DUNE: La lady di Caladan
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DUNE: La lady di Caladan

  1. 564 pagine
  2. Italian
  3. ePUB (disponibile sull'app)
  4. Disponibile su iOS e Android
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Informazioni su questo libro

FAMIGLIA O DESTINO?

Lady Jessica, madre di Paul Atreides e concubina del duca Leto Atreides.

Le scelte che ha compiuto hanno dato forma a un impero, ma ora la lady di Caladan deve fare i conti con le conseguenze del suo gesto: tradire l'ordine del Bene Gesserit, a cui un tempo apparteneva. L'ha già fatto una volta, ma adesso deve decidere se la fedeltà alla Sorellanza è più forte dell'amore per la sua famiglia.

Nel frattempo, gli eventi nell'Impero stanno per precipitare, senza alcuna possibilità di controllo anche per la reverenda madre. Quel che più conta, la famiglia di lady Jessica si trova in rotta di collisione con il destino.

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Informazioni

Editore
Mondadori
Anno
2021
Print ISBN
9788804744450
eBook ISBN
9788835714040

Dune: LA LADY DI CALADAN

Ornamento di separazione
Il programma genetico Kwisatz Haderach è stato concepito a beneficio dell’umanità, ma a che costo? A che costo umano?
— Lady Jessica, diari privati
Nella mente e nel cuore, Jessica si trovava sul fondo di un abisso. Ogni istante la separava sempre più da Caladan, dal duca Leto e da Paul.
Dopo l’ultimatum del Bene Gesserit e le minacce contro la propria famiglia, Jessica aveva solcato i sistemi stellari su un transatlantico della Gilda Spaziale che l’aveva riportata su Wallach IX come una bambina ricalcitrante. Mentre viaggiava sulla navetta dalla gigantesca nave orbitante verso il mesto e gelido pianeta della Sorellanza, non avvertiva il calore del ritorno a casa.
Avrebbe mai rivisto Caladan? O Leto, o Paul? Cambiò posizione sul rigido sedile della navetta. Forse la risposta a quella domanda dipendeva da ciò che voleva da lei la madre superiora Harishka.
Possenti sferzate di venti laterali scossero la nave, costringendo il pilota a ricalibrare la discesa; virò in alto a grande velocità per aspettare che la turbolenza si placasse. Gli altri passeggeri mormoravano in un brusio d’inquietudine, ma Jessica rimase in silenzio. Aveva la propria turbolenza interiore da affrontare.
Mentre guardava fuori dalla losanga dell’oblò, torbide nubi riflettevano il tormento della sua mente. Era insofferente al controllo ferreo che la Sorellanza esercitava su di lei. Per molti anni era stata separata da loro, credendosi indipendente su Caladan, ma ora le consorelle avevano fatto schioccare la frusta. La convocazione del Bene Gesserit non aveva lasciato spazio a discussioni. Se non avesse obbedito, la reverenda madre Mohiam aveva minacciato di distruggere il duca e il futuro di Casa Atreides, e la Sorellanza aveva di certo i mezzi per farlo.
Volevano Jessica per i loro scopi, per questo l’avevano richiamata da Caladan, forse in via definitiva. Mai in vita si era sentita tanto triste, lontana da tutti e da tutto ciò che amava. Ma non aveva intenzione di ubbidire mansueta.
La navetta sballottò ancora nell’aria instabile e, dopo aver aggirato la tempesta, riprese la discesa. Jessica vide che si avvicinavano al complesso della Scuola Madre. Attraverso un velo aggrovigliato di nubi, scorse gli edifici antichi e i nuovi annessi, gli angoli dei tetti dalle tegole rosse, le basse sterpaglie che ricoprivano il terreno. Con i colori dell’autunno, il fogliame era mutato in arancio e scarlatto accesi. Le costruzioni erano collegate, allo stesso modo delle innumerevoli donne della Sorellanza, tutte parte di una complessa e imponente macchina politica.
Jessica aveva vissuto lì sin dall’infanzia, senza genitori, e la Sorellanza l’aveva allevata, indottrinata, cingendo la sua vita dalla nascita fino all’ineluttabile morte. Il Bene Gesserit la possedeva.
Impiegando alcune tecniche che le erano state insegnate alla Scuola Madre, Jessica si concentrò in un esercizio di respirazione che le donava serenità e chiarezza. Sentì i muscoli rilassarsi. Doveva essere al meglio e più lucida possibile per far fronte a qualunque cosa sarebbe venuta dopo.
Mentre si concentrava, la turbolenza intorno alla navetta si placò e le nuvole rimaste si diradarono sopra la zona d’atterraggio nel perimetro del complesso. Con gli abiti caladaniani ancora indosso, Jessica si sentiva fuori posto, ma presto le avrebbero fatto mettere le tradizionali vesti scure della scuola, per ricordarle che era ancora e sempre una di loro.
Wallach IX, con il suo sole debole e il clima gelido, era stato per lungo tempo un luogo in cui le giovani dell’ordine si erano dimostrate all’altezza delle sfide, oppure avevano fallito. Divisa dalla lealtà nei confronti della Sorellanza e della propria famiglia, Jessica provava uno strano senso di nostalgia per l’antico centro di addestramento. In quel luogo lei, molle argilla da plasmare a loro piacimento, aveva trascorso moltissimi anni finché non l’avevano assegnata come concubina ufficiale di un giovane duca con notevoli potenzialità.
E ora era tornata. Ciò che avvertì fu un profondo senso d’inquietudine.
Ornamento di separazione
LA MADRE SUPERIORA Harishka andò ad accoglierla di persona sulla pista. Lo sguardo era penetrante, l’aria severa e intransigente. Malgrado l’età, la pelle dell’anziana donna era assai tirata e liscia, forse per gli effetti geriatrici del melange che assumeva regolarmente. Dopo una vita al servizio dell’ordine, aveva ricoperto per decenni il medesimo ruolo. «Vieni con me. È richiesta subito la tua presenza.» Non parlò della questione urgente che aveva sconvolto la vita di Jessica.
Nonostante l’età avanzata, Harishka procedeva con passo spedito, muovendosi come un comandante militare che guida la carica contro le forze nemiche. Le donne entrarono in un nuovo, grande edificio amministrativo, costruito grazie a una generosa donazione del vecchio visconte Alfred Tull, il cui nome campeggiava su una targa all’ingresso. «Voglio che tu veda questa cosa subito, prima di sistemarti. Potrebbe esserci rimasto poco tempo» disse Harishka. «Devi sapere il motivo per cui sei qui e perché è tanto importante.»
, pensò lei. Ho proprio bisogno di saperlo.
Mentre Jessica la seguiva su per un’ampia scalinata e attraverso lunghi corridoi, assimilava dettagli con la coda dell’occhio ma non poneva domande, malgrado l’estrema curiosità che le strepitava dentro. In una sezione isolata del terzo piano, Harishka la condusse a una finestra panoramica affacciata su una grande camera medica con una porta chiusa. Lì, di fronte al plaz come guardiane, c’erano due consorelle. Decisa a vedere, Jessica si avvicinò comunque alla finestra.
«La stanza è sigillata e barricata, ma non sottovalutare il pericolo. Questo è plaz blindato e trasparente, ma se è abbastanza vigile ci può vedere. Tuttavia, se necessario per la nostra sicurezza, possiamo sempre impostarlo come riflettente» spiegò Harishka.
Con tutte quelle misure, Jessica si aspettava di vedere chissà quale mostro in una gabbia. Invece vide una donna anziana distesa su un letto, che si agitava irrequieta nel sonno. Indossava un semplice camice medicale ed era collegata a tubi e schermi. Il viso si contrasse in una smorfia e gridò, ma lo spesso plaz bloccò tutti i suoni. Nonostante le rughe su collo, braccia e mani cosparsi di macchie cutanee per l’età, il volto non era lontanamente avvizzito quanto il corpo.
Jessica non capiva. «È lei… il pericolo? E perché mi dovrebbe riguardare?»
La madre superiora diede una risposta evasiva. «Lei è Lethea, una madre Kwisatz. Fintanto che rimane in vita e ci nega ciò di cui abbiamo bisogno, serve l’ordine in una veste diversa.»
Madre Kwisatz. Jessica rammentava la prima moglie di Shaddam Corrino, Anirul, presente durante la nascita di Paul e molto interessata al bambino. Anirul era stata tra le fila “nascoste” del Bene Gesserit, ma deteneva sommessamente quello stesso importante titolo. Era morta poco dopo la nascita di Paul.
«E cosa fa una madre Kwisatz?» chiese Jessica. E come mai ha il potere di convocarmi?
«Allo stesso modo di un Navigatore della Gilda che prevede rotte sicure tra le stelle, una madre Kwisatz è in grado di vedere ogni filo nell’immenso arazzo del nostro programma genetico. Lethea è stata sollevata dall’incarico a causa dell’instabilità mentale. È ancora utile, malgrado sia pericolosa.»
Jessica non riusciva a staccare lo sguardo dalla vecchia che si contorceva sul letto medicale, rinchiusa in solitudine. Lethea sembrava a stento capace di muoversi. «Pericolosa?»
Harishka fissava davanti a sé, come se lo sguardo fosse in grado di oltrepassare la barriera. «Ha già ucciso molte di noi. Ecco perché tutta questa sicurezza è indispensabile.»
La madre superiora fece un cenno a una delle due lì ferme a controllare Lethea. La donna era sulla trentina, i capelli neri e la carnagione olivastra. «Sorella Jiara ha sorvegliato Lethea da vicino, ma temo abbia poco da dire.»
Jiara guardò attraverso il plaz. «La sua mente sta cedendo, ma è ancora molto potente.» Si interruppe un attimo. «Abbastanza da uccidere alcune consorelle con la semplice forza della volontà.»
Quasi avvertisse la loro presenza, Lethea aprì gli occhi in strette fessure e fissò Jessica dall’altra parte della stanza blindata. Jessica rabbrividì. «Perché vi serve? Come mai è così importante?»
«Lethea possiede una speciale prescienza di cui la Sorellanza ha bisogno, la capacità di predire il futuro del nostro ordine. Si è già dimostrata preziosa e attendibile, e ci ha permesso di prendere decisioni ponderate. Ma questo dono mentale va e viene, e Lethea ne sta perdendo il controllo.»
«È fuori di senno» aggiunse Jiara, in tono rancoroso. «Ma ha insistito affinché ti portassimo qui.»
Jessica non fu più in grado di trattenere il turbine di domande. «E questo cosa avrebbe a che fare con me? Io non ho mai incontrato questa madre Kwisatz.»
Harishka si voltò verso Jessica e dichiarò: «Sei qui perché Lethea ha detto: “Portatela via! Da questo dipende il nostro futuro”. Poi ha insistito affinché fossi separata da tuo figlio. Dice che potresti causare la fine della Sorellanza».
Jessica si sentiva come se fosse caduta in un precipizio. «Separarmi da Paul?» Questo non aveva alcun senso. «Perché? A quale scopo?»
Harishka sbiancò in viso. «Devi essere tu a scoprirlo. Lei ha predetto orrori, massacri, disastri. Ecco perché ti abbiamo convocata qui con tanta urgenza.»
Dietro la parete di plaz, lo sguardo di Lethea si bloccò su Jessica, poi si spostò per fissare la madre superiora Harishka, Jiara e l’altra consorella. Alla fine, la vecchia chiuse gli occhi e si afflosciò come uno straccio sul letto medicale.
«È furba» sussurrò Jiara. «Guardatela. Se glielo permettiamo, ucciderà altre consorelle.»
«Che stia dormendo sul serio?» domandò l’altra consorella.
Harishka premette un pulsante sul muro e, con un sibilo sommesso, la porta della sala medica si aprì. Chiamò tre consorelle mediche, che si fiondarono lungo il corridoio. «Occupatevi di lei, adesso, finché siete ancora in tempo.» Le tre si affrettarono a entrare, spingendo un macchinario che attaccarono alla vecchia, inserendo tubi e cavi, cercando però di non disturbarla. Due consorelle leggevano i valori, mentre la terza restava all’erta, quasi si preparasse a un assalto.
«Alimentazione endovenosa» spiegò Harishka a Jessica. «Lethea si rifiuta di mangiare da sola. La teniamo in vita, non importa quanto sia contraria. E ci aspettiamo che tu riesca a cavarle qualche risposta.»
Le due donne agirono in fretta, ma mentre staccavano il sondino, la paziente si mosse. Allarmate, le consorelle mediche abbandonarono il macchinario per l’alimentazione e si lanciarono verso la porta.
Lethea si svegliò di scatto e gridò in uno strano modo: «Ferme!».
Jessica riconobbe l’irresistibile potere della Voce. Era così che uccideva?
Due consorelle avevano già varcato la soglia, ma la terza, quella che sorvegliava, si fermò di colpo. Terrorizzata, si dibatté, ma non riuscì a muoversi, come imprigionata da un lazo. Le compagne si voltarono e l’afferrarono, trascinandola in corridoio, poi sbatterono la porta alle loro spalle.
Dimenandosi nel letto medicale, Lethea lanciò sguardi torvi alla finestra.
«Dobbiamo mandarle dentro a gruppi da tre» disse Harishka. «Pare sia in grado di controllare solo una mente alla volta. Così, le altre due possono impedire alla sventurata di ammazzarsi.»
«Per lei è un gioco» disse Jiara, «vuole vedere se riesce a beccarne una da sola.»
Lethea lanciò uno sguardo intimidatorio e agghiacciante verso Jessica, che si rifiutò di voltarle le spalle, incrociando gli occhi della vecchia. «È per questo che ha chiesto di vedermi? Per uccidermi?»
«Probabile» disse la madre superiora. «Molto probabile.»
Ornamento di separazione
Casa Atreides ha sempre misurato il proprio valore in termini di onore, non di estensione dei possedimenti. In ciò che per noi ha importanza, siamo molto più ricchi di tutte le altre Case del Landsraad.
— Leto Atreides, dopo avere assunto il titolo di duca di Caladan
Tutte le principali rotte della Gilda alla fine portavano a Kaitain, la sfavillante capitale dell’Impero. Mentre si spostava a bordo di un transatlantico dal lontano Caladan, il duca Leto viaggiava nella fregata di famiglia, arredata con decori di lusso. Il seguito dei servitori, ben più numeroso del necessario, vestiva di verde e nero, e ciascuna giacca o tunica esibiva il celebre falco Atreides. Quello sfoggio di ostentazione non era affatto ciò che il Landsraad aveva imparato ad aspettarsi dal duca di Caladan.
Dopo il recente attacco terroristico di Otorio, le regole dell’Impero erano cambiate. E dopo ...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Frontespizio
  3. Dune LA LADY DI CALADAN
  4. RINGRAZIAMENTI
  5. Copyright