Sherlock Holmes. L'enigma di Foxwood Grange (Il Giallo Mondadori Sherlock)
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Sherlock Holmes. L'enigma di Foxwood Grange (Il Giallo Mondadori Sherlock)

  1. 208 pagine
  2. Italian
  3. ePUB (disponibile sull'app)
  4. Disponibile su iOS e Android
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Sherlock Holmes. L'enigma di Foxwood Grange (Il Giallo Mondadori Sherlock)

Informazioni su questo libro

Disquisire di teorie concernenti l'investigazione criminale è un modo come un altro per trascorrere una mattinata estiva dopo colazione, quanto meno al 221B di Baker Street. Ciò non toglie che Sherlock Holmes sia un uomo d'azione, poco incline alle conversazioni da salotto, e che nulla come una promettente indagine sul campo sappia suscitare il suo entusiasmo. Di qui lo slancio con cui accetta di occuparsi del caso di un giornalista scientifico, Farringdon Blake, convinto di essere costantemente seguito da uno sconosciuto. Per il grande segugio riuscire con uno stratagemma a pedinare il pedinatore è un gioco da ragazzi. Tutt'altro che semplice si rivela invece mettere insieme le tessere di un puzzle che va lentamente componendosi tra Londra e Foxwood Grange, l'antica villa in cui Blake risiede, nella boscosa contea dell'Oxfordshire. Chi ha piantato dei pioli nel tronco di un albero a formare una scala che porta a una scoperta sconvolgente? E quale segreto si cela nei versi sibillini di una strana poesia? Spetta a Holmes rispondere a queste e ad altre domande, per fare luce su un mistero che getta le radici in un lontano passato.

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Informazioni

1

La scienza della deduzione

Sherlock Holmes si alzò dal tavolo della colazione e, dalla rastrelliera sulla mensola del camino, scelse la pipa in legno di ciliegio dal bocchino lungo, com’era abituato a fare quando si trovava in uno stato d’animo più spensierato che riflessivo. Era una piacevole giornata estiva, e sebbene il mio amico fosse stato occupato per diverse settimane con una serie di casi interessanti, quella mattina non aveva nessun impegno particolare, perciò stavamo discutendo da un po’ sulle sue teorie concernenti l’investigazione criminale. Io mi ero azzardato a dire che, per quanto sostenesse di frequente che le sue ipotesi costituivano la base di una vera e propria scienza, il fatto che nessuno eccetto lui stesso sembrasse in grado di applicare quelle ipotesi alla pratica lasciava intendere che le si potesse meglio definire come un’operazione artistica.
— Non potrei essere più in disaccordo con lei — disse Holmes mentre si sedeva accanto al camino e avvicinava un fiammifero alla pipa. — Il fatto che finora nessun altro abbia applicato i miei metodi sta a indicare semplicemente che nessun altro è stato ancora istruito a farlo. In pratica, si tratta solo di una questione di insegnamento.
— Naturalmente so bene che lei ha scritto diverse monografie sull’argomento — osservai — ma fin qui non esiste ancora un manuale standard che gli studenti possano consultare.
— Su questo ha ragione, Watson. Ed è una mancanza alla quale cercherò di rimediare non appena ne avrò l’opportunità. La mia intenzione è che La scienza dell’indagine criminale diventi il magnum opus dei miei ultimi anni, magari preceduta da Un approccio scientifico all’osservazione e alla deduzione.
— Ecco, ora solleva un’altra questione che mi ha sempre incuriosito — replicai dopo un attimo. — Lei parla spesso di osservazione e deduzione come se fossero due attività separate, ma è chiaro che l’una implica l’altra. Come si potrebbe distinguerle, comunque?
Il mio compagno annuì. — In effetti, c’è una continuità nei processi mentali su cui si basano entrambe queste attività e, siccome la prima passa impercettibilmente nella seconda, a volte risulta difficile tracciare una linea di demarcazione netta fra le due. Ciò nonostante, ci sono casi che potrebbero essere inseriti senza alcuna esitazione in una categoria e non nell’altra. Facciamo un esempio elementare: una settimana fa, stavo lavorando di sera al mio bancone chimico quando lei ha aperto la porta ed è entrato nella stanza dopo essere stato fuori per un po’. Io ho sollevato lo sguardo e ho pensato: “Watson è tornato”. Be’, quella era chiaramente un’osservazione.
Scoppiai a ridere. — Se posso permettermi — osservai, subito dopo essermi ripreso — a me pare un esempio piuttosto ridicolo, Holmes, che non merita neppure di essere definito un’osservazione. Insomma, si tratta solo di un riconoscimento immediato. Nessuno potrebbe pensarla diversamente, non le sembra?
— Forse no — ribatté il mio amico in tono serio — eppure la questione non è così semplice come lei sembra credere. Per quanto ne sapevo allora, l’uomo entrato nella stanza poteva non essere lei, Watson, ma qualcuno che le assomigliava molto. In fondo, c’è chi sostiene che abbiamo tutti un sosia da qualche parte nel mondo, e il fatto che tale persona fosse entrata senza bussare potrebbe semplicemente essere attribuito al suo essere maleducata o magari sovrappensiero.
— Questo è decisamente improbabile!
— Forse, eppure è possibile. Lei non dovrebbe mai confondere le due cose. Tutte le nostre idee sono o possibili o impossibili, e se qualcosa viene considerato come probabile o improbabile, ciò non condiziona minimamente la nostra considerazione. Dire che qualcosa è improbabile implica, per sua stessa definizione, che sia possibile. Comunque, nell’istante in cui ho sollevato lo sguardo dalle mie provette, ho notato che il nuovo arrivato indossava gli stessi identici abiti che indossava lei un’ora prima, quando se n’era andato, e inoltre mi sono ricordato che, prima di uscire, aveva detto che si sarebbe assentato per circa un’ora. Tenendo conto di quei fatti, ho concluso immediatamente che il nuovo arrivato fosse proprio lei, e così sono tornato a occuparmi delle mie provette. Come vede, nelle osservazioni più elementari noi ci riferiamo a ricordi vari che possono aiutarci a raggiungere una conclusione. Ma i fatti su cui ci basiamo sono essi stessi elementari e direttamente collegati a ciò che stiamo osservando. Ci tornano alla mente in un istante e non richiedono alcun processo di pensiero cosciente che li connetta alla situazione del momento.
“Ora” proseguì lui “le farò un semplice esempio di deduzione. Se ricorda, due giorni fa sono stato io a tornare a casa e a trovarla seduto in poltrona con una teiera e una tazza accanto a sé. Mi spiaceva, le ho detto subito, che non avesse visto il suo amico Stamford al Criterion Bar, e le ho espresso la speranza che lui non fosse malato. Lei mi ha risposto che il suo amico godeva di ottima salute, almeno per quello che le risultava, ma qualcuno le aveva riferito che Stamford si era allontanato per qualche giorno da Londra per andare a trovare dei parenti. Poi mi ha chiesto come facessi a sapere che non vi eravate visti.”
— Sì, ricordo bene quella conversazione, ma eravamo stati interrotti dallo squillo del campanello. Si trattava dell’ispettore Lestrade, che era passato per riferirle alcune informazioni, e poco dopo voi due siete usciti insieme, così non abbiamo avuto modo di riprendere il discorso. E, se devo essere sincero, non ho ancora capito come facesse a sapere che non avevo visto Stamford.
Holmes annuì. — Adesso glielo spiego — disse. — È una questione davvero elementare, che tuttavia serve a illustrare la differenza tra la deduzione e la semplice osservazione dell’esempio precedente.
“Tanto per iniziare” proseguì, elencando i vari punti sulle dita con il bocchino della pipa “eravamo usciti di casa insieme, e proprio in quel momento lei mi aveva detto che sperava di incontrare Stamford al Criterion. Mi aveva anche detto che non avevate fissato un appuntamento, ma sapeva che di solito, il mercoledì a pranzo, lui beveva qualcosa lì con gli amici. Quando sono rientrato, ho toccato la teiera, pensando magari di versarmi anch’io una tazza di tè, ma mi sono accorto che era quasi fredda e che di tè ne era rimasto ben poco. Allora mi sono ricordato che, quando la signora Hudson fa il tè, ne prepara sempre per tre o quattro tazze, e a quel punto ho capito che lei doveva essere tornato da un po’. Un calcolo approssimativo di quanto ci voglia a preparare una teiera, quanto impieghi l’acqua a bollire e quanto lei ci metta a bere, diciamo, tre tazze, mi ha portato a pensare che dovesse essere rientrato a casa da almeno un’ora e un quarto. Stando così le cose, e sottraendo il tempo che le era occorso per arrivare al Criterion e ritornare qui, era chiaro che non dovesse essersi fermato là per più di cinque minuti.
“Inoltre, ciò implicava che non solo non fosse riuscito a incontrare Stamford, ma che non avesse atteso neppure quindici o venti minuti per vedere se sarebbe arrivato. Evidentemente, appena giunto sul posto, aveva saputo da qualcuno che quel giorno il suo amico non si sarebbe presentato. A quel punto, ho espresso la speranza che Stamford non fosse malato e lei mi ha risposto che, al contrario, era andato via per una breve vacanza.
“Il perché questo conti come una serie di deduzioni e l’altro esempio no sta nel fatto che, per arrivare alla mia conclusione, non mi sono riferito semplicemente ai ricordi precedenti di quel giorno, ma anche ad altre verità generali: la consueta velocità della signora Hudson nel preparare il tè; la frequenza con la quale lei, Watson, lo consuma; il tempo che uno sarebbe disposto a trascorrere in un bar aspettando un amico e così via. Solo radunando tutti questi fatti in maniera consapevole, anche se molto in fretta, ho potuto arrivare a una conclusione. La mia, perciò, era una deduzione.”
— Capisco — dissi, sebbene non potessi fare a meno di pensare che per lui, che conosceva bene le mie abitudini, la questione fosse abbastanza semplice.
— Naturalmente, si tratta di un esempio elementare — ripeté rispondendo più al mio pensiero che alle mie parole, come faceva sempre. — E non ne avrei fatto parola, se non fosse stato per la sua richiesta di definire la distinzione tra osservazione e deduzione.
Mentre parlava, udimmo lo squillo del campanello. Seguì una breve conversazione alla porta d’ingresso della casa e, un attimo dopo, la signora Hudson apparve sulla soglia della nostra stanza.
— Di sotto c’è un uomo con un messaggio per lei, signor Holmes — annunciò. — Ho detto che gliel’avrei portato su io, ma insiste per consegnarglielo di persona.
— Senz’altro — acconsentì Holmes. — Prego, signora Hudson, lo faccia accomodare.
L’uomo che entrò un istante dopo doveva avere una quarantina d’anni ed era di media corporatura e sbarbato, se si eccettuavano i baffi neri molto curati. Indossava un cappotto e un berretto entrambi neri. Per un momento, spostò lo sguardo dall’uno all’altro di noi.
— So che ha un messaggio per me — disse Holmes. — È da parte di uno dei suoi colleghi di Paddington?
— No, signore — rispose il nuovo arrivato mentre si sbottonava il cappotto. — Me lo ha dato uno sconosciuto, un uomo dall’aspetto molto distinto, comunque, con indosso un completo di tweed. Un tipo rispettabile, ma decisamente nervoso.
— Cosa le fa pensare che fosse nervoso? — gli domandò Holmes.
— Be’, signore, continuava a guardarsi al di sopra della spalla mentre mi parlava. Mi ha mostrato questa busta e mi ha chiesto se conoscevo qualcuno che venisse da queste parti per poterla consegnare al suo posto. Quando ho letto l’indirizzo, gli ho detto che sarei passato di qua e che avrei potuto consegnarla io stesso.
— Capisco. Probabilmente, lei stava smontando dal turno di notte, giusto?
— Esatto, signore.
— Al magazzino delle merci in fondo alla stazione di Paddington, dove lavora come controllore.
— Sì, signore.
— Anche se non ha trascorso lì tutta la sua carriera — proseguì Holmes. — Immagino che il suo impiego alla Great Western Railway sia iniziato a Bristol, sicuramente al deposito merci di laggiù, e che il suo trasferimento a Londra sia avvenuto quando ha accettato la proposta di promozione a controllore, o forse da controllore a capocontrollore.
— Quest’ultima ipotesi, signore. Sono qui da appena due anni.
— Credo che lei non faccia sempre il turno di notte, giusto?
— No, signore. Solo una settimana ogni tre.
— Mi fa piacere sentirglielo dire, soprattutto adesso che è iniziata la stagione della pesca, perché so che lei è molto interessato alla pesca con la lenza.
— Eccome, signore — rispose l’uomo ridacchiando. — Faccio parte del Circolo della pesca di Paddington e di quello di Brentford.
— Grazie — disse Holmes, prendendo la busta che l’uomo gli porgeva. Poi estrasse una moneta dalla tasca e la offrì al visitatore, ma quest’ultimo scosse il capo e rifiutò la mancia.
— L’altro signore mi ha già pagato adeguatamente per questa commissione — disse.
— È sempre un piacere conoscere una persona di grande integrità morale — osservò Holmes sorridendo. Poi gli porse la mano, che l’altro strinse con vigore. — Posso sapere con chi sto parlando? Lei sa già chi sono io.
— Sì, signor Holmes — rispose il visitatore. — Mi chiamo Coleford, John Coleford. Mi domandavo, signore — aggiunse dopo un attimo — se non le dispiacerebbe farmi un piccolo favore.
— Ma certo — disse Holmes. — Di cosa si tratta?
— Le sarei obbligato se potesse spiegarmi come fa a sapere tutte quelle cose su di me, visto che non ci conosciamo.
Holmes annuì. — Poco prima che lei arrivasse, signor Coleford, con il mio esimio amico e collega, il dottor Watson, stavamo discutendo sul tema dell’osservazione e della deduzione, cioè sulla lettura dei fatti concernenti una persona in base a certi dettagli del suo aspetto, e il suo arrivo mi ha fornito l’opportunità di una dimostrazione pratica. Spero non le sia dispiaciuto che l’abbia usata come un esemplare da laboratorio.
— Niente affatto, signore. Ne sono onorato.
— Benissimo — replicò Holmes, ridendo. — Allora glielo spiego subito. Quando è entrato in questa stanza, naturalmente io non sapevo niente di lei. Il suo cappotto, in ogni modo, sembrava quello tipico dei dipendenti delle ferrovie; una congettura rafforzata dal berretto, che pareva provenire anch’esso dalla stessa fonte, nonché dal monogramma “GWR” presente sui bottoni del suo cappotto. Pertanto, lei doveva lavorare per la Great Western Railway, probabilmente a Paddington. Sono certo che avrà notato anche lei questi indizi, giusto, Watson?
— Mi era venuto in mente che il cappotto del signor Coleford potesse essere quello delle ferrovie — risposi. — Ma il monogramma sui bottoni mi era sfuggito.
— Finora siamo nell’ambito della semplice osservazione. Ma poi mi sono chiesto come mai il nostro visitatore indossasse un cappotto così pesante in una mattina tanto tiepida. La risposta più ovvia era che avesse lavorato durante la notte perché, sebbene al momento le giornate siano abbastanza belle, di notte fa ancora freddo.
— Eccome, signore — intervenne Coleford — soprattutto quando si lavora in un capannone con un lato completamente aperto.
— Ma, se il signor Coleford aveva svolto il turno di notte a Paddington, allora quasi certamente doveva lavorare al deposito merci, piuttosto che alla stazione dei passeggeri. In genere, lì non ci sono treni passeggeri di notte, mentre credo che i treni merci continuino a viaggiare nell’arco delle ventiquattr’ore.
— È così, signore — disse Coleford. — Anzi, spesso ce ne sono anche più di notte che di giorno.
— Dunque, il fatto che il signor Coleford indossi una divisa così formale induce a ritenere che non sia impegnato solo in un lavoro d’ufficio. D’altra parte, il suo portamento, da cui traspare una certa autorità ed esperienza, non ci lascia certo credere che si tratti di un semplice facchino. Poi, quando si è sbottonato il cappotto per prendere la busta, ho avu...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Frontespizio
  3. SHERLOCK HOLMES L’ENIGMA DI FOXWOOD GRANGE
  4. PERSONAGGI PRINCIPALI
  5. 1. La scienza della deduzione
  6. 2. Farringdon Blake
  7. 3. L’uomo nella strada
  8. 4. Foxwood
  9. 5. Il Grange
  10. 6. Il boschetto dei frassini
  11. 7. Una serata mite
  12. 8. Visite di cortesia
  13. 9. Una visita a Lower Cropley
  14. 10. L’udienza
  15. 11. Il signor Needham di Abbeyfield House
  16. 12. Incontro nel bosco
  17. 13. Sherlock Holmes disserta
  18. 14. L’errore nel cuore
  19. 15. Soluzione
  20. IL DOPPIO MISTERO DI FOXWOOD GRANGE. di Luigi Pachì
  21. Copyright