Sono teso e irritabile da quando, ieri, abbiamo visto i soldati alla taverna di Jodi. Continuo ad aspettarmi che il loro capitano si presenti da Worwick e mi riporti ad Ironrose. O peggio, che mi trascini tra le ombre dietro lo stadio per decapitarmi.
Ma le mie sono preoccupazioni irrazionali. Pochissimi sono al corrente di chi sono davvero e di cosa so.
Lilith, l’incantatrice – che ormai è morta. Le ho tagliato la gola io stesso.
Mia madre – che non è affatto mia madre. Me ne sono andato da casa sua senza portare nulla con me. Le ho lasciato tutto l’argento e le monete di rame che avevo, e ogni ammonimento che pensavo opportuno darle. Mi auguro che abbia preso i soldi e se ne sia andata. Ma se qualcuno andasse da lei a cercarmi, non potrebbe dire nulla tranne la verità: che un giorno mi sono presentato alla sua porta e poi me ne sono andato.
Karis Luran – che, se dobbiamo credere alle minacce di Lilith, userebbe queste informazioni per distruggere Rhen, sempre che lui fosse disposto a crederle.
Il mio atteggiamento scontroso, esasperato dal caldo, ha finito per contagiare anche Tycho. Le nubi che stamane hanno coperto il cielo da principio sembravano promettere tempesta ma poi si sono trasformate in una cappa pesante e umida che rende l’aria appiccicosa e guasta il morale a tutti. Il ragazzo sta passando il rastrello nello spazio tra i sedili del pubblico e l’arena vera e propria e, ogni volta che lo trascina, la polvere si solleva fluttuando e depositandosi su tutto, compresi i costosi sedili imbottiti che ho appena finito di strofinare.
«Ehi» scatto.
Lui si gira, appena intimidito
«Basta col rastrello» dico, cercando di non usare un tono troppo scontroso. Immergo il mio straccio nel secchio e lo strizzo per pulire di nuovo i sedili. «Così fai solo casino.»
Evidentemente ci è rimasto male, perché quando ricompare ha con sé uno straccio e comincia a pulire la ringhiera. Lavoriamo in silenzio per un po’, assaporando la quiete del tardo pomeriggio.
Quando Tycho è così tranquillo mi ricorda mio fratello Cade, che aveva tre anni meno di me. Non so davvero perché, visto non si somigliano per niente. Cade non la smetteva mai di parlarmi, anche di sciocchezze, mentre a volte passano ore intere senza che Tycho apra bocca. Ma mio fratello sapeva lavorare sodo quando c’è n’era bisogno. Ha aiutato la nostra famiglia a mandare avanti la fattoria quando, a sedici anni, me ne sono andato.
Dopo che Lilith li ha sterminati fino all’ultimo, ho fatto di tutto per dimenticare i miei fratelli. Forse scacciando dalla mente i ricordi degli anni passati come Guardia Reale, ho permesso ad altri, più antichi, di colmare lo spazio tra i miei pensieri. Forse c’entra anche il fatto di aver scoperto che non erano veramente miei fratelli.
Non sono sicuro che la cosa mi piaccia. Soprattutto perché non abbiamo altre faccende da sbrigare.
«Fa troppo caldo per correre» dico.
«Fa troppo caldo per fare qualsiasi cosa.» Tycho raccoglie un po’ d’acqua nel palmo della mano e se la versa sulla nuca.
«Ah» dico. «Stavo per chiederti se ti andasse di fare pratica con le lame.»
«Aspetta. Davvero? Certo che mi va.» Raddrizza le spalle, il caldo d’improvviso dimenticato.
«Tu precedimi, arrivo subito.»
Porto il secchio dietro il ripostiglio, poi appendo i nostri stracci ad asciugare. Quando mi dirigo verso l’armeria, Tycho ha in mano una spada da allenamento leggera e la sta facendo oscillare secondo uno schema che ha provato e riprovato. Ormai è abbastanza bravo, a tal punto che, in un altro tempo e in un altro luogo, mi sarei sentito di farlo provare con una vera lama. Solo che qui sono Falco, e non conosco mosse più complesse di semplici parate e affondi.
Ci alleniamo nello stretto spazio tra l’armeria e le stalle, dove Worwick tiene attrezzature più ingombranti. Anche la gabbia dello scraver è stata sistemata qui, e la creatura è il nostro solo pubblico, il corpo scuro completamente immobile. Worwick diceva sul serio a proposito delle cinque monete di rame, perché ieri sera ha provato a farle sborsare ad alcuni spettatori. Li aveva quasi convinti, quando un tale ha protestato dicendo che non avrebbe pagato per vedere un mucchio mezzo morto di pelle e piume.
Ora lo scraver dorme quasi tutto il giorno, avvolto nel bozzolo delle sue ali.
Tycho è stanco, quindi gli concedo un’apertura. Lui la individua subito e si lancia in avanti. Ho appena il tempo di schivare la sua lama.
Ansima per lo sforzo, ma sorride. «Ti ho quasi preso.»
Non posso fare a meno di sorridere a mia volta. «Quasi.» Picchietto sulla sua lama con la mia e mi scosto dal viso i capelli sudati.
«Ora basta giocare, ragazzi» esclama un uomo, la voce che rimbomba tra i due edifici. Lo riconosco senza bisogno di vederlo: è Kantor, uno dei “campioni” di Worwick.
Per Worwick combattono due uomini nel torneo: Kantor e Journ. Sono entrambi di mezza età e abili con la spada – devono esserlo, per combattere qualsiasi sfidante che si presenti qui –, ma il loro vero valore deriva dalla capacità di dare spettacolo a beneficio del pubblico. Uno è tranquillo e riservato quando non è di fronte a una folla, tiene sempre in tasca caramelle per i bambini che esultano ai margini dell’arena, e poi torna a casa dalla sua dolce moglie e dai tre figli. È un brav’uomo che lavora sodo, combatte in modo leale e si guadagna da vivere onestamente.
L’altro è Kantor.
Kantor ha l’abitudine di scommettere contro se stesso, quindi anche quando perde, vince. Worwick non dovrebbe permetterlo, ma sono abbastanza sicuro che Kantor gli passi parte delle sue vincite. È rozzo e chiassoso, e mente in modo spudorato. Sa essere un cattivo convincente davanti alla folla. Purtroppo continua a esserlo anche fuori dall’arena.
Tycho fa per riporre la sua spada nella rastrelliera, ma Kantor prende una di quelle vere e lo disarma in un batter d’occhio, facendo finire l’arma del ragazzo nella polvere.
«Quando imparerai a impugnare una spada come un uomo?» gli chiede.
«Lascialo in pace» dico io.
Tycho raccoglie in silenzio la spada da terra, ma anche se tiene la testa bassa davanti a Kantor non mi sfugge la sua espressione accigliata.
Kantor ha il cervello di un bambino e ha trovato un nuovo passatempo, così quando lo vedo spostare il peso capisco subito che sta per disarmare nuovamente Tycho, e che questa volta gli farà male.
Avanzo, e calando la mia spada da allenamento inchiodo quella di Kantor al muro.
Lui si volta di scatto. Ha la bocca aperta per la sorpresa, ma si affretta a richiuderla.
«Dovrei tagliarti la mano per questo.» Con uno strattone libera la sua arma.
Potrei tagliargli io una mano prima ancora che abbia modo di avvicinarsi alla mia, invece scrollo le spalle e distolgo lo sguardo. Il modo migliore per affrontare Kantor è non prenderlo troppo sul serio. «Le lame da allenamento smussano quelle vere. Se vuoi giocare, prendine una anche tu oppure parlane con Worwick.»
Lui si acciglia, ma sa che ho ragione. Solo che il suo orgoglio non gli permette di chiudere qui la faccenda. Si allontana, trascinandosi dietro la spada, la punta che disegna solchi nella polvere. Alla fine si ferma davanti alla gabbia della creatura.
«Cosa vuole farci Worwick con questo coso?» Kantor lo punzecchia con la spada, ma lo scraver non si muove.
«Non fargli del male» dice Tycho.
«Fargli del male? Ma se è praticamente morto.» Kantor si avvicina ancora di più, spinge l’arma tra le sbarre e affonda la lama d’acciaio nella carne dello scraver.
Con un ruggito la creatura balza in piedi in un turbine di ali e sangue. Sbatte contro le sbarre, gli artigli protesi verso Kantor, e il suo stridio è così forte che riecheggia per tutta l’arena, e i cavalli nelle stalle iniziano a scalpitare e ad agitarsi.
Kantor si ritrae di scatto, inciampa nei suoi stessi piedi e cade pesantemente nella polvere. Tre lunghe strisce di sangue gli solcano l’avambraccio. Impreca e si rialza, sollevando la spada come se volesse conficcarla nel petto della creatura.
Tycho si para davanti a lui, premendo la schiena contro le sbarre. «No!»
Per un attimo sono sicuro che artiglierà anche lui, ma lo scraver si limita a tirarsi indietro ringhiando.
Kantor sembra pronto a infilzare anche Tycho.
Mi sposto davanti a lui. «Ora basta.»
Lui solleva appena la spada. «Levatevi o vi faccio fuori entrambi.»
Impugno ancora la lama da allenamento. Le mie dita si stringono attorno all’elsa. Non so cosa veda Kantor nella mia espressione, ma nei suoi occhi si accende la sorpresa. Fa una risata ruvida. «Vuoi combattere con me, ragazzo? Per quel coso?» Indica lo scraver. «Fatti avanti, allora. Vediamo quanto duri.»
Sono tentato di accettare.
«Cosa sta succedendo?» grida Worwick, la sua voce che rimbomba attorno a noi. Lo stridio deve aver attirato la sua attenzione. E quella di mezza città, probabilmente.
Con la coda dell’occhio lo vedo girare l’angolo, ma resto con lo sguardo fisso sull’uomo davanti a me. Kantor mi fissa a sua volta.
«Kantor! Falco!» Worwick sembra confuso. «Cosa… cosa state facendo?»
«Kantor stava per uccidere lo scraver» interviene Tycho. «Falco lo ha fermato.»
«Oh, andiamo, stavo solo scherzando» fa Kantor in tono strascicato. Abbassa la spada e mostra il braccio. «Quella dannata cosa mi ha conciato per le feste.»
«Te la sei cercata» dico.
Alle mie spalle, lo scraver ringhia di nuovo.
«Adesso piantatela» dice Worwick. «Il Gran Maresciallo ha emanato un decreto reale che verrà letto prima del torneo. Per le strade non si parla d’altro, perciò stasera ci sarà ...