Il giudice è accusato (Il Giallo Mondadori)
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Il giudice è accusato (Il Giallo Mondadori)

  1. 224 pagine
  2. Italian
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  4. Disponibile su iOS e Android
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Il giudice è accusato (Il Giallo Mondadori)

Informazioni su questo libro

Il giudice Horace Ireton ama giocare al gatto e al topo con gli imputati che si appresta a condannare. Prova un gusto sadico nell'aggravare la pena comminata con la sentenza suscitando false speranze. Nessun dubbio quindi che la schiera dei suoi odiatori sia piuttosto nutrita. Quando un allarme viene lanciato una sera dalla sua villetta al mare, dove è risuonato un colpo di arma da fuoco, è perciò naturale che i primi soccorritori giunti sul posto si prefigurino già la scena che li attende. Il cadavere giace a faccia in giù davanti alla scrivania, le dita di una mano contratte come artigli ad afferrare il tappeto e un foro sanguinante dietro l'orecchio destro. Il ricevitore del telefono, caduto sul pavimento accanto al corpo, emette il ronzio di linea occupata. Ciò che non corrisponde alle aspettative è l'identità della vittima: non si tratta del giudice, ma del fidanzato della figlia. Horace Ireton, invece, è seduto in poltrona, il volto livido, con una pistola in pugno. Ricostruire che cosa sia realmente accaduto è a questo punto materia per il dottor Gideon Fell, inesorabile ragionatore.

Domande frequenti

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Informazioni

1

— Signori della giuria, avete raggiunto un accordo sul verdetto?
— Sì.
— Ritenete l’imputato John Edward Lypiatt colpevole o non colpevole di omicidio?
— Colpevole.
— Ritenete, dunque, che sia colpevole. È un verdetto preso all’unanimità?
— Sì, e raccomandiamo caldamente l’imputato alla clemenza della corte — aggiunse il capo della giuria, deglutendo in fretta.
L’aula fu pervasa da un moto di agitazione. Al momento del verdetto il pubblico era rimasto con il fiato sospeso, e adesso era calato un silenzio di tomba: l’appello alla clemenza della corte era una possibilità troppo esile per potersene rallegrare. Eppure, quel poveraccio sul banco degli imputati non sembrava pensarla così. Per la prima volta durante quel processo, sul suo volto comparve un’ombra di speranza. Alzò uno sguardo carico di perplessità sui giurati, come se si aspettasse di sentirli aggiungere qualcos’altro.
Il procuratore generale prese nota della raccomandazione e si schiarì la voce.
— John Edward Lypiatt, vi siete dichiarato non colpevole di omicidio e vi siete rimesso alla giustizia di questo paese, la quale vi ha giudicato colpevole. Avete niente da dire che possa commutare la pena di morte prevista dalla legge?
L’imputato restituì al magistrato uno sguardo cupo, come se fosse stupito. Aprì la bocca, ma poi la richiuse.
Il procuratore generale attese.
— Ho agito male — disse umilmente l’imputato. — Lo so di avere agito male.
A quel punto, negli occhi stanchi di Lypiatt apparve uno sguardo rabbioso.
— Ma voi, signore — disse rivolgendosi al giudice, il quale, per stoicismo o imbarazzo, aveva distolto gli occhi dall’imputato — sapete che l’ho fatto perché l’amavo. Ed è quello che ho cercato di farvi capire. Quando sono tornato a casa e ho trovato lì quel tipo, e quando lei è scoppiata a ridere e ha ammesso le sue colpe, io non ho capito più niente.
Deglutì a fatica.
— L’ho picchiata. Lo so di averlo fatto, ma non ricordo altro. E poi l’ho vista lì, per terra, e il bollitore sul fuoco che fischiava, come se non fosse successo niente. Ma non volevo farlo. Io l’amavo.
Sul volto del giudice Ireton non si mosse neanche un muscolo.
— Non avete altro da aggiungere? — gli chiese il giudice.
— No, signore.
Il giudice Ireton si tolse lentamente gli occhiali per non compromettere la stabilità della sua parrucca e li richiuse. Poi li depose con attenzione sul tavolo davanti a sé. A quel punto, intrecciò le dita grassocce senza distogliere il suo sguardo placido ma terribile dall’imputato.
Era un ometto piccolo, un po’ pingue, ma non grasso nel vero senso della parola. Nessuno avrebbe mai immaginato che sotto la parrucca di rigore ci fossero radi capelli rossi con la riga nel mezzo, che le dita del magistrato avessero i crampi per tutte le annotazioni prese o che sotto la toga ci fosse un uomo stanco, sudato e indolenzito da quell’ultima seduta della sessione primaverile delle assise del Westshire.
Da un lato spuntò il cancelliere, che gli pose sul capo, sopra la parrucca, il cappello formato da un riquadro di seta nera. Dall’altro lato c’era il cappellano, in piedi.
La voce del giudice Ireton era morbida, ma distaccata e impersonale come la morte o il destino.
— John Edward Lypiatt — disse — la giuria vi ha dichiarato colpevole del brutale omicidio di vostra moglie. — Il giudice inspirò lentamente dal naso.— Nel tentativo di trovare una giustificazione ai vostri atti avete dichiarato di aver agito sotto un incontrollabile impulso passionale. Ma la cosa non ci riguarda. La legge considera questa attenuante in circostanze che, come voi stesso riconoscete, non sono presenti nel vostro caso. Anch’io, come la giuria, non posso pertanto accettare la versione della difesa, la quale tendeva a ottenere un verdetto di omicidio preterintenzionale.
Fece una pausa, in attesa che tornasse il silenzio in aula.
Il difensore, l’avvocato Frederick Barlow, se ne stava seduto immobile a testa china e giocherellava con una matita. Due colleghi seduti alle sue spalle si scambiarono uno sguardo, e uno di questi rovesciò il pollice.
— Resta il fatto che voi, in pieno possesso di tutte le vostre facoltà, e sapendo quello che facevate, avete colpito vostra moglie fino a procurarne la morte. La giuria vi ha raccomandato alla clemenza della corte, e posso assicurarvi che terrò conto di tale raccomandazione. Ma fin da subito vi consiglio di non riporvi tante speranze.
“Ora mi rimane solo da pronunciare contro di voi la sentenza prescritta dal codice: sarete ricondotto nel carcere dal quale provenite e da lì accompagnato al luogo dell’esecuzione, dove sarete appeso per la gola fino a che morte non sopraggiunga. E che Dio abbia pietà di voi.”
— Amen — disse il cappellano.
Il condannato aveva ancora lo sguardo smarrito di poco prima, ma poi, di colpo, sembrò montare su tutte le furie.
— Non è vero! — urlò. — Non ho mai voluto farle del male! Mai! Oh, Dio mio, non avrei mai potuto fare del male alla mia Polly!
Il giudice Ireton gli puntò addosso uno sguardo implacabile.
— Siete colpevole e lo sapete — disse tranquillamente. — Conducete via l’imputato.
In fondo all’aula piccola e sovraffollata, una ragazza con un leggero abitino estivo si alzò in mezzo al pubblico e cominciò a farsi largo verso l’uscita. Le sembrava di non riuscire più a sopportare l’odore di quel luogo chiuso. Inciampò un paio di volte sugli stivali di qualcuno, mentre intorno a lei sentiva i respiri pesanti della gente che la circondava.
Il suo compagno, un giovane robusto e persino troppo elegante, dapprima parve un po’ sconcertato, ma poi si decise a seguirla. Sotto il piede di lei si sentì lo scricchiolio di una bustina di patatine fritte, che qualcuno doveva aver buttato via. Prima di raggiungere la porta a vetri che immetteva nell’ingresso della corte d’assise, Constance Ireton non poté fare a meno di udire qualche commento bisbigliato.
— Non sembra neppure umano, eh? — sussurrò una voce.
— Chi?
— Il giudice.
— Lui? — disse la voce di una donna con soddisfazione. — Quello capisce sempre tutto. Sembra quasi che riesca a vederli dentro! E se sono colpevoli, be’, in questo caso…
— Certo che la legge è legge — disse la prima voce, chiudendo la discussione.
Anche il vestibolo era affollato. Constance Ireton si fece largo tra la folla e si diresse verso un giardino situato tra la parte posteriore della corte d’assise e una chiesa. Sebbene fosse solo la fine di aprile, una primavera dalla temperatura estiva riscaldava le nuvole che vagavano sopra la piccola città.
Constance Ireton si sedette su una panchina al centro del giardino, accanto alla statua annerita di un uomo in parrucca. Constance aveva appena ventun anni. Era una ragazza carina, con i capelli biondi tinti di fresco e un trucco e una pettinatura particolarmente sofisticati. Ma eccetto che tra i suoi amici londinesi, non poteva certo ostentare un modo di parlare altrettanto sofisticato. I suoi occhi, di un marrone sorprendente che contrastava con la pelle e i capelli chiari della ragazza, vagavano per il giardino.
— Giocavo spesso qui, quando ero piccola — disse.
Il suo compagno non parve aver sentito.
— Così quello è tuo padre — osservò lui, voltando il capo verso la corte d’assise.
— Già.
— Un po’ duro, non credi?
— No, non è così — disse bruscamente la ragazza. — Lui è… oh, non so com’è, davvero! Non l’ho mai capito.
— Suscettibile?
— Sì, a volte. Ma non mi è mai capitato di vederlo perdere le staffe. E dubito anche che ne sarebbe capace. Non è un uomo di tante parole. E… sai cosa ti dico, Tony?
— Cosa?
— Che abbiamo fatto un errore — disse Constance, mentre disegnava circoletti con la punta della scarpa sulla ghiaia. — Credo proprio che non potremo andargli a parlare oggi. Avevo dimenticato che questo era l’ultimo giorno delle assise e che ci saranno un sacco di cerimonie, parate e altre cose del genere. Inoltre, la tradizione vuole che papà offra da bere al cancelliere e… e comunque non è possibile. È meglio che ce ne torniamo alla festa di Jane. Possiamo andarlo a trovare alle Dune domani.
Il suo compagno sorrise a denti stretti.
— Non mi sembra che tu abbia una gran voglia di affrontarlo, o sbaglio, mia cara?
Allungò una mano e le accarezzò una spalla. Era uno di quei classici uomini mediterranei sempre consapevoli del proprio fascino virile; il tipo di uomo che, come aveva detto una volta Jane Tennant, dava alle donne la sensazione di sentire sulla nuca il soffio del suo respiro.
Se non si fosse chiamato Anthony Morell, lo si sarebbe potuto scambiare per un italiano. Aveva la pelle olivastra, denti di un bianco smagliante, occhi sempre in movimento ombreggiati da ciglia lunghe e folti capelli che riflettevano la luce del sole. Possedeva un sorriso affascinante e aveva modi languidi. Il suo era anche un viso intellettuale, dove però spiccava una certa dose di tenacia.
— Non hai proprio voglia di affrontarlo? — ripeté lui.
— Non si tratta di questo.
— Ne sei sicura, mia cara?
— Ma non te ne sei accorto anche tu? Oggi è continuamente circondato da qualcuno, ma domani si recherà in quella villetta che ha appena comprato a Horseshoe Bay. Lì non ci sarà nessun altro, eccetto la donna delle pulizie. Non credi che sarà molto meglio affrontarlo domani?
— Sto cominciando a pensare — disse il signor Morell — che tu non mi ami.
Il volto di lei si illuminò. — Oh, Tony, lo sai che non è vero.
Il signor Morell le prese le mani. — Io ti amo — le disse. Era impossibile nutrire dei dubbi sulla semplicità un po’ ruspante dei suoi modi. — Vorrei baciarti le mani, gli occhi, la bocca e il collo — aggiunse in tono serissimo. — Vorrei mettermi in ginocchio qui, davanti a te.
— Tony, ti prego! Per amor di Dio… No!
Constance non avrebbe mai creduto di potersi sentire così in imbarazzo.
A Londra, a Chelsea, a Bloomsbury, sarebbe sembrato tutto più che normale. Ma lì, in quel giardinetto dietro la corte d’assise, un simile comportamento appariva quasi grottesco. Era come se un grosso cane le avesse posato le sue zampone sulle spalle e avesse cominciato a leccarle il viso. Amava Tony Morell, ma riteneva che ci fosse un momento e un luogo per ogni cosa. E Morell, intuitivo com’era, se ne accorse subito. Si riappoggiò contro lo schienale della panchina e sorrise.
— Altre repressioni, mia cara?
— Non penserai davvero che io sia una repressa, eh?
— Ne sono certo — disse il suo compagno con finta solennità — ma c’è sempre tempo per cambiare. Per intanto, sono un po’ offeso dal fatto che tu non voglia presentarmi a tuo padre.
— Non è questo. Ritengo solo… che lui vada preparato. E a questo proposito… — disse con una certa esitazione — ho un amico che potrebbe occuparsi della faccenda, capisci? Potrebbe parlargli prima che arriviamo noi.
Tony Morell aggrottò le sopracciglia.
— Oh? E chi sarebbe?
— Fred Barlow.
Tony Morell...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Frontespizio
  3. IL GIUDICE È ACCUSATO
  4. PERSONAGGI PRINCIPALI
  5. 1
  6. 2
  7. 3
  8. 4
  9. 5
  10. 6
  11. 7
  12. 8
  13. 9
  14. 10
  15. 11
  16. 12
  17. 13
  18. 14
  19. 15
  20. 16
  21. 17
  22. 18
  23. 19
  24. 20
  25. MARIA ROSARIA DEL CIELLO
  26. LO SGUARDO DI ELIDE. di Maria Rosaria Del Ciello Vincitore del premio. Giallo Piccante 2021
  27. EPILOGO
  28. Copyright