Le impure
eBook - ePub

Le impure

  1. 312 pagine
  2. Italian
  3. ePUB (disponibile sull'app)
  4. Disponibile su iOS e Android
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Le impure

Informazioni su questo libro

Nessuno parla mai dell'anno di grazia. È proibito.

Nella Garner County, tutte le ragazze, al compimento del loro sedicesimo anno, vengono bandite dalla comunità e obbligate a vivere nella foresta per un anno, affinché sfoghino la loro magia nella natura selvaggia per poi tornare nella civiltà, sempre che sopravvivano, purificate e pronte per il matrimonio. Nella società patriarcale in cui sono cresciute, infatti, si è convinti che a quell'età le ragazze abbiano il potere di persuadere gli uomini ad abbandonare i loro letti coniugali, di far perdere la testa ai coetanei e di far impazzire di gelosia le mogli. Si crede che la loro stessa pelle emani un forte afrodisiaco, l'essenza potente della gioventù, delle ragazze sul punto di diventare donne.

Tierney James, però, non si sente potente. Né si sente magica. Ma, questo sì, sente che dietro l'esperienza che la attende si cela qualcosa di più spaventoso dei pericoli nascosti nella foresta o dei bracconieri pronti a rapire lei e le altre ragazze per ucciderle, farle a pezzi e venderle al mercato nero. La minaccia più grande e terribile potrebbe arrivare proprio dalle sue compagne di sventura, ma Tierney non è disposta a subire passivamente la sorte che le è stata assegnata...

Con prosa tagliente e crudo realismo, Le impure racconta i complessi legami che uniscono tra loro le ragazze - e le donne che saranno - e la necessità di opporsi con forza a una società troppo spesso ancora misogina e patriarcale che impedisce loro di esprimere in totale libertà i propri talenti.

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Informazioni

Editore
Mondadori
Anno
2022
Print ISBN
9788804744498
eBook ISBN
9788835716761

AUTUNNO

La seguo nel bosco, lungo un sentiero battuto che ho percorso un migliaio di volte. Felci, scarpette di Venere, cardi e i misteriosi fiori rossi che punteggiano il sentiero. Cinque petali dalla forma perfetta, come se fossero stati creati appositamente per noi. Un petalo per le ragazze dell’anno di grazia, uno per le mogli, uno per le lavoratrici, uno per le donne dei sobborghi e uno per lei.
La ragazza si volta a guardarmi al di sopra della spalla, rivolgendomi quel sorriso sicuro di sé. Mi ricorda qualcuno, ma non riesco a identificare un nome o un volto. Forse ha qualcosa a che fare con un ricordo dimenticato da tempo, una vita passata, magari una sorella minore che non ho mai conosciuto. Ha il viso a forma di cuore, con una piccola voglia rossa di fragola sotto l’occhio destro. Ha i lineamenti delicati, come i miei, però non c’è nulla di delicato in questa ragazza. C’è una certa spietatezza nei suoi occhi grigi come l’acciaio. Ha i capelli scuri rasati quasi a zero. Non saprei dire se per castigo o per un atto di ribellione. Non la conosco, eppure, sorprendentemente, so di provare affetto per lei. Non si tratta di un sentimento simile a quello che mio padre prova per mia madre, ma di qualcosa di protettivo e puro, lo stesso che provavo per quei pettirossi di cui mi sono presa cura lo scorso inverno.
Raggiungiamo lo spiazzo dove si sono radunate donne di tutti i ceti, con il minuscolo fiore rosso appuntato sul cuore. Non ci sono né battibecchi né sguardi assassini: si sono riunite in pace. In armonia. Siamo sorelle, figlie, madri, nonne, legate da una necessità comune, più grande di noi stesse.
“Siamo il sesso debole, non più debole” dice la ragazza.
Le donne rispondono con un urlo primordiale.
Ma non ho paura. Provo solo un senso d’orgoglio. La ragazza è la persona giusta. È quella che cambierà ogni cosa e, in qualche modo, io gioco un ruolo in tutto ciò.
“Questa strada è lastricata di sangue, il nostro sangue, però questo non è accaduto invano. Stasera, l’anno di grazia finirà.”
Mentre espiro con forza, non mi ritrovo nel bosco, con la ragazza, ma qui, in questa stanza soffocante, nel mio letto, con le mie sorelle che mi guardano dall’alto con occhio torvo.
«Cos’ha detto?» domanda Ivy, la mia sorella maggiore, con le guance in fiamme.
«Nulla» risponde June, stringendole il polso. «Non abbiamo sentito nulla.»
Quando mia madre entra nella stanza, Clara e Penny, le mie sorelline, mi spingono giù dal letto. Rivolgo un’occhiata a June per ringraziarla di aver troncato il problema sul nascere, ma lei non incrocia nemmeno il mio sguardo. Non vuole o non può. Non so quale sia l’ipotesi peggiore.
Non ci è consentito di sognare. Gli uomini sono convinti che sia un modo per nascondere la nostra magia. Il solo fatto di sognare sarebbe sufficiente per infliggermi un castigo, ma, se qualcuno dovesse mai scoprire l’argomento dei sogni, finirei dritto sulla forca.
Le mie sorelle mi portano nella stanza del cucito, agitandosi intorno a me come uno stormo di passeri litigiosi. Spingendo. Strattonando.
«Non stringete» dico ansimando, mentre Clara e Penny tirano i lacci del corsetto con un po’ troppa allegria. Credono che sia uno spasso. Non capiscono che tra pochi, brevi anni, sarà il loro turno. Le allontano con un colpetto. «Non avete nessun altro da torturare?»
«Smettila di lamentarti» mi sgrida mia madre, sfogando la sua frustrazione sul mio cuoio capelluto mentre finisce di farmi la treccia. «Tuo padre te l’ha sempre fatta passare liscia per tutti questi anni, nonostante i vestiti macchiati di fango e le unghie sporche. Per una volta, saprai cosa si provi a essere una signora.»
«Perché prendersene la briga?» Ivy ostenta il ventre sempre più prominente nello specchio affinché tutte noi lo vediamo. «Nessun uomo sano di mente darebbe un velo a Tierney.»
«Pazienza» ribatte mia madre mentre afferra i lacci del corsetto e tira ancora più forte. «Ma deve farlo per me.»
Ero una bambina testarda, talmente curiosa da mettersi sempre nei guai, con la testa tra le nuvole e carente nelle buone maniere, tra le altre cose. E sarò la prima ragazza della nostra famiglia ad affrontare l’anno di grazia senza aver ricevuto un velo.
Mia madre non ha bisogno di dirlo. Ogni volta che mi guarda, percepisco il suo risentimento. La sua rabbia silenziosa.
«Eccolo qui.» June, la più grande delle mie sorelle, rientra furtivamente nella stanza con in mano un vestito blu intenso di seta grezza, il cui collo a scialle è decorato con perle d’acqua dolce. È lo stesso abito che indossò lei quattro anni fa, il giorno della sua cerimonia del velo. Odora di lillà e paura. I lillà bianchi sono i fiori che il suo corteggiatore scelse per lei: il simbolo del primo amore, dell’innocenza. È gentile da parte sua permettermi di prenderlo in prestito, ma è tipico di June. Nemmeno l’anno di grazia è riuscito a cambiarla.
Oggi, tutte le altre ragazze del mio anno indosseranno degli abiti nuovi con fronzoli e ricami, all’ultima moda, però i miei genitori non sono stati così sciocchi da sprecare il loro denaro per me. Non ho prospettive. Ho fatto in modo che le cose andassero così, maledizione.
Quest’anno, a Garner County, ci sono dodici ragazzi con i requisiti necessari: ragazzi nati in famiglie antiche e altolocate. E ci sono trentatré ragazze.
Oggi è previsto che sfiliamo per la città per consentire ai ragazzi di sottoporci a un’ultima ispezione prima che raggiungano gli uomini nel fienile principale, dove negozieranno e baratteranno le nostre sorti come se fossimo bestiame, il che non è poi così assurdo se si tiene conto del fatto che alla nascita veniamo marchiate sulla pianta del piede con il sigillo dei nostri padri. Una volta che saranno state avanzate tutte le pretese su di noi, i padri consegneranno i veli alle ragazze in attesa all’interno della chiesa, posando silenziosamente quelle mostruosità trasparenti sulle teste delle prescelte. E, domani mattina, quando saremo allineate in piazza per partire per il nostro anno di grazia, ogni ragazzo solleverà il velo della ragazza che si è scelto, come promessa di matrimonio, mentre noialtre saremo completamente superflue.
«Sapevo che sotto i vestiti eri ben fatta.» Mia madre increspa le labbra, trasformando le rughe sottili intorno alla bocca in solchi profondi. Perderebbe questa abitudine se sapesse quanto la faccia sembrare vecchia. A Garner County, l’unica cosa peggiore dell’essere vecchie è essere sterili. «Non capirò mai e poi mai perché tu abbia sprecato la tua bellezza e la possibilità di mandare avanti una casa tutta tua» continua mentre mi infila il vestito al di sopra della testa.
Mi si incastra un braccio e inizio a tirare.
«Smettila di dimenarti, altrimenti lo...»
Quando sente il rumore della stoffa che si strappa, mia madre avvampa dal collo fino alla mascella. «Ago e filo» sbraita all’indirizzo delle mie sorelle, che obbediscono di corsa.
Cerco di trattenermi, ma, più mi sforzo, meno ci riesco, finché non scoppio a ridere. Non sono nemmeno capace di mettermi un vestito come si deve.
«Fa’ pure, ridi quanto vuoi, però non lo troverai così divertente quando nessuno ti darà un velo e, al tuo ritorno dall’anno di grazia, verrai mandata subito in una fattoria ad ammazzarti di lavoro.»
«È sempre meglio che diventare la moglie di qualcuno» borbotto.
«Non dire mai una cosa simile.» Mi prende il viso tra le mani, mettendo in fuga le mie sorelle. «Vuoi che ti considerino un’usurpatrice? Vuoi essere bandita? I bracconieri sarebbero ben felici di acchiapparti.» Abbassa la voce. «Non puoi disonorare questa famiglia.»
«Che cosa succede?» Mio padre si infila la pipa nel taschino, facendo una delle sue rare apparizioni nella stanza del cucito. Mia madre si ricompone rapidamente e rammenda lo strappo.
«Non c’è nessun disonore nel lavoro pesante» afferma lui mentre si china sotto la grondaia e bacia mia madre sulla guancia, puzzando di iodio e di tabacco dolce. «Al suo ritorno, potrà lavorare al caseificio o al mulino. È un’opzione di tutto rispetto. Sai che la nostra Tierney è sempre stata uno spirito libero» dice ammiccando con aria cospiratoria.
Distolgo lo sguardo fingendomi interessata ai puntini di luce pallida che filtrano attraverso gli occhielli delle tende. Una volta, io e mio padre eravamo molto legati. La gente diceva che gli brillavano gli occhi quando parlava di me. Con cinque figlie femmine, immagino di essere stata la cosa più simile al tanto desiderato figlio maschio che abbia mai avuto. Mi ha insegnato di nascosto a pescare, a maneggiare i coltelli e a badare a me stessa, ma adesso è tutto diverso. Non posso più guardarlo in faccia dopo la sera in cui l’ho sorpreso in farmacia a fare l’indicibile. Evidentemente, sta ancora cercando di avere il figlio maschio tanto agognato, però ho sempre pensato che fosse una persona migliore. A conti fatti, è proprio come tutti gli altri.
«Guardati...» dice mio padre nel tentativo di attirare la mia attenzione. «Magari riceverai un velo dopo tutto.»
Tengo la bocca serrata, ma dentro di me vorrei gridare. Dal mio punto di vista, essere accasata non è un privilegio. Non c’è libertà negli agi. È come portare un paio di manette imbottite, questo è vero, però pur sempre manette. Almeno nella fattoria la mia vita continuerà ad appartenere a me. Il mio corpo continuerà ad appartenere a me. Ma questo tipo di riflessioni mi mette nei guai, perfino quando non le esprimo ad alta voce. Quando ero piccola, tutti i pensieri mi si leggevano sul volto. Ho imparato a nasconderli dietro un sorriso amabile, però ogni tanto, quando scorgo il mio riflesso nello specchio, vedo il fervore ardermi negli occhi. Più mi avvicino all’anno di grazia, più il fuoco brucia con veemenza. A volte, ho la sensazione che gli occhi siano sul punto di staccarsi dalle orbite, in preda alle fiamme.
Quando mia madre protende una mano verso la seta rossa per legarmi la treccia, provo una fitta di panico. Ecco. È giunto il momento in cui verrò marchiata con il colore del pericolo... del peccato.
Tutte le donne di Garner County devono pettinarsi allo stesso modo, con i capelli scostati dal viso e intrecciati sulla nuca. Gli uomini credono che, così facendo, le donne non potranno nascondergli nulla: un’espressione sprezzante, un’occhiata lanciata ad altri o un lampo di magia. Nastri bianchi per le bambine, rossi per le ragazze dell’anno di grazia e neri per le mogli.
Innocenza. Sangue. Morte.
«Perfetto» dice mia madre mentre dà gli ultimi tocchi al fiocco.
Anche se non riesco a vedere la fettuccia rossa, ne avverto il peso e tutto ciò che comporta, come un’ancora che mi tiene agganciata a questo mondo.
«Adesso posso andare?» le ch...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Frontespizio
  3. LE IMPURE
  4. AUTUNNO
  5. INVERNO
  6. PRIMAVERA
  7. ESTATE
  8. IL RITORNO
  9. Ringraziamenti
  10. Copyright