Sono passate due settimane dall’ultima volta in cui ho visto Lilith.
Due settimane, il che significa che tra meno di un mese Grey entrerà a Emberfall con il suo esercito.
Non sono sicuro di cosa mi terrorizzi di più. Non sono nemmeno sicuro che sia importante.
Stamattina, Harper è di nuovo fuori dalla mia finestra, a addestrarsi con Zo. Più tardi andremo a Silvermoon, perché il loro Gran Maresciallo ha giurato seppur controvoglia di difendere Emberfall con la sua milizia privata, e voglio verificare di persona lo stato delle sue forze. La mia spia, Chesleigh Darington, dovrebbe tornare da Syhl Shallow entro stasera con un rapporto sul loro esercito, e potrebbe persino avere con sé un’arma che lei pensa userò contro Grey, e che io spero di usare contro Lilith.
Ci sono troppe speranze. Troppe paure. Troppe incognite.
Venti gelidi spazzano la campagna che circonda Ironrose, rendendo l’aria più fredda: è la promessa di un rigido inverno. Le guardie ora indossano lana sotto le armature e tutte le postazioni di guardia attorno al castello sono state munite di bracieri. I mantelli pesanti sono stati tirati fuori dalle cassapanche e i servitori hanno aggiunto una coperta imbottita di piume al mio letto. Un tempo desideravo disperatamente che l’inverno raggiungesse il castello e, alla fine di ogni stagione, che l’autunno tornasse. Avevo dimenticato con quanta rapidità le giornate si sarebbero accorciate, con quanto accanimento il freddo avrebbe invaso ogni angolo delle mie stanze.
Una volta passato il solstizio, la neve comincerà a ricoprire le montagne tra qui e Syhl Shallow, rendendo arduo viaggiare. È già abbastanza difficile nutrire un esercito quando c’è un buon raccolto, ed è molto più difficile mantenere le persone motivate a combattere quando hanno freddo e fame. Questo avrà ripercussioni sull’esercito di Grey così come sul mio.
O forse no. Forse Grey può far apparire magicamente il cibo nella bocca dei suoi soldati. Forse può scacciare la neve e il ghiaccio e intrappolare di nuovo Emberfall in un perenne autunno. Forse può ammantarsi di magia e diventare intoccabile come lo era Lilith.
A questo pensiero, qualcosa dentro di me si serra come un pugno, e vengo percorso da un brivido. Non voglio pensare che Grey sia come Lilith. Non voglio pensare che userà la magia contro di me.
Non voglio pensare affatto che possieda la magia.
Ricordo un momento all’inizio della maledizione in cui Lilith aveva cercato di punirmi per essermi rifiutato di amarla. Eravamo nel giardino dove le rose e il caprifoglio erano in fiore, l’aria piena del loro profumo. Era solo la terza o la quarta stagione, e Lilith mi aveva visto sterminare la mia famiglia trasformato in un mostro dai suoi incantesimi, ma nutriva ancora la delirante speranza che avrei trovato un posto per lei nel mio cuore.
Mi aveva passato un dito sulla guancia, facendo scorrere il sangue con il semplice tocco e inondandomi di fuoco le vene con una tale rapidità che ero caduto in ginocchio. Grey le aveva afferrato il polso cercando di fermarla, ma lei si era rivoltata contro di lui e le ossa delle sue dita si era spezzate, una dopo l’altra. Quando aveva cercato di tirarsi indietro, lei lo aveva agguantato per il polso spezzandogli anche quello. Poi qualcosa nella gamba, perché era crollato. Ricordo un osso che sporgeva dal tessuto dei suoi pantaloni. Il suono delle ossa che si fratturano continua a perseguitarmi.
«Fermatevi!» le aveva urlato contro, tossendo sangue. «Fermatevi!»
Ma lei non si era fermata. Aveva estratto la spada di Grey e gliel’aveva conficcata nell’addome. Quando si era accasciato a terra, lei aveva sfilato la spada con uno strattone, poi gliel’aveva piantata nella spalla, inchiodandolo al prato davanti a me.
Grey, con la mano libera, aveva tentato di estrarre un’altra arma, ma lei gli aveva afferrato anche l’altro polso, rompendogli le dita restanti. Ricordo il suono del suo respiro spezzato e in preda al panico mentre cercava di liberarsi con le mani che non si muovevano più, continuando a imprecare contro di lei, maledicendo il destino, maledicendo la magia.
Ma non maldicendo me, nemmeno una volta.
Ero riuscito a trascinarmi fino a lui e ad afferrargli il braccio. «Vi prego» avevo implorato Lilith.
«Oh, e così adesso mi supplicate?» aveva detto lei in tono cantilenante, la sua voce leggera e dolce nonostante il sangue sull’erba intorno a lei. Quando aveva allungato la mano e me l’aveva posata sulla mascella, avevo sussultato, aspettandomi altro fuoco, ma le sue dita erano fredde sulla mia pelle.
«Mi piace quando mi supplicate» aveva sussurrato, avvicinando il suo viso al mio. «Fatelo ancora un po’.»
Poi mi aveva rotto la mascella e, quando avevo gridato, mi aveva girato sulla schiena e si era inginocchiata sul mio petto, le costole che mi si spezzavano per la sua magia. Mi aveva strappato ogni dente dalla bocca a dita nude, lasciandomeli cadere in gola, soffocandomi con le ossa e il sangue, e io alla fine avevo implorato di morire. Le gonne del suo abito si allargavano intorno a me in onde di seta, e un’ape ronzava da qualche parte nelle vicinanze, o forse ero io che piangevo per il dolore e la disperazione.
Non so se fosse stata Lilith o il destino a rispondere alle mie preghiere, ma mi ero svegliato nel mio salotto, illeso, come se la sua tortura non fosse mai avvenuta, Grey al mio fianco, la maledizione che ricominciava. I ricordi non erano spariti, però. A lungo, mi erano sembrati un incubo dal quale mi ero appena svegliato. Chiudevo gli occhi e sentivo le ossa rompersi. Deglutivo e assaggiavo il sapore del sangue.
Quella sera, avevo ordinato a Grey di non difendermi da Lilith.
«Ho giurato di proteggervi» aveva detto lui.
«Siete l’unica guardia rimasta» avevo sbottato, come se fosse in qualche modo un fallimento, visto che non mi rendevo conto di quanto fosse significativo. Ma la maledizione era un tormento sufficiente. Non riuscivo a sopportare la prospettiva di vedere l’incantatrice distruggere qualcun altro, stagione dopo stagione, per il suo godimento personale, a causa di una mia scelta. «Se non obbedirete ai miei ordini, ve ne andrete.»
E lui aveva obbedito, fino a quando non lo aveva fatto più.
E ora eccoci qua.
Grey riporterà la magia ad Ironrose e si prenderà qualcosa che non voglio dare. E una minuscola parte di me è convinta che me lo meriti.
Fuori dalla finestra, le spade si scontrano e Harper lancia un grido. Una lama cade rumorosamente sui ciottoli.
Mi avvicino alla finestra. «Harper!»
«Sto bene. Sto bene.» Prende la mano tesa di Zo e si rialza. I miei occhi scrutano la sua sagoma, ma non c’è sangue, nessuna ferita evidente.
Harper mi guarda, e sono sollevato nel notare che la rabbia subitanea che le offuscava gli occhi si è dissipata. I nostri momenti insieme ora mi ricordano le ultime settimane della maledizione, quando Harper, sapendo che l’incantatrice mi stava tormentando, notte dopo notte, praticamente non si allontanava mai da me.
Dovrei proteggerla. Invece ho l’impressione che sia sempre lei a proteggere me.
Si toglie la polvere di dosso. «Faccio davvero schifo in questo.»
«Stai di nuovo inseguendo la sua lama, mia signora.»
Harper raccoglie la spada da dove è caduta. «Perché non vieni a mostrarmi come si fa?» La guardo osservando il modo in cui i riccioli si sono liberati dalle sue trecce e il vento le ha pennellato di rosa gli zigomi. Settimane fa, eravamo in questa stessa situazione, e avevo paura che mi odiasse. Ora ho paura che mi compatisca.
«Certo» dico.
Quando arrivo in cortile, Zo è svanita. Una settimana fa, consideravo le sue frequenti ritirate come una debolezza. Un comportamento degno di disprezzo.
Da quando Harper ha colpito Lilith con quel pugnale, mi sono pentito di aver pensato certe cose.
Dustan e altre tre guardie mi hanno seguito in cortile, ma si posizionano lungo il muro. Soffoco un brivido pentendomi di non essermi messo un mantello.
Harper solleva la spada e io estraggo la mia, tuttavia resto colpito dal pensiero che non ci affrontiamo così da mesi, da ben prima che Grey venisse trascinato di nuovo al castello in catene. La sua postura è migliore di quanto ricordassi, più bilanciata, cosa che per lei è una lotta costante. Qualcos’altro di cui essere grato a Zo, suppongo, perché Harper non combatte con nessun altro.
Comincio con un semplice attacco dall’alto e lei lo blocca facilmente e contrattacca. I suoi movimenti sono precisi ed esperti, ma io resto colpito dalla sua velocità. Ciononostante quando si blocca di nuovo e io mi ritraggo per riorganizzarmi, lei segue il mio movimento.
Questo le fa perdere l’equilibrio e io riesco a strapparle la spada dalla mano.
«Agh» dice recuperando l’arma.
«Non hai bisogno di inseguire il tuo avversario» dico. «Se l’altro è davvero tuo nemico, tornerà da te.»
Lei si ferma e mi fissa, e io mi rendo conto di quello che ho detto. Mi chiedo se sta pensando a Grey, che non ha cercato di darmi la caccia.
Io sto pensando a Lilith, di cui non riesco a sbarazzarmi.
Negli occhi di Harper brilla una luce di sfida mentre si mette in posizione. «Non ho molta pazienza.»
«Ma non mi dire.» La sua determinazione è una delle primissime qualità che ho ammirato di lei. Sollevo la mia lama.
Ci affrontiamo di nuovo. E di nuovo. Dopo otto riprese, ha la fronte luccicante di sudore, ma nei suoi occhi scorgo un’espressione ferocemente risoluta. Si preoccupa per il suo equilibrio, per la debolezza del lato sinistro del suo corpo, ma il suo gioco di gambe è quasi impeccabile. Dev’essere il risultato di un allenamento continuo e ripetuto, perché non è qualcosa che le verrebbe naturale. È una visione a dir poco formidabile, che però mi riempie il cuore di tristezza.
Io le ho insegnato a tirare con l’arco, a ballare, a schierare un esercito. Ma è stato Grey a insegnarle per primo la scherma.
Non so se sono io a essermi distratto o se è lei a convincersi ad aspettare, comunque sia alla fine non mi insegue quando mi ritraggo. Mi coglie alla...