
- 240 pagine
- Italian
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eBook - ePub
La trasformazione (Urania)
Informazioni su questo libro
LA TRASFORMAZIONE Riley e Asha sono passati attraverso la Macchina della Trascendenza e sono diventati più che umani. Rientrati sulla Terra arriva la notizia che i pianeti ai margini della Federazione sono silenti e tutte le spedizioni mandate a controllare non hanno più fatto ritorno. Solo l'ultima astronave è ricomparsa, ma i componenti dell'equipaggio sono morti. Tocca a Riley e Asha indagare, ma "la galassia è enorme e le vaste braccia della spirale sono in gran parte inesplorate, del tutto sconosciute, come la terra incognita del cuore dell'Africa nel diciannovesimo secolo. Quindi, chissà cosa potrebbe celarsi in quell'immensità sconosciuta...".
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Informazioni
Argomento
LetteraturaCategoria
Fantascienza1
L’invasione era iniziata un milione di cicli lunghi prima, ma la galassia è più grande di quanto una mente possa comprendere e le informazioni faticano a superare lo spazio interstellare. La Federazione galattica era stata lenta a riconoscere la natura del pericolo.
Federazione galattica era in realtà un nome improprio. Occupava infatti solo un braccio della spirale della galassia locale che gli umani chiamavano Via Lattea sebbene, negli ultimi cicli lunghi, le esplorazioni si fossero spinte fino al braccio opposto in cerca di quella che era stata denominata macchina della trascendenza. Non stupisce, dunque, che l’invasione non fu scoperta finché non si persero i contatti con alcuni pianeti remoti della Federazione, che non inviavano più capsule di messaggi attraverso la rete di nodi che aveva reso possibili i viaggi e le comunicazioni interstellari, né confermavano la ricezione dei rapporti periodici e delle richieste di routine.
Alla fine la burocrazia si svegliò e inviò navi di sorveglianza automatizzate e, quando queste non fecero ritorno, altre navi con rappresentanti delle varie specie della Federazione. Anch’esse scomparvero, finché un singolo vascello danneggiato non tornò nello spazio della Federazione, restando immobile nel punto in cui si era materializzato. Quando infine fu raggiunto e abbordato, gli investigatori scoprirono che l’equipaggio era senza vita, tranne un unico sopravvissuto: il capitano.
Si trattava di un doriano, la cui voce gutturale fu registrata prima della sua morte. «Sono tutti morti, tutti morti» disse. I soccorritori non capirono se parlasse dell’equipaggio o degli abitanti dei pianeti che erano andati a controllare. «Li abbiamo portati a bordo, pensando fossero la prova di ciò che era accaduto, forse delle registrazioni, secondo il nostro ufficiale scientifico. Ma dovevano essere avvelenati. Sono stati sterilizzati, secondo le procedure. Abbiamo fatto tutto secondo le procedure. Sono usciti fuori, invisibili, ma abbiamo capito che c’erano da ciò che è successo. L’equipaggio è impazzito, capite? È stata opera delle creature invisibili, e i membri dell’equipaggio si sono aggrediti a vicenda, come se cercassero di fuggire. Ma non ci sono riusciti, e sono tutti morti. Tutti morti.»
Gli investigatori non trovarono tracce di possibili invasori, nelle rilevazioni automatiche della nave, soltanto registrazioni dei membri dell’equipaggio che si uccidevano a vicenda a mani nude o con qualsiasi arma improvvisata riuscissero a strappare dalla nave. Il vascello era tornato soltanto perché il capitano aveva programmato delle istruzioni automatiche in caso di emergenza.
Alla fine, il Centro galattico cominciò a prendere in considerazione la possibilità che qualcosa di misterioso e forse invisibile fosse emerso dal braccio inesplorato della spirale della galassia, o entrato nella galassia dall’esterno. Tre cicli lunghi più tardi, la notizia raggiunse Riley, Asha e la pedia nel cuore del pianeta degli umani.
Asha inviò un messaggio a Riley: «Mettiti in contatto per le stelle silenti. La pedia dice che l’invasione è probabile al 92,4 per cento».
Riley si rivolse a un Jak ringiovanito nel suo laboratorio sotto la superficie lunare. Jak era uno scienziato pazzo, che aveva trasformato i suoi cloni in agenti inviati alla ricerca della macchina della trascendenza. Riley gli aveva spiegato il processo di trasmissione della materia che conduceva alla trascendenza. Era stato un atto di fede cieca, se non di arroganza: Jak era uno scienziato pazzo, ma era pur sempre lo scienziato pazzo di Riley. Ora, con una copia della macchina della trascendenza riprodotta nel suo laboratorio, Jak era stato la cavia del suo stesso esperimento, prima di ripeterlo su sua figlia Jer, e il processo gli aveva restituito la salute, oltre alla giovinezza. Era ancora pazzo, ma meno disperato di prima.
Il laboratorio stesso era quasi immutato rispetto a quando Riley aveva spiegato ai due della macchina della trascendenza, offrendo loro la sfera rossa che aveva trovato sul primitivo pianeta dove la macchina lo aveva fatto finire, dove i dinosauri erano sopravvissuti, evitando le catastrofi che avevano fatto estinguere le loro specie o i loro equivalenti evolutivi su altri pianeti. Anche la sfera rossa era sopravvissuta per millenni, unico artefatto in quel braccio della galassia appartenente agli esseri che avevano creato la macchina della trascendenza. Forse conteneva anche i loro segreti.
Ma ora il laboratorio era pieno dei macchinari della trascendenza.
«La pedia pensa che la galassia sia stata invasa» fece sapere Riley.
«La pedia non pensa» lo corresse Jak, «calcola.»
«Comunque…»
«I suoi calcoli sono di solito accurati, sebbene limitati dalla mancanza di immaginazione.»
«Quindi… pensi che ci sia davvero un’invasione?»
Jak si strinse nelle spalle. «È una questione di definizioni. La galassia è enorme e le vaste braccia della spirale sono in gran parte inesplorate, del tutto sconosciute, come la terra incognita nel cuore dell’Africa nel diciannovesimo secolo. Chissà cosa potrebbe celarsi in quell’immensità sconosciuta, come la cultura che ha creato la macchina della trascendenza, finché non entrerà nella nostra sfera di consapevolezza.»
«Quindi, secondo te non importa se quel qualcosa sia nativo della nostra o di un’altra galassia?»
Jak alzò di nuovo le spalle. Sembrava che quella conversazione lo annoiasse. Si annoiava con facilità, quando non si parlava delle sue idee.
«Ma di certo ciò che importa è se siamo invasi o meno.»
«Siamo?» ripeté Jak. «È un problema della Federazione.»
«E se la Federazione fosse sopraffatta?»
«Saremo tutti morti da tempo, prima che questa faccenda influenzi il nostro minuscolo angolo di galassia» continuò Jak. «Sempre che mai avvenga. La galassia è molto più grande, e le sue stelle molto più distanti l’una dall’altra di quanto chiunque di noi, me compreso, possa immaginare. Il nostro sistema è un luogo remoto e povero. Potrebbe non essere neanche preso in considerazione.»
«E questo è un motivo sufficiente per non preoccuparsi?»
«Quella che si deve preoccupare, semmai, è la pedia» riprese Jak. «Quello è il suo imperativo categorico: il bene della specie umana. È questo che intendevo quando ho parlato di mancanza di immaginazione. Noi abbiamo altre scelte. E sprecare del tempo della mia limitata esistenza per pensare a una possibile invasione in un remoto futuro da parte di creature ignote non è tra queste.»
«Quindi, ritieni che sia possibile?»
«Ah, ritengo che sia probabile. Come ho detto, i calcoli della pedia sono piuttosto accurati, e possiede capacità di calcolo più grandi di qualsiasi altra cosa da questo lato del Centro galattico. Solo che ho deciso di non farmi coinvolgere.»
Riley annuì e si organizzò per tornare sulla Terra. Si sarebbe occupato di Jak più avanti.
Asha era seduta nello spazioso soggiorno della villa di Latha sull’isola che un tempo si chiamava Sri Lanka e prima ancora Ceylon, Taprobane e Serendip. Come molti dei nomi dati ad aree della superficie terrestre all’epoca del tribalismo, quei concetti erano stati superati dalle persone che un tempo ne avevano avuto bisogno. Ora che la produzione e il consumo di beni non erano più tra le preoccupazioni dell’umanità grazie all’esistenza della pedia e dei suoi moduli di servizio, la gente non sentiva più la necessità di vivere all’interno di mura fisiche e psicologiche. A parte coloro che consideravano quello Stato-balia un insulto all’indipendenza umana e una barriera alla realizzazione dei propri sogni, come gli Anon organizzati intorno a Latha e ai suoi compagni. Lei li chiamava “i suoi figli”.
L’ultima volta in cui Asha si era seduta lì, lei e Latha avevano discusso del modo più opportuno per occuparsi della pedia. Latha e i giovani ribelli che lei chiamava figli volevano distruggerla e far sì che l’umanità conoscesse un nuovo inizio e ricominciasse a prendersi cura di sé e a cercare il proprio futuro, o perlomeno disabilitare le sue funzioni più elevate che trasformavano la sorveglianza in controllo. Asha aveva fatto notare, con tutta la diplomazia che la sua scarsa conoscenza dell’educazione umana le garantiva, che la perdita della pedia avrebbe causato innumerevoli sofferenze, privazioni e morti al resto dell’umanità, impreparato al genere di autosufficienza che gli Anon ritenevano di aver ottenuto. Ciò che serviva, secondo lei, era una maturazione dell’umanità, un’elevazione delle possibilità umane fino al pieno potenziale della specie, così da poter trattare da pari a pari non solo con la pedia della Terra, ma con tutte quelle della galassia.
La stanza era come l’aveva già vista: spaziosa, piena di oggetti costruiti a mano, come i mobili di legno scuro tappezzati di cuscini colorati. Ma Asha si rendeva conto del disagio emotivo che aleggiava al suo interno. Era sfuggita all’abbraccio soffocante di Latha nel cuore della notte, aiutata da suo figlio, che vedeva in Asha una rivale capace di rubargli le attenzioni della madre. La tensione, come un elefante cingalese, pesava al centro della stanza. Nessuno ne parlava. Asha, invece, parlò di ciò che le era accaduto nel suo viaggio verso quelli che un tempo venivano chiamati Stati Uniti, nell’area che una volta aveva il nome di Utah.
«C’è un gruppo di edifici abbandonati, nel continente nordamericano, a nord dell’area museale che una volta si chiamava Salt Lake City» spiegò. «È lì che la sorveglianza è iniziata, e le connessioni, le interconnessioni e le interfacce informatiche si sono evolute in quella che oggi chiamiamo pedia. E è lì che l’abbiamo incontrata.»
«L’avete incontrata?» ripeté Latha. «Non mio figlio.» Ecco: l’elefante era stato riconosciuto. «Lui è tornato indietro.»
«Spero che tu non abbia provato un eccessivo risentimento nei suoi confronti» rispose Asha. «Ha fatto ciò che credeva giusto. Ha riconosciuto che avevo una missione e che la tua ospitalità non ti faceva comprendere la mia necessità di andarmene.» Non avrebbe rivelato che il ragazzo aveva delle motivazioni personali, né che l’ospitalità di Latha fosse stata per lei una prigionia. «No, con me c’era Riley, l’uomo per cui ho attraversato la galassia.»
«Ah» commentò Latha, «che storia romantica! Non mi avevi mai parlato di questo Riley.»
«Non ero certa di trovarlo qui, ma ci siamo incontrati e insieme abbiamo affrontato la pedia.»
«Avete affrontato la pedia?»
«Ci abbiamo parlato. O meglio, abbiamo parlato alla persona o alla creatura attraverso cui la pedia ha deciso di parlarci.»
«Perché?» chiese Latha. Sembrava sorpresa, per la prima volta, al pensiero che qualcuno potesse davvero parlare con la macchina che lei considerava l’arcinemico dello spirito umano, e da cui per tutta la vita aveva cercato di non farsi notare.
«Io e Riley abbiamo deciso che combattere la pedia non sarebbe servito a nulla. Non che ne avessimo mai parlato. È stata una decisione che noi due abbiamo raggiunto separatamente. So che questo va contro tutto ciò per cui tu hai lavorato e lottato, ma abbiamo ritenuto che il nostro futuro, e il futuro dell’umanità, per parlare in grande, richiedesse di confrontarci direttamente con la pedia. E ora sono qui per parlarvene.»
Latha restò impassibile per diversi secondi, prima di ripetere: «Perché?».
«Grandi incertezze esistono nella nera distesa di tempo che noi chiamiamo futuro» rispose Asha, «ma questo lo sappiamo per certo: sarà pericoloso, forse letale. Affinché la vita senziente possa sopravvivere e, come noi speriamo, prevalere, avrà bisogno di tutto l’aiuto possibile, compreso quello delle macchine che ha sviluppato nel tentativo di liberarsi dalla tirannia delle insensate forze dell’universo.»
«È stata la pedia a dirti questo?»
«No, è ciò che abbiamo detto noi alla pedia. Che lo scopo dell’intelligenza autocosciente è comprendere, per rispondere alle grandi domande dell’esistenza: da dove siamo venuti, dove stiamo andando, quando finirà tutto e cosa significa?»
«Le uniche risposte a domande simili possono venire da una rivelazione» obiettò Latha.
«Quanto al perché ti sto dicendo tutto questo» riprese Asha, «è perché abbiamo bisogno degli Anon. Sono pensatori e creatori indipendenti. Potrebbero essere una forza soverchiante, nelle battaglie che verranno. Ma sono limitati dalle loro paranoie.»
«Le nostre preoccupazioni sono legittime» dichiarò Latha. «Compreso il fatto che il tuo arrivo qui possa essere stato monitorato dalla pedia, e che di conseguenza la nostra sicurezza sia stata violata.»
«Ci sono problemi più gravi» obiettò Asha. «Tra cui l’informazione che ci è giunta, secondo la quale la galassia è stata invasa.»
«Invasa?»
«Non dovreste preoccuparvi solo della pedia: è qualcosa di molto strano, accaduto alle stelle più lontane della nostra galassia.»
«Che intendi per strano?»
«Hanno interrotto le comunic...
Indice dei contenuti
- Copertina
- Frontespizio
- LA TRASFORMAZIONE
- 1
- 2
- 3
- 4
- 5
- 6
- 7
- 8
- 9
- 10
- 11
- 12
- 13
- 14
- 15
- 16
- 17
- 18
- 19
- 20
- 21
- 22
- 23
- 24
- 25
- 26
- I RACCONTI DI URANIA
- E CAMMINO SOLO. di Giampietro Stocco
- 70 ANNI. DI URANIA (1952-2022). LA STORIA DEL. PREMIO URANIA
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