Usando il bisturi, Nahri tolse lo strato sottilissimo di membrana da un melograno ed espose una sezione di chicchi color rubino. Tenendo il frutto aperto tra le ginocchia, posò il bisturi e prese l’ago. Perforò la pellicina, tirando un pezzo di filo attraverso la scorza per fissare il punto. Si era raccolta i capelli in una crocchia in cima alla testa e il sole le batteva sulla nuca, piacevolmente caldo.
Era una scena idilliaca. Avevano portato la barca accanto a un cumulo di rovine e Nahri era seduta su una colonna abbattuta, scolpita con pittogrammi, che sporgeva dall’acqua. Ali se n’era andato a nuotare nel fiume, e quindi era sola con i suoi strumenti e il silenzio. Le aleggiava sul viso una brezza profumata di fiori selvatici, e sopra di lei gli uccelli cinguettavano soavi mentre costruivano un nido tra i resti del soffitto butterato del monumento.
Chiuse un altro punto e ammirò la fila ordinata che aveva fatto fino a quel momento. La membrana interna del melograno era ancora più delicata della pelle umana, ma le sue suture erano perfette.
E Nahri non era l’unica a pensarlo.
«Un lavoro notevole» si entusiasmò una voce maschile vicino al suo orecchio.
Lei sobbalzò, lanciò uno strillo di sorpresa e quasi si ficcò l’ago in un dito. «Ali, per l’amor di Dio... pensavo che stessi nuotando!»
«Sì, infatti.» Lui indicò il punto in cui le sue impronte scintillavano ancora umide sulla pietra. «Ora ho finito.»
«Allora puoi esercitarti a fare un po’ di rumore quando ti muovi?» Nahri fissò infelice il suo frutto. A causa del sobbalzo, aveva lacerato la membrana. «Hai ucciso il mio paziente.»
«Significa che ce lo possiamo mangiare?»
«No, significa che puoi procurarmene un altro prima che inizi a provare i miei strumenti su di te.»
Ali alzò gli occhi al cielo, ma si diresse verso la barca. L’acqua gli scorreva lungo le gambe. Sempre pudico, teneva uno scialle asciutto a portata di mano quando nuotava, ma era ancora inzuppato fino alle ossa, e le goccioline gli aderivano alla pelle nuda e scintillavano al sole.
«Non ci sono più melograni» gridò, frugando nel cesto in cui conservavano la frutta. «Va bene un’arancia?»
Nahri non rispose subito. Mentre Ali cercava, lo scialle gli era scivolato dalla schiena e il risultato era piuttosto conturbante. Il perizoma che usava quando nuotava era stretto intorno ai fianchi. Molto stretto. Ed era ancora bagnato, quindi lasciava all’immaginazione meno di quanto volesse chi lo indossava.
“Be’, non ti sembra perfettamente guarito?” si chiese Nahri, e poi si sforzò di distogliere lo sguardo; sapeva che fissare il fondoschiena di Ali era di scarso valore diagnostico. «Che cosa?» chiese, distratta.
Lui si voltò, sollevando due arance. «Un’offerta accettabile?»
«Certo.»
Ali la raggiunse. «Mi dispiace averti spaventata.» Allungò il collo e fece roteare una spalla. «Che bello nuotare, però. Ero così debole dopo aver ricevuto il sigillo. Penso che anche un bambino avrebbe potuto picchiarmi.»
Nahri gli lanciò uno sguardo incredulo, osservando il suo corpo flessuoso mentre si lasciava cadere a terra. Anche senza tenere conto di quel che stava pensando lei solo un minuto prima, Ali sarebbe potuto passare per una sorta di mitico spirito del fiume, un guardiano dell’acqua che gli stava scorrendo lungo le braccia. «Tu sei matto. Dio sa che ho visto abbastanza di te quando eri malato, e anche allora eri in gran forma.»
Ali si immobilizzò, con l’arancia che gli penzolava dalla punta delle dita. «Che cosa vuol dire che hai visto abbastanza di me?»
«Voglio dire...» Lei si sentì avvampare le guance. «Sei stato privo di sensi per un paio di giorni. Chi pensi si sia preso cura di te? Yaqub? Riusciva a malapena a vederti.»
Sul volto del principe si dipinse un’espressione inorridita. «Ma sono stato lavato. Sono stato cambiato.»
Nahri cercò di calmarlo. «Senti, è una parte normalissima del mio lavoro...» Quando Ali sembrò ancora più sconvolto e spalancò gli occhi, la sua pazienza svanì. «Per il Creatore, perché devi sempre rendere tutto così imbarazzante? Sono una guaritrice, vedo i corpi della gente – anche degli uomini! – tutto il tempo. E non è che tu abbia qualche motivo di imbarazzo!»
Ali aprì e chiuse la bocca. «Perché non ho motivi di imbarazzo?»
Nahri non si aspettava proprio quella domanda. Prima che potesse impedirselo, tornò con la mente al perizoma bagnato, e toccò a lei agitarsi. «Sei un guerriero. È evidente che hai passato molto tempo ad allenarti e, sai...» lottò per trovare le parole appropriate, maledicendo il calore dell’imbarazzo sulle proprie guance, «... sei ben fatto.»
Non erano le parole più appropriate.
Calò tra loro un silenzio così assoluto che Nahri avrebbe potuto giurare di aver sentito starnutire un insetto.
«Suppongo che fosse un complimento» disse infine Ali, con lo sguardo puntato a terra. «Quindi ti ringrazio. Adesso cambiamo argomento, va bene?»
«Sì, ti scongiuro.»
Quando il principe alzò di nuovo gli occhi, aveva un’espressione cortese e neutrale. «Le rovine» iniziò a dire. «Tutte queste incisioni sono interessanti, no?»
Nahri si tuffò in quel nuovo argomento con entusiasmo. «Sono affascinanti!» Era, in effetti, un soggetto facile con cui distrarre due jinn molto curiosi. Indicò con la testa i pittogrammi più grandi che dominavano la struttura caduta; in gran parte raffiguravano un uomo muscoloso con la testa da coccodrillo. In alcuni punti c’era ancora il colore, anche se sbiadito. «Visto che hanno scolpito coccodrilli su metà dei personaggi, forse dovresti ripensare a tutto quel nuoto.»
«Starò attento.» Ali le lanciò una delle arance e si mise a sbucciare l’altra. «Sai qualcosa su chi costruì questi edifici?»
«No. Ho passato la maggior parte della mia infanzia a infrangere le leggi, non a studiare la storia.» Nahri seguì con un dito la figura di una donna che trasportava un vassoio di grano. «Forse questo era un tempio. Probabilmente garantivano il paradiso a chi passava tutto quel tempo a scolpire le pietre.»
«Sai che ci sono incisioni altrettanto grandi dei tuoi antenati sulle mura che circondano Daevabad?»
«Oh, sì, lo so bene. Perché pensi che abbia usato il mio prestigio religioso per convincere la gente a costruire un ospedale? Almeno è qualcosa di utile.»
Ciò fece spuntare un sorriso più genuino sul viso di Ali e migliorò l’atmosfera. «Da come parli, sembri proprio una rivoluzionaria. La gente mi darebbe del fanatico, se lo dicessi io.»
«A essere sinceri, la gente ti dà del fanatico per molte ragioni.»
«Non si dovrebbero ascoltare i pettegolezzi.» Ali le porse metà dell’arancia sbucciata. «Sai che, se provi a scalpellare i rilievi Nahid, ti dissolvi in una pozza di ottone?»
«Che cosa?»
«Pensi davvero che i miei antenati li avrebbero lasciati lì, se non fosse così?»
Nahri gemette. «Ricordami perché non ci stiamo costruendo una vita pacifica al Cairo, per favore.»
«Perché questa è la cosa giusta da fare?»
«È la cosa-che-accorcia-la-vita da fare.»
«Un passo alla volta» la rassicurò Ali. «Prima Ta Ntry.»
«Ah, sì, un’altra misteriosa corte magica dove arriverò inerme, con solo gli abiti che indosso, e troverò tutta una serie di persone che vorrebbero vedermi morta.» Nahri rabbrividì. «Che cosa pensi sarebbe peggio: che la magia di tutti scomparisse nel momento in cui ci avviciniamo con il sigillo, o che i loro poteri fossero già svaniti?»
«Immagino che nessuna delle due opzioni ci renderebbe popolari. Ma, se mia madre è già lì, non dovremmo avere problemi.» Si incupì. «Chissà se avranno già sentito cosa è successo. Lei potrebbe pensare che sono morto.»
“Immagino che saremmo più al sicuro se tutti ci credessero morti” pensò Nahri.
«Posa la frutta» disse poi, prendendo una decisione e mettendo da parte i suoi strumenti. «Ci eserciteremo con il sigillo.»
Ali sospirò. «Finora non abbiamo ottenuto niente, Nahri. Penso sia chiaro che l’anello con il sigillo di Solimano non avrebbe dovuto lasciare Daevabad. Per quel che ne sappiamo, abbiamo infranto una sacra promessa fatta da Anahid migliaia di anni fa.»
«Non sono ancora pronta ad arrendermi.» Nahri si scervellò, cercando di pensare a eventuali possibilità che non avevano esplorato.
Aggrottò la fronte. «Dove ti fa male?» gli chiese. «Quando usi la magia dell’acqua, dove ti fa male esattamente?»
«Nel cuore, suppongo» rispose lui, toccandosi il petto nel punto in cui si incrociava il tessuto a righe dello scialle.
«Fammi vedere.»
Ali sembrava di nuovo imbarazzato, ma obbedì e tirò giù lo scialle quel tanto che bastava per scoprire la zona del cuore.
“Sei una dottoressa” si disse Nahri, molto irritata dall’effetto che controllare il battito di Ali sul suo petto molto sodo produceva su di lei. Per il Creatore, accidenti a tutti quei combattimenti. Non le sfuggì che lui rabbrividiva al suo tocco e che aveva il battito accelerato, ma non vi si soffermò. Ben fatto o no, probabilmente Alizayd al Qahtani non si era mai concesso un pensiero impuro.
“Peccato” pensò e poi arrossì, resistendo all’impulso di darsi uno schiaffo per recuperare un po’ di buon senso. Non avrebbe più dovuto viaggiare con guerrieri attraenti in missioni pericolose, dopo quella. Era evidente che aveva un problema.
«C’è qualcosa che non va?»
«Sì, il fatto che parli e mi distrai.» Nahri strinse le dita, sondando il muscolo. «È come se ti stessi esaminando con gli occhi chiusi» si lamentò. «Se la mia magia ritornerà, non la darò mai più per scontata.»
«Posso rispondere?»
«No. Voglio che provi un po’ di magia dell’acqua. Quanto basta per innescare un po’ di dolore.»
Ali fece un gesto esagerato per mostrare la sua obbedienza e poi un cenno verso il fiume. Non appena un viticcio d’acqua gli volò sulla mano, sussultò e i muscoli si contrassero sotto le dita di Nahri.
«Mmm» mormorò lei, ritirando la mano. «Non...»
«Aspetta.» Ali le afferrò la mano e se la premette con forza contro il petto. Aveva chiuso gli occhi, che si muovevano sotto le palpebre come se stesse sognando. «C’è qualcosa... penso che se io...»
Il sigillo gli brillò sul viso e poi si spense, la sua luminosità svanì e rimase solo la stella color ebano a otto punte, nuda e opaca contro la tonalità più calda della sua pelle nera. Il potere si diffuse attraverso Nahri, così rapido che la lasciò senza fiato. Sentiva il battito regolare del suo cuore e quello più veloce di Ali. Il flusso di sangue nelle vene e l’aria nelle gole di entrambi.
La sua magia.
Dopo tutte quelle settimane, bastò un accenno a farla sentire come se avesse bevuto troppo vino: una sensazione inebriante di forza e di invulnerabilità. I muscoli smisero di dolerle e i graffi svanirono.
Ali ansimò e spalancò gli occhi.
Nahri lasciò cadere la mano. La magia svanì all’istante, ma era comunque incoraggiante. «Ha funzionato!»
«Fantastico» sussurrò lui, abbassando le spalle. Il sudore gli colò sulla fronte.
Un po’ della gioia di Nahri svanì. «Stai bene?»
«Credo di sì.» Lui si strofinò la pelle sopra il cuore, poi sollevò il palmo e fece schioccare le dita come per evocare una fiamma. «È durato poco.»
«È già un inizio.»
Ali le prese la mano, con l’aria esausta ma non meno determinata di prima. «Proviamo di nuovo.»
«Se insisti.» Nahri gli toccò il petto e quella volta il sigillo si disattivò ancor più velocemente. Inspirò, accogliendo l’abbraccio della sua magia.
Ali fece una smorfia. «Brucia ancora, quando uso i miei poteri acquatici.»
«Resisti ancora un secondo» lo esortò lei, cercando di calmare le fitte di dolore che si irradiavano nel corpo del principe. «Voglio esaminarti il cuore.»
Chiuse gli occhi e si lasciò avvolgere dai suoi poteri. Era come se fosse stata troppo a lungo sott’acqua e fosse riemersa in un mondo le cui sensazioni l’avevano sopraffatta. Davanti a lei, Ali era un labirinto di muscoli e tessuti, in cui scorreva il sangue e si agitavano i fluidi.
E c’er...