Wicked
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Wicked

Vita malvagia della Strega dell'Ovest (edizione illustrata)

  1. 468 pagine
  2. Italian
  3. ePUB (disponibile sull'app)
  4. Disponibile su iOS e Android
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Wicked

Vita malvagia della Strega dell'Ovest (edizione illustrata)

Informazioni su questo libro

Elfaba, la Perfida Strega dell'Ovest "Per definizione, il male si nasconde." Glinda "Sono ricca sfondata, l'avresti mai detto?

Chi immaginava che la beneficenza fosse così redditizia?" Principessa Elefantessa Nastoya "Quando ci troviamo di fronte a un bivio, quando l'aria puzza di tragedia, a rimetterci sono coloro che non indossano una maschera." Il Mago di Oz "Il punto, mia verde fanciulla, è che non tocca a una giovane, né a una studentessa, né a una cittadina decidere ciò che è giusto e ingiusto.

È compito dei capi." Dottor Dillamond "Cosa pensate che intendesse Madame Morribile concludendo il secondo Quell con l'epigramma 'Animali, abbassate la cresta'!" Madame Morribile "Con il passare del tempo e una cornice abbastanza ampia, tutto ciò che possiamo dire o fare finisce per rivelarsi ironico." Fiyero, principe degli Arjiki di Kiamo Ko "Cosa credi di sapere della perfidia?"

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Informazioni

Editore
Mondadori
Anno
2022
Print ISBN
9788804745648
eBook ISBN
9788835716440

II. Gillikin

Galinda

1

«Wittica, Settica, Cantone di Wiccasabbia, Sabbiarossa, Casa Dixxi, cambiare a Casa Dixxi per Shiz; il treno procede a est per Tenniken e Villa Brox, ultima fermata Traum, ferma in tutte le stazioni.» Il controllore prese fiato. «Prossima fermata Wittica, Wittica!»
Galinda strinse al petto il suo involto di indumenti. Il vecchio caprone scompostamente adagiato sul sedile di fronte aveva perso la fermata di Wittica. Fortuna che il rollio del treno assopiva i passeggeri: era stufa di evitare il suo sguardo. Un attimo prima che lei salisse in carrozza, la sua tutrice Ama Grinf aveva posato il piede sopra un chiodo arrugginito: terrorizzata dal rischio di una paralisi facciale, aveva chiesto il permesso di recarsi dal medico più vicino in cerca di rimedi e sortilegi calmanti. «Sono capace di arrivare a Shiz da sola» aveva risposto la fanciulla gelidamente. «Non perdere il tuo tempo con me, Ama Grinf.» Ama Grinf l’aveva presa in parola. Galinda le augurava una leggera paralisi facciale prima che potesse presentarsi a Shiz e farle da balia, qualunque cosa il futuro avesse in serbo per lei.
La ragazza teneva il mento rigido, a indicare, ne era convinta, una noia mortale per il viaggio in treno. In effetti, non si era mai allontanata oltre un giorno di carrozza dalla casa di famiglia, nella cittadina mercantile di Frottica. Con la costruzione della ferrovia, una decina d’anni prima, gli antichi caseifici si erano trasformati in poderi di campagna per i mercanti e i fabbricanti di Shiz. Ma la famiglia di Galinda preferiva ancora la rurale Gillikin, con la caccia alla volpe, le vallate scoscese, gli antichi e solitari templi pagani di Lurlina. Ai loro occhi Shiz non era che una remota minaccia urbana, e nemmeno la comodità della ferrovia li aveva convinti ad affrontarne le complicazioni, le stranezze e il malcostume.
Galinda non vedeva il paesaggio verdeggiante oltre il finestrino del treno, ma il proprio riflesso. Miopia giovanile. Bella com’era, era convinta di essere molto espressiva, anche se cosa esprimesse, e a chi, non le era ancora chiaro. I morbidi ricci dondolavano assieme al capo, cogliendo i bagliori di luce come grappoli di monete. Le labbra erano perfette, protese come un fiore maya appena schiuso e altrettanto rosse. Il vestito verde da viaggio con inserti ocra indicava ricchezza, mentre lo scialle nero gettato sulle spalle era un omaggio alle sue propensioni accademiche. Dopo tutto, era in viaggio per Shiz grazie alla sua intelligenza.
Le forme d’intelligenza erano molte, però.
Aveva diciassette anni. Alla partenza, l’intera città di Frottica l’aveva accompagnata in stazione per salutarla. La prima ragazza delle Colline di Pertha a essere accettata a Shiz! Se l’era cavata egregiamente nella prova scritta d’ingresso, una digressione sul tema dell’Etica applicata al Mondo Naturale. (Ai fiori rincresce di essere colti e offerti a mazzi?; Le piogge praticano l’astinenza?; Gli animali possono scegliere di essere buoni?; come a dire Filosofia morale della primavera.) Traboccante di citazioni dall’Oziade, la sua frenetica prosa aveva conquistato la commissione esaminatrice. Una borsa di studio per tre anni a Crage Hall. Non era fra i migliori college: quelli erano ancora chiusi alle studentesse. Ma era comunque l’Università di Shiz.
Quando il controllore rientrò nella carrozza, il compagno di viaggio di Galinda si svegliò, allungando gli zoccoli. «Vorreste essere così gentile da prendere il mio biglietto? È nella tasca sotto il soffitto» disse. Galinda si alzò e trovò il biglietto. Non le sfuggì come il vecchio essere barbuto ne approfittasse per osservare la sua avvenente figura. «Tenete» disse, ma lui rispose: «Non a me, cara, al controllore. Senza pollice opponibile, non ho speranze di poter afferrare un minuscolo pezzetto di carta».
Forato il biglietto, il controllore disse: «Non capita tutti i giorni di vedere una bestia in prima classe».
«Bestia? Come si permette?» replicò il caprone. «La legge mi consente ancora di viaggiare in prima classe, voglio sperare.»
«I soldi sono soldi» rispose il controllore senza malanimo, quindi forò il biglietto di Galinda e glielo rese.
«Niente affatto, i soldi non sono soldi» ribatté il caprone, «non quando il mio biglietto costa due volte quello della signorina. In questo caso, i soldi sono un visto. E guarda un po’, ne sono provvisto.»
«Siete diretta a Shiz?» chiese il controllore a Galinda, ignorando il caprone. «Vedo che portate uno scialle accademico.»
«Oh, be’, così, tanto per» rispose Galinda, alla quale non piaceva parlare con i controllori. Quando l’uomo procedette in fondo alla carrozza, però, le piacque ancora meno il minaccioso sguardo che il caprone le rivolgeva.
«Vi aspettate di imparare qualcosa a Shiz?»
«Ho già imparato a non parlare con gli estranei.»
«Allora mi presento, così non saremo più estranei. Io mi chiamo Dillamond.»
«Io non lo farò.»
«Insegno all’Università di Shiz, Facoltà di Arti Biologiche.»
“E vesti pietosamente, anche per un caprone” pensò Galinda. “I soldi non sono tutto.” «Allora dovrò vincere la mia timidezza. Io mi chiamo Galinda, e sono imparentata al Clan Arduenna dal lato materno.»
«Lasciate che sia il primo a darvi il benvenuto a Shiz, Glinda. È il vostro primo anno?»
«Vi prego, Galinda. Se permettete, è questa la pronuncia di Gillikin.» Non riusciva proprio a chiamarlo “signore”, con quell’orrida barbetta e quel panciotto sbrindellato che sembrava ritagliato dal tappeto di uno spaccio.
«Cosa ne pensate delle Restrizioni sui trasporti proposte dal Mago?» Gli occhi del caprone, lattiginosi e caldi, erano inquietanti. Galinda non aveva mai sentito parlare di Restrizioni, e lo ammise. In tono confidenziale, Dillamond – il Dottor Dillamond? – le spiegò che il Mago intendeva limitare l’accesso degli Animali ai mezzi pubblici, salvo quelli appositamente allestiti. Galinda rispose che gli animali godevano da sempre di servizi esclusivi. «No, io parlo degli Animali» replicò Dillamond. «Quelli con l’anima.»
«Oh, quelli» disse Galinda, senza troppo riguardo. «Be’, non vedo il problema.»
«Perbacco!» esclamò Dillamond. «Davvero non lo vedete?» La barbetta tremava: era seccato, e cominciò a pontificare sui Diritti degli Animali. Allo stato attuale, la sua anziana madre non poteva permettersi un viaggio in prima classe, e per fargli visita a Shiz avrebbe dovuto accontentarsi di un carro animali. Se le Restrizioni del Mago ottenevano il beneplacito della Camera dell’Approvazione, circostanza assai probabile, il caprone stesso, per legge, avrebbe dovuto rinunciare ai privilegi che si era guadagnato con anni di studio, pratica e risparmio. «Vi sembra un trattamento rispettoso per una creatura con l’anima?» domandò. «Da qui a là, e da là a qui, in un carro animali
«Sono d’accordo, viaggiare è un’esperienza così istruttiva» disse Galinda. Il resto del viaggio, compreso il cambio di binario a Casa Dixxi, trascorse all’insegna del più glaciale silenzio.
Vedendola intimorita dalle dimensioni e dal trambusto della stazione di Shiz, Dillamond si impietosì e si offrì di pagarle una carrozza fino a Crage Hall. Lei accettò, con l’aria meno mortificata di cui fu capace. Dietro di loro arrancavano un paio di facchini, con i bagagli sulla schiena.
Shiz! Galinda cercò di trattenere la meraviglia. Un viavai di gente indaffarata, che rideva, si baciava, scansava le carrozze. Sopra i palazzi di fronte e ai lati della stazione, in arenaria e dolerite, coperti di rampicanti e muschio, si notava in controluce una leggera coltre di vapore. E poi gli animali… e gli Animali! A Frottica imbattersi in una starnazzante gallina intellettuale era un evento, mentre qui… un quartetto di zebre sedute in un caffè all’aperto, in completo di raso a righe bianche e nere, perpendicolari a quelle di cui erano naturalmente provviste; un elefante ritto sulle zampe posteriori che dirigeva il traffico; una tigre che indossava una sorta di esotica veste religiosa, forse una monaca o una suora. Sì, d’accordo: le Zebre, l’Elefante, la Tigre e con ogni probabilità il Caprone. Se non voleva tradire le sue origini campagnole, Galinda doveva abituarsi a pronunciare le maiuscole.
Grazie al cielo, Dillamond trovò una carrozza con un cocchiere umano, gli chiese di portarla a Crage Hall e lo pagò in anticipo. Galinda non poté esimersi da un sorriso riconoscente. «Le nostre strade si incroceranno di nuovo» sentenziò Dillamond, galante seppure brusco, quasi fosse una profezia. Poi, mentre la carrozza si avviava, scomparve. Galinda si rilassò sui cuscini. Cominciava a rimpiangere che Ama Grinf si fosse ferita il piede.
Crage Hall era a soli venti minuti dalla stazione. Dietro le mura, anche queste di dolerite, la struttura era contornata di grandi finestre ovali in vetro opaco. All’altezza del tetto lussureggiava una decorazione a mosaico di quadrifogli e multifogli. L’architettura era la passione segreta di Galinda: sebbene muschio e rampicanti alterassero molti fra i dettagli più raffinati, si soffermò sugli elementi che riconosceva. Poco dopo, purtroppo, fu condotta all’interno.
La Rettrice di Crage Hall, un’aristocratica donna di Gillikin con la faccia da pesce e una prodigiosa quantità di braccialetti cloisonné, accoglieva i neoarrivati nell’atrio. Galinda si sarebbe aspettata un abbigliamento più austero, da un’affermata professionista. Al contrario, la matronale signora sfoggiava un vestito color ribes con fantasie nero ebano che svolazzavano sul busto come segni dinamici su un pentagramma. «Io sono Madame Morribile» si presentò a Galinda. La voce era un basso profondo, la stretta di mano stritolante, il portamento militare, gli orecchini due addobbi. «Un rigoglioso benvenuto. Il programma prevede un rapido tè nel salone principale e una riunione in Aula Magna, dove a ciascuna di voi verrà assegnata una compagna di stanza.»
Il salone era pieno di graziose fanciulle che, tutte vestite di verde o blu, si trascinavano dietro uno scialle nero, come un’ombra sbiadita. Galinda, approfittando dei vantaggi naturali della sua chioma paglierina, si mise accanto a una finestra, dove i ricci potevano riflettere la luce. Assaggiò appena il tè. In una stanza laterale, servendosi da un recipiente di metallo, le Ama erano già intente a ridere e cianciare, neanche fossero vecchie amiche provenienti dallo stesso villaggio. Una scena a suo modo grottesca, tutte quelle donne tracagnotte che sorridevano e strillavano come fossero al mercato.
Galinda non aveva letto con cura i caratteri minuti della lettera di accettazione. Non aveva capito che erano previste “compagne di stanza”. O forse i suoi genitori avevano pagato un sovrapprezzo per assicurarle una camera singola? E dove avrebbe alloggiato Ama Grinf? Guardandosi intorno, si rese conto che alcune di quelle oche giulive provenivano da famiglie molto più abbienti della sua. Quante perle, e che diamanti! Galinda era felice di aver scelto una semplice collana d’argento con gocce di mettanite. C’era qualcosa di volgare nel viaggiare ingioiellati. Non fece in tempo a comprendere questa verità che la codificò in un motto: alla prima occasione, lo avrebbe sciorinato per dimostrare che sapeva il fatto suo (e che aveva viaggiato). «La viaggiatrice troppo elegante ama essere ammirata più che ammirare» mormorò, «mentre la vera viaggiatrice sa che il migliore accessorio è il mondo attorno a lei.» Ottimo, davvero ottimo.
Madame Morribile contò le teste, afferrò una tazza di tè e invitò energicamente il gruppo a trasferirsi nell’Aula Magna. A quel punto, Galinda si rese conto di quale errore colossale fosse stato permettere ad Ama Grinf di andare in cerca di un medico. Le Ama, scoprì, non si erano affatto date al frivolo cicaleccio bevendo il tè: avevano invece l’incarico di decidere le coppie di giovani studentesse che avrebbero condiviso le stanze, in quanto considerate capaci di arrivare al nocciolo della questione più rapidamente delle ragazze. Ma nessuno aveva parlato per Galinda, le mancava una rappresentante!
Dopo i dimenticabili convenevoli, a mano a mano che le coppie di studentesse accompagnate dalle Ama andavano a prendere possesso dei loro alloggi, il pallore e l’imbarazzo di Galinda cominciarono a crescere. Ama Grinf, quella vecchia stupida, le avrebbe senza dubbio rimediato una compagna di stanza un gradino o due più in alto nella scala sociale! Non abbastanza in alto per mettere in soggezione Galinda, ma più che sufficiente perché valesse la pena di socializzare con lei. Ormai, però, tutte le migliori signorine avevano fatto coppia. “Diamanti con diamanti, smeraldi con smeraldi” pensò la fanciulla. Mentre la stanza si svuotava, Galinda si domandò se fosse il caso di interrompere Madame Morribile e illustrarle il problema: era pur sempre una Arduenna delle Al...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Frontespizio
  3. Copyright
  4. Prologo. La Strada di Mattoni Gialli
  5. I. La Terra dei Succhialimoni
  6. II. Gillikin
  7. III. La Città degli Smeraldi
  8. IV. Nel Vinkus
  9. V. L'omicidio e i suoi risvolti ultraterreni
  10. Postfazione. Questo Mondo, il Mondo Accanto