Gli ultimi americani
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Gli ultimi americani

  1. 228 pagine
  2. Italian
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  4. Disponibile su iOS e Android
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Gli ultimi americani

Informazioni su questo libro

Quando lo scrittore è malinconico racconta storie di uccelli: «Ogni primavera, gli uccelli migratori percorrono immense distanze volando verso Nord. E ogni autunno, tornando al Sud, volano lungo lo stesso percorso. È così da milioni di anni. Per gli uccelli la migrazione è una condizione di vita». Alma lo ascolta nuda, sdraiata sul letto dello studio dove si incontrano quasi ogni giorno. La storia che lo scrittore ama di più è quella dei cuvivíes, che alla fine dell'estate volano per migliaia di chilometri dall'Alaska alle pampas argentine. Ma è una storia maledetta: quando gli uccelli arrivano sulla laguna andina di Ozogoche si gettano in picchiata nelle acque gelide dei laghi e muoiono all'istante. Gli scienziati non sono ancora riusciti a capire il perché, ma lo scrittore ha una sua spiegazione: «È un suicidio di massa, Alma, i cuvivíes non torneranno mai nelle pampas. La promessa del ritorno galleggia insieme alle loro carcasse sulle acque della laguna». Alma non immagina che la storia di quegli uccelli finirà per assomigliare così tanto a quella dello scrittore.

Gli ultimi americani è dedicato "a tutti coloro che migrano" ed è il racconto di tre rotte migratorie che convergono negli Stati Uniti ma che arrivano da molto lontano. Lo scrittore e Lola sono cresciuti insieme in un' hacienda colombiana, lui come figlio del padrone e lei di una governante. Ancora adolescenti, si sono innamorati, ma un evento doloroso ha finito per dividerli. Si ritrovano molto tempo dopo a New York, dove lui arriva come rifugiato politico e lei come immigrata illegale. La storia di Alma, invece, comincia in un quartiere povero alla periferia di Roma. Dopo molti anni negli Stati Uniti e la fine di un matrimonio, una sera partecipa a una competizione di storytelling. È qui che conosce lo scrittore, ormai famoso, e Lola. Quel primo incontro darà vita a un intreccio d'amore e amicizia che in modi inaspettati finirà per coinvolgere tutti e tre.

Dopo Gotico americano, Arianna Farinelli torna con un romanzo magnifico, che va dritto al cuore dell'America di oggi e alle sue contraddizioni, e lo fa con una scrittura calda e libera, da cui trapela autentica gioia narrativa.

Domande frequenti

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Informazioni

Editore
Mondadori
Anno
2022
Print ISBN
9788804751199
V

L’ALTRA AMERICA

Scrittore: Per molto tempo ho creduto che fossero solo incubi notturni, sempre gli stessi. Mi alzavo di notte e camminando rasente al muro giungevo alla porta della tua stanza. Lì fuori, nascosto in un angolo, aspettavo in silenzio l’ombra che arrivava. Seduto per terra, senza quasi respirare, la vedevo allungarsi piano sul pavimento. Cercava in tasca la chiave, apriva la porta e la richiudeva. Ed era già sopra di te.
Poi non sentivo più nulla.
Solo il letto: crick, crick, crick
e il suo fiato su di te: uh, oh, uh
e il tuo grido trattenuto: basta, basta, basta!
Lola: Per molto tempo ho sperato che fossero solo incubi notturni, sempre gli stessi. Ti alzavi di notte e camminando rasente al muro giungevi alla porta della mia stanza. Lì fuori, nascosto in un angolo, aspettavi in silenzio l’ombra che arrivava. Con la testa sotto il cuscino, senza quasi respirare, la sentivo allungarsi piano sul pavimento. Cercava in tasca la chiave, apriva la porta e la richiudeva. Ed era già sopra di me.
Poi non sentivo più nulla.
Solo il letto: crick, crick, crick
e il suo fiato su di me: uh, oh, uh
e il tuo grido trattenuto: basta, basta, basta!
Scrittore: Una volta l’ho aspettato fuori dalla porta con la pistola in mano, volevo sparargli.
Lola: Una volta l’ho aspettato sotto le coperte con un coltello in pugno, volevo sgozzarlo.
Scrittore: Gli avrei sparato appena fosse uscito dalla stanza mentre si affrettava a tirare su i pantaloni.
Lola: Lo avrei accoltellato appena fosse entrato nella stanza mentre si chinava per abbassarsi i pantaloni.
Scrittore: L’ho desiderato e non l’ho mai fatto.
Lola: L’hai desiderato e non l’hai mai fatto.
E come avresti potuto? Eri suo figlio. Io invece un giorno sono cresciuta e tuo padre l’ho ammazzato davvero.
*

[Una sera a cena, un anno prima che lo scrittore morisse.]

Alma: E così tu vivevi con un’altra donna quando Lola è arrivata a New York?
Scrittore: Sì, da qualche mese, era la fine dell’estate del 2001… Cameriere, scusi, posso avere un altro bicchiere di rosso? Lo stesso, per favore. Era un Carménère.
Lola: Elizabeth, una stronzetta wasp piena di soldi.
Alma: E cosa hai fatto quando ti sei visto comparire Lola davanti?
Scrittore: Credetti di aver visto un fantasma, mia madre non mi aveva detto che sarebbe venuta… Devo pisciare prima. Lola, non raccontarle nulla finché non torno. [Tornò dopo pochi minuti e con le mani alla cintura si aggiustò il cavallo dei pantaloni, poi si sedette.] La prima volta che la vidi fu all’uscita del cinema. Eravamo andati a vedere In the mood for love di Wong Kar-wai – per me era già la seconda volta ma Elizabeth non l’aveva visto e il film dopo un anno era ancora in cartellone a Cinema Village. Era morto da pochi giorni mio padre e avrei fatto qualunque cosa per non pensare a lui.
C’era una storia in quel film che mi aveva colpito molto. La racconta il protagonista in una delle scene finali: se hai un segreto nascosto in fondo al cuore, qualcosa che non puoi rivelare a nessuno, sussurralo nella cavità di un albero e poi ricoprilo con un po’ di fango, il segreto rimarrà al sicuro per sempre. Ed è questo che avrei voluto fare in quel momento, trovare la cavità di un albero o la fenditura di un muro e lasciarci dentro i miei segreti.
Era quasi sera e pioveva a dirotto. Camminavamo lungo University Place. Con l’ombrello tentavo di riparare Elizabeth dall’acqua mentre con la mano cercavo di fermare un taxi libero. Era inutile, i taxi venivano giù a gran velocità, sollevando onde d’acqua che ci inzuppavano i piedi. Quando il semaforo diventò rosso, guardai dall’altra parte della strada, mi ricordavo di un piccolo caffè dove avremmo potuto ripararci aspettando che spiovesse. Fu allora che la vidi sotto la luce del lampione. Lola mi fissava dal marciapiede opposto: gli occhi incavati, i capelli appiccicati al viso, il vestito fradicio che le aderiva al corpo come una pelle raggrinzita. Rimasi impietrito. Non poteva essere lei, tanto mi mancava che la stavo immaginando.
Alma: Da quanto tempo non vi vedevate?
Lola: Quasi dieci anni.
Scrittore: E lei non era cambiata, a ventidue anni era diventata se possibile ancora più bella. In quel momento devo aver allentato la presa sul manico dell’ombrello perché una folata di vento me lo strappò di mano e lo trascinò in mezzo alla strada. “I am getting soaked!” urlò Elizabeth. Tentai di recuperare l’ombrello ma il semaforo cambiò colore e il traffico disordinato della sera invase nuovamente la carreggiata. Tornai indietro e quando guardai di nuovo l’angolo della strada dove mi era sembrato di vedere Lola, lei non c’era più.
Alma: Perché sei fuggita?
Lola: Cosa avrei dovuto fare? Appena arrivata a New York ero andata all’indirizzo che mi aveva dato sua madre. Avevo citofonato più volte ma lui non aveva risposto. Avevo aspettato fino a tardi che rincasasse seduta sui gradini di un palazzo dall’altra parte della strada – la valigia stretta tra le gambe perché avevo paura di essere derubata. E poi, quando ormai avevo perso le speranze e gli occhi già mi si chiudevano per la stanchezza, lo avevo visto arrivare insieme a una donna. Ridevano abbracciati, sembravano felici. Lei era scalza, teneva le scarpe alte in mano, lo baciava sul collo mentre lui cercava la chiave giusta per aprire. Entrarono e lui richiuse il portone con un calcio.
Scrittore: Ripensandoci, Elizabeth era un’ottima coinquilina. Pagava lei l’affitto e mi faceva dei bocchini bellissimi la mattina appena sveglio.
Alma: Certo, cosa si può desiderare di più?
Lola: Ti aveva già presentato ai suoi genitori e voleva che lavorassi per la compagnia di trasporti di suo padre. Saresti diventato come gli uomini d’affari americani, quelli con le mazze da golf nel portabagagli e il brunch con i suoceri al country club la domenica.
Scrittore: È vero, se non fossi arrivata tu non avrei mai finito il primo libro.
Alma: Quando hai capito che la donna che avevi visto dall’altra parte della strada era proprio Lola?
Scrittore: Lola aveva deciso di giocare un po’ con me. La vedevo ovunque: all’uscita dalla biblioteca, alla fine delle lezioni, tra la folla di Washington Square mentre gli artisti di strada ingoiavano torce infuocate. Ma quando cercavo di raggiungerla, lei spariva. È così o no?
Lola: Non è così e lo sai. Ero sconvolta, volevo parlarti ma avevo paura. Erano successe cose terribili da quando c’eravamo visti l’ultima volta. Non sapevo come raccontarti della notte in cui era morto tuo padre e del dolore che sentivo per la morte di mia madre.
Scrittore: Hai ragione, scusami, non volevo scherzare su fatti così gravi. Alla fine, ti sono venuto dietro una mattina che ti ho visto uscire dalla stazione della metropolitana a Union Square. Quando ti ho chiamata sei fuggita via e io ti sono corso dietro come facevamo da ragazzini quando correvamo nei campi dell’hacienda.
Alma: E poi cosa è successo?
Scrittore: Che poteva succedere? Lola era l’amore della mia vita. La sera stessa sono andato via da casa di Elizabeth e, dopo qualche giorno in un motel del Queens dove lei alloggiava, abbiamo trovato un subaffitto a Midtown.
Lola: Non fu facile all’inizio. C’eravamo lasciati poco più che bambini e ci ritrovavamo adulti. Ma la prima notte insieme la ricordo come la più bella. Sarebbe dovuto accadere anni prima ma la vita si era messa di mezzo, prima separandoci e poi mettendoci l’una con l’altro. Quando finalmente ci ritrovammo, passammo notti intere a parlare: piangemmo insieme per la morte di mia madre e trovai il coraggio di raccontargli della notte in cui era morto suo padre. Parlammo finalmente di quello che ci era accaduto, delle violenze e del suo rapimento – quando i guerriglieri lo avevano rilasciato, lo avevo chiamato molte volte al telefono ma Doña Frieda diceva che non voleva parlarmi. Quella prima notte, nel motel del Queens, giurammo che non ci saremmo più lasciati.
Scrittore: Non importava che fuori fosse giorno o notte o che i vicini bussassero sul muro spazientiti perché all’alba il letto cigolava ancora. C’eravamo solo noi, due meccanismi sincroni come negli anni dell’hacienda. Avrei voluto che continuasse così per sempre e non avevo motivo di pensare che le cose sarebbero andate diversamente. È stato bello crederci per un po’, non è così Lola?
[Lo ammetto, quella sera tra loro mi sentii di troppo e li invidiai per la felicità che avevano condiviso. Mi consolava solo sapere che, come la mia, anche la loro era finita presto e senza preavviso. Capii inoltre che c’erano cose che non volevano condividere con me, fatti di cui non mi avrebbero parlato. Come era morto il padre dello scrittore e perché Lola aveva lasciato improvvisamente il suo Paese per gli Stati Uniti?]
*

Lola

Quando arrivai a New York vent’anni fa lo scrittore non si aspettava certo una mia visita. Frequentava l’università, stava scrivendo il primo libro e viveva con la sua compagna di corso in un appartamento a Mercer Street. Dopo la morte del señor, era stata Doña Frieda a nascondermi in casa sua. Ero arrivata in città all’alba, viaggiando su un autobus di notte con un gruppo di operai stanchi e malconci che tornavano dalla costa. Ricordo bene quel giorno, compivo ventidue anni.
«¿Qué pasó?» mi disse aprendo la porta. Avevo gli occhi gonfi e non riuscivo a parlare. «Stai tremando, hija, entra in casa.» Sotto la giacca avevo ancora i vestiti sporchi di sangue.
Doña Frieda mi voleva bene, fu a lei che quella mattina raccontai per prima le violenze di suo marito. Sapevo di metterla in una situazione difficile ma non avevo alternative, non mi era rimasto nessuno al mondo, ero sola.
*
Avevo da poco compiuto dodici anni, quando un giorno il señor tornò dalla città con un regalo: era un fermaglio di tartaruga con intarsi in madreperla. Ne fui sorpresa perché mai prima di allora il padre dello scrittore si era occupato di me, e se qualche volta in passato mi aveva parlato era stato solo per impartire ordini – dai da mangiare ai cani, svuota i portacenere nel mio studio, prepara il caffè per gli ospiti – o per rimproverarmi – fate troppo chiasso sotto il patio la sera, il caffè lo prendo amaro, dovresti averlo imparato.
«Perché un regalo?» gli chiesi quella volta.
«Perché dei capelli così belli meritano un fermaglio altrettanto bello» rispose.
Era già da qualche tempo che il padrone mi guardava. Se ero impegnata a fare qualcosa in casa o in giardino e alzavo un momento lo sguardo, trovavo i suoi occhi nei miei: frugavano veloci girandomi attorno e poi fuggivano, ma subito dopo tornavano. Il señor ora mi chiamava spesso nel suo studio per riordinare, il suono della sua voce si era fatto improvvisamente più dolce, a volte quasi supplichevole: «Lola, ti dispiacerebbe?». Oppure: «Avresti tempo per caso?». Una volta mi fece togliere tutti i libri dagli scaffali e mi chiese di rimetterli a posto dopo averli spolverati. Passai un’intera giornata a salire e a scendere dalla scala di legno della libreria mentre lui, seduto alla scrivania, esaminava certi documenti. C’era odore di fumo raffreddato nel suo studio.
«È solo un modo per ringraziarti della cura con cui ti sei occupata dei miei libri» disse quel giorno del fermaglio. «Vedi, Lola, non ho mai avuto una figlia femmina, ma ho sempre pensato a te come a una figlia.»
Fu così che cominciò, e io per qualche tempo mi convinsi che il señor avesse deciso di farmi un po’ da padre, visto che il mio non mi aveva mai voluta.
*
Solo una volta mia madre mi aveva portato a conoscere il mio vero padre, avrò avuto già sei o sette anni. Ci presentammo all’uscita della fabbrica di canna da zucchero dove lui lavorava. Indossavo un vestito nuovo con il colletto in macramè che lei aveva ricamato. Quel pomeriggi...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Frontespizio
  3. Gli ultimi americani
  4. Prologo
  5. I. IL NERO SI ADDICE ALLA MORTE
  6. II. LE FALENE
  7. III. O CON ODIO O CON AMORE MA SEMPRE CON VIOLENZA
  8. IV. MEMORIE DI PACE E GUERRA
  9. V. L’ALTRA AMERICA
  10. VI. L’ULTIMA AMERICANA
  11. Nota dell’autrice
  12. Libri e film citati
  13. Brani musicali citati
  14. Copyright