Territorio del Wyoming
>1883
Stava tornando a casa, tornava nella Terra dell’Aquila maculata. Tornava alle erbe alte e ai gorgoglianti torrenti dal corso pigro. Tornava nella terra dove era nato. Tornava a casa.
Caleb trasse un profondo respiro, e i suoi polmoni si riempirono d’aria fredda e pura. Riconobbe il profumo caldo e intenso della Madre Terra, dei pini baciati dal sole e dell’erba della prateria. Avrebbe potuto prendere il treno per Cheyenne. Avrebbe fatto più in fretta, ma sentiva il bisogno di restare solo con i suoi pensieri, di ascoltare le voci degli avi nel vento, mentre attraversava a cavallo la vasta prateria. Di ricordare chi era.
Stava tornando a casa. Erano davvero passati dodici anni da quando aveva lasciato il Wyoming? Dodici anni da quando aveva voltato le spalle a suo padre e spezzato il cuore a sua madre? Dodici anni. Come era volato il tempo!
Il verso di un falco in cerca di prede squarciò la quiete immobile della prateria, provocandogli un brivido di gioia e di eccitazione lungo la schiena. Alzando lo sguardo, scorse il rapace che tracciava nel cielo delle ampie volute descrivendo delle circonferenze concentriche e planando al suolo, per poi rialzarsi in volo un attimo dopo con uno sventurato coniglio stretto tra gli artigli. La vita e la morte. Il cacciatore e la preda. Un tempo, lui era stato sia l’uno che l’altro, ma ormai si era lasciato tutto quanto alle spalle.
Tirate le redini per fermare il grosso sauro, estrasse dalla tasca del cappotto un foglio di carta. La scrittura era piccola e chiara, il messaggio conciso.
Egregio signor Stryker,
vostro padre è morto in giugno e vostra madre lo ha seguito tre mesi più tardi. Secondo le clausole del testamento di vostra madre, la casa sulla Diciassettesima Strada Est e il ranch Rocking S ora appartengono a voi.
Vi prego di volermi comunicare, non appena vi sarà possibile, le vostre disposizioni riguardo al trasferimento delle suddette proprietà.
La lettera recava la data del 30 settembre e portava la firma di Orville Hoag, notaio di Cheyenne, nel Wyoming.
Con un sospiro, Caleb si rimise in tasca il foglio spiegazzato. C’erano voluti cinque mesi perché quella lettera giungesse finalmente nelle sue mani. L’uomo fissò la prateria per un lungo istante, socchiudendo gli occhi per l’intensa luce del sole di mezzogiorno. Sua madre era morta. Quel pensiero gli strinse il cuore, facendo riemergere sentimenti rimasti inespressi per anni. Ricordi che riaffioravano e che lui aveva creduto sepolti e dimenticati ormai da molto tempo.
Penna Rossa, figlia di Cane-Maschio e di Donna-Conchiglia, era morta. La notizia della sua scomparsa lo faceva sentire vuoto e solo. Quante volte lei gli aveva scritto, pregandolo di tornare a casa? Quante volte lui le aveva promesso che sarebbe andato a trovarla, sapendo in cuor suo che non sarebbe tornato mai, fino a che fosse vissuto il vecchio? E ora se n’erano andati entrambi. Non provava dolore per la morte di Duncan Stryker, solo un senso di sollievo all’idea di non dover mai più affrontare l’uomo che era stato suo padre.
Imprecando tra i denti, spronò il sauro a un’andatura molto sostenuta, chiedendosi cosa diavolo mai potesse farsene un cacciatore di taglie che aveva trascorso quegli ultimi otto anni a dare la caccia ai fuorilegge lungo la frontiera messicana di un palazzo di venti stanze sulla Diciassettesima Strada.
Primavera 1883
Caleb percorse la Sedicesima Strada fino a Hill, oltrepassò l’Inter-Ocean Hotel e il teatro Lirico di Cheyenne, meravigliandosi di tutti i cambiamenti sopravvenuti durante la sua assenza. Cheyenne era una fiorente cittadina, che fondava la propria ricchezza sui pascoli e sul bestiame. Situata a circa duecentocinquanta chilometri a nord di Denver, era stata fondata nell’estate del 1867 dalla compagnia ferroviaria della Union Pacific. A quel tempo, era l’ultima fermata della linea che tutti chiamavano “Il Diavolo in movimento”, e non ci sarebbe potuto essere soprannome più azzeccato. Ma era una città destinata a svilupparsi: lotti che all’origine la Union Pacific aveva venduto a centocinquanta dollari erano stati infatti rivenduti, qualche mese più tardi, per più di duemila dollari l’uno. Nel 1869, Cheyenne era stata proclamata capitale del Territorio del Wyoming e, nello stesso anno, era stata quasi completamente distrutta da un incendio. Ma ora, a vederla, non lo si sarebbe mai detto.
Caleb scosse il capo e imboccò la Diciottesima Strada. Adesso c’era la luce elettrica nel cuore della città, la prima città a ovest del Mississippi ad averla. Aveva anche sentito dire che l’Inter-Ocean era stato dotato di recente di una modernissima invenzione, chiamata water-closet. Ce n’erano due su ogni piano dell’albergo, e si diceva che la gente fosse disposta a percorrere chilometri e chilometri solo per dare un’occhiata a ciò che molti consideravano essere solo una moda del momento, destinata presto a scomparire. Caleb scosse di nuovo il capo. Gabinetti nelle case. Quale sarebbe stata la prossima diavoleria?
Trovò lo studio legale di Hoag e Linderman sulla Diciottesima Strada, tra l’agenzia commerciale Buckley’s e l’armeria Holman’s. Smontato da cavallo, si scrollò alla bell’e meglio la polvere dai vestiti, si sistemò il cappello e aprì la porta dai pannelli di vetro. L’ufficio era piccolo e a pianta quadrata. Gran parte dello spazio era occupato da un’enorme scrivania che faceva sembrare minuscolo l’uomo che vi stava seduto dietro. A destra di questa c’era uno schedario in legno di quercia con quattro cassetti, mentre sulla parete di sinistra vi era una libreria straripante di libri di legge.
Alzando lo sguardo dalle pagine del testo che stava leggendo, Orville Hoag vide comparire sulla soglia un uomo alto e dalle spalle ampie. Osservando più attentamente l’aspetto di quello sconosciuto dal cappello nero, impolverato e con la fascia ornata di perline, la camicia nera scolorita, i calzoni di pelle di daino e i mocassini alti fino al ginocchio, il notaio si sentì pervadere da un senso di inquietudine.
Drizzando le spalle, si sistemò sulla sedia cercando di assumere una postura più eretta, e disse: — Posso esservi d’aiuto?
— Sto cercando Orville Hoag.
L’uomo deglutì a fatica, sperando che il meticcio non andasse in cerca di guai, perché aveva tutta l’aria di essere un esperto in materia. — Lo avete trovato — ammise, fissandolo nello stesso modo in cui stava facendo lo sconosciuto, e sperando di non aver appena commesso il più grosso errore di tutta la sua vita.
Caleb borbottò tra sé, indugiando con lo sguardo su Hoag. Il notaio era un uomo di mezz’età, dai capelli mossi di colore castano, ingenui occhi azzurri e mani delicate. Indossava un completo blu scuro, un panciotto a righe e una cravatta di seta.
Orville Hoag si schiarì la gola. — Cosa posso fare per voi, signor…
— Stryker.
— Ah, signor Stryker. — Visibilmente sollevato, Hoag si alzò in piedi per stringergli la mano. L’uomo che aveva di fronte era lì per affari, ma non per quel genere di affari. Gli indicò la sedia di pelle imbottita, che si trovava dall’altra parte della scrivania, rimettendosi a sedere. — Non vi volete accomodare? Spero che abbiate fatto un buon viaggio.
— Sì, abbastanza.
— Bene, allora, vostra madre vi ha lasciato in eredità un ingente patrimonio. Ci sono dei documenti che dovete firmare. Io… uh… ecco, avete intenzione di stabilirvi qui a Cheyenne?
— Non ho ancora deciso. Fa qualche differenza?
— Certo che no. C’è solo che… be’, ci sono diverse persone che sarebbero interessate a comprare il Rocking S.
Caleb annuì con aria irritata. In quel momento, non era certo in vena di prendere delle decisioni.
— E sono sicuro che non avreste alcuna difficoltà a trovare un acquirente anche per il palazzo in città — proseguì il notaio. — Sorgono infatti entrambi su appezzamenti di terreno le cui quotazioni sono molto alte.
— Vi occupate anche di affari immobiliari, signor Hoag?
— Assolutamente no, signore.
— Siete allora semplicemente ansioso di vedermi fuori da questa città? — gli domandò pacatamente Caleb. C’era molta gente che non vedeva di buon occhio i meticci e lui non poteva certo mettersi a litigare con tutti.
Orville Hoag arrossì sotto quello sguardo penetrante. — Certo che no, io… è solo che…
— Posso dare un’occhiata a quelle carte, adesso?
— Sì, certamente. — Il notaio si mise a rovistare per un po’ tra i documenti accatastati sulla scrivania, ben consapevole che gli occhi grigi e freddi del meticcio lo seguivano in ogni sua mossa. Gli ci volle del tempo prima di trovare quello che stava cercando e le mani iniziavano a tremargli. Facendo scivolare il documento sulla scrivania, aspettò quindi pazientemente che Caleb Stryker leggesse con attenzione il testamento di sua madre.
— Vi posso assicurare che è tutto a posto — osservò. — Il testamento di vostro padre, datato 10 aprile 1871, lasciava tutto a vostra madre.
Caleb contrasse i muscoli della mascella. Dunque il vecchio lo aveva estromesso dal suo testamento il giorno stesso in cui lui se ne era andato via da Cheyenne.
Hoag s’inumidì le labbra, poi allentò il colletto della camicia. — All’origine, il testamento di vostra madre stabiliva che fosse vostro padre l’unico beneficiario e, nel caso in cui lei gli fosse sopravvissuta, le proprietà dovevano essere vendute e il ricavato inviato alla sorella di vostro padre, in Inghilterra. E lo stesso si legge nel testamento di vostro padre. — Il notaio fece una pausa, chiedendosi cosa avesse determinato la rottura tra il pistolero e Duncan Stryker. — Vostro padre iniziò a stare male nella primavera dell’81. Poco dopo, vostra madre modificò il suo testamento in modo che foste voi l’unico beneficiario, nel caso in cui fosse successo qualcosa al marito.
— Il vecchio lo sapeva?
— No, non credo proprio. — Hoag intinse la penna nel calamaio, posto sull’angolo della scrivania, e gliela porse. — Dovreste mettere una firma qui e qui. — Quindi si schiarì di nuovo la gola, ansioso di concludere al più presto la questione con il figlio di Stryker. — Bene, dovremmo essere a posto così. — Asciugò le firme di Caleb, piegò a metà uno dei documenti e lo infilò in una grande busta marrone. — Direi che non c’è altro. Troverete gli atti di proprietà del ranch nella busta, come pure le chiavi del palazzo in città e una copia del testamento di vostra madre. Joe Brigman è tuttora il responsabile del Rocking S. Da quando è morta vostra madre, è lui che si è preso cura di tutto quanto.
— Vi ringrazio.
— Bisognerà che passiate dalla banca. Credo che l’ipoteca sul Rocking S scada nel corso di quest’anno. Dovrete occuparvene voi.
— Un’ipoteca?
— Sì. Vostra madre ha chiesto un prestito alla banca, ipotecando il ranch, e ha inviato il denaro a Washington. — Hoag scosse la testa, manifestando così la propria insofferenza nei confronti delle donne che s’immischiavano nelle faccende degli uomini. — E l’anno scorso ha anche inviato più di cento capi di bestiame alla riserva. Diverse persone hanno cercato di dissuaderla, ma lei diceva che gli indiani avevano bisogno di carne.
Annuendo bruscamente, Caleb prese la busta e uscì dall’ufficio. “Ben fatto, ma’”, commentò tra sé. “Ben fatto.”
Orville Hoag restò a fissare Stryker per diversi minuti. “Dunque” pensò “questo è l’erede.” Aveva sentito parlare di Caleb Stryker, ma del resto chi non aveva sentito parlare di lui? L’uomo che nel corso degli ultimi otto anni si era fatto una certa reputazione come cacciatore di taglie. Correva voce che estraesse la pistola con la rapidità di un fulmine e che non gli importasse un granché di consegnare il fuorilegge catturato, vivo o morto, seduto o riverso sulla sella. Il notaio scosse la testa. Quell’uomo sembrava più un indiano che un bianco, con quella pelle ambrata, quei capelli lunghi e neri e con quegli occhi freddi e grigi come il piombo. Hoag scosse di nuovo la testa. Dopo averlo guardato negli occhi, non stentava a credere a tutto quello che aveva sempre sentito dire sul suo conto.
Caleb si fermò proprio fuori dallo studio legale, riflettendo sul da farsi. La voglia di un bicchiere di whisky decise per lui. Afferrate le redini del cavallo, attraversò la strada, diretto al Three Queens Saloon. C’era tutto il tempo per andare a casa a ritrovare gli spettri del passato.
Dopo aver legato l’animale alla barra davanti al saloon trasse un profondo respiro, quindi varcò la porta del locale. Il Three Queens era un grande edificio a pianta rettangolare. Restò fermo sulla soglia, sorpreso di trovare tutto immutato. Un lucente bancone di mogano occupava l’intera parete di fronte all’ingresso. Il dipinto di una donna dai capelli rossi, avvolta in una vestaglia azzurra di tessuto trasparente, era appeso dietro al bancone, mentre sui tre ripiani di un mobile di vetro era disposta una grande varietà di bottiglie e di bicchieri di diversa foggia. Sulla sinistra si trovavano un piccolo palco e un pianoforte, a destra uno schema del gioco del faraone e, al centro della sala, una dozzina di tavoli da poker. Accennando a un saluto, avanzò verso il bancone e ordinò un bicchiere di whisky, che ingollò d’un fiato. Era un buon whisky, il migliore che avesse bevuto da mesi.
Presa la bottiglia, si diresse verso un tavolo che si trovava in fondo al locale. Dopo essersi seduto dando le spalle a...