A inizio ottobre in Lapponia è già inverno, un inverno freddo, glassato di neve bianca accecante. Aguzzando bene la vista, magari con un paio di occhiali da sole, si può scorgere una slitta trainata da nove renne che sfreccia tra gli abeti. La neve scricchiola sotto i pattini, e piccole nuvolette bianche segnano il suo percorso. Non è fumo, è il fiato condensato delle renne e del pilota, un vecchio signore con gli occhiali e la barba bianca. In questo momento nessuno di voi lo riconoscerebbe: è appena tornato da una settimana di pesca nei fiordi in incognito. Non indossa il suo famoso costume rosso bordato di pelliccia bianca, ma un giaccone blu e un cappello di lana verde, e le renne non hanno la loro solita bardatura natalizia di campanelli tintinnanti.
Ha fretta, Babbo Natale. Ha fretta perché in Lapponia a ottobre il Natale è già nell’aria: è il momento della prima grande ondata di lettere. Si lavora duro, in Lapponia, per esaudire i desideri dei bambini di tutto il mondo. Babbo Natale si sente un po’ in colpa per avere lasciato i suoi elfi da soli a compilare elenchi di giocattoli da fabbricare. Forse per questo, per sentirsi un po’ meno in colpa, decide di fermarsi a ritirare le lettere dei bambini.
Posteggia la slitta qualche metro prima dell’enorme cassetta rossa e fa ben attenzione che le renne non stiano lì davanti. Potrebbero rimanere travolte dalla cascata di lettere, come è successo ad Alabaster Snowball, l’elfo addetto alla posta. Non potendo più contare sull’agilità di un tempo, Babbo Natale sistema un sacco aperto sotto la cassetta e si allontana, facendo scattare l’apertura con un ramo.
Lo sportello si spalanca. Ma anziché liberare un fiume di buste multicolori, resta lì a cigolare strattonato dal vento. Dentro Babbo Natale trova una sola lettera, una bolletta della luce, e due ragni, che in ragnesco gli dicono “chiudi, che fa freddo”.
“Alabaster avrà appena ritirato la posta” pensa, mentre stacca le renne dalla slitta e le guida nella piccola stalla di tronchi d’albero che si trova di fianco alla sua casa. Le mangiatoie sono vuote e le renne annusano l’aria, cercando di capire cosa c’è per pranzo.
«Ora vado a vedere, Scintilla» dice Babbo Natale, accarezzando il muso bianco della renna più vicina, che abbassa la testa e gli dà delle spintarelle con le enormi corna. «Intanto vi lascio un po’ di avena.» E si avvia verso la grande casa di legno a due piani, con il tetto coperto di neve e le finestre illuminate che promettono calore.
«Oh, oh, oh!» si annuncia sulla soglia, scrollando la neve dagli stivali, per poi lasciarli nell’ingresso con le pareti rosse a stelline dorate.
Il fuoco nel camino del soggiorno è acceso, ma non c’è nessuno ad accoglierlo. Il divano bianco e rosso è in ordine, il tappeto con la sua caricatura è stato ripulito di fresco e tutti i mobili di legno profumano di cera all’arancia e cannella, che a Babbo Natale fa venire una gran fame. Nel suo studio la scrivania, di solito sommersa di lettere, è così sgombra e lucida che ci si può specchiare.
Babbo Natale si ravvia la barba con le mani, aggiusta gli occhiali sul naso, agguanta il suo cappello rosso dall’attaccapanni a corna di renna e se lo infila: molto meglio. Ora però deve risolvere il mistero degli elfi spariti.
In cucina, una truppa di pupazzi di neve di zucchero glassato si riposa sul vecchio tavolo; la stufa panciuta è spenta. Niente elfi.
“Saranno in laboratorio a costruire giocattoli” pensa Babbo Natale sgranocchiando un pupazzo. “I miei elfi sono macchine da guerra, di sicuro non dormono da sette giorni per preparare i primi ordini.”
Ma anche il laboratorio è vuoto di elfi, di martellamenti e del profumo del legno intagliato e incollato che di solito lo invade. Tutti gli attrezzi sono appesi in ordine a una parete; sui tavoli non un trenino, né un cavallo a dondolo, né un burattino.
Niente elfi nemmeno nella grande biblioteca, che ospita tutti i libri scritti su di lui, né in sala da pranzo. Babbo Natale aguzza le orecchie: gli sembra di sentire una cantilena, una filastrocca, una voce ritmata. Sale la scala in punta di piedi, socchiude la porta della camera degli elfi, ed eccoli! Seduti sui due letti più vicini alle finestre, uno smartphone tenuto alto perché lo possano vedere tutti. Sullo schermo, il video di un ragazzino che scandisce:
Yo, Bienne,
molla le tue renne,
metti il turbo ai tuoi regali,
siam clienti aerospaziali.
Gli elfi muovono la testa a tempo e imitano il suono della batteria con la bocca. Sono così presi dal video che non si accorgono nemmeno che Babbo Natale è entrato.
«Oh, oh, oh!» dice lui di nuovo, un po’ meno convinto. «Non mi ha scritto nessuno, quest’anno?»
Alabaster sobbalza alla voce del capo e mette in pausa il video.
«Bentornato, Bienne. Grandi novità!»
«Bienne?»
«Bi-Enne. B.N., Babbo Natale, insomma. I ragazzi ti chiamano così.»
«Quali ragazzi? Da quando?»
«I bambini e le bambine di Xmas Master, il canale YouTube che ti hanno dedicato.»
Gully Imp scivola veloce dietro a Babbo Natale e sistema una sedia, mentre Wunorse Openslae lo fa sedere con una spintarella.
«Bienne, i tempi sono cambiati.»
«In una settimana?»
«Da un bel po’, ma sai che in Lapponia arriva tutto in ritardo.»
«È il fuso orario…» Minstix sta per partire con una delle sue interminabili lezioni, ma Bushy gli scaglia un’occhiata che gli chiude la bocca all’istante.
«Questa settimana hanno lanciato Xmas Master… un enorme successo. Guarda!»
Gli mette sotto il naso lo smartphone. Babbo Natale avvicina un ditone allo schermo, ma poi non sa bene cosa fare: non ha mai toccato un touch screen. Alabaster gli fa scorrere sotto gli occhi decine di video di bambini di tutto il mondo: canzoncine, pezzi rap, videomessaggi, interviste ad altri bambini.
«E non è finita» continua Alabaster, passando all’app di posta elettronica. «Abbiamo ricevuto migliaia di lettere virtuali. Mail da tutto il globo. Ormai chi non ha il collegamento Internet?»
«Lettere virtuali» ripete Babbo Natale, con le dita che annaspano nell’aria nella vana ricerca di buste fruscianti.
«Sì, Bienne. Un grande successo, che ci mostra chiare e tonde due cose.»
E tace, annuendo insieme agli altri elfi, che evidentemente le trovano altrettanto chiare e tonde.
«Quali?» chiede Babbo Natale spazientito.
«Primo: che sei sempre sulla cresta dell’onda, Bienne. I bambini ti amano, credono in te. Vogliono che sia tu a portare i regali di Natale. Tu, con il tuo vestito rosso e il tuo “oh, oh, oh”, non un anonimo corriere.»
Babbo Natale si lascia sfuggire un sospiro di sollievo, tambureggiando le dita sulla pancia.
«Secondo: dobbiamo rinnovarci, stare al passo con i tempi. Devi essere il Babbo Natale di oggi, ma anche del futuro. Insomma, devi svecchiarti!»
«Ma se hai appena detto che i bambini mi amano!»
«Sì, ma ti vogliono un po’ più cool.»
«Cul?»
«Cool, figo. Cioè, smart. E speedy, soprattutto.»
Minstix spinge di lato il suo collega elfo.
«Piantala, Alabaster, così lo confondi. Insomma, Babbo Natale, non devi mica snaturarti. Basta un tocco qua e un tocco là… Che ne so, cambiare la montatura degli occhiali… Un taglio hipster a capelli e barba…»
«No, la barba no!» Alabaster scansa Minstix. «Devi cambiare il modo di comunicare con i tuoi fan. Siamo nell’era di Internet, mica puoi permetterti di farti vedere giusto la notte di Natale. Dobbiamo aprire un account Instagram, come minimo. E una pagina Facebook. E un profilo Twitter, e uno su TikTok e poi…»
«La slitta» dice una vocina dal fondo della stanza.
Gli altri elfi si zittiscono. Wunorse Openslae si fa largo fino a un palmo dalla faccia di Babbo Natale. «Ti serve una nuova slitta, Babbo Natale. Supersonica e ipertecnologica, con un design spaziale.»
«Ti sei sempre occupato tu della slitta, Wunorse. Sei in grado di costruire una slitta supersonica?»
«No.» L’elfo arrossisce fino alla punta delle orecchie. «Ma so come fare a procurarcela. È ora che qualcuno faccia a te un bel regalo di Natale.»