SAS Avenue (Segretissimo SAS)
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SAS Avenue (Segretissimo SAS)

  1. 192 pagine
  2. Italian
  3. ePUB (disponibile sull'app)
  4. Disponibile su iOS e Android
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SAS Avenue (Segretissimo SAS)

Informazioni su questo libro

Quando il volo della Libyan Airlines da Tripoli sbuca dalle nuvole sopra l'aeroporto di Atene, Malko Linge tira un sospiro di sollievo. La CIA ha esfiltrato dal paese nordafricano un agente in possesso di informazioni vitali nascondendolo dentro una bara che Malko deve prendere in consegna. Una volta raggiunto un posto sicuro, il "defunto" potrà resuscitare. Ma le cose non vanno secondo il piano, probabilmente scoperto all'ultimo momento dai servizi segreti del colonnello Gheddafi. Durante il trasporto della salma il convoglio viene assaltato da un commando e al termine dello scontro il morto per finta è morto per davvero. Qualcuno adesso dovrà ricostruire i dettagli di una misteriosa operazione di cui la vittima era venuta a conoscenza, finalizzata a colpire New York il 4 luglio, festa dell'Indipendenza americana. Restano tredici giorni per sventare la minaccia: una missione chiaramente impossibile. Perfetta per il Principe delle Spie.

Domande frequenti

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Informazioni

Editore
Mondadori
Anno
2022
eBook ISBN
9788835715269

1

Un piccolo punto argenteo sbucò dalle nuvole color grigio piombo che si sfilacciavano sopra il golfo Saronico e si avvicinò al suolo con maestosa lentezza. Un aereo in fase di atterraggio sull’aeroporto di Atene.
Malko diede un’occhiata al suo Seiko-Quartz. Dall’ora, doveva essere il volo della Libyan Airlines in arrivo da Tripoli.
Quello che stava aspettando.
Malgrado l’aria condizionata spinta al massimo, faceva un caldo feroce nel grande atrio dell’aeroporto di Atene, che le grandi vetrate trasformavano in una serra…
Malko sentiva la camicia leggerissima appiccicarglisi alla schiena per il sudore e, per calmare la sete, aveva dovuto far ricorso a pessime bevande gasate dai colori preoccupanti offerte al bar dell’aeroporto.
Orde di turisti carichi di macchine fotografiche e bruciati dal sole invadevano, a ondate, il terminal sotto l’occhio bonario dei poliziotti greci che, armati fino ai denti, sudavano come dannati sotto i giubbotti antiproiettile, pensando piuttosto a un bel bicchiere di ouzo gelato che a un eventuale atto eroico. Dopo una mezza dozzina di attacchi terroristici, l’aeroporto di Atene godeva di una pessima fama e il governo greco, notoriamente filoarabo, aveva dovuto rassegnarsi a rinforzare i servizi di sicurezza, almeno in teoria.
I rapporti del capo della stazione CIA di Atene continuavano a segnalare un vero e proprio brulichio di terroristi mediorientali in transito dalla capitale greca.
Malko osservava la folla intorno a sé, punteggiata da decine di facce brune e baffute. Chi, tra quegli innocui viaggiatori, si stava preparando a dirottare un aereo o a piazzare una bomba?
Un Airbus della Air France che stava caricando i passeggeri era circondato da un cordone di poliziotti militari. Eppure la compagnia francese era una delle meno minacciate dai terroristi.
Malko riportò l’attenzione sull’aereo che si preparava ad atterrare. Era un Boeing 727, ancora troppo lontano perché se ne potesse distinguere la nazionalità.
Fu necessario attendere qualche minuto, quando cioè l’apparecchio, dopo essersi posato su una pista parallela al mare, si avvicinò al terminal, per vedere finalmente le tre frecce rosse sul timone di direzione, simbolo della Libyan Airlines. Malko si voltò verso un uomo molto magro che gli stava accanto e che, malgrado il caldo, indossava un abito scuro. Aveva gli occhi stanchi e i lineamenti tirati, e non smetteva di asciugarsi la fronte.
— Credo che sia quello, dottore — disse Malko.
— Grazie al cielo! — mormorò tra i denti Mark Scargill.
Era arrivato due ore prima da Francoforte con un volo charter dell’aviazione militare americana.
Medico militare, era specializzato nelle diagnosi delicate e nelle operazioni segrete. La CIA ricorreva al suo aiuto in molte occasioni. Era lui che esaminava le rare fotografie degli ostaggi americani per dedurne il probabile stato di salute.
Il 727 della Libyan Airlines si era fermato di fronte al terminal. Il personale greco spinse una scaletta contro il fianco dell’apparecchio e il portello anteriore si aprì, lasciando apparire uno steward libico. Poco dopo i passeggeri cominciarono a uscire. In gran parte uomini. Salirono su un autobus e in cinque minuti il 727 si svuotò di tutti i suoi occupanti.
— Andiamo — disse Mark Scargill.
— Abbiamo ancora tempo — rispose Malko — i greci non si affrettano mai.
L’autobus dei passeggeri si allontanava verso l’area degli arrivi e i carrelli dei bagagli circondavano l’aereo, di cui erano state aperte le stive. Malko sentì il cuore accelerare i battiti. Quella missione era segretissima. Così “ermetica” che nemmeno la stazione CIA di Atene sapeva della sua presenza sul suolo greco. Era arrivato il giorno prima da Vienna e aveva avuto appena il tempo di organizzarsi, di noleggiare una vettura e di scendere all’Hôtel de Grand Bretagne, in piazza della Costituzione, come un qualsiasi turista fortunato. Non era riuscito a chiudere occhio per tutta la notte, non per la tensione nervosa ma perché aveva l’impressione che il letto si trovasse ai margini della pista delle 24 Ore di Le Mans… E, per di più, battendo i denti. L’impianto di condizionamento, nuovissimo, creava nell’albergo un freddo siberiano.
Malko guardava l’apparecchio libico e si chiedeva se l’IPA, cioè il servizio della Difesa territoriale greco, si fosse accorto del suo arrivo. I servizi speciali greci erano “inquinati” dalla sinistra e coltivavano parecchi rapporti sospetti con i terroristi.
Quanto al KYP, la CIA greca, quelli della Company avevano deciso di lasciarlo all’oscuro della missione, anche se questa aveva luogo in territorio greco. Riservandosi magari di porgere le loro scuse se qualcosa fosse andato storto.
Gli addetti stavano svuotando le stive del Boeing servendosi di un nastro trasportatore. Valigie, altre valigie, pacchi, casse. Un convoglio di carrelli si allontanò. Dalle viscere dell’aereo libico non usciva più nulla. Malko non staccava gli occhi dalla scena.
Accanto a lui anche il dottor Scargill tratteneva il respiro. In basso, sul piazzale, un greco si chinò e fermò il nastro trasportatore. Fine delle manovre di scarico.
Il dottor Scargill si lasciò sfuggire un’esclamazione soffocata.
— Maledizione! — gli fece eco Malko.
E si staccò sconcertato dalla grande vetrata. Nello stesso momento un addetto rimise in moto il nastro. Per parecchi secondi non uscì nulla dall’apertura quadrata della stiva. Poi, nella luce cruda, apparve qualcosa di nero che fu subito preso da due uomini. Malko vide il caposquadra, che aveva le mani libere, farsi un rapido segno della croce. Lentamente, quasi con gravità, una bara nera e massiccia cominciò a emergere dalla stiva.
Un doganiere greco, inebetito dal sole, mal rasato e brontolone, rivolse un’occhiata poco cordiale ai due stranieri che erano venuti a disturbarlo nella siesta. Malgrado la presenza di un piccolo ventilatore dal ronzio asmatico, in quella baracca un po’ discosta dal terminal dovevano esserci almeno cinquanta gradi. Bottiglie di birra vuote erano sparse sul pavimento, ai piedi del tavolo.
— Scusi — disse cortesemente Malko.
— Cosa vuole? — rispose in inglese il funzionario con tono scorbutico.
— Dove bisogna rivolgersi per ritirare qualcosa appena arrivato da Tripoli?
— Qui — rispose il doganiere, stanco in anticipo — ma dovrà tornare stasera. Anzi, meglio domattina. Non ho ancora il manifesto doganale… Di che cosa si tratta?
— Di una bara — rispose Malko.
— Una bara? Vuota?
— No — rispose Malko in tono mesto.
L’altro si scosse e cercò di scacciare i fumi della birra che gli offuscavano il cervello. Malko aveva posato con discrezione sul tavolo un biglietto da mille dracme.
— Un nostro amico è deceduto a Tripoli — spiegò. — La sua famiglia ha espresso il desiderio che la salma venga trasportata fuori dal paese per essere seppellita dov’era nato, in Austria.
— Ah, capisco! — disse il doganiere in tono comprensivo. — E la sua bara era sull’aereo. Ne è sicuro? Perché con i libici…
— L’abbiamo vista — replicò Malko. — Sarebbe una coincidenza davvero straordinaria se a bordo ci fossero state due bare.
— È vero — ammise il doganiere, facendo sparire in tasca il biglietto da mille dracme.
— E allora, che cosa si può fare? — insistette Malko.
Il greco gli lanciò un’occhiata leggermente inquieta.
— Ma la sua bara, come vuole portarla via?
— Non si preoccupi — rispose Malko. — Ad Atene abbiamo noleggiato un carro funebre. D’altra parte non dobbiamo andare lontano, solo fino all’aeroporto dell’Olympic, dove la bara sarà trasferita a bordo di un aereo privato che la porterà a destinazione.
Ad Atene ci sono due aeroporti. Uno per i voli internazionali e uno per l’Olympic Airways e per i voli privati. Distano due chilometri uno dall’altro.
Malko sfilò dalla sua borsa un pacco di documenti e li porse al doganiere. C’era anche una dichiarazione dell’ambasciata austriaca comprovante che lui era autorizzato dalla famiglia a ritirare la salma di Joachim Frost, cittadino austriaco, ingegnere in telecomunicazioni, nato a Linz nel 1926. Deceduto a Tripoli in seguito ad arresto cardiaco il 14 giugno 1986.
Tutto era vidimato dal ministero degli Esteri greco e dal ministero degli Interni. C’era anche un permesso di trasporto a nome dell’impresa Papadoukis, che autorizzava a trasferire la bara fino all’altro aeroporto, per la via più breve.
Il doganiere rimise i documenti sul tavolo e protese la mano verso il telefono, visibilmente imbarazzato.
Era la prima volta che sdoganava una bara e si chiedeva a quale categoria amministrativa potesse appartenere tale oggetto.
— Prego.
Il doganiere si scostò per far entrare Malko e il suo compagno nel capannone surriscaldato. Le formalità non avevano preso più di mezz’ora, grazie a qualche telefonata e a qualche migliaio di dracme. Era evidente che i greci si stupivano che si facesse viaggiare un morto in aereo. Quegli stranieri erano pazzi.
Nella penombra del deposito, Malko si avvicinò alla bara posata su alcune casse. Toccò il legno scuro del coperchio: era tiepido.
Parecchi sigilli di cera con l’emblema della Jamahiriya libica tenevano fermi dei nastri verdi, che impedivano un’eventuale apertura del coperchio.
— Benissimo — disse Malko — la portiamo via.
Il carro funebre, che era stato autorizzato a entrare nel campo, attendeva fuori dal capannone.
Malko si voltò e rivolse un cenno ai due becchini greci che si fecero avanti con passo solenne. Il doganiere gli diede una carta che Malko appoggiò sul coperchio di legno nero.
— Firmi qui, per favore.
Malko firmò.
A voce bassa, i becchini si rivolsero al doganiere che, dopo essersi infilato il foglio in tasca, prese per un angolo la bara, aiutandoli un po’. Il piccolo corteo uscì con lentezza nell’accecante luce del giorno.
Mark Scargill, in piedi accanto al carro funebre, una vecchia Cadillac nera degli anni Cinquanta ornata di fili d’argento, osservava i tre uomini che se la prendevano calma.
— Santo cielo, ma perché non si sbrigano? — disse Mark Scargill tra i denti, rivolto a Malko.
La bara sparì all’interno del carro, la cui portiera venne chiusa.
— Prenda il viale Vassilios Georgiu — disse Malko all’autista. — Noi la seguiamo.
Ci volevano dieci minuti per arrivare all’altro aeroporto. Il doganiere salutò un’ultima volta, e Malko salì sull’auto presa a nolo.
Il volante scottava. Ci volle un po’ prima che il motore della Cadillac si mettesse a rombare e a far uscire dal tubo di scappamento una fumata azzurra. Pareva che tutte le mosche della terra si fossero date appuntamento nella macchina di Malko. Il loro ronzio insistente lo innervosiva. Il pesante carro funebre si mise lentamente in moto e si avviò verso i cancelli dell’aeroporto.
Altre discussioni. I doganieri e i poliziotti di guardia esaminarono i documenti e fecero aprire il carro per accertarsi che dentro ci fosse davvero una bara.
Uno di loro, più zelante di tutti, ricorse persin...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Frontespizio
  3. SAS AVENUE
  4. PERSONAGGI PRINCIPALI
  5. 1
  6. 2
  7. 3
  8. 4
  9. 5
  10. 6
  11. 7
  12. 8
  13. 9
  14. 10
  15. 11
  16. 12
  17. 13
  18. 14
  19. 15
  20. 16
  21. 17
  22. 18
  23. 19
  24. 20
  25. Copyright