San Diego, California, 14 febbraio 2021
Bernard Conant aveva dovuto lasciare rapidamente l’albergo in cui si era registrato con una delle false identità fornitegli da Timur Stepanov. Non aveva più avuto sue notizie e doveva presumere il peggio, cioè che il russo fosse stato arrestato dal Federal Bureau e avesse rivelato tutti i nomi con cui lui poteva viaggiare. I suoi ex colleghi avrebbero impiegato pochissimo per scovarlo.
Per questioni affettive, Conant aveva tenuto da parte l’ultimo degli alias che aveva preparato con Eve e questo era stata la sua salvezza. L’aveva usato per prendere una stanza bed and breakfast al secondo piano di un palazzo su Park Boulevard, con vista sui tram di passaggio.
— Non è granché — disse al suo ospite — ma è un alloggio sicuro, per il tempo necessario.
Francisco Cubero si accomodò su una sedia da cucina, nell’angolo cottura della stanza. — Ho parlato con Vargas. Può farti passare dopodomani sera. Sarai il loro primo passeggero.
— Ottimo. Quando sarò dall’altra parte e mi avrai consegnato i soldi, ti darò l’accesso alle informazioni.
Al messicano Conant aveva raccontato una variante della storia che aveva fornito a Stepanov e Antonov: era impegnato in una missione segretissima, di cui solo pochi nel servizio segreto russo erano al corrente. In parte era vero, dato che non aveva la minima idea di chi a Mosca avesse concepito il furto del computer in Campidoglio: non andava più in alto del rezident Budnik. Ora però i suoi ex colleghi dell’FBI gli davano la caccia, per impedirgli di far arrivare all’SVR le informazioni di cui era in possesso.
— Quanti soldi? — chiese Cubero.
— Mezzo milione di dollari — rispose Conant. — In contanti.
— Cosa? Sei impazzito? Dove la trovo una cifra del genere?
— Non sono impazzito — rispose l’ex agente federale. — Mia moglie è stata assassinata da una killer, sospetto che si tratti di un’agente della CIA. L’FBI mi cerca con la falsa accusa di omicidio. La stessa killer ha ucciso il rezident davanti ai miei occhi e mi sono salvato per miracolo. — Aveva modificato leggermente la storia, dopo la conversazione con Michael Greene. — Devo far perdere le mie tracce. Quindi ho bisogno di sparire in Messico e mi servono soldi. Non avrò più una pensione e non posso accedere al mio conto corrente a Washington, altrimenti mi localizzano. Non ho altra via d’uscita: devo vendere l’unica merce che ho in mano.
— E chi ti dice che l’SVR accetti di pagare?
— Comunica che si tratta dei Capitol Records. Non ho più l’hard disk originale, ma una copia integrale a un indirizzo in rete che conosco solo io e che passerò a te una volta al sicuro. Vedrai che autorizzeranno il pagamento.
— In contanti, hai detto?
— In contanti.
Il piano originale di Conant era di trasferire tutto nel mondo virtuale: farsi accreditare il denaro sul conto creato per lui da Antonov, quindi trasmettere a chi di dovere l’indirizzo Internet da cui recuperare i dati. Ma ora non si poteva più fidare del socio di Stepanov alle Bahamas e aveva perso anche il pagamento da parte degli americani. Sarebbe stato inutile riprovarci con loro, dopo che aveva cercato invano di truffarli. Non c’era nemmeno più un oggetto fisico da vendere e quelli non lo avrebbero pagato contando solo sulla sua promessa di non divulgare i dati. Promessa che in ogni caso lui non avrebbe mantenuto.
— A Mosca possono considerarlo un trattamento di fine rapporto — aggiunse. — Devo lasciare per sempre non solo gli USA, ma anche l’SVR. Mi serviranno nuovi documenti per circolare in Messico. Quelli che sto usando sono puliti, ma c’è sopra la mia fotografia.
— È per questo che ti stai facendo crescere la barba? I documenti non sono un problema: ti scatto una foto con il cellulare e te li faccio avere qui in trentasei ore. Così non c’è nemmeno bisogno del passaggio clandestino.
— So come lavora il Bureau: avranno distribuito mie foto dappertutto. La faccia è la stessa, con o senza barba. Per questo non posso rischiare alla frontiera, neanche con nuovi documenti.
— Va bene, va bene. Userai il mio canale, come d’accordo. E ti darò i documenti quando ci vediamo in Messico. Sono i soldi che mi preoccupano. Diciamo che mi danno l’autorizzazione da Mosca. Non riuscirò ad averli entro dopodomani.
Conant intuiva il gioco di Cubero: voleva farlo restare a Tijuana, dando il tempo all’SVR di spedire un esperto in interrogatori che lo costringesse a rivelare il segreto. Gratis.
— Se non ci sono i soldi, non passo il confine — dichiarò Conant. — Per me è un rischio: ogni giorno qui aumenta le probabilità che io venga arrestato. All’SVR non conviene. Perderebbero i Capitol Records per sempre.
Cubero sospirò. — D’accordo. Quando ho l’autorizzazione, chiedo un prestito e ti faccio trovare i soldi. Ti senti più tranquillo, adesso?
— Lo sarò quando sarà tutto finito.
— Non preoccuparti. L’organizzazione è impeccabile e avrai un trattamento privilegiato. Verrà a prenderti un ragazzo che si fa chiamare Danny Carson. È nientemeno che il figlio del capo, Jesús Vargas. Ti porterà lui al tunnel. Non è una fogna come quelli da cui passano gli emigranti, è come la metropolitana di Mosca.
— Non l’ho mai vista, quella.
— E non hai intenzione di vederla — ridacchiò Cubero.
— Non se posso evitarlo.
15 febbraio
— Vi aiuto a risolvere i vostri problemi se voi mi date un’opinione sui miei — propose l’agente speciale J.P. Case in tono semiserio. — Cominciate voi.
Sickrose e Brett Allingham si erano seduti da qualche minuto in un ufficio al quartier generale della San Diego DEA Division, al 4560 di Viewridge Avenue. La stanza in realtà era in condivisione con un collega, Sal Romero, che stava lavorando al suo computer. Quello era un giorno festivo, il Presidents’ Day, ma gli agenti non avevano fatto vacanza.
— Cosa pensi di Bernard Conant, Jacob? — esordì Allingham.
— Chiamami pure J.P., come fanno tutti. L’ho visto solo a quella riunione in novembre. Sembrava piuttosto infastidito e subito dopo è corso all’aeroporto per tornare a Washington. Eppure aveva chiesto lui di partecipare.
— Hai avuto la sensazione che cercasse di coprire qualcosa o qualcuno? — chiese l’uomo dell’FBI.
— Be’, negava tutto. Una rete TV diffonde fake news finanziata apertamente da investitori russi per screditare il candidato rivale alle elezioni? Normale libertà di espressione. I tunnel dei narcos potrebbero essere usati anche per introdurre terroristi negli USA? Timori ingiustificati. La mia famiglia era in Italia durante il fascismo. Ecco, c’era lo stesso atteggiamento da parte delle autorità: “Sotto il nostro regime perfetto, certe cose non possono succedere”.
— Dall’interno dell’FBI, Conant ha coperto molte operazioni russe, prima e dopo le elezioni — raccontò Allingham. — Compresi i preparativi per l’assalto al Campidoglio. È anche per colpa sua se la Guardia Nazionale è intervenuta in ritardo durante la rivolta.
— Dev’essere un esperto nel negare l’evidenza — osservò J.P.
— Soprattutto quando riguarda segreti che sta cercando di nascondere — disse Sickrose. Si chiese se Conant avesse un motivo particolare per partecipare a una riunione solo per mettere in dubbio la teoria di J.P. sull’impiego alternativo dei tunnel dei narcos.
— Dopo la morte della moglie — continuò Allingham — Conant ha mollato gli ormeggi. Si è impadronito di dati da un computer rubato al Congresso e intende rivenderli ai russi. Ha ucciso altri due agenti dell’SVR, ferito una detective dell’MPD e infine assassinato un uomo e una ragazza di quattordici anni in autostrada, per rubare loro la macchina dopo che la sua aveva avuto un incidente. Ora pensiamo che voglia fuggire in Messico.
— Immagino che l’FBI sia piuttosto in imbarazzo — commentò J.P.
— Non immagini quanto — ammise Allingham. — Conant è molto pericoloso e dispone di informazioni che non devono assolutamente arrivare a Mosca. Abbiamo verificato che fino a ieri si trovava in un albergo qui a San Diego sotto una delle sue false identità che abbiamo scoperto a Miami. Stiamo interrogando il personale, però dubito che ne ricaveremo qualcosa di utile.
Sickrose non poté fare a meno di pensare che avrebbe fatto meglio a uccidere Conant al centro commerciale. Era un altro di quei lavori lasciati a metà che non portavano nulla di buono. Risparmiarlo era costato la vita a due innocenti.
Ripensò alla ragazzina di quattordici anni che aveva ripreso il video. Rosa non sapeva che faccia avesse Elizabeth Brown, ma vedeva se stessa al suo posto, a quell’età. E, nel contempo, in circostanze simili, avrebbe potuto essere lei stessa a doverla uccidere. Vedersi come carnefice e insieme vittima generava in lei un profondo disagio. E una gran voglia di ammazzare Conant, per ricreare una parvenza di equilibrio nel mondo. O forse per espiare le proprie colpe passate.
Ma doveva concentrarsi su come risolvere il problema più urgente. — Sospettiamo che ora i dati rubati da Conant siano su una specie di cloud nel Dark Web — disse. — Pronti per essere scaricati dall’SVR dopo che lo avrà pagato. Ma prima di tutto credo che Conant voglia passare la frontiera. Secondo me, intende farsi aiutare dai narcos.
— E sparire nel nulla, come i quattro studenti — considerò J.P., tra sé. — Ma dovrebbe avere contatti con loro o con qualcuno che ha a che fare con un cartello messicano — disse a voce più alta.
— Mi insospettisce il suo interesse nello screditare la tua ipotesi sui tunnel — disse Sickrose. — Potrebbe esserci un legame tra l’SVR e i narcos, come c’era con la Korsov Gang... Fino all’anno scorso lo spionaggio russo usava la rete criminale dei Korsov per introdurre i propri agenti negli Stati Uniti. Ora che l’FBI l’ha debellata, servirà un nuovo canale. I tunnel dei narcos sarebbero perfetti.
Case annuì. — Quindi non voleva che lo scoprissimo.
— Stavi parlando di quattro studenti spariti nel nulla? — chiese Allingham.
— Sì. Ha a che fare con il caso cui stiamo lavorando Sal e io in questi giorni. — Guardò il collega, che fino a quel momento era rimasto in silenzio alla sua scrivania, chino sul computer. — Dobbiamo parlarvi di Matadora.
— Per darvi un’idea generale, il traffico di droga in California è diviso fra tre cartelli rivali — cominciò Sal Romero. — Sinaloa, Jalisco e Tijuana. A fare per lungo tempo la parte del leone è stato Sinaloa. Ma l’anno scorso Tijuana ha ripreso spazio sul mercato, come se avesse trovato il modo di organizzarsi in modo più efficiente. Il jefe attuale si chiama Jesús Vargas. Sei giorni fa abbiamo arrestato tre dei suoi a Ventura, pesci piccoli. Ma è qui che siamo inciampati in Matadora, che ha riportato a galla la storia dei quattro studenti. — Fece un cenno a J.P., passandogli la parola.
— Sono scomparsi a fine settembre, un sabato sera. Due ragazze e due ragazzi. Non se n’è saputo più nulla, come se la terra si fosse aperta sotto i loro piedi per inghiottirli. Pressappoco la stessa cosa accadde anni fa nello Stato di Guerrero, con oltre quaranta studenti messicani. Far sparire le persone è una specialità delle gang oltre confine. Mi sono chiesto se sia successa la stessa cosa da noi.
— Cioè avrebbero visto qualcosa che non dovevano e i narcos li hanno tolti di mezzo? — chiese Sickrose.
— È un’ipotesi — disse J.P. — Ho chiesto ai loro amici e risulta che tre di loro partecipavano a un gioco online intitolato Matadora.
— Cos’è? — domandò Allingham. — Una specie di challenge in cui i giocatori finiscono per ammazzarsi?
— Nient’affatto — rispose J.P. — Un gioco di ruolo inventato da un ...