Piccole fiabe per grandi guerrieri
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Piccole fiabe per grandi guerrieri

  1. 136 pagine
  2. Italian
  3. ePUB (disponibile sull'app)
  4. Disponibile su iOS e Android
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Piccole fiabe per grandi guerrieri

Informazioni su questo libro

Da piccoli abbiamo imparato che il bene vince contro il male. Poi siamo diventati grandi e abbiamo scoperto che non è sempre così. La vita non fa sconti e sognare è la qualità dei coraggiosi. Eppure il lieto fine è possibile, anche quando il tuo antagonista è la malattia. Piccole fiabe per grandi guerrieri è un libro di fiabe contro il cancro, per raccontarlo disegnandone le emozioni attraverso la struttura della fiaba classica. Nove storie, per affrontarlo e possibil­mente sconfiggerlo, senza mai nominarlo. Perché è proprio a questo che servono le fiabe, fin da quando siamo piccoli: esorcizzare e sconfiggere le paure, insegnandoci a conoscere la realtà.

Dalla sorpresa al disgusto, dalla gioia alla rabbia, le emo­zioni entrano in gioco e si muovono nelle storie di personaggi sensibili, poetici e immaginati, a infon­dere coraggio anche quando non ne hai più: Petra con il suo scoglio, il giovincello con la schiena cur­va, il criceto pettirosso, il gigante e molti altri. Fiabe universali, da leggere a ogni età.

Anche se non si è bambini, anche se non si è malati.

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Informazioni

Editore
Mondadori
Anno
2017
Print ISBN
9788804686095
eBook ISBN
9788852083778

LO SCOGLIO DI PETRA

O DI COME NON SI DEBBA ARRENDERSI MAI
Tanto, tanto tempo fa c’era un fiume chiamato il Serpente Grigio.
Non che serpenti di pietra o altre creature particolari abitassero davvero le sue acque, era chiamato così perché il suo percorso era una continua curva, ora a destra ora a sinistra, e da monte a valle non c’era una parte del fiume che filasse diritta per più di qualche metro. Proprio come un serpente, il Serpente Grigio strisciava giù per la foresta nera senza darle disturbo, passava tra i robusti tronchi senza reclamarne l’abbattimento, costeggiava le possenti mura del castello dando loro protezione, infine oltrepassava i campi occupando giusto le linee di confine prima di sfociare nel mare, dove riversava con prepotenza la furia delle sue acque.
Insomma, si faceva largo con la discrezione dell’animale che rappresentava, e le sue acque impetuose sembravano letali tanto quanto il suo veleno.
Un giorno il sovrano del regno sancì che quelle correnti erano troppo pericolose e decise che, per il bene del suo popolo, le sponde del fiume fossero rivestite di massi da sorgente a valle, cosicché ora il fiume assomigliava ancora di più a un serpente, ed era difficilissimo trovare un varco, un pezzo di riva o un altro modo per raggiungere le sue acque. I sassi erano lì, enormi e aguzzi, a fare da barriera.
Poco fuori del castello, in un piccolo villaggio, abitava una giovane pastorella di nome Petra. Benché il suo gregge fosse numeroso e in buona salute, la pastorella non se la passava poi tanto bene. Sua madre, infatti, era morta dandola alla luce, così il padre qualche anno più tardi aveva deciso di prendere di nuovo moglie, credendo di fare il bene della piccola. Non poteva immaginare, però, che la sua nuova sposa fosse una donna tanto egocentrica e glaciale da non nutrire il benché minimo interesse, né tantomeno un po’ di compassione, per la piccola Petra.
Finché il pastore era rimasto in vita, la matrigna non lo aveva dato troppo a vedere, ma quando toccò anche a lui lasciare questo mondo, la donna diede libero sfogo alla propria indole e in un batter d’occhio si trasformò nella peggiore matrigna che si fosse mai vista.
Rassettare, cucinare, badare al gregge, tosare il bestiame, preparare il formaggio... non c’era lavoro per le sue mani, tutto toccava sempre alla povera Petra.
E ora, da quando il nuovo sovrano aveva ricoperto le sponde del fiume di rocce, ammassate l’una sull’altra fin quasi a dieci piedi di altezza, per la ragazzina portare le pecore ad abbeverarsi era diventata un’impresa quasi impossibile. Ogni mattina la poverina era costretta a svegliarsi prima dell’alba e fare ore e ore di cammino da sola tra i boschi per trovare una riva larga appena, appena per farcene stare tre, quattro alla volta.
Ogni giorno per Petra era così, non si fermava un momento, tanto che alla sera era sempre sfinita. Ma per quanto pesante fosse la stanchezza, nessuna ragione al mondo le impediva di sgusciare dal pagliericcio dove si coricava per uscire a guardare le stelle. Nella mente univa i puntini luminosi affinché formassero la figura del padre e, quando finalmente lo aveva di nuovo davanti a sé, pur solo fatto di stelle, e sistemato su una nuvola abbastanza soffice da pensarlo comodo, gli cominciava a confidare i suoi pensieri e le sue preghiere.
Con tutte le cose che Petra aveva da fare, infatti, non aveva mai avuto tempo di trovarsi degli amici nel villaggio e il padre, lì nel cielo, era il suo unico confidente.
Una mattina, quando la piccola raggiunse la sponda alla quale era solita portare il gregge, vi trovò una squadra di lavoratori indaffarati a sbarrarla come tutto il resto del fiume.
«Mi spiace signorina, ma gli ordini sono ordini» disse un attendente quando Petra domandò loro il perché di tutta questa fretta. «È anche per la vostra sicurezza. Lo vedete com’è violenta la corrente? Il re teme che qualcuno ci possa finire dentro.»
«Ma non c’è mai finito nessuno dentro!» protestò Petra.
«Be’, non si è mai abbastanza sicuri» continuò l’attendente mentre, incurante delle lamentele della pastorella e con i suoi carteggi tra le mani, continuava a seguire il corretto svolgimento dei lavori.
«E dove dovrei portare il mio gregge ad abbeverarsi adesso?»
«Di sicuro da nessuna parte lungo il Serpente Grigio, se i lavori son stati fatti per bene» ridacchiò l’uomo.
«Ma...»
«Adesso basta! Sciò, sciò ragazzina! Prova più su, a monte. Può essere che troverai ancora qualcosa, considerando a chi hanno affidato i lavori lì.»
«Nella Foresta Nera?» domandò Petra sgomenta, ma l’uomo ormai non l’ascoltava neppure, aveva preso a sbraitare contro un povero ragazzotto colpevole di far andare la carrucola con troppa svogliatezza.
Alla ragazza non restò altra soluzione che mandar giù il nodo di paura che aveva in gola e addentrarsi nella Foresta Nera.
Craaaa, craaaa.
Un verso improvviso, acuto e terrificante ruppe il silenzio.
Petra fece un salto, lanciando un grido ancora più stridulo.
«È solo un corvo. Solo un corvo» si disse per rassicurarsi, quando lo vide svolazzare via da un ramo spoglio simile al braccio rinsecchito della sua matrigna.
Era terrorizzata. Già da un’ora camminava nella foresta, e tutto intorno a lei sembrava terribile, buio e sinistro. Le piante erano folte, ammassate le une alle altre tanto che si faticava a passarci attraverso, e a ogni passo a Petra sembrava di scorgere nuove ombre e sentire fruscii e scricchiolii tutto intorno.
Fiuuu, fiuuu.
Rabbrividì, quando sentì muoversi i capelli.
«È solo il vento. Solo il vento.»
Nonostante la paura, Petra andava avanti: sormontò dei dossi, si immerse dove la vegetazione si infittiva e diveniva ancora più scura, superò un canalone. A mano a mano che procedeva, un passo dopo l’altro, cominciò a sentirsi più sicura, più forte: era certa che l’avrebbe avuta vinta lei. Poco a poco smise persino di guardare dove metteva i piedi, cominciando a camminare a testa alta, proprio come un cavaliere. Sì, era proprio una ragazza coraggi... tac!
«Aaaaaaaah!» urlò.
Bastò il suono di un legnetto secco che si spezzava sotto il suo passo, perché il terrore la facesse cominciare a correre all’impazzata senza più direzione, dimenticandosi del perché fosse finita lì e pure delle pecore che si tirava dietro e che, da brave pecore, fecero quello per cui sono famose: seguirono senza batter ciglio, tutte in fila, la loro padroncina in fuga.
Eppure fu così che Petra scoprì come nella vita, quando desideriamo qualcosa, il modo migliore per ottenerla è dimenticarsene del tutto e cominciare a correre, correre all’impazzata dove ci suggeriscono le gambe.
Proprio alla fine della sua corsa, infatti, il terreno prese a scendere di colpo e, di fronte agli occhi sgranati di Petra, si aprì una riva di sabbia dorata, una lingua di terra tranquilla e pulita che l’acqua del fiume lambiva brillando al sole.
«Wow!»
Ebbe solo il tempo di meravigliarsi per la bellezza che aveva dinnanzi a sé che, sfinita dalla corsa, si addormentò, accovacciata sulla sabbia come un gatto dentro una calda coperta di lana, mentre le pecore, altrettanto esauste, si abbeveravano al ruscello.
Il sole era già quello calante del pomeriggio, quando un lamento la risvegliò di soprassalto.
Un suono strano, come di qualcuno che piange. Una voce giovane, ma grossa, rimbombante. Di sicuro, però, era una voce sofferente.
«Chi va là?» domandò la pastorella guardandosi intorno. Ma lì c’erano solo rocce, pecore e bosco, nessuno le rispose, così riprese a dormire.
Poi la voce tornò.
«Chi va là? Chi va là?» chiese Petra, brandendo il suo bastone.
Che fosse uno spirito maligno? Un brigante? La Foresta Nera era famosa anche per i masnadieri che vi si nascondevano per sfuggire alla legge. Il bosco, infatti, era scuro e fitto, l’ideale per chiunque volesse nascondersi... e fare del male a qualche malcapitato come lei.
«È solo... è solo...» Petra passò in rassegna tutte le ipotesi. «È solo... cosa diavolo può essere!» E proprio mentre si perdeva in questi pensieri, la voce rispose.
«Non volevo spaventarti, è solo che sono sfinito.»
Petra si voltò a sinistra, poi a destra, guardò dietro di sé e più avanti dove il sentiero si perdeva tra gli alberi, ma niente, non si vedeva anima viva... allora da dove arrivava quella voce?
«Chi sei? Fatti vedere se non vuoi spaventarmi» disse lei, agitando il bastone a due mani come un cavaliere con il suo spadone durante una giostra.
«Sono qui, in mezzo all’acqua.»
«Eh?! Non c’è nessuno nell’acqua.»
«Ci sono io.»
«Io chi?»
«Io.»
Petra iniziava a spazientirsi, ma perlustrò di nuovo qua e là. E ancora, e ancora... ma davvero nel fiume c’era soltanto l’acqua che scorreva veloce, intrappolata da quelle dannate sponde di pietra artificiali, e, al centro, un masso un po’ più grande degli altri che svettava sulla superficie.
«C’è solo uno scoglio nell’acqua» disse la ragazzina.
«Sono io» si rammaricò il suo interlocutore.
La voce, ora che la sentiva meglio, sembrava quella di un ragazzino all’incirca della sua età e questo le diede abbastanza coraggio da minacciarlo di nuovo col suo spadone di legno: «Uno scoglio? Uno scoglio che parla? Ma figuriamoci! Non si è mai sentito! E se pensi che io ci caschi ti sbagli di grosso, perciò facciamola finita subito. Vieni fuori dai cespugli e fatti vedere».
«Davvero, sono io» riprese la voce. «Comunque, chiunque io sia, è davvero coraggioso da parte tua puntare il bastone contro uno scoglio in mezzo al mare che non si può nemmeno difendere. Mooolto coraggioso» aggiunse sarcastico.
Petra abbassò subito lo spadone.
«Scus...» disse arrossendo per la vergogna, ma un attimo dopo era rossa per la rabbia. «E comunque se sei davvero tu quello scoglio, sappi che sei nel Serpente Grigio, in un fiume, non ...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Frontespizio
  3. PICCOLE FIABE PER GRANDI GUERRIERI
  4. Prefazione
  5. Preparazione alla lettura
  6. Il gigante bitorzoluto
  7. Il criceto pettirosso
  8. Nanni e Diletta
  9. Il giovincello con la gobba
  10. Il contadino saggio
  11. Il pellegrino piagnucolone
  12. Lo scoglio di Petra
  13. Messer pigrone
  14. Rosaspina
  15. Copyright