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Disponibile fino al giorno 5 Dec |Scopri di più
Una sfida al destino (I Romanzi Passione)
- 304 pagine
- Italian
- ePUB (disponibile sull'app)
- Disponibile su iOS e Android
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Una sfida al destino (I Romanzi Passione)
Informazioni su questo libro
Dopo aver lavorato per lunghi anni al servizio del duca di Windemere, Gideon Hawthorne è pronto a lasciarlo per dedicarsi ai propri affari. Ma Windemere, spietato e crudele, ha deciso di affidargli un'ultima missione e lo ricompenserà con la donna dei suoi sogni, la sua bellissima nipote Messalina. Quando scopre di essergli promessa, la ragazza rimane sconvolta, ma Gideon le offre un accordo: se acconsentirà alle nozze, lui libererà lei e la sorella minore dallo zio, le corrisponderà una parte della sua dote e inizialmente non la sfiorerà neppure con un dito. Messalina accetta, e presto scoprirà che più tempo trascorre con Gideon, più sarà difficile resistergli...
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Informazioni
eBook ISBN
97888357153511
C’era una volta un gioviale calderaio sempre in giro a vendere la sua merce...
Bet e la Volpe
Settembre 1760
Periferia di Londra
Non c’è mai un buon momento per essere presi di mira da una banda di briganti. Ma è peggio se accade mentre ci si sta liberando la vescica.
Messalina Greycourt agghiacciò e udì le ultime gocce di urina cadere nel raffinato bourdaloue di porcellana che teneva tra le gambe. Bartlett, la sua cameriera personale, e il signor Hawthorne erano scesi per concederle un po’ di intimità non più di due minuti prima.
Fuori dalla vettura regnava un silenzio irreale dopo che qualcuno aveva gridato: “O la borsa o la vita!”.
Messalina stette in ascolto.
Un colpo d’arma da fuoco ruppe la quiete.
Messalina lasciò cadere le gonne.
Lo sportello della carrozza si spalancò e la domestica fu catapultata dentro. — Restate qui! — ordinò il signor Hawthorne, l’espressione selvaggia, gli occhi neri scintillanti.
La portiera si richiuse con veemenza sovrastando il rumore di urla, spari e nitriti di cavalli.
Bartlett, una donna dal temperamento pratico, guardò la sua signora con gli occhi sgranati.
La carrozza ondeggiò, come colpita da qualcosa di pesante.
— Quanti sono? — chiese Messalina.
— Non saprei, signorina — replicò l’altra, tremante. — Almeno una mezza dozzina, credo. — Posò lo sguardo sull’orinale di porcellana che la padrona teneva ancora in mano. — Oh, vi prego, date a me.
Rosa pallido, bordato d’oro e con un manico all’estremità, il bourdaloue assomigliava a una salsiera. In genere, Messalina glielo ridava fuori dalla carrozza, per essere svuotato, ma adesso...
Tutta colpa del signor Hawthorne. Se avesse acconsentito a fermarsi prima del calar della sera...
Lo sportello si spalancò di nuovo e apparve un uomo possente, lurido, con le labbra carnose arricciate in un ghigno.
Bartlett strillò.
Messalina le tolse il pitale dalle mani, lo scagliò contro l’assalitore e lo spintonò.
Il malfattore cadde all’indietro e la giovane chiuse la portiera.
La domestica era bianca come un lenzuolo. — Siete stata... lesta... signorina.
— Sì. Lo richiedeva la situazione.
Fuori dalla vettura qualcuno urlò, per poi tacere.
Trepidante, Messalina trattenne il fiato.
La portiera si aprì e Gideon Hawthorne montò in carrozza.
La giovane sospirò sollevata prima di abbandonarsi sul sedile.
— Grazie a Dio! — esclamò la domestica in un inconsueto afflato di fervore religioso.
Hawthorne si strinse nelle spalle. — O a me.
Messalina guardò la cameriera accasciarsi accanto a lei.
Poi vide il coltello insanguinato che l’uomo stringeva in mano.
— Siete illesa, vero? — I suoi occhi enigmatici incrociarono quelli della donna.
Aveva ucciso per lei... e per se stesso, naturalmente. — Sì.
L’altro iniziò a nettare il coltello con un fazzoletto che si macchiò subito di rosso. — Ho l’abitudine di pulire subito la lama — disse senza alzare lo sguardo. — Può perdere il filo altrimenti.
— Mi accerterò di fare lo stesso con i tanti coltelli che porto — replicò lei, caustica.
— Fatelo. E a proposito: togliere le macchie di sangue sulla stoffa è difficilissimo.
Stravolta, Messalina lo fissò.
Il signor Hawthorne non era particolarmente imponente. Nessuno a una prima occhiata pensava che sarebbe stato meglio evitarlo se si teneva alla propria pelle. L’opinione cambiava alla seconda, quando si notava il suo fisico muscoloso, il modo pericolosamente essenziale in cui si muoveva, e la sua improvvisa immobilità, come se si preparasse ad attaccare.
E poi c’era il viso.
Un volto con i tratti di un diavolo, accentuati dalle mefistofeliche sopracciglia a “V” e da una lunga cicatrice verticale sulla guancia sinistra. Era un uomo che ispirava timore.
E paura.
— Allora? — chiese Messalina schiarendosi la voce.
Gideon la fissò con i suoi occhi, neri come i capelli. — Allora cosa?
— I briganti se ne sono andati?
— Certo. — Hawthorne chiuse il coltello con uno scatto e lo fece sparire nel soprabito prima di battere un colpo sul tettuccio della carrozza.
Seduto di fronte a lei, la fissava incupito.
La loro seconda vettura, quella con i bagagli, era sorvegliata solo da due domestici. Anche se Bartlett avesse esagerato con il calcolo dei masnadieri, Hawthorne e i suoi erano stati numericamente inferiori rispetto agli assalitori.
— Temevate per me? — La voce rauca di Gideon interruppe il filo dei suoi pensieri.
— No.
— Avreste preferito una banda di briganti al sottoscritto? — chiese con una leggera inflessione da bassifondi londinesi.
— Sì!
— Per vostra fortuna, non avrete mai la possibilità di fare una scelta così stupida. Non fin quando sarete in mio possesso.
Possesso. Messalina ebbe un brivido. Perché aveva usato quella parola? Come se lei gli appartenesse... — Cosa vi fa pensare che possiate...? — Vedendolo prendere qualcosa, tacque.
Tra le mani olivastre, Gideon teneva il delicato orinale rosa.
— Credo — le disse esaminandolo con inopportuno interesse — che sia vostro.
Messalina lo fissò, sorpresa, mentre Bartlett glielo strappò dalle mani.
Hawthorne sogghignò, si appoggiò contro lo schienale del sedile e calò il cappello sugli occhi lasciando in vista solo le labbra incurvate.
Messalina si girò verso il finestrino.
Poco prima di una settimana addietro Hawthorne aveva intercettato la sua carrozza, nel Nord dell’Inghilterra, informandola che suo zio, Augustus Greycourt, duca di Windemere, desiderava vederla subito. Talmente in fretta che aveva mandato il suo tirapiedi per scortarla a Londra. Messalina era stata costretta ad abbandonare la vettura e Lucretia, la sorella minore con la quale stava viaggiando. Prima di essere portata via, aveva a malapena avuto il tempo di raccomandarle di recarsi da Julian, il primogenito.
Era da quasi una settimana che sopportava l’odioso Hawthorne.
Gli lanciò un’occhiata furtiva.
Ora che il pericolo era scampato, l’uomo sembrava dormire, gli stivali incrociati all’altezza delle caviglie, le mani sul petto. La lanterna della vettura gettava lampi di luce sul suo mento scolpito e sugli zigomi sorprendentemente alti. La bocca era incurvata anche nel sonno, come se stesse sorridendo per chissà quale osceno pensiero. Il labbro superiore aveva la forma di un perfetto arco di Cupido, ma quello inferiore, da depravato, non si adeguava alla casta classicità di quello superiore.
Si affrettò a distogliere lo sguardo. Hawthorne era un tirapiedi. Tutti sapevano che proveniva dai peggiori bassifondi londinesi. In giro si diceva che suo zio lo avesse trovato a guadagnarsi la vita gareggiando nei combattimenti all’arma bianca. Aveva diciassette anni, allora.
Guardò la cicatrice che gli attraversava la guancia sinistra, sottile come la scia di una lacrima. Avrebbe fatto bene a ricordare che quello era un uomo abituato sin da giovane alla violenza più selvaggia.
Scossa da un brivido di disgusto, distolse lo sguardo dal suo cane da guardia. Invece di distrarsi con lui, era meglio riflettere sui motivi che avevano indotto lo zio Augustus a convocarla. Il suo sgherro si era rifiutato di svelarle la ragione di quell’improvviso viaggio a Londra, accrescendo in lei l’ansia dell’attesa.
Se il duca avesse deciso di esiliarla nelle colonie americane, di farle dono di una nuova giumenta o di tagliarle l’appannaggio, Messalina avrebbe affrontato la notizia con la massima flemma.
Windemere si nutriva della paura altrui.
Meglio ricordare il gruzzolo di riserva che era riuscita a raggranellare negli ultimi anni. Quando avesse avuto abbastanza soldi, lei e Lucretia sarebbero sparite sul Continente o nel Nuovo Mondo.
In un posto dove lo zio non avrebbe più avuto alcun potere su di loro.
— Siamo a Londra, signorina — sussurrò Bartlett prima di indicare con un cenno del capo i lampioni che illuminavano la via. — Sarebbe bello dormire in un letto decente dopo un così lungo viaggio.
— Sì — rispose Messalina ad alta voce.
Hawthorne non reagì. O dormiva ancora o fingeva di farlo per spiarla più agevolmente.
Stanca e bisognosa di riposo, Messalina guardò di nuovo fuori mentre la carrozza proseguiva lentamente verso il West End.
Ci volle quasi un’ora prima di arrivare di fronte all’imponente facciata neoclassica di Windemere House, la residenza londinese della famiglia ducale.
Hawthorne scattò subito a sedere, allerta come quella stessa mattina, accidenti a lui.
Quando la guardò, per un istante Messalina ebbe l’impressione di vedere i suoi duri occhi ingentilirsi.
Parve sul punto di dirle qualcosa, quando la vettura si fermò e un valletto aiutò Messalina a scendere. La giovane diede una sistemata alle gonne, alzò lo sguardo e a stento trattenne un sobbalzo.
Augustus Greycourt, duca di Windemere, la stava attendendo in cima alle scale. Gioviale nell’aspetto, basso e piuttosto in carne, aveva un’aria gentile, se non si fosse a conoscenza del marciume che aveva dentro.
Hawthorne prese per un braccio Messalina che, confusa, gli guardò la mano con un’un...
Indice dei contenuti
- Copertina
- Frontespizio
- 1
- 2
- 3
- 4
- 5
- 6
- 7
- 8
- 9
- 10
- 11
- 12
- 13
- 14
- 15
- 16
- 17
- 18
- 19
- 20
- Epilogo
- Copyright