Una porta per ogni cuore
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Una porta per ogni cuore

  1. 208 pagine
  2. Italian
  3. ePUB (disponibile sull'app)
  4. Disponibile su iOS e Android
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Una porta per ogni cuore

Informazioni su questo libro

Da sempre, nelle giuste condizioni, i bambini scompaiono: vengono risucchiati dalle ombre sotto il letto, scivolano dietro gli armadi, cadono nelle tane di coniglio o in fondo a vecchi pozzi. E poi rispuntano... da qualche altra parte. Peccato che, spesso, i Regni Fatati non sappiano che farsene di nuovi bambini magici.

Anche Nancy era scomparsa, ma ora è tornata. Quello che ha vissuto, però...be', da lì non c'è modo di tornare. I bambini affidati alle cure di Eleanor West lo sanno fin troppo bene: ciascuno di loro sta cercando una strada per tornare al proprio mondo fantastico.

Ma l'arrivo di Nancy porta grandi cambiamenti nella casa, dove ogni angolo nasconde qualcosa di oscuro. E quando la tragedia irrompe, Nancy e i suoi nuovi amici sanno che toccherà a loro arrivare al cuore delle cose. Costi quello che costi.

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Informazioni

Editore
Mondadori
Anno
2022
Print ISBN
9788804750987
eBook ISBN
9788835717072
PARTE II

COI TUOI OCCHI DI CRISTALLO

4

SCHIOCCHI DI BACI NEL CIELO

RISPETTO AL NUMERO DI PERSONE che ospitava, la villa era decisamente troppo grande: non mancavano stanze vuote e anfratti silenziosi. Peccato che sembrassero tutti infestati dagli spettri degli studenti che avevano tentato – invano – di fare ritorno ai mondi da cui erano stati cacciati; così Nancy optò per l’aria aperta. Malgrado odiasse la fretta, il sole picchiava a tal punto che fu costretta a correre verso la boscaglia più fitta che riuscì a trovare, coprendosi gli occhi col braccio. Si tuffò nell’ombra accogliente degli alberi, lottando contro lacrime imputabili tanto alla luce quanto allo sconforto. Con la schiena appoggiata a una vecchia quercia, si accasciò per terra, seppellì il viso tra le ginocchia ed entrò in perfetta stasi mentre si scioglieva in un pianto.
«Dura, eh?» La voce era quella di Jill, soave, e malinconica, e colma di gravosa consapevolezza. Nancy alzò il capo. La ragazza bionda e sottile se ne stava appollaiata sopra una radice, con un abito lilla pallido drappeggiato attorno al corpo esile e un parasole appoggiato alla spalla sinistra a ripararla dalla luce che filtrava tra le foglie. Quel giorno il fiocco che portava al collo era di un viola intenso, il colore dello sciroppo di sambuco.
«Scusa» disse Nancy, asciugandosi le lacrime con lenti movimenti della mano. «Non pensavo ci fosse qualcuno.»
«È il punto più riparato del giardino. Sono colpita, anzi: mi ci sono volute settimane per trovarlo.» Il sorriso di Jill era cordiale. «Non volevo farti andar via. Intendevo solo dire che, insomma, è dura stare qui, in mezzo a gente con mondi fatati dai colori pastello, pieni di sole e arcobaleni. Loro non ci capiscono.»
«Mmm» fece Nancy, guardando di sbieco l’abito color pastello di Jill.
La ragazza scoppiò a ridere. «Non mi vesto così per ricordare dove sono stata. Mi vesto così perché al Padrone piacevano i colori chiari. Si vedeva meglio il sangue. Tu non ami il bianco per lo stesso motivo? Perché al tuo Padrone piacevi vestita di bianco?»
«Io…» Nancy si interruppe. «Non era il mio padrone, era il mio Signore, il mio maestro, e mi amava. Mi vesto di bianco e nero perché gli altri colori sono riservati alla Signora delle Ombre e al suo seguito. Un giorno, se mai ne sarò degna, mi piacerebbe farne parte, ma fino ad allora il mio compito è servire come statua, e le statue devono confondersi tra loro. Solo chi se lo merita può distinguersi.» Sfiorò il fiocco color melograno che aveva nei capelli – l’unico sprazzo di colore che si era, in effetti, meritata – prima di chiedere: «Tu avevi… un padrone?».
«Sì.» Il sorriso di Jill era abbastanza luminoso da rimpiazzare il sole da cui entrambe cercavano scampo. «Era tanto buono con me. Mi riempiva di regalini e ninnoli, e mi diceva che ero bella anche quando non stavo bene. Jack stava tutto il tempo rinchiusa con il suo prezioso dottore, a imparare cose per nulla adatte o appropriate a una signorina, mentre il Padrone, nelle torri più alte, mi insegnava cose bellissime. Cose splendide, magnifiche.»
«Mi dispiace che tu sia dovuta finire di nuovo qui» disse Nancy.
Il sorriso di Jill scomparve. Agitò una mano come se cercasse di cancellare le ultime parole di Nancy, poi disse: «Non starò qui per sempre. Il Padrone voleva sbarazzarsi di Jack. Lei non si meritava quello che avevamo. Quindi ha fatto aprire una porta sul nostro vecchio mondo, e io sono inciampata e ci sono caduta dentro insieme a lei. Ma troverà il modo di riportarmi di là. Vedrai». Si alzò in piedi, facendo roteare il parasole. «Ora scusami. Devo andare.» Quindi, senza attendere il saluto di Nancy, le voltò le spalle e si allontanò a passo spedito.
«E questo, figlioli, è il motivo per cui è bene non lasciare le gemelle Addams a piede libero» commentò una voce. Nancy alzò lo sguardo. Seduto su uno dei rami più alti dell’albero, Kade agitò ironicamente un braccio. «Ciao, Nancy fuori dal Paese delle Meraviglie. Se stavi cercando un posto segreto dove piangere, hai fatto una pessima scelta.»
«Non credevo di incontrare qualcuno qua fuori» disse lei.
«Già, perché di solito, a casa, gli altri ragazzi tendono a rintanarsi nelle loro stanze invece di fuggire all’aria aperta, vero?» Kade chiuse il libro. «Il problema è che sei in una scuola fatta apposta per gente che non ha mai imparato a prendere la decisione più logica. E così ogni volta che vogliamo starcene un po’ da soli corriamo a cercare l’albero più alto o il buco più profondo, ma siccome ne esiste un numero limitato, finiamo molto spesso per stare tutti insieme. Visto che stai piangendo immagino che il corso di orientamento non sia stato un successone. Fammi indovinare: Lundy ti ha fatto il discorso del fulmine che colpisce due volte.»
Nancy fece sì con la testa. Non parlò. Ormai non si fidava più della sua voce.
«Non ha tutti i torti, se sei stata cacciata fuori dal tuo mondo.»
«Non sono stata cacciata» protestò Nancy. Dunque, all’occorrenza, poteva ancora parlare. «Sono stata rimandata qui per imparare qualcosa, ecco tutto. Ma tornerò.»
Kade le lanciò un’occhiata carica di compassione e decise di non contraddirla. «Il Prisma non mi riprenderà mai» disse, invece. «Non è un’eventualità, è un’assoluta certezza. Ho violato le regole, non essendo ciò che volevano che fossi, e la gente che gestisce quel circo è piuttosto fissata con le regole. Ma Eleanor ha fatto avanti e indietro mille volte. La sua porta è ancora aperta.»
«Come… insomma, perché…» Nancy scosse il capo. «Perché si è fermata? Se la sua porta è ancora aperta, perché sta qui con noi e non laggiù, nel suo vero posto?»
Kade slanciò una gamba oltre il ramo in modo da farle penzolare entrambe dalla stessa parte. Quindi saltò giù, atterrando senza sforzo davanti a Nancy. Raddrizzando la schiena, poi, rispose: «È successo tanti anni fa, quando i suoi genitori erano ancora vivi. Pensava di poter avere tutto, di poter fare avanti e indietro e trascorrere più tempo possibile nella sua vera casa senza che a suo padre si spezzasse il cuore. Ma si era dimenticata che gli adulti non sanno vivere bene nel Nonsenso, nemmeno se ci sono nati. Ogni volta che tornava qui, diventava un pochettino più vecchia. Finché un giorno non è ritornata e per poco non ci rimaneva. Te l’immagini, come dev’essere stato? Come aprire la porta che in teoria dovrebbe condurti a casa e scoprire di non essere più in grado di respirare dall’altra parte».
«Sembra terribile» disse Nancy.
«Immagino di sì.» Kade si lasciò cadere a terra di fronte a lei, con le gambe incrociate. «Certo, tutto il tempo che ha passato nel Nonsenso l’ha comunque cambiata. Le ha rallentato l’invecchiamento, ragione per cui, tra l’altro, è riuscita ad andare e venire così tante volte. Durante l’ultima gita in città Jack ha controllato nei registri e ha scoperto che Eleanor dovrebbe avere qualcosa come cento anni. Io gliene avevo sempre dati una sessantina. Sai cosa mi ha risposto quando gliel’ho chiesto?»
«Cosa?» domandò Nancy, affascinata e orripilata allo stesso tempo. E se l’Aldisotto avesse cambiato ben più del suo colore di capelli? E se il suo destino fosse stato di rimanere così per sempre, immortale e immutabile, mentre tutto intorno a lei appassiva e moriva?
«Che aspetta solo che la vecchiaia la rimbambisca, com’è successo a sua madre e a suo padre, perché appena la sua mente sarà abbastanza labile potrà di nuovo tollerare il Nonsenso. Dirigerà la scuola fino al giorno in cui non riuscirà più a ricordare il motivo per cui non sta tornando nel suo mondo, e a quel punto, quando davvero ci tornerà, potrà rimanerci.» Scosse il capo. «Non riesco a capire se è geniale o fuori di testa.»
«Forse entrambe le cose» suggerì Nancy. «Io farei qualunque cosa per tornare a casa mia.»
«E come te, la maggior parte degli studenti qui» commentò Kade amaramente.
Dopo un attimo di esitazione, Nancy chiese: «Lundy mi ha spiegato che esiste una scuola gemella per gente che non vuole tornare indietro. Gente che vuole solo dimenticare. Perché non ti sei iscritto là? Magari ti troveresti meglio».
«Il fatto è che io non voglio dimenticare» rispose Kade. «Io sono Loophole Kid. Voglio ricordare il Prisma più di qualunque altra cosa al mondo. Il profumo dell’aria, il suono della musica. Laggiù tutti quanti suonavano queste buffe pipette, bambini compresi. Glielo insegnavano tipo a due anni, ed era come un metodo di comunicazione alternativo. Si potevano avere intere conversazioni senza mai abbassare la pipa. È che sono cresciuto, anche se poi mi hanno buttato fuori e ho dovuto ricominciare tutto da capo. È là che ho capito chi sono. Ho baciato una ragazza coi capelli color cavolfiore e gli occhi screziati come un coleottero, e lei ha baciato me, ed è stato magnifico. Solo perché non ci ritornerei per tutto l’oro del mondo non significa che io voglia dimenticare un singolo istante di ciò che ho vissuto. Non sarei quello che sono, se non fosse per il Prisma.»
«Oh» disse Nancy. Non faceva una piega, in effetti, ma era un punto di vista che non aveva considerato. Toccò a lei scuotere la testa. «È tutto molto più complesso di quanto pensassi.»
«Non parlarmene, principessa.» Kade si alzò e le porse la mano. «Vieni. Ti riaccompagno dentro.»
Nancy esitò un secondo, poi accettò la mano e si fece tirare in piedi. «D’accordo» disse.
«Sei bella quando sorridi» disse Kade guidandola fuori dalla boscaglia. Non riuscendo a pensare a nulla da dire, Nancy rimase in silenzio.
I CORSI OBBLIGATORI erano sorprendentemente noiosi, tenuti da un assortimento di adulti che venivano in macchina dalla città, più Lundy e la stessa Miss Eleanor. Nancy giunse alla conclusione che qualcuno avesse tracciato un diagramma con i requisiti minimi dello stato, e che stessero dunque ricevendo l’equivalente educativo di un bel pasto equilibrato.
Le materie a scelta erano leggermente meglio: musica, arte, e una cosa chiamata “Cronache di un viandante della Grande Bussola”, che Nancy ipotizzò avesse a che fare con i vari portali tra i mondi e le loro relazioni. Dopo un’esitante valutazione delle possibilità, aveva deciso di iscriversi al corso. Forse studiando il programma avrebbe capito qualcosa in più sulla collocazione del suo Aldisotto.
Dopo aver letto i capitoli introduttivi delle dispense, tuttavia, rimaneva ancora confusa. I punti cardinali più comuni erano Nonsenso, di solito associato a Virtù, e Logica, di solito associata a Malvagità. Il folle mondo di Sumi si collocava nel Nonsenso estremo. Il Prisma di Kade ricadeva nella Logica estrema. A partire da questi presupposti, Nancy aveva stabilito che il suo Aldisotto molto probabilmente ricadeva nella Logica; prevedeva delle regole ferree, che andavano rispettate. Non riusciva, però, a concepirlo come Malvagio solo perché era governato dal Signore dei Defunti. La Virtù le pareva un concetto ben più adatto. La sua prima lezione era prevista di lì a un paio di giorni. Un tempo troppo lungo. Un tempo decisamente troppo breve.
Alla fine del primo giorno si ritrovò esausta, con la testa imbottita ben oltre la sua effettiva capacità da un turbinio di materie banali come matematica e storia e dal sempre crescente lessico necessario a interagire con gli altri studenti. Una di loro, una ragazzina timida con le trecce brune e gli occhiali spessi, le aveva confessato che il suo mondo si trovava nell’intercapedine tra due direzioni minori, ovvero la Rima estrema e la Linearità estrema. Non sapendo cosa dire, Nancy non aveva detto niente. Era sempre più convinta che fosse il comportamento più saggio.
Sumi era seduta sul letto, impegnata a intrecciarsi nastri colorati tra i capelli, quando Nancy scivolò nella stanza. «Stanca come una cinciallegra a un baccanale, eh, fantasmina?» chiese.
«Non so cosa intendi, quindi ti prenderò alla lettera» rispose Nancy. «Sono molto stanca, sì. Me ne vado a dormire.»
«Ely-Eleanor lo immaginava, che fossi stanca» disse Sumi. «Capita sempre, alle nuove arrivate. Ha detto che per stasera puoi saltare la terapia di gruppo, basta che non diventi un’abitudine. Le parole sono una parte importante del percorso di guarigione. Parole, parole, parole.» Fece una smorfia. «Mi ha chiesto di ricordamene una vagonata, e tutte in un ordine ben preciso, e tutte per te. Tu col Nonsenso non c’entri proprio niente, eh, fantasmina? Altrimenti non le vorresti mica, tutte queste parole.»
«Mi dispiace» disse Nancy. «Non ho mai detto di venire da… un posto come quello dove sei stata tu.»
«Le congetture sono ciò che ci porterà nella tomba, e comunque sei meglio della maggior parte delle compagne di stanza che ha provato ad appiopparmi; voglio tenerti» concesse Sumi stancamente. Quindi si alzò e si diresse verso la porta. «Dormi bene, fantasmina, ci vediamo domani.»
«Aspetta!» Nancy, in realtà, non aveva intenzione di parlare; la parola le era semplicemente sfuggita di bocca, come un vitellino in fuga. Il pensiero la fece inorridire. La sua stasi si stava erodendo, e se fosse rimasta in quel mondo spaventoso e frenetico ancora a lungo, non sarebbe tornata mai più.
Sumi si girò a guardarla con la testa inclinata. «E ora che c’è?»
«Volevo solo… insomma, mi stavo solo chiedendo… quanti anni hai?»
«Ah.» Sumi tornò a voltarle le spalle e raggiunse la porta. «Sono più vecchia di come sembro» disse, ormai quasi in corridoio, «e più giovane di come dovrei essere. La mia pelle è un enigma che non va risolto, e anche se lasciassi perdere tutto ciò che amo di più al mondo, non otterrei comunque la risposta. La mia finestra si sta per chiudere, però, se è questo che vuoi sapere. Mi sveglio ogni mattina un po’ più lineare, un pelino meno persa, finché un bel giorno non mi trasformerò in una di quelle donne che dicono “Ho fatto il più incantevole dei sogni” e ne sarò pure convinta. Vecchia abbastanza da sapere cosa sto perdendo mentre mi ritrovo. È questo che volevi sapere?»
«No» rispose Nancy.
«Peccato» disse Sumi, e se ne andò chiudendosi la porta alle spalle.
Una volta rimasta da sola, Nancy si svestì lasciando cadere gli abiti sul pa...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Frontespizio
  3. Una porta per ogni cuore
  4. PARTE I. POMERIGGI DORATI
  5. PARTE II. COI TUOI OCCHI DI CRISTALLO
  6. Copyright