, avevo imparato abbastanza sulla carpenteria da costruire accidentalmente una barca, identica a quella su cui mi trovavo ora. A quel tempo ero così inesperto, così spaventato, spossato e impaziente di scappare, che mi ero scapicollato sulla spiaggia, remando a tutta birra verso l’orizzonte.
E per poco non mi ero perso per mare.
Stavolta, una vita più tardi, ero deciso a non ripetere lo stesso errore impulsivo. Avevo passato una settimana a prepararmi per un lungo viaggio. Ero carico di cibo, attrezzi, materie prime da trasformare e, soprattutto, supporti per la navigazione come una bussola e una mappa quasi vuota. “Quasi” perché, nell’angolino più a est della mappa, era apparsa la mia isoletta. E quando dico “apparsa”, intendo letteralmente. Nel momento in cui avevo sollevato la mappa dal banco da lavoro, la superficie brunita si era riempita di una riproduzione perfetta della mia isola, da cima a fondo.
E me! Ero lì, indicato da una freccina bianca che si muoveva e si girava come facevo io nel mondo reale. Ricordo di aver pensato: “Stupendo, e con la bussola non mi perderò mai!”.
Seguendo il manuale che avevo trovato nella miniera, avevo imparato ad ampliare la mappa, mettendo la copia originale in mezzo ad altri otto fogli ricavati dalla canna da zucchero. Avevo ripetuto il procedimento molte volte, finché l’isola non si era ridotta a un puntolino verde e marrone, circondato da un sottile anello azzurro e da uno sconfinato spazio bianco. Così piccola, in un mondo vasto e inesplorato. Ricordo ancora quel misto di emozioni, la paura venata di eccitazione. “Che ci sarà là fuori?”
Avrei dovuto attendere qualche settimana per scoprirlo. Ecco quanto mi ci volle per scrivere il mio primo libro, lasciandolo a chiunque sarebbe venuto dopo di me. Era un diario di tutte le mie avventure, e delle lezioni che ne avevo tratto. E l’ultima lezione fu quella che mi ricondusse in mare:
“Non si cresce restando in un ambiente sicuro, ma lasciandolo.”
Allora mi era sembrata una frase accattivante, audace, autentica.
Continuò a risuonarmi in testa mentre davo l’addio ai miei amici animali, remando verso ovest, voltandomi di tanto in tanto per vedere svanire in lontananza tutto ciò che avevo conosciuto.
Sempre più piccolo. Come sulla mappa. Prima scomparvero le pianure, poi la collina, quindi la mia casa sulla cima, e infine la torre di guardia in pietra che saliva fino alle nuvole.
«Non si cresce restando in un ambiente sicuro» dissi, volgendomi verso il sole calante, «ma lasciandolo.»
Non so quante volte ripetei quella frase, ad alta voce o nella mia testa, mentre il sole si inabissava, il cielo si rabbuiava e la pallida luna crescente – “Simile alla mia isola” pensai con una fitta di nostalgia – sorgeva dietro di me.
Esitazione.
“Dovrà pur esserci della terraferma qui fuori” mi dissi. “Prima o poi, avvisterai qualcosa.” Non era la paura a frenarmi. Almeno, questo è quello che mi raccontavo. “Non è il caso di lasciarsi sfuggire qualcosa per colpa del buio. Magari un’altra isola, piatta e senza colline. Potrebbe essere l’inizio di un arcipelago. Troppa fretta, e la oltrepasseresti senza accorgertene.”
Ecco cosa pensavo, guardandomi tutt’attorno, cercando con la massima cautela di non smarrire la rotta. La bussola mi aiutava, con il suo ago rosso che puntava dritto verso il mio punto di generazione. E mi aiutava anche la mappa, tracciando una spessa linea azzurra a mano a mano che proseguivo, quasi come per magia. «Niente terra» mi diceva silenziosa, «non ancora.» Pensai di fermarmi del tutto, per fare una pausa e aspettare l’alba. Almeno sarei stato sicuro di non lasciarmi alle spalle nessuna isola. Non ero ancora sicuro al cento per cento che la mappa mostrasse esattamente quello che rientrava nel mio campo visivo. “Riuscissi a vedere anche solo un po’ più in là di quello che segna…”
E fu allora che finii fuori dai bordi!
Della mappa, intendo. Non del mondo.
Ricontrollai, e vidi che avevo remato oltre il margine occidentale della mappa. La mia freccia interattiva ora era un cerchio statico. Quando era successo? Quanto tempo fa l’avevo controllata? Avrei dovuto calcolare la distanza e il tempo, tenendo traccia del dove e del quando.
E se fossi davvero uscito dai confini del mondo? In fondo, una volta la gente non pensava forse che il mio mondo – quello vero, il mio autentico punto di generazione – fosse piatto? E non c’erano forse dei bambocci ancora convinti di ciò, nonostante l’universo di prove che li smentiva? Ma in questo mondo non c’era nessuna prova, nessuna evidenza che fosse rotondo. Molte cose erano diverse: la gravità, le funzioni corporee, persino il tempo – ogni giorno dura solo venti minuti! Per quel che ne sapevo, questo oceano poteva finire in una gigantesca cascata, di cui non mi sarei accorto finché non avessi remato oltre il ciglio!
“Calma” pensai, “ti basta creare una nuova mappa…”
Ma ovviamente non potevo. Per le mappe serviva un banco da lavoro, e per questo serviva della terraferma. “E comunque non mi aiuterebbe granché” pensai nervosamente. “La mappa riempie solo i punti in cui sono stato. Non può dirmi dove sto andando. Non ho idea di dove stia andando!”
“Mi sono perso di nuovo!”
No, avevo ancora la bussola. Ma quel piccolo tondino di metallo faceva quasi più male che bene. Il problema non era meccanico, ma psicologico, perché, mentre lo fissavo ossessivamente, l’ago sembrava quasi richiamarmi verso casa.
«Dai» sembrava dire, «seguimi. Basta con l’ignoto, basta preoccuparsi di quello che potresti trovare.»
Cercai di non pensare alla mia isola, alla mia casetta accogliente e al mio morbido, comodo letto.
«Seguimi» disse la bussola, «e ti riporterò là dove ti senti al sicuro. Sarà facile. Forza!»
Sapevo che l’unico modo per tenere a bada quelle sensazioni era lasciarmele alle spalle. Se mi fossi fermato, sarei tornato indietro. E così come l’ultima cosa che avevo imparato mi aveva portato a intraprendere questa spedizione, la prima mi spinse a continuare.
“Insisti, mai arrendersi.”
E non mi arresi. Cercai di concentrarmi sul qui e ora. Remando, scrutando.
Qualcosa sfrecciò alla mia destra. Uno scorcio di nero tra schizzi di cubetti bianchi. «Solo un calamaro» dissi, cercando di tranquillizzarmi. «Non ci sono mostri marini.»
“… O almeno non ne hai ancora incontrato nessuno.”
Un mondo piatto.
Mostri marini.
«Dai, seguimi fino a casa» mi derise la bussola.
Mentre la luna calava di fronte a me e i primi raggi del sole mi riscaldavano la schiena, non riuscivo a credere di non aver avvistato nemmeno un cubo di terraferma.
«Nulla?» sbottai contro la vasta desolazione azzurra. «Sul serio? Nulla?»
Non c’era traccia di un approdo sicuro, come quella prima montagna sottomarina che si era rivelata essere la mia isola. Nulla. I pendii sommersi non si avvicinavano mai alla superficie. Nemmeno una secca dove fermarsi e riposare.
«Insisti, mai arrendersi» cantilenai.
Ma quanto a lungo? Come potevo affrontare insieme le mie insicurezze e la bussola traditrice che si prendeva gioco di me?
“Magari potrei tornare indietro un pochino. Non fino a casa, quel che basta per correggere la rotta e capire se mi sono perso qualche pezzo di terra stanotte.”
Insisti.
“E che male c’è nel tornare all’isola? Qualche giorno di riposo, e poi si riparte in un’altra direzione.”
Mai arrendersi.
“Ci sono altre tre direzioni, giusto? Tre altre possibilità di trovare qualcosa. Non significa arrendersi. Significa ricominciare, ripartire, ri…”
“Freddo.”
Quella sensazione cambiò tutto.
Stavo ancora proseguendo. Con lentezza, ma proseguivo. E quel movimento minimo era bastato per spingermi in una sacca di aria fredda.
«Uff» ansimai, mentre un leggero brivido mi correva giù per la schiena.
Rallentai fino a fermarmi, mettendo in moto ogni parte del mio cervello quadrato.
“Un cambio stagione? Esistono le stagioni in questo mondo? E se è un assaggio di autunno, non arrivava dalla direzione sbagliata?”
Avevo il volto nettamente più freddo della schiena. I due lati della mia testa piatta erano freddi in egual misura. Quindi, questo alito di aria frizzante non veniva né da nord né da sud. Ma da ovest, proprio di fronte a me. “Com’è possibile? Il clima non dovrebbe diventare più freddo più si va verso nord e, suppongo, verso sud?”
“Forse nel mio mondo. Ma non qui.”
Ripensai a un’altra lezione appresa sull’isola: solo perché le regole non hanno senso per te, non significa che non abbiano senso.
«E ovest sia» dissi, rimettendomi a remare. Avanzavo di centimetro in centimetro… anzi, di cubetto in cubetto. Ora non potevo permettermi di perdermi qualcosa. Dovevo accertarmi che la sensazione fosse autentica.
E lo era.
Più a ovest andavo, più fredda diventava l’aria. A un certo punto mi fermai, quando, inaspettatamente, sentii il viso cominciare a scaldarsi.
“L’ho attraversata?” mi chiesi. “Era solo una bizzarria del tempo, una sacca di aria artica?” No. Era il sole che, infine, era salito nel cielo per splendere proprio di fronte a me. E mentre ripartivo, riuscivo a sentire il calore dei raggi cancellato dal calo complessivo della temperatura. Remai per tutto il giorno, fermandomi solo per un pranzo a base di patate arrosto. Almeno questo mondo le teneva costantemente calde. Mi serviva tutto l’aiuto possibile, perché quando il sole cominciò a tramontare, ero bello che gelato fino al midollo.
Battevo i denti, e...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Frontespizio
  3. QUESTO LIBRO SI BASA SU FATTI REALMENTE ACCADUTI
  4. INTRODUZIONE
  5. CAPITOLO 1
  6. CAPITOLO 2
  7. CAPITOLO 3
  8. CAPITOLO 4
  9. CAPITOLO 5
  10. CAPITOLO 6
  11. CAPITOLO 7
  12. CAPITOLO 8
  13. CAPITOLO 9
  14. CAPITOLO 10
  15. CAPITOLO 11
  16. CAPITOLO 12
  17. CAPITOLO 13
  18. CAPITOLO 14
  19. CAPITOLO 15
  20. CAPITOLO 16
  21. CAPITOLO 17
  22. CAPITOLO 18
  23. CAPITOLO 19
  24. CAPITOLO 20
  25. CAPITOLO 21
  26. CAPITOLO 22
  27. EPILOGO
  28. CHE COSA ABBIAMO IMPARATO DA IL MONDO DI MINECRAFT
  29. RINGRAZIAMENTI
  30. Copyright