New York
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New York

  1. 994 pagine
  2. Italian
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  4. Disponibile su iOS e Android
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Informazioni su questo libro

New York suscita da sempre un fascino irresistibile. Ma quali sono i motivi che l'hanno resa una città unica al mondo? Dalla metà del Seicento - quando New York si chiamava ancora Nuova Amsterdam ed era soltanto una piccola colonia olandese - alla moderna metropoli dei grattacieli, Edward Rutherfurd ricostruisce il suo mito con questa saga appassionante. Quasi quattro secoli di storia, dai piccoli traffici con le tribù indiane alla dominazione inglese, dalla Rivoluzione alla Guerra civile, dalle moltitudini di immigrati che sbarcavano a Ellis Island tra la fine dell'Ottocento e i primi del Novecento ai ruggenti anni Venti, dal crollo della Borsa nel 1929 alle guerre mondiali, fino alla tragedia dell'11 settembre.
L'autore mescola il rigore storico alle coinvolgenti vicende quotidiane dei suoi personaggi, tra desideri e speranze, avidità e corruzione, sogno e intraprendenza. Un romanzo che ha il sapore dell'epopea e che, molto più di un libro di storia, racconta l'America intera.

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Informazioni

Editore
Mondadori
Anno
2020
Print ISBN
9788804612469

ELLIS ISLAND

1901

Salvatore Caruso aveva cinque anni quando arrivò a Ellis Island. Era il primo giorno del 1901. Faceva molto freddo, ma il cielo era limpido e cristallino sopra il paesaggio innevato che circondava la distesa d’acqua del golfo.
La famiglia Caruso era stata fortunata. Da Napoli aveva preso la Hohenzollern – le navi tedesche erano le migliori, secondo suo padre – e attraversato l’Atlantico in meno di dieci giorni. Il ponte di terza classe era affollato. Il puzzo delle latrine lo aveva fatto quasi vomitare e la vibrazione dei motori, per sua madre, era una punizione mandata da Dio. Ma durante la traversata non c’erano state tempeste e avevano ottenuto il permesso di salire un’ora al giorno sul ponte superiore a prendere un po’ d’aria. Sua madre aveva portato una quantità di viveri – prosciutto e salame, olive, frutta secca, persino pane, avvolti bene nei tovaglioli – che era durata per tutto il viaggio. Ogni sera lo zio Luigi aveva guidato con la sua morbida voce tenorile i cori che intonavano canzoni napoletane come Funiculì, funiculà.
Il gruppo era composto da otto persone: i genitori di Salvatore, lo zio Luigi, fratello di sua madre, e i cinque figli. Giuseppe, il maggiore, aveva quindici anni, un fisico robusto come il padre ed era un gran lavoratore. Tutti i bambini ammiravano Giuseppe, che però, essendo molto più grande, se ne stava un po’ per i fatti suoi. Due altri figli non erano così forti ed erano morti molto piccoli. Così la seconda era Anna, di nove anni. Poi erano arrivati Paolo, Salvatore e la piccola Maria, che aveva solo tre anni.
Mentre la nave entrava nello stretto e s’infilava nella baia di New York, il ponte superiore era gremito. L’eccitazione aveva preso tutti. Anche il piccolo Salvatore sarebbe stato felice se non avesse scoperto un terribile segreto.
Sua madre stava tenendo per mano la piccola Maria. Prima del suo arrivo, Salvatore era stato il piccolo della famiglia. Ma adesso aveva qualcuno da sorvegliare ed era suo compito proteggerla. Gli piaceva giocare con la sorellina e mostrarle le cose.
Sua madre indossava un cappotto nero per difendersi dal freddo. La maggior parte delle donne aveva il capo coperto con uno scialle bianco ma, nonostante il clima invernale, sua madre si era messa il suo cappello migliore, anch’esso nero, con una veletta sbrindellata e un fiore artificiale afflosciato sul bordo. Salvatore aveva sentito che una volta, prima della sua nascita, i fiori erano stati due. Capiva che lei aveva indossato il suo cappello in modo che gli americani vedessero che la loro famiglia aveva una certa posizione.
Concetta Caruso era bassa, scura e ferocemente orgogliosa. Era convinta che la gente del suo paese fosse superiore a quella dei paesi vicini e che il Sud italiano, il Mezzogiorno, fosse più bello di tutte le altre terre del mondo. Lei non sapeva che cosa mangiassero nelle altre nazioni, e non se ne curava. Perché il cibo italiano era il migliore.
Sapeva inoltre che, quali che fossero i santi a cui si rivolgeva per chiedere aiuto, Dio vedeva tutti i peccati del mondo e sarebbe stato Lui a decidere se mostrare o no compassione.
Quello era il destino. Inesorabile, sicuro come la cupola azzurra del cielo sopra la terra. Andare in America non avrebbe cambiato quello che era già scritto.
“Perché andiamo in America?” aveva chiesto Salvatore, mentre prendevano posto sul carretto che li avrebbe trasportati dalla piccola fattoria di famiglia a Napoli.
“Perché in America ci sono i soldi, Totò” aveva risposto suo padre. “Una montagna di dollari da inviare a tua nonna e alle tue zie, così possono mandare avanti la fattoria.”
“Non possiamo fare i dollari a Napoli?”
“A Napoli? No.” Suo padre aveva sorriso. “L’America ti piacerà. Tuo zio Francesco è già là, e anche tutti i cugini che non hai mai incontrato, e ti stanno tutti aspettando per salutarti.”
“È vero” aveva chiesto Salvatore “che in America sono tutti felici e puoi avere tutto quello che vuoi?”
Ma prima che suo padre potesse rispondere, era intervenuta sua madre.
“Non sei tu che devi pensare a essere felice, Salvatore” aveva detto con fermezza. “Sarà Dio a decidere se meriti di essere felice. Sii grato di essere vivo.”
“Sì, Concetta, ovviamente” aveva replicato spazientito suo padre. Lui non era così religioso. Ma Concetta era implacabile.
“Solo i banditi fanno quello che vogliono, Salvatore. I camorristi. E Dio li punirà. Obbedisci ai tuoi genitori, lavora duro, abbi cura della tua famiglia. Questo è tutto.”
“Ma si può sempre scegliere” aveva aggiunto con gentilezza lo zio Luigi.
“No, non c’è scelta” si era infiammata Concetta. Poi aveva abbassato lo sguardo sul piccolo figlio, adottando un tono più morbido: “Sei un bravo ragazzino, Salvatore, ma non devi sperare di avere troppo, o Dio ti punirà. Ricordatelo sempre”.
“Sì, mamma” le aveva detto.
Vicino a sua madre c’era lo zio Luigi che teneva l’altra mano della piccola Maria.
Lo zio Luigi era piccolo. Aveva una testa rotonda e le ciocche di capelli che vi appiccicava sopra non riuscivano a nascondere la sua calvizie. Non era forte come il padre di Salvatore, che lo tollerava a fatica. Aveva lavorato in un negozio; gli piaceva andare in chiesa con sua sorella e sapeva anche leggere e scrivere, ma nessuna di queste cose impressionava gli altri uomini della famiglia. “Leggere e scrivere è una perdita di tempo” diceva il padre di Salvatore. “E i preti sono tutti mascalzoni.” Lo zio Luigi era un po’ strano. A volte mormorava tra sé e fissava nel vuoto, come stesse sognando. Ma tutti i bambini gli volevano bene e Concetta lo proteggeva.
Salvatore era tra Anna e Paolo. Anna era magra e seria. Anche se aveva soltanto nove anni, era la figlia più grande e aiutava la madre in tutto. Lei e Paolo non andavano sempre d’accordo, ma a Salvatore lei piaceva, perché lo portava a spasso nei boschi quand’era piccolo e gli dava il cioccolato.
Paolo aveva quasi due anni più di Salvatore. Era il suo migliore amico; facevano tutto insieme. Durante il viaggio, Paolo si era ammalato e aveva tossito in continuazione, ma adesso sembrava stesse meglio, e lo zio Luigi diceva che l’aria fresca lo avrebbe rimesso in sesto.
Salvatore amava la sua famiglia. Non poteva immaginare la vita senza di loro. E adesso avevano tutti attraversato l’oceano sani e salvi e stavano arrivando a Ellis Island. Laggiù, lo sapeva, sarebbero stati perquisiti prima di ottenere il permesso di entrare in America.
Era questo il terribile segreto che aveva sentito il padre riferire alla madre neanche un’ora prima. Uno della famiglia non ce l’avrebbe fatta.
Rose Vandyck Master fissava il quadro. Era un affascinante acquerello del suo cottage a Newport, e le era piaciuto così tanto che lo aveva appeso alla parete nel suo boudoir, sopra il piccolo scrittoio francese dove le piaceva scrivere lettere. Suo marito William era al lavoro e i bambini erano fuori, così poteva stare in pace. Si era appena messa il suo girocollo di perle. Per qualche ragione, le sembrava sempre di pensare meglio quando indossava le sue perle. E aveva bisogno di concentrarsi, perché doveva prendere una delle decisioni più difficili della sua vita.
Rose Master era una privilegiata, se ne rendeva conto. Era una moglie fedele, una madre amorevole e governava le sue case alla perfezione. Ma tutta questa fortuna era arrivata grazie al duro lavoro e al calcolo. E non poteva certo sorprendere che intendesse andare oltre. Se suo marito lavorava per incrementare la fortuna di famiglia, allora il suo compito, per come la vedeva lei – e buona parte delle donne che conosceva sarebbero state d’accordo –, consisteva nel migliorare la loro posizione sociale. A dire il vero, per una donna sposata della sua classe e della sua epoca, per di più ambiziosa, non c’era molto altro da fare.
La questione che le si presentava era senza dubbio complicata. C’erano molti elementi da tenere in considerazione, opportunità da cogliere, tranelli da evitare. E più si saliva la scala sociale, più la libertà di scelta si restringeva.
Dove sarebbe andata a vivere la famiglia?
Non d’estate, naturalmente; quel problema era stato risolto molto tempo prima. Andavano sempre al cottage.
Ogni famiglia aveva bisogno di un cottage, cioè di una casa sulla costa. Poteva essere modesta oppure sontuosa, ma era lì che madri e figli trascorrevano i mesi estivi e i mariti, che si supponeva avessero del lavoro da svolgere in città, li raggiungevano per i fine settimana. E le famiglie più chic avevano cottage a Newport, Rhode Island.
Newport era stata scelta per una buona ragione. Come gli inglesi e i francesi avevano scoperto nei secoli precedenti, il suo magnifico porto era profondo e riparato. Il New York Yacht Club, che ogni anno adesso sconfiggeva l’élite inglese del Royal Yacht Squadron nell’America’s Cup, aveva lì la sua base. Le tante miglia di costa incontaminata offrivano lo spazio per tutti i cottage di cui l’alta società poteva avere bisogno, e molto di più, perché la società di Newport era esclusiva. Se entravi nell’élite di Newport, allora avevi raggiunto la vetta.
Naturalmente non si poteva mancare. Un paio di anni prima, quando suo marito l’aveva portata a Londra per la stagione, lei aveva insistito per essere a Newport entro la seconda settimana di luglio. Con decine di ereditiere americane già maritate all’aristocrazia inglese e una colonia americana regolare che adesso amava la capitale inglese, alcune persone chic – lo steamer set – preferivano trascorrere l’inverno a New York e l’estate a Londra. Ma a Rose piaceva farsi vedere a Newport. “Altrimenti” aveva informato suo marito “la gente potrebbe pensare che siamo caduti in disgrazia.”
Newport era perfetta per l’estate. Il problema era New York.
La famiglia in città era ben rappresentata. La nonna di William, la vecchia Hetty Master, risiedeva ancora nello splendido isolamento a Gramercy Park. Suo padre Tom aveva acquistato di recente la meravigliosa residenza nella parte bassa della Quinta Avenue del compianto Sean O’Donnell, morto in un viaggio di ritorno dall’Inghilterra. E negli ultimi anni William e Rose avevano preso in affitto una bella casa, più su lungo la stessa via. Ma ora il proprietario la rivoleva indietro ed era giunto il momento di comprare la casa dove vivere.
“Sarebbe meglio che tu decidessi dove andare, Rose” aveva osservato William. “Brooklyn o Queens, Manhattan o il Bronx. Staten Island se vuoi. Purché sia in città.”
Tecnicamente tutti i posti bizzarri che aveva citato facevano ora parte della città. Poco prima dell’inizio del nuovo secolo queste aree periferiche – Brooklyn e Queens County su Long Island, parte del vecchio territorio olandese del Bronx sopra Manhattan a nord e la rurale Staten Island dall’altra parte del porto a sud – erano state incorporate nella città di New York in espansione. Brooklyn, orgogliosamente indipendente, era stata appena convinta a unirsi. I Five boroughs – i cinque distretti amministrativi – che si erano così formati facevano di New York la metropoli più popolosa del mondo, dopo Londra.
E in ognuno di questi cinque boroughs c’erano case splendide, parchi deliziosi e aperta campagna. Ma Rose Master non era libera di sceglierli. La famiglia poteva vivere soltanto a Manhattan, e nemmeno ovunque.
Lower Manhattan – la parte bassa di Manhattan – per esempio, era da escludere. L’area della città vecchia adesso era tutta commerciale. Anche le gradevoli zone intorno a Greenwich Village o Chelsea, verso nord e a ovest, erano state invase dagli immigrati e trasformate in gran parte in alloggi popolari. La New York rispettabile si era gradualmente trasferita a nord e continuava a spostarsi. Gli eleganti negozi della vecchia Broadway, come la gioielleria Tiffany, si erano trasferiti nei quartieri alti insieme ai loro clienti. Lord & Taylor e Brooks Brothers, entrambi di moda a quei tempi, si trovavano già all’altezza della Ventesima Strada.
Poi c’era la questione del rumore. Dopo la tremenda tempesta di neve del 1888 che aveva paralizzato la città, tutti avevano concordato che i fili del telegrafo avrebbero dovuto essere seppelliti sottoterra. Era stata un’operazione facile da realizzare e aveva migliorato l’aspetto del posto. Molte persone argomentavano anche a favore dei trasporti sotterranei, che sarebbero stati nascosti alla vista e più al riparo dalle intemperie. Ma in questo caso sarebbe occorso più tempo. Per il momento, i convogli della El, con il loro rumore, il loro fumo e i binari che scorrevano davanti alle finestre di tutti, sbuffavano e sferragliavano ancora sopra i viali dell’East Side dell’isola e anche su alcune zone del West Side.
Di conseguenza, la New York alla moda avanzava verso nord, evitava il fumo e il rumore e abbracciava il centro più tranquillo. I quartieri residenziali migliori erano sulla Quinta, su Madison Avenue e nelle strade limitrofe.
“Che ne dici di Park Avenue?” aveva suggerito William.
“Park Avenue?” aveva gridato lei, prima di rendersi conto che la stava prendendo in giro. “Nessuno vive lì.”
Il problema di Park Avenue risaliva a trent’anni prima, quando il commodoro Vanderbilt aveva fatto erigere un capannone ferroviario sulla Quarta Avenue all’angolo con la Quarantaduesima Strada, che fungesse in qualche modo da terminal. In quei giorni la Quarta aveva cambiato nome in Park Avenue, che suonava abbastanza bene. Ma il terminal era un gran caos, gli scali di smistamento si dispiegavano a nord di esso in una striscia orrenda per una decina di blocchi. Persino sopra la Cinquantaseiesima Strada, dove i binari si stringevano ed erano coperti, il rumore e il fumo che si sollevavano dal centro del viale indicavano che lì sotto doveva esserci un vero e proprio inferno.
“Che ne dici allora del West Side?” disse lui. “È una zona più conveniente.”
Era una sottile provocazione, lei lo sapeva. Non che il West Side andasse disprezzato; erano passati già da un pezzo i giorni in cui il Dakota si ergeva nel deserto. Il West Side era più tranquillo e i prezzi dei terreni più bassi; le grandi case familiari nelle vie laterali erano spesso più grandi delle loro equivalenti nell’East Side, e anche lì stava sorgendo qualche residenza davvero signorile.
Ma chi viveva lì? Il punto era quello. Qual era il tono del posto? Un indirizzo nel West Side sarebbe suonato alla moda quanto il cottage a Newport?
No, doveva essere da qualche parte vicino alla Quinta e alla Madison. Ma quanto più su?
Erano trascorsi circa vent’anni da quando i Vanderbilt avevano costruito le loro imponenti residenze sulla Quinta, all’altezza della Cinquantesima. Da allora, la gente aveva cominciato a costruire più a nord. Palazzi di tutti gli stili, progettati da architetti come Carrère e Hastings, Richard Morris Hunt, e Kimball e Thompson, erano sorti tra gli anni Sessanta e Settanta sulla Madison e la Quinta. Castelli francesi, palazzi rinascimentali, gli stili più nobili tratti dal menu architettonico della Vecchia Europa venivano elegantemente saccheggiati e copiati affinché i loro proprietari po...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. New York
  3. Prefazione
  4. Nuova Amsterdam
  5. New York
  6. La ragazza di Boston
  7. La ragazza di Philadelphia
  8. Montayne’s Tavern
  9. Londra
  10. Abigail
  11. Il lealista
  12. Il patriota
  13. Vanessa
  14. Guerra
  15. Fuoco
  16. Amore
  17. La capitale
  18. Niagara
  19. Oltre Five Points
  20. Crystal Palace
  21. Lincoln
  22. Reclutamento
  23. Sonata al chiaro di luna
  24. Neve
  25. Vecchia Inghilterra
  26. Ellis Island
  27. Empire State
  28. Brooklyn
  29. Il Ponte di Verrazzano
  30. Dopo il tramonto
  31. Sala parto
  32. Millennio
  33. Giochi di palazzo
  34. Le Torri
  35. Epilogo
  36. Ringraziamenti
  37. Copyright