Nikolai aveva visto molte cose sorprendenti nella sua vita – i pony di nebbia sulla frontiera Zemeni, di cui si diceva fossero così veloci che quando correvano diventavano invisibili; un serpente di mare che si scavava la strada con il corpo tra i ghiacci del Nord; il mondo che gli si srotolava davanti mentre cavalcava i venti con ali di mostro sulla schiena – eppure i suoi occhi non riuscivano a dare un senso a scendeva in picchiata dal cielo verso di lui.
Yuri era inginocchiato, in preghiera. Zoya aveva le braccia sollevate e Nikolai sentiva già la sabbia ruotare rapida intorno all’imbarcazione mentre lei evocava il vento a loro difesa.
Non appena aveva sentito quel grido in aria, Nikolai aveva estratto le pistole e si era preparato ad affrontare i volcra. Si era aspettato mostri d’ombra, o qualche nuova materializzazione del potere dell’Oscuro. Diamine, forse una parte di lui si era perfino aspettata che l’Oscuro in persona, il Santo senza Stelle risorto, fosse venuto a tormentarli con il suo carisma e le sue cattive intenzioni.
Invece vide… api, una quantità enorme che si muoveva in un cielo color zuppa d’avena, spostandosi e raggruppandosi in una figura che avrebbe potuto essere di donna. Dietro lo sciame avanzava con andatura dinoccolata un mostro grottesco, un corpo massiccio che continuava a formarsi e riformarsi: due teste, poi tre; mille braccia; una schiena ingobbita con rilievi sinuosi di una spina dorsale ritorta; dieci, venti, trenta gambe lunghe e filiformi che si muovevano in consonanza. Le sue fattezze erano umane un momento prima e animali quello successivo, con tanto di pelliccia e denti digrignanti. E in alto nel cielo volava una terza mostruosità, le ali ampie e le squame luccicanti…
«Zoya, di’ qualcosa di velenoso.»
«Perché?» chiese lei con un filo di voce.
«Perché sono abbastanza sicuro di avere un’allucinazione, e nei miei sogni tu sei molto più gentile.»
«Sei un idiota, Nikolai.»
«Sai fare di meglio.»
«Mi dispiace non riuscire a trovare parole più argute in questo momento, ma mi sento piuttosto paralizzata dalla paura.»
Le tremava la voce; e se la spietata, imperturbabile Zoya era così spaventata, allora quello che lui vedeva era reale: le api, il mostro deforme e sì, impossibile ma altrettanto innegabile, un drago, enorme, con coriacee ali arcuate e squame nere, verdi, azzurre e dorate che luccicavano nella piatta luce grigia.
«Zoya, qualunque cosa tu abbia fatto per portarci qui, questo sarebbe il momento giusto per disfarla.»
«Se potessi, lo farei» disse lei con voce rabbiosa, poi lanciò verso l’alto un muro di vento.
Le api lo oltrepassarono, come l’acqua di un torrente si apre girando intorno a una roccia, e il ronzio si fece assordante.
«Fai qualcosa!» gridò Zoya.
«Tipo cosa?»
«Hai le pistole!»
«Non ho intenzione di sparare a delle api.»
«Allora spara a quel coso.»
Nikolai aprì il fuoco contro il mostro deforme. Le pallottole colpirono il suo corpo mutevole; una testa, un braccio, un altro braccio, un petto dilatato. Ora che gli era più vicino, Nikolai riconobbe artigli, una bocca piena di canini, una folta pelliccia marrone che sembrava quella di un orso. I proiettili affondavano in quella deformità per riemergere un secondo dopo, come se la carne irrequieta li risputasse fuori.
Nel cielo, il drago ruggì e allargò le ali enormi. Una fontana di fiamme uscì di getto dalla sua bocca diretta verso di loro.
Le mani di Zoya scattarono in su, e sopra le loro teste si formò una cupola di aria. Le fiamme si scagliarono contro quella barriera. Nikolai sentì il calore bruciacchiargli le sopracciglia.
L’eruzione di fuoco si attenuò e il drago gridò di nuovo, continuando a volare in tondo sopra di loro.
«Penso sia corretto affermare che la loro potenza di fuoco supera la nostra» disse Nikolai.
«Posate le armi» disse la deformità in un coro di voci uscite da centinaia di bocche.
«Tra un attimo» rispose Nikolai. «Per il momento le trovo molto rassicuranti. Yuri, alzati da quelle dannate ginocchia e fai almeno finta di saper combattere.»
«Voi non capite» disse Yuri, gli occhi pieni di lacrime.
«Questo è poco ma sicuro.»
«Sto per risollevare la sabbia» disse Zoya. «Se creo una tempesta abbastanza grossa, ci farà da copertura per andare… da qualche parte. Voi dovrete manovrare le vele; io non posso controllare la tempesta e la velasabbia contemporaneamente.»
«Vai» disse Nikolai, guardando le sartie. Erano primitive, come minimo, ma se l’era cavata in mari più rocciosi di quello.
Aprì il fuoco, cercando di coprire le spalle a Zoya mentre lei allargava le braccia in un gesto ampio e la sabbia della Faglia – o qualunque posto fosse quello – si sollevò con un fruscio. Non si preoccupò di agire sottilmente stavolta, non c’era più bisogno di mascherare le sue azioni per ingannare i pellegrini. La tempesta prese vita di scatto, come un uomo che si svegliasse da un brutto sogno; un improvviso muro di forza spinse indietro le creature, mentre la sabbia formava un turbine impenetrabile per nascondere la loro fuga.
Nikolai rinfoderò le pistole e afferrò le sartie, liberando la vela. La tela sbatté e si riempì di aria, portandoli di nuovo verso est, verso quelli che lui sperava fossero ancora i confini della Faglia. Chiunque fossero le creature, il loro potere doveva essere legato a quel luogo.
Improvvisamente il terreno sotto di loro sembrò cedere. La velasabbia si inclinò precariamente a dritta e uno dei pattini si sollevò da terra. Zoya e Yuri persero l’equilibrio, ma Zoya non mollò. Anche sulla schiena, mantenne i venti in movimento. Nikolai si aggrappava stretto alle corde, cercando di sfruttare la tempesta per raddrizzare l’imbarcazione. Ma il suolo sgroppava come un animale selvaggio, come se la sabbia sotto di loro fosse viva.
L’imbarcazione si inclinò ancora di più sull’unico pattino. «Stiamo per cadere fuori!» gridò Nikolai. Ebbe l’inspiegabile sensazione che una mano gigante li stesse deliberatamente rovesciando sulla sabbia.
Atterrarono in un mucchio scomposto. Nikolai fu in piedi in un istante e afferrò Zoya e Yuri per trascinarli al sicuro. Ma la velasabbia ricadde innocua sull’altro lato, e subito dopo la sabbia si placò.
Senza la tempesta di Zoya, il cielo tornò limpido. Un attimo dopo, dalla sabbia davanti a loro emerse una forma, poi un’altra, e un’altra ancora: un intero reggimento di soldati di sabbia. Non avevano volto, ma le loro uniformi erano elaborate e dettagliate. Sembravano un dipinto di antichi soldati Ravkiani, l’esercito di Yaromir il Risoluto, vestito di pelli e bronzo; solo che erano composti di sabbia. Zoya sollevò le mani e mandò una violenta raffica di vento contro le loro file, ma i soldati rimasero compatti e immobili.
«Che cosa sono?» chiese Zoya.
Continuavano a emergere, come un’onda, un esercito che si allungava fino all’orizzonte, dove ancora si ergeva il castello.
«Penso sia il loro modo di farci sapere che siamo surclassati» disse Nikolai.
«Ma loro chi?»
I soldati di sabbia fecero un passo avanti, quasi fossero un solo uomo, e il rumore riecheggiò come un colpo di fucile. Zoya e Nikolai stavano schiena contro schiena, circondati. Accanto a loro, Yuri era ancora inginocchiato, sul viso una sorta di esagitata euforia.
«Non so come combatterli» disse Zoya. Era riuscita a rendere più ferma la voce, ma lui vi sentì comunque la paura. «Questa è la parte in cui moriamo gloriosamente?»
Il drago volava in tondo nel cielo. Se quelle creature volevano Nikolai morto, avevano scelto un modo complesso di raggiungere lo scopo, per cui doveva esserci in gioco qualcosa d’altro, forse qualcosa che gli avrebbe permesso di negoziare la salvezza di Zoya e Yuri.
«No, questa è la parte in cui il re di Ravka si arrende, e l’amore che non c’è mai stato tra noi continuerà a vivere nelle ballate e nelle canzoni.»
«Nikolai» rispose Zoya di scatto. «Non ti azzardare.»
«Dammi un’alternativa, Nazyalensky. È necessario che uno di noi ne esca vivo.» Poi abbassò la voce. «Torna alla capitale e raduna i Grisha.» Ammesso che ci fosse modo di tornare a Os Alta da lì.
Gettò le pistole a terra e sollevò le mani, scrutando le file di soldati di sabbia, le figure nel cielo, il corpo grosso come una montagna della deformità che indugiava dietro i loro ranghi. «Non so bene a chi mi stia arrendendo…»
Il drago si girò di scatto nell’aria e si tuffò su di loro. Forse invece intendevano ucciderlo, alla fin fine.
«Zoya, abbassati!» gridò Nikolai, lanciandosi su di lei.
«Col cavolo» borbottò lei, lo buttò a terra e gli si parò davanti con i piedi ben piazzati e le braccia sollevate.
Il drago sguinzagliò il suo fuoco e Zoya scatenò una tempesta. Per un momento sembrarono alla pari, una cascata di fiamme dorate contro una parete di vento. Poi Zoya disegnò un ampio cerchio con le braccia e le allargò di scatto sui lati come un direttore d’orchestra che dirigesse una sinfonia. Per un momento Nikolai non comprese, ma poi le fiamme collassarono. Il drago indietreggiò e un sibilo strozzato gli uscì dalla gola. Zoya gli aveva rubato il respiro; aveva estratto l’aria dal fuoco, sottraendogli combustibile e lo aveva lasciato a boccheggiare.
Nikolai si lanciò sulle sue pistole, pronto a cogliere l’opportunità che lei gli aveva offerto, ma prima ancora che potesse puntarle il dragò emise un ruggito assordante. Aprì la bocca ed eruttò fuoco. Questa volta la fiamma era azzurra, più luminosa e più rovente di prima, così calda da sciogliere la pietra e la sabbia.
«Zoya!» gridò Nikolai, ma lei aveva già stretto le mani a pugno e le aveva risollevate, opponendo un vento ghiacciato all’attacco del drago.
Un fuoco azzurro le illuminò il volto. I suoi capelli si sollevarono come una corona nera intorno alla testa, i suoi occhi rifulgevano di un color cobalto, come se il fuoco del drago bruciasse anche dentro di lei.
Zoya gridò mentre le fiamme del drago si scagliavano contro il suo potere. Strinse i denti. Nikolai vide gocce di sudore formarsi sulla sua fronte; sparò contro il drago, ma i proiettili sembravano sciogliersi prima ancora di avvicinarsi alle sue squame. Cristalli di ghiaccio si formarono sull’imbarcazione abbandonata e ricoprirono le mani di Nikolai e dei soldati di sabbia tutto intorno.
Poi Zoya crollò. Cadde in ginocchio e la tempesta invernale evaporò, lasciandosi dietro nient’altro che un sottile strato di brina mezzo sciolta.
Nikolai si rialzò e barcollò fino a lei, sicuro che l’avrebbe vista divorare dalle fiamme. Ma il drago ritirò il fuoco e rimase a librarsi in aria, osservandoli.
«Zoya» disse Nikolai inginocchiandosi accanto a lei prendendola tra le braccia prima che si accasciasse a terra. La sua pelle risplendeva della luce del potere Grisha, ma le sanguinava il naso e il suo corpo tremava.
Il drago si posò davanti a loro e ripiegò le sue grandi ali. Forse voleva giocare con le sue prede.
«Stai indietro» gli disse Nikolai, anche se non aveva modo di impedirgli di avanzare. Le sue armi valevano quanto giocattoli. Yuri era ancora in ginocchio e dondolava come un ubriaco che non sapesse dec...