
eBook - ePub
Il principe
Testo originale e versione in italiano contemporaneo di Piero Melograni
- 288 pagine
- Italian
- ePUB (disponibile sull'app)
- Disponibile su iOS e Android
eBook - ePub
Il principe
Testo originale e versione in italiano contemporaneo di Piero Melograni
Informazioni su questo libro
Profondo, perfino inquietante, estremamente "vero": Il Principe di Machiavelli è un capolavoro del pensiero e della letteratura, un testo classico da leggere, rileggere, gustare nella sua prosa rapinosa e avvincente. Ma non sempre così comprensibile, come notava già Goffredo Parise nell'auspicare una "traduzione" del testo in italiano moderno. Questa edizione, che affianca alle parole del fiorentino la loro trasposizione in lingua corrente, ne rende fruibili gli altissimi contenuti, mostrando tutta l'attualità di un'arte del governare che è equilibrio tra gli antitetici condizionamenti della vita reale.
Domande frequenti
Sì, puoi annullare l'abbonamento in qualsiasi momento dalla sezione Abbonamento nelle impostazioni del tuo account sul sito web di Perlego. L'abbonamento rimarrà attivo fino alla fine del periodo di fatturazione in corso. Scopri come annullare l'abbonamento.
Al momento è possibile scaricare tramite l'app tutti i nostri libri ePub mobile-friendly. Anche la maggior parte dei nostri PDF è scaricabile e stiamo lavorando per rendere disponibile quanto prima il download di tutti gli altri file. Per maggiori informazioni, clicca qui.
Perlego offre due piani: Base e Completo
- Base è ideale per studenti e professionisti che amano esplorare un’ampia varietà di argomenti. Accedi alla Biblioteca Base con oltre 800.000 titoli affidabili e best-seller in business, crescita personale e discipline umanistiche. Include tempo di lettura illimitato e voce Read Aloud standard.
- Completo: Perfetto per studenti avanzati e ricercatori che necessitano di accesso completo e senza restrizioni. Sblocca oltre 1,4 milioni di libri in centinaia di argomenti, inclusi titoli accademici e specializzati. Il piano Completo include anche funzionalità avanzate come Premium Read Aloud e Research Assistant.
Perlego è un servizio di abbonamento a testi accademici, che ti permette di accedere a un'intera libreria online a un prezzo inferiore rispetto a quello che pagheresti per acquistare un singolo libro al mese. Con oltre 1 milione di testi suddivisi in più di 1.000 categorie, troverai sicuramente ciò che fa per te! Per maggiori informazioni, clicca qui.
Cerca l'icona Sintesi vocale nel prossimo libro che leggerai per verificare se è possibile riprodurre l'audio. Questo strumento permette di leggere il testo a voce alta, evidenziandolo man mano che la lettura procede. Puoi aumentare o diminuire la velocità della sintesi vocale, oppure sospendere la riproduzione. Per maggiori informazioni, clicca qui.
Sì! Puoi usare l’app Perlego sia su dispositivi iOS che Android per leggere in qualsiasi momento, in qualsiasi luogo — anche offline. Perfetta per i tragitti o quando sei in movimento.
Nota che non possiamo supportare dispositivi con iOS 13 o Android 7 o versioni precedenti. Scopri di più sull’utilizzo dell’app.
Nota che non possiamo supportare dispositivi con iOS 13 o Android 7 o versioni precedenti. Scopri di più sull’utilizzo dell’app.
Sì, puoi accedere a Il principe di Piero Melograni,Niccolò Machiavelli in formato PDF e/o ePub, così come ad altri libri molto apprezzati nelle sezioni relative a Letteratura e Classici. Scopri oltre 1 milione di libri disponibili nel nostro catalogo.
Informazioni
NICCOLÒ MACHIAVELLI
AL MAGNIFICO LORENZO II DE’ MEDICI1
Coloro che desiderano ottenere la benevolenza di un principe sono soliti, il più delle volte, recarsi da lui con le loro cose più care, o portandogli le cose che sanno essere a lui più gradite. Così vediamo spesso che ai principi sono donati cavalli, armi, drappi d’oro, pietre preziose e simili ornamenti degni della loro grandezza. Desiderando dunque presentarmi alla Vostra Magnificenza con qualche testimonianza della mia devozione, non ho trovato, tra quanto possiedo, altra cosa che io ami e stimi di più quanto la conoscenza delle imprese dei grandi uomini, da me raggiunta grazie a una lunga esperienza delle cose moderne e a una continua lettura delle antiche. Avendole con grande diligenza lungamente meditate ed esaminate, le ho ora riassunte in un piccolo volume, che invio alla Magnificenza Vostra.
E benché io giudichi quest’opera indegna di esserle presentata in dono, tuttavia confido assai che, grazie alla sua cortesia, sarà bene accolta, considerato che da me non può essere fatto maggior dono che dar la possibilità di intendere in brevissimo tempo quello che io, in tanti anni e con tanti disagi e pericoli, ho conosciuto e compreso. Non ho ornato né riempito l’opera di frasi retoriche, di parole ricercate e brillanti, o di altri artifici e ornamenti apparenti, come invece fanno molti, perché ho voluto che niente la abbellisse, e che solamente la diversità della materia e l’importanza dell’argomento la rendesse gradita. Né voglio sia considerata presunzione il fatto che un uomo di bassa e infima condizione ardisca esaminare e dettar regole per i governi dei principi. Chi disegna i paesaggi va in pianura per osservare la natura dei monti e va sui monti per osservare quella delle pianure; allo stesso modo per ben conoscere la natura dei popoli bisogna essere principe, e per ben conoscere quella dei principi bisogna appartenere al popolo.
Accolga dunque la Vostra Magnificenza questo piccolo dono con lo stesso animo con il quale io lo invio. Leggendolo con attenzione vi scoprirà il mio grandissimo desiderio che Lei raggiunga quella grandezza che la fortuna e le altre sue qualità promettono. E se la Vostra Magnificenza, dalla sua somma altezza, qualche volta volgerà gli occhi in questi luoghi bassi, saprà quanto io indegnamente sopporti una grande e continua malvagità della sorte.
1. Il Magnifico Lorenzo de’ Medici, a cui Machiavelli dedicò Il Principe, non era Lorenzo il Magnifico (vissuto tra il 1449 e il 1492), ma un suo omonimo e meno magnifico nipote, che visse tra il 1492 e il 1519.
1
I DIVERSI TIPI DI PRINCIPATI E I MODI PER CONQUISTARLI
Tutti gli Stati, tutti i governi che hanno avuto e hanno potere assoluto sugli uomini, sono stati e sono repubbliche o principati. I principati sono ereditari, se la dinastia del principe è stata da lungo tempo al potere, oppure nuovi. I nuovi o sono completamente nuovi, come fu Milano per Francesco Sforza,1 oppure sono parti aggiunte allo Stato ereditario del principe, come è il caso del regno di Napoli conquistato dal re di Spagna.2 E i domini così conquistati sono abituati o a vivere sotto un principe, o ad essere liberi; e sono conquistati o con le armi altrui o con le proprie, o per fortuna o per capacità politica.
1. Francesco Sforza (1401-1466), capitano di ventura, sposò Bianca Maria Visconti, figlia del duca di Milano, Filippo Maria Visconti. Alla morte del duca (1447), Milano diventò repubblica. Ma lo Sforza, con l’aiuto dei Veneziani, pose termine alla repubblica divenendo il nuovo signore di Milano (1450).
2. Ferdinando il Cattolico (1452-1516), re di Spagna, si impadronì nel 1503 del regno di Napoli e fece di esso un vicereame (durato fino al 1707).
2
I PRINCIPATI EREDITARI
1 Non mi occuperò delle repubbliche, perché me ne sono già occupato a lungo in un altro libro.1 Mi interesserò solo dei principati, tenendo conto dei vari tipi sopra indicati, ed esaminerò in qual modo questi principati possano essere governati e conservati.
Dico dunque che gli Stati ereditari, abituati alla dinastia del principe, sono più facilmente conservabili dei nuovi, poiché basta non discostarsi dai metodi di governo degli antenati e poi temporeggiare con gli imprevisti. Di modo che, se un principe ereditario è di normali capacità, si manterrà sempre al potere, a meno che non ne venga scacciato da qualche forza straordinaria e irresistibile e, se verrà scacciato, riconquisterà il trono non appena un rovescio di fortuna colpirà l’usurpatore.
2 In Italia, per esempio, abbiamo il caso dei duchi di Ferrara,2 i quali non hanno retto agli assalti dei Veneziani nel 1484, né a quelli di papa Giulio II nel 1510, per ragioni diverse dal fatto di aver ereditato un potere antico.3 Un principe che detenga il potere per averlo ereditato ha minori ragioni e minor necessità di offendere, donde consegue che sia più amato. Se non si fa odiare per vizi straordinari, è ragionevole che sia spontaneamente benvoluto dal popolo.
Grazie all’antichità e alla continuità del potere si estingue il ricordo dei cambiamenti, e si estinguono anche le cause di nuovi cambiamenti, dato che sono sempre le innovazioni a fornire l’appiglio per ulteriori innovazioni.
1. Machiavelli se ne era già occupato nel libro primo dei Discorsi sopra la Prima Deca di Tito Livio.
2. Ci si riferisce sia a Ercole I d’Este, che combatté i Veneziani nella «guerra del sale» (1482-1484), sia al figlio di lui, Alfonso I d’Este, che combatté contro la Lega Santa promossa da papa Giulio II (1510-1512).
3. Gli Este erano signori di Ferrara dal 1267.
3
I PRINCIPATI MISTI
1 Le difficoltà stanno nel principato nuovo. E le troviamo prima ancora nel principato non del tutto nuovo, ma solo parzialmente tale, così che nell’insieme potremmo quasi chiamarlo misto. L’instabilità che si determina nel principato misto dipende in primo luogo da una difficoltà naturale presente in tutti i principati nuovi, ed è che gli uomini mutano volentieri signore, credendo di migliorare. Questa convinzione li induce ad armarsi contro il signore del momento, nella qual cosa si ingannano, perché poi, per esperienza, si accorgono di star peggio. E questo deriva da un’altra necessità naturale, la quale costringe il nuovo principe a ledere gli interessi dei suoi nuovi sudditi sia con l’occupazione militare, sia con infiniti altri torti resi inevitabili dal fatto di aver conquistato un nuovo dominio. Il principe, insomma, si rende nemici tutti coloro che ha offesi con l’occupare il principato, e non si rende amici coloro che lo hanno aiutato a occuparlo, non potendoli soddisfare nei modi da essi sperati, e neppure potendoli trattare con la maniera forte, per gli obblighi assunti verso di loro. Un principe, infatti, anche se possiede eserciti potentissimi, ha sempre bisogno del favore dei provinciali per entrare in una provincia. Per queste ragioni Luigi XII di Francia1 occupò subito Milano, e subito la perdé; e la prima volta, a fargliela perdere, bastarono le sole forze di Ludovico il Moro. Quelle popolazioni che avevano aperto le porte a Luigi XII, trovandosi ingannate nella loro previsione e in quel bene futuro che si erano atteso, non riuscivano a sopportare le molestie causate dal nuovo principe.
2 È pur vero che i paesi ribelli, riconquistati per la seconda volta, vengono poi persi con maggiori difficoltà; infatti il signore, traendo profitto dall’avvenuta ribellione, ha meno riguardi nel tutelarsi, punendo chi gli è stato infedele, smascherando i sospetti, fortificandosi nei punti più deboli. Così si spiega che, se per far perdere Milano alla Francia bastò la prima volta un duca Ludovico che rumoreggiasse ai confini, per fargliela perdere una seconda volta bisognò che l’intero mondo si armasse per distruggere e cacciare dall’Italia le sue armate; il che dipese dalle ragioni sopra descritte. Milano, comunque, fu persa una prima e una seconda volta.
Le cause generali della prima perdita sono state esposte. Resta ora da dire della seconda e vedere quali rimedi aveva a disposizione il principe, e quali poteva averne uno che si fosse trovato nell’identica situazione, per mantener la conquista meglio di quanto non riuscì alla Francia.
3 Diciamo che uno Stato può annettersi Stati appartenenti alla sua stessa nazionalità e lingua, oppur no. Nel primo caso è molto facile conservarli, soprattutto quando non siano abituati a vivere liberi. Per possederli con sicurezza basta aver estinto la dinastia del principe che li dominava, poiché per il resto, mantenendosi loro le condizioni vecchie e non essendoci diversità di costumi, gli abitanti vivono quietamente. Così è accaduto in Borgogna, Bretagna, Guascogna e Normandia, da tanto tempo unite alla Francia; e benché ci sia qualche diversità linguistica, nondimeno i costumi sono simili, e si possono facilmente conciliare fra loro. Chi insomma conquista questo tipo di Stati, volendoli conservare, deve usare due precauzioni: primo, far sì che scompaia la famiglia del principe precedente; secondo, non modificare né le leggi né le imposte; in tal modo, e in brevissimo tempo, egli finisce per identificarsi con il principato precedente.
4 Le difficoltà si presentano quando invece si conquistano regioni diverse per lingua, costumi e istituzioni. Bisogna avere grande fortuna e darsi un gran da fare per conservarle; e una delle soluzioni migliori e più efficaci sarebbe che chi le conquista vi andasse a risiedere. Questo renderebbe più sicuro e duraturo il possesso. Così hanno fatto i Turchi nella penisola balcanica: tutti i provvedimenti da essi adottati per conservare l’impero bizantino sarebbero risultati vani, se non vi fossero andati a risiedere. Se risiedi in un luogo, vedi nascere i disordini, e puoi porvi sollecitamente rimedio; se non vi risiedi, ne sei informato troppo tardi, e non c’è più niente da fare. Inoltre quella regione non potrà essere derubata dai tuoi funzionari; i sudditi saranno contenti di poter facilmente ricorrere a un principe che vive vicino a loro; avranno maggiori motivi per amarlo se si comporteranno bene, e per temerlo se si comporteranno altrimenti. Lo straniero che volesse assalire quella regione, ne avrebbe timore. Se il principe risiede in essa, è assai difficile che la perda.
5 L’altra buona soluzione è quella di stabilire colonie in uno o due luoghi, le quali dovrebbero quasi aver la funzione di incatenare quello Stato; perché è necessario o far questo, o tenervi molti reparti di fanti e cavalieri. Nelle colonie non si spende molto; il principe può istituirle e mantenerle con poca e magari nessuna spesa, danneggiando soltanto coloro ai quali toglie i campi e le case, per darle ai nuovi abitanti. Ma i danneggiati costituiscono una piccola parte della popolazione, e non gli possono mai nuocere, perché rimangono dispersi e poveri. Tutti gli altri da una parte non subiscono il dànno, e per questo dovrebbero star calmi, dall’altra hanno paura di commettere errori, per timore che non capiti anche a loro quel che è già capitato a quanti sono stati privati delle case e dei campi. Le colonie, in conclusione, non costano, sono più fedeli e non fanno gran danno. E comunque i danneggiati, come già ho detto, non possono nuocere, essendo poveri e dispersi. Pertanto va detto che gli uomini debbono essere blanditi con indulgenza oppure annientati, poiché essi si vendicano delle piccole offese, ma non possono vendicarsi delle gravi; l’offesa fatta all’uomo deve insomma porlo in condizione di non potersi più vendicare. Il principe che ricorra alle truppe, anziché alle colonie, spende assai di più, e finisce per consumare in spese militari tutte le entrate della regione; la conquista, in tal modo, si trasforma in una perdita e produce molti più danni, nuocendo all’intera regione, con gli spostamenti dell’esercito da una località all’altra. Ognuno ne avverte il disagio e ognuno si trasforma in nemico. E si tratta di nemici che possono nuocere perché, anche se battuti, restano a casa loro. Sotto ogni punto di vista, insomma, questo presidio militare è inutile, mentre quello delle colonie è utile.
6 Il principe che conquista una regione diversa dagli altri suoi territori deve, come è noto, farsi capo e difensore dei vicini meno potenti, ingegnarsi di indebolire i potenti di quella sua nuova regione, ed evitare in tutti i modi che in essa penetri uno straniero potente quanto lui. Accadrà sempre che lo straniero verrà chiamato da coloro che in quella regione saranno malcontenti, o per troppa ambizione o per paura, come accadde ai Romani, che furono chiamati dagli Etoli in Grecia e che, in tutte le altre regioni in cui entrarono, furono chiamati dalla gente del luogo. È nell’ordine delle cose che, non appena un potente straniero entri in un territorio, tutti quelli che in esso sono meno potenti si uniscano a lui, mossi dal risentimento che provano contro chi è stato potente sopra di loro; e difatti lo straniero li conquista senza fatica, perché subito tutti insieme fanno volentieri causa comune con lui. Lo straniero deve soltanto preoccuparsi che essi non acquistino troppe forze e troppa autorità; e riuscirà facilmente, con le sue forze e con il loro aiuto, ad abbattere i potenti, per rimanere arbitro assoluto in quella regione. Chi non rispetterà bene queste norme, perderà quello che avrà conquistato e, fintanto che lo conserverà, andrà incontro a infinite difficoltà e fastidi.
7 I Romani, nelle regioni conquistate, osservarono bene queste norme; istituirono colonie; tennero a bada i meno potenti, senza accrescerne il potere; abbatterono i potenti e impedirono agli stranieri di conquistare una buona riputazione. E voglio che mi basti il solo esempio della penisola balcanica. I Romani vi tennero a bada gli Achei e gli Etoli; indebolirono il regno dei Macedoni; cacciarono Antioco; non permisero mai agli Achei e agli Etoli di diventar più forti grazie ai loro meriti; gli argomenti di Filippo non li indussero a diventare amici di questo re senza indebolirlo; né la potenza di Antioco fece sì che essi consentissero a quest’altro re di mantenere nella penisola balcanica alcuna influenza. I Romani fecero in questi casi quello che tutti i principi saggi debbono fare: considerare non soltanto gli ostacoli presenti, ma anche i futuri, per contrastarli con ogni mezzo. E infatti, prevedendo anticipatamente gli ostacoli, puoi facilmente trovar rimedio ad essi, mentre se aspetti che ti raggiungano, la medicina arriva troppo tardi, perché il male è ormai incurabile.
8 Avviene quel che i medici dicono a proposito della tisi, che all’inizio è facile da curare ma difficile da diagnosticare, e che col passar del tempo, non essendo stata all’inizio né diagnosticata né curata, diventa facile da diagnosticare e difficile da curare. Lo stesso accade negli affari di Stato. Se, come solo ai saggi è concesso, conosci con anticipo i mali di uno Stato, li guarisci presto; ma quando, per non averli conosciuti, li hai fatti crescere fino al punto che ognuno li conosca, non c’è più rimedio.
I Romani superarono sempre le difficoltà poiché le videro di lontano; e non permisero ad esse di crescere per la sola speranza di evitare una guerra, sapendo che una guerra non si elimina, ma si rimanda a vantaggio di altri. Vollero combattere Filippo ed Antioco2 nella penisola balcanica, piuttosto che doverli combattere in Italia; e avrebbero potuto scansare l’una e l’altra guerra, ma non lo fecero. Non applicarono mai il precetto che i saggi dei nostri tempi hanno continuamente in bocca: di attendere i vantaggi che il tempo porta con sé. Preferirono affidarsi alla loro abilità e alla loro prudenza, perché il tempo trascina innanzi ogni cosa e può condurre con sé il bene come il male.
9 Ma torniamo alla Francia e vediamo se ha messo in pratica qualcuno dei precetti accennati. Non mi occuperò di Carlo VIII, ma di Luigi XII, vale a dire di colui che, per aver tenuto più a ...
Indice dei contenuti
- Copertina
- Frontespizio
- Premessa e dedica
- Introduzione
- Nota
- Cronologia della vita e delle opere
- Bibliografia
- IL PRINCIPE
- NICCOLÒ MACHIAVELLI
- NICOLAUS MACLAVELLUS
- Sommario del «Principe»
- Indice dei nomi delle persone, dei popoli e delle località
- Nota biobibliografica
- Copyright