Una vita nuova
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Una vita nuova

  1. 204 pagine
  2. Italian
  3. ePUB (disponibile sull'app)
  4. Disponibile su iOS e Android
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Una vita nuova

Informazioni su questo libro

Due amici su un'auto rossa attraversano l'Italia: musica da cantare, il vento tra i capelli, la mano fuori dal finestrino a giocare con l'aria. Hanno una quarantina d'anni e una vita incagliata. Andrea aspetta un verdetto da cui dipende la sua vita sentimentale. Paolo è in crisi: di coppia, di identità, di mezza età. O forse è solamente bisogno di leggerezza.

L'auto su cui viaggiano è una vecchia Fiat 850 spider. Il padre di Paolo l'aveva dovuta vendere per far spazio alla famiglia, e ancora la rimpiange. Così Paolo ha deciso di recuperarla e fargli una sorpresa.

Mentre risalgono dalla Puglia a Milano, Paolo e Andrea parlano tra loro con la spietatezza che ci si può concedere solo fra amici: l'amore, il lavoro, i genitori... E quelli che sembravano problemi insolubili si sgonfiano alla luce di una leggera ironia. Sarà un viaggio pieno di divertentissimi imprevisti e di scoperte, delle bellezze che a volte non si vedono mentre siamo concentrati a fare quello che gli altri si aspettano da noi. Un viaggio che condurrà Paolo dal dovere al volere, dal pensare al sentire, dal pudore alla tenerezza.

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Informazioni

Editore
Mondadori
Anno
2021
Print ISBN
9788804741237

1

«Paolo, domani mattina posso venire da te a farmi una sega?»
Sono rimasto in silenzio.
«Ho l’esame dello sperma e devo tassativamente consegnarlo entro quaranta minuti dalla…»
«E allora?»
Rientravo dal lavoro, avevo avuto una giornata complicata e non ci tenevo a sapere tutti i dettagli.
«Non mi va di masturbarmi in una stanzetta asettica e triste, ma da casa mia alla clinica ci vuole almeno un’ora, e i miei poveri spermatozoi morirebbero in auto, una strage che non mi sento di affrontare. Invece tu sei praticamente attaccato.»
Il fatto che per Andrea fosse del tutto normale masturbarsi in casa mia mi metteva a disagio. Fosse stata la casa dove abitavo da ragazzo lo avrei capito, ma con una moglie e un figlio di sei anni era diverso.
Da mesi lui e Marina stavano cercando di avere un bambino.
«Forse il problema sono io» ha detto prima di esplodere in una risata nervosa.
Ho capito in quel momento quanto la cosa fosse seria per lui.
«Che ironia se fossi sterile. Una vita di spaventi e salti del giaguaro all’ultimo secondo.»
Quando avevamo poco più di vent’anni, era finito con una nel parcheggio dell’Altaluna, una discoteca dove andavamo sempre. Dopo un paio di settimane, lei lo aveva cercato: era in ritardo di dieci giorni. Andrea era venuto di corsa a citofonarmi, la faccia bianca come un lenzuolo, gli occhi spiritati, non lo avevo mai visto così.
Si era seduto sul mio letto e con le mani sulla faccia diceva: «Di solito è precisa e puntuale come un orologio svizzero, capisci? Un orologio svizzero. Sono un uomo morto. La mia vita è finita. È un orologio svizzero, cazzo, un orologio svizzero e adesso invece non le vengono da dieci giorni».
Continuava a ripetere quella cosa dell’orologio svizzero, rido ogni volta che ci penso.
«Ok, domattina da me, sono contento di darti una mano» gli ho detto alla fine, quando ormai ero arrivato e mi guardavo in giro per cercare un parcheggio.
«Mi basta la casa, per la mano faccio da solo.»
Ho riso.
Appena dentro, Tommaso mi è venuto incontro. Avrei voluto prenderlo in braccio, lanciarlo sul divano e giocare alla lotta, poi ho pensato ad Alice, a quando mi chiede di non farlo perché altrimenti lo agito e dopo lei ci mette un secolo a addormentarlo.
In realtà ho sempre pensato che ci fosse dell’altro: le pesa dover essere quella che gli dice i “no”, mentre io mi prendo il ruolo del supereroe, con cui si gioca, si scherza e si può fare tutto, anche saltare sul divano.
Per la storia dei “no” discutiamo spesso, con Tommaso mi vorrebbe più autoritario e meno complice.
Mentre caricava la lavastoviglie, ho accennato al fatto che la mattina seguente Andrea sarebbe passato per fare colazione. Volevo dirle la verità, poi all’ultimo istintivamente ho mentito, m’imbarazzava spiegarle il motivo vero.
Subito ha ribattuto che la settimana dopo sarebbe andata dai suoi qualche giorno e avrebbe portato Tommaso, facendogli perdere la scuola. È stato come pareggiare un conto: l’invasione mattutina di Andrea per tre giorni di assenza di Tommaso, senza nemmeno consultarmi. Eravamo dentro una crisi profonda e ogni cosa era territorio di trattative, baratti, ripicche.
La sera, quando mi sono sdraiato nel letto, Alice già dormiva. Mi sono chiesto chi fosse e cosa provassi ancora per lei.
Poi mi sono ricordato di Andrea, che nel giro di poche ore sarebbe venuto a masturbarsi da noi.
Da ragazzini eravamo finiti a una festa a casa di un compagno. Andrea era andato in bagno, sulla maniglia della porta erano appese delle mutande femminili. Non aveva resistito, le aveva prese e annusate. Mentre se le teneva sotto il naso, aveva iniziato a masturbarsi.
La madre era entrata all’improvviso e se l’era ritrovato di fronte. L’aveva subito cacciato dalla festa, e me con lui.
Mentre per strada gli ripetevo che era un idiota, si era fermato e mi aveva detto: «Paolo, forse non hai capito. Le mutande non erano fresche di bucato, erano usate. Che cazzo potevo farci?».
Ero scoppiato a ridere.
Prima di addormentarmi, sono andato in bagno a togliere dal cesto la biancheria sporca di Alice.

2

«Il papà deve firmare dei documenti per quel vecchio conto da chiudere, passo stasera?» ho chiesto a mia madre mentre andavo al lavoro.
«Vieni a pranzo, faccio le polpette.»
Di solito non ho tempo per pranzare, quella mattina mi era saltato un appuntamento e ho accettato. Mi è sembrato che fosse domenica.
Quando sono arrivato dai miei ho citofonato, nessuna risposta. Ho riprovato, silenzio. Per un attimo mi ha preso alla gola il pensiero che si fossero sentiti male.
«Abbiamo fatto tardi al supermercato, e poi siamo venuti dalla zia» ha detto mia madre candidamente quando l’ho chiamata. «Aspetta che te la passo, così la saluti.»
Lo fa spesso: passarmi al telefono le persone con cui si trova, anche se sono estranei. Niente m’infastidisce più di quello strano vizio, non so mai cosa dire.
«Devo rientrare al lavoro, vi lascio i documenti sul tavolo.»
Di tempo ne avevo, volevo farle pesare il ritardo. Non andavo mai a pranzo da loro in settimana, e se n’erano andati in giro non facendosi trovare. Mi avevano fatto sentire poco importante e non ne capivo la ragione. Avevo smesso da tempo di cercare un senso al comportamento di quelle due persone in pensione.
«Puoi entrare e mangiare, è già tutto pronto, devi solo dare una scaldata» ha cercato di rimediare mia madre, ero riuscito a farla sentire in colpa.
Ho usato le chiavi che mi aveva dato lei un paio di anni prima. «Magari un giorno ci succede qualcosa e rimaniamo chiusi dentro.»
Non poteva semplicemente dirmi che le faceva piacere le avessi o che la faceva stare più tranquilla. Doveva prefigurare che avrei potuto trovarli sdraiati sul pavimento della cucina, morti.
Quando glielo avevo fatto notare, aveva risposto subito: «Sono solo una persona che pensa in anticipo alle cose. Sai quante ne succedono ogni giorno».
Lei non era pessimista, era realista. Non era tragica, era lungimirante. Era attenta, non ansiosa. Ed era sempre stata così, solo che con gli anni era peggiorata.
Qualche estate prima, avevo affittato una casa al mare con una piccola piscina. Seduto in giardino, guardavo Alice e Tommaso che giocavano e ridevano in acqua. Il sole era basso, il cielo iniziava a farsi di un blu più intenso, l’erba scintillava di un verde acceso, intorno sfrecciavano degli uccellini, tutto era perfetto.
Ho pensato ai miei genitori, mi sarebbe piaciuto averli con me in tutta quella bellezza. Ho preso il telefono con il desiderio di condividere quel momento magico.
Le prime parole di mia madre sono state: «Stai attento a quella piscina, sai quanti bambini annegano? È un attimo, non ci vuole niente. L’altro giorno al telegiornale parlavano di un bambino di tre anni che è caduto in acqua ed è morto».
Ho guardato Tommaso che nuotava con i braccioli, in un secondo ho visto il suo corpicino a galla privo di vita. Un’immagine che mi ha accompagnato per tutta la vacanza, e di cui avrei fatto volentieri a meno.
Mia madre aveva cancellato tutta la magia: il cielo era scuro, il prato marrone, gli uccellini erano diventati dei corvi. Ho sentito l’ansia salire, come se ci fosse una catastrofe imminente.
Ora le catastrofi riguardano sempre Tommaso, mentre prima erano per me e mio fratello Nicola.
Quando andavo in bicicletta dovevo stare attento a non farmi investire, se partivo per la montagna a non cadere dai precipizi, se c’era la neve alle valanghe. Per un concerto in un palazzetto è riuscita a dirmi: «Stai almeno vicino alle uscite di sicurezza». Quando mi sono comprato la Vespa: «Te le vai proprio a cercare».
Potrei elencare all’infinito cose che non ho fatto per le preoccupazioni di mia madre. Oggi non ho nemmeno più bisogno che sia lei a mettermi ansia, la sua voce vive dentro la mia testa. Il suo programma pessimismo-fastidio-paura è perfettamente installato nel mio cervello e opera in autonomia.
A volte lo uso anche con Tommaso, soprattutto quando era più piccolo: in ogni spigolo, in ogni gradino, in ogni gioco al parco vedevo sangue e danni irreversibili.
Nel tempo l’ansia di mia madre è mutata come un virus, nella mia testa si è installata in una nuova versione 2.0 che entra in azione solo per lo svago e il divertimento.
Se manco da casa per lavoro tutto normale, se manco perché sono in montagna a sciare con degli amici, penso subito che morirò, non vedrò mai più Alice e Tommaso dovrà crescere senza un padre.
Sono entrato e ho detto: «Ciao», per assicurarmi che in casa non ci fosse davvero nessuno.

3

Era la prima volta che mi trovavo a casa dei miei genitori in loro assenza, provavo uno strano pudore. Non capivo quanto fosse lecito...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Frontespizio
  3. Una vita nuova
  4. 1
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  45. 42
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  47. 44
  48. Copyright