Cardan si è trovato pochissime volte a girare da solo per il mondo dei mortali. Quel paesaggio così diverso lo affascina. Davanti a lui, la strada. Sabbia, detriti e pietrisco amalgamati da bitume puzzolente. Passa davanti a negozi di alimentari, parrucchieri, farmacie con le luci ancora accese. Tutto puzza di ferro e di marcio, ma in qualche modo ci bada sempre meno via via che si abitua a quel mondo.
Sopra i vestiti si è messo una delle felpe di Vivi e ha la spada di Jude in spalla. Grazie a un incantesimo la spada è diventata invisibile e lui sembra un mortale.
Si è portato dietro la mappa di Bryern, ma si rende subito conto che sulla mappa non sono indicati i segnali stradali e che serve una conoscenza della zona che lui non possiede. Dopo qualche giro confuso, si dirige verso un distributore di benzina sperando di ottenere qualche indicazione.
Dentro, c’è un tizio brizzolato dall’aria annoiata e sopra di lui un televisore acceso sul canale del meteo. Dietro i cavi, gli snack e tre frigoriferi pieni di bibite fresche e cibo surgelato. Su uno scaffale dedicato alle specialità locali, caramelle morbide salate e una cosa chiamata granchio bollito. In mezzo alla corsia centrale c’è un espositore girevole carico di libri tascabili usati, perlopiù gialli e romanzi rosa. Cardan lo studia facendolo ruotare con un gesto pigro della mano. Mio duca, un romanzo con la foto di un uomo a petto nudo in copertina, e vicino i sequel Un duca in fuga e Sì, mio duca. Un altro libro intitolato Il detective narcolettico ha in copertina il disegno di un occhio chiuso.
Cardan però non vede mappe.
«Mi scusi» dice avvicinandosi all’uomo dietro il banco per fargli un incantesimo. Non c’era Jude a disapprovare quel gesto e in quel modo avrebbe potuto fare al commesso delle domande che altrimenti sarebbero sembrate alquanto sospette. Ma con Aslog in mente, non può ignorare i brutti ricordi di Castelperso e gli orrori delle domestiche stregate. Cardan decide così di affidarsi alla stravaganza tipica dei mortali e di sperare in bene. «Avrebbe qualcosa per orientarmi nella sua terra?»
«Mmm...» L’uomo apre una teca con sigarette e medicine e tira fuori un grande foglio piegato, una mappa di tre anni prima. «Queste non vanno più adesso, con quei telefoni... Non le ordiniamo più ormai, ma può prenderne una se vuole.»
Cardan spiega la carta sul bancone e cerca di capire dove si trova e dove deve andare, confrontando mentalmente ciò che ricorda degli appunti sulla mappa di Bryern e quella cartina di scarso aiuto.
Il commesso gli indica i tascabili esposti vicino a chewing-gum e caramelle. Sulle copertine viola sono raffigurati alberi morti in stile horror e un titolo in un font con il sangue che cola dalle lettere. «Se sta cercando posti interessanti da vedere da queste parti, quello l’ho scritto io e me lo sono autopubblicato. Guida ai luoghi segreti di Portland, Maine.»
«Bene, lo prendo.» Cardan si congratula con se stesso per essere passato per un mortale.
E se ha l’impressione che l’uomo bofonchi qualcosa sui forestieri mentre batte il libro in cassa, be’, qualsiasi cosa abbia detto, Cardan è sicuro che non c’entri niente con il Popolo.
E naturalmente non ha denaro mortale con sé. Ma il Sommo Re degli Elfi si rifiuta di pagare con foglie trasformate in denaro come uno zoticone. Porge all’uomo dell’oro ed esce con i suoi acquisti e un sorriso soddisfatto.
Sotto il cono di luce di un lampione, sfoglia il libro scritto dal mortale. C’è una parte dedicata ai rapimenti da parte degli alieni e Cardan si chiede se non ci sia Balekin dietro. Anni che volano veloci come fossero ore è la ricaduta comune sulla memoria dopo aver subito l’incantesimo.
Poi legge di un fantasma che infesta una strada molto frequentata della città, riempiendosi di birra e vino quando gli altri avventori non lo vedono. Doveva essere Ladhar. Scorre le pagine e scopre storie di navi fantasma e una di una sirena che, dagli scogli, strega i marinai con il suo canto portandoli alla sciagura.
Finalmente s’imbatte nella tana di Aslog, i boschi di William Baxter. Cardan non sa da quanto tempo viva lì esattamente, ma dopo aver trovato due racconti di una strega che vive in quei boschi deduce che debbano essere almeno un paio di anni. Pare che ci fosse un sentiero una volta, ma dopo la sparizione di tre persone che facevano footing le guardie forestali lo avevano chiuso.
Con la mappa piena di nomi di strade, ci mette poco a trovare il sentiero vietato, salta una palizzata e scende giù da un dirupo. Una volta entrato nel fitto del bosco, persino l’aria sembra ovattata. I rumori dei motori delle automobili e il ronzio perpetuo delle macchine si affievoliscono. Cardan annulla l’incantesimo, felice di essersene liberato, e si inebria del profumo di muschio e di terra. Il chiaro di luna si riflette sulle foglie e sulla pietra. Procede con passo felpato. Poi fiuta un altro odore, un odore di capelli bruciati.
E vede Aslog curva su due pietre sovrapposte. Il suo corpo massiccio si piega mentre le fa girare una sull’altra come una macina improvvisata dalla quale esce una polvere bianca fine fine. Accanto, scorge una griglia consumata e ammaccata, come se fosse stata presa da un mucchio di immondizia. Aslog ha arredato la sua tana con delle sedie da veranda tutte arrugginite e un vecchio divano sul quale crescono funghi. E, per terra, indumenti abbandonati qua e là.
«Principino» dice la troll. «Tu nel mondo dei mortali!»
«Anch’io sono rimasto sorpreso di trovarti qui, Aslog dell’Ovest. Mi chiedo cosa sia cambiato per spingere la regina Gliten a darti una caccia così serrata. Di sicuro non c’entra con quello che stai facendo qui.» E con un gesto indica la sua misteriosa operazione.
«Ho aggiunto della farina d’ossa al mio pasto» gli risponde Aslog. «L’ho macinata fine come i chicchi di grano. I miei filoni diventeranno famosi come mai prima, e non per la stessa ragione. E se ho servito al desco della regina Gliten le ossa del suo consorte, che m’importa? Si merita questo e altro e io, a differenza sua, pago i miei debiti.»
Cardan sbuffa e lei lo guarda sorpresa.
«Be’» commenta, «hai fatto una cosa orribile, ma anche un po’ buffa. Scusa, se l’è mangiato con il burro o con la marmellata?»
«Tu butti sempre tutto sul ridere, quando faresti meglio a chiudere la bocca!» gli dice guardandolo in cagnesco. «Ora me lo ricordo.»
Cardan non le spiega che gli viene sempre da ridere quando è nervoso. «Sono venuto per farti un’offerta, Aslog. Io non sono mio padre. E in qualità di Sommo Re posso costringere la regina Gliten a cederti la terra che ti ha negato, anche se questo non ti risparmierà le conseguenze per ciò che hai fatto. Però,posso aiutarti, se me lo permetterai.»
«A te che importa di qualche mortale? Non ricordo che tenessi tanto ai mortali... fino a quando non te ne sei preso una in sposa. A pensarci bene, non ricordo che tu tenessi tanto a nessuno.»
«Sei stata tu a dirmi che le storie cambiano» replica Cardan. «E i bambini con loro. Siamo entrambi diversi da com’eravamo l’ultima volta che ci siamo incontrati.»
«Tempo fa non avrei potuto desiderare più di quello che mi stai offrendo. Ma ora è troppo tardi. Sono davvero cambiata.» La troll scoppia a ridere. «Cos’hai lì sulla schiena? Non certo un’arma. Non sei un guerriero...»
Cardan guarda la spada di Jude con imbarazzo. Aslog ha ragione. Prende un lungo sospiro. «Io sono il Sommo Re degli Elfi. Ho fatto emergere un’isola dal fondo del mare. Ho strangolato una decina di cavalieri con un viluppo di rampicanti. Non credo di averne bisogno, ma mi fa sembrare più formidabile, non trovi?»
Quello che non le dice è che l’ha portata per rallentare Jude, nel caso si svegli presto e fraintenda la situazione.
«Vieni qui e siediti vicino a me» fa Aslog indicandogli una delle sedie.
Cardan fa per andare a sedersi. Dopo tre passi, la terra gli cede sotto i piedi. Ha qualche secondo per darsi dello stupido quando atterra sul fondo della trappola e una gabbia di ferro cala come una ghigliottina su di lui. Intorno, un pulviscolo di lucenti particelle nere. Respira e comincia a tossire, come se si stesse soffocando con braci ardenti.
Il ferro.
Si libera dalla gabbia e si rimette in piedi. I frammenti metallici gli si attaccano ai vestiti, gli pungono la pelle come tante piccole formiche infuocate.
Jude non avrebbe mai commesso un errore del genere, ne è più che sicuro. Lei sarebbe stata in guardia dal momento in cui avrebbe messo piede in quei boschi.
No, non è vero. Jude è sempre in guardia, in ogni momento della sua vita. E poi il ferro non l’avrebbe minimamente rallentata.
Se lui si fa uccidere in quel modo, lei non glielo perdonerà mai.
«Neanche il Sommo Re può sopportare il ferro» dice Aslog, che si è avvicinata alla trappola e lo guarda dall’alto. Cardan può vedere gli alberi sopra di lei e la luna piena e luminosa, una moneta argentea e lucente che ruota in cielo.
Il primo accenno del sole all’orizzonte è ancora lontano e da lì sotto lui non può nemmeno vederlo.
La troll si china per rialzarsi con un lungo palo in mano. Sembra un rastrello al quale sono stati tolti i denti per metterci al loro posto una punta nera. Aslog si inginocchia e lo usa come se fosse un arpione e Cardan un marlin.
Lo manca per due volte, alla terza gli scortica la spalla. Lui si allontana dal suo raggio d’azione e si fa scudo con la sedia che li divide.
Aslog ride. «Ti toglie persino i poteri, reuccio.»
Con il cuore che gli batte forte, disteso fra quel pulviscolo di ferro, riesce a fare appello ai suoi poteri magici. Può sentire la terra, attingervi ancora. Ma quando con la mente raggiunge gli alberi per attirarne i rami a sé, perde il controllo. Il pulviscolo di ferro indebolisce i suoi poteri.
Ci riprova e vede i rami tremare, sente che si piegano. Forse se si concentra bene...
Aslog cerca di arpionarlo un’altra volta. Cardan si fa scudo con la sedia e l’arpione metallico ci cozza sopra, riecheggiando come una campana.
«Andiamo!» dice ad Aslog. «Mi hai messo in trappola. Non posso andare da nessuna parte, quindi possiamo parlare.»
Raddrizza la sedia arrugginita scrollandosi il pulviscolo di ferro che ha addosso nonostante il terribile bruciore alle mani, e si accomoda. Incrocia le gambe in un gesto volutamente rilassato.
«C’è qualcosa che vorresti dirmi prima che ti trafigga da parte a parte?» gli chiede lei senza infierire. «Sei venuto nei miei boschi, reuccio, e mi hai offesa con la tua offerta di giustizia....