Erano passate quasi ventiquattr’ore dalla cerimonia, ma il cuore di Vivi non aveva smesso di galoppare. Era pervasa da un misto di energia e di vertigini, come se si fosse tuffata da un trampolino e stesse precipitando, senza sapere cosa sarebbe successo una volta colpita l’acqua… se mai l’avesse colpita. Tutto quello che aveva creduto di sapere sul mondo era sbagliato. La magia era reale. Lei era una strega. E non era l’unica.
Nel breve tragitto fra lo studentato e la Casa Kappa, tirò fuori il telefono e chiamò la madre per la terza volta quel giorno. E ancora una volta le rispose la segreteria. In passato non le aveva mai dato fastidio che la madre fosse irreperibile, ma quella era un’emergenza. Doveva scoprire quanto Daphne sapesse di quella storia. Anche lei era una strega? Le sue letture dei tarocchi erano veritiere? Oppure era all’oscuro di tutto come Vivi, ignara che la magia fosse reale, molto reale?
“Magia.” Continuava a tornarle in mente il pentacolo scaturito dalla fiamma della candela. Il formicolio alle dita. Voleva sentirlo di nuovo. Capirlo. Sapere cosa si era persa per tutti quegli anni. Scoprire come avrebbe cambiato il resto della sua vita.
Usò la chiave che le avevano consegnato per entrare nella Casa Kappa, ma si fermò sulla soglia, stupita nel vedere che l’interno era completamente diverso dalle altre due volte in cui era stata lì. Quella sera l’arredamento era moderno: mobili di legno chiaro e morbidi cuscini rosa cipria che conferivano all’ambiente un aspetto arioso e invitante.
Si avviò verso il salotto per aspettare le altre, ma non aveva fatto che un paio di passi quando una mano l’afferrò per la spalla, bloccandola. «Attenta.»
Era Mei. La ragazza le indicò sul pavimento una striscia di sale rosa-grigiastro che Vivi stava per calpestare. In mano aveva un barattolo pieno di quelle che sembravano erbe tritate immerse in un liquido viscoso: le ricordava l’olio di oliva al rosmarino che sua madre usava spesso per cucinare.
«Scusa, non l’avevo visto» disse, lanciando un’occhiata perplessa al sale prima di riportare l’attenzione su Mei. Invece delle mèches viola sfoggiate la sera prima, la ragazza aveva un caschetto scalato di capelli corvini che le metteva ancora più in risalto i lineamenti. «Mi piacciono i tuoi capelli. Li hai… Voglio dire, sei stata…» Non terminò la frase, essendosi resa conto che le mancava il vocabolario per formulare la domanda.
Mei sorrise e si scostò i capelli dietro le orecchie. «Lo chiamiamo glamour. Un tipo di incantesimo che risulta facile alle Denari come noi.»
Le parole come noi le suscitarono un brivido di trepidazione. «Cosa significa, di preciso?» Conosceva i semi dei tarocchi, ovviamente. Impossibile crescere con Daphne Devereaux e non avere almeno un’infarinatura degli arcani maggiori e minori, ma voleva capire cosa significasse per lei, per la sua magia.
«I nostri poteri ricadono nel segno di Terra. Vuol dire che per noi è un po’ più facile influenzare o manipolare la natura, sia che si tratti di alberi, animali, sia…» Mei agitò i capelli e si mise in posa, «… la nostra bellezza naturale.» Prese il telefono dalla tasca e piegò la testa da un lato con l’intenzione di scattarsi un selfie, ma nel tempo che ci mise ad atteggiare la bocca a cuore, il lucidalabbra neutro assunse una sfumatura marrone scuro e il caschetto si trasformò in una fluente chioma ondulata.
«Puoi insegnarmi a farlo?» chiese Vivi, sbalordita.
«Certo» rispose Mei, controllando lo schermo mentre caricava la foto su un account Instagram verificato. Quella mattina Vivi aveva cercato su Google tutti i Corvi che ricordava e sapeva che Mei era una blogger molto popolare originaria di San Francisco, con quasi un milione di follower. «Forse però dovresti cominciare concentrandoti su quello che Scarlett vuole insegnarti.»
Vivi contenne a stento una smorfia nel ricordare il sorriso falso e condiscendente della ragazza. «Non dovresti essere tu la mia Sorella Maggiore, visto che siamo dello stesso seme?»
«Ciò che rende speciali i Corvi è la maniera in cui la nostra magia interagisce con le altre. Non sono le cose che abbiamo in comune, ma le nostre differenze, i nostri singoli poteri individuali, a renderci forti. Lo so che sembra banale, ma è la verità. Hai molte più cose da imparare da una persona diversa da te. Mi sono spiegata?»
«Ho capito. A cosa serve quel barattolo di olio?» chiese Vivi.
Mei indicò la porta d’ingresso. «Sto ungendo i punti di accesso della casa. Una piccola protezione extra contro i malintenzionati.»
Vivi annuì, tornando con il pensiero alla sera prima. Era stata talmente euforica dopo la cerimonia da non aver avuto modo di riflettere sull’increscioso episodio della ragazza bruna. Più ci pensava, però, più l’incidente le sembrava inquietante. Aveva l’impressione che fosse stata la stessa tizia che l’aveva fermata sul prato per metterla in guardia contro i Corvi, ma i suoi lineamenti erano stati così deformati dal dolore e dalla rabbia che non poteva esserne certa. «Chi era quella ragazza?» chiese.
Mei strinse le labbra e si lanciò un’occhiata alle spalle; Vivi non capì se era perché cercasse un aiuto o se volesse assicurarsi che non ci fossero orecchie indiscrete. «Un tempo era un Corvo. L’abbiamo bandita un paio di anni fa, quando ha infranto la nostra regola più importante.»
«Quale?» la incalzò Vivi, temendo all’improvviso di aver già violato chissà quante regole sconosciute.
Mei le rispose con un mezzo sorriso. «Non ti preoccupare. Scarlett è la tua Sorellona e ti spiegherà lei tutto quello che c’è da sapere. Ti aspetta nella serra per la lezione.»
«Okay, grazie.» Vivi intuì che Mei non voleva approfondire la questione, ma non riusciva a togliersi dalla mente quella scena: l’espressione spiritata della ragazza, le sue convulsioni sui gradini del portico, le mani che artigliavano il terreno per entrare in casa.
Sapeva soltanto che non voleva fare la sua stessa fine: rimanere fuori a guardare.
Vivi non aveva visitato molte serre, ma le bastò un’occhiata per capire che quella era fuori del comune. Malgrado le pareti di vetro, c’era poca luce; ovunque posasse lo sguardo, piante lussureggianti crescevano a dismisura da grandi vasi di terracotta, con le foglie larghe che proiettavano una miriade di ombre. Inspirò a fondo, cogliendo un’insolita mescolanza di fragranze: lavanda, pepe, menta, salvia, frutti maturi e un vago sottofondo di decomposizione.
C’erano altre quattro neofite già sedute intorno al tavolo rotondo al centro: Ariana, Bailey, Sonali e Reagan. Vivi ci mise quasi un minuto a raggiungerle; dal momento che non c’era uno spazio libero fra le piante, dovette sgusciare tra i grovigli di rampicanti che le sfioravano la nuca con le foglie umide di rugiada.
Si era appena accomodata sulla sedia vuota fra Sonali e Bailey, quando arrivò Scarlett con un cesto coperto da una vaporosa sciarpa viola. «Benvenute, ragazze» esordì e, senza tanti preamboli, cominciò a sistemare sul tavolo alcuni oggetti presi dal cesto. Un paio di tozzi ceri rossi. Un piatto d’argento sbalzato. Una penna di uccello nera. Ariana, seduta di fronte a Vivi, rabbrividì quando la sovrintendente mise sul tavolo l’ultimo oggetto: un teschio umano. Dal canto suo, Vivi non stava nella pelle per l’eccitazione. Finalmente. Dopo un’esistenza vissuta sempre ai margini, stava per imparare il segreto più potente e meglio custodito al mondo: come evocare la vera magia.
«Voi cinque siete state invitate a unirvi alle Kappa perché abbiamo percepito in voi una promessa.» Lo sguardo di Scarlett passò dall’una all’altra, indugiando più a lungo su Vivi. Per qualche ragione, lei non lo trovò rassicurante. «Tuttavia, l’abilità naturale non è l’unica cosa che conta in materia di stregoneria. La magia richiede disciplina. La magia può essere la vostra migliore alleata. Può aprirvi tante porte. Letteralmente. Oppure rendervi un pericolo per voi stesse e per chi vi sta intorno.» Quasi a voler rimarcare il concetto, le piante della serra cominciarono a ondeggiare e frusciare, come smosse da un vento invisibile. Vivi trasalì quando qualcosa le sfiorò il piede. Abbassò lo sguardo e saltò di lato mentre una specie di serpente verde scuro le strisciava accanto.
«È solo una liana» sussurrò Bailey con gli occhi sgranati.
Scarlett schioccò le dita e tutte le piante si immobilizzarono. «Prima di proseguire, però, è essenziale comprendere e accettare le nostre leggi. La prima riguarda il libero arbitrio delle altre persone: non bisogna mai forzarlo… troppo.»
«Cosa significa?» si informò Bailey, battendo le ciglia dietro gli occhiali neri.
«Significa che gli incantesimi di distrazione o di suggestione vanno bene, entro certi limiti. Ma non usiamo il controllo mentale, né costringiamo gli altri ad adottare un comportamento che possa cambiare il corso della loro vita o nuocergli in alcun modo» rispose Scarlett. «La seconda legge prevede che non possiamo aggredire nessuno, se non in caso di autodifesa. E, ovviamente, la terza e più importante legge è…»
«Mai tradire le tue compagne Corvi» si affrettò a dire Sonali.
Scarlett annuì. «Questa regola non riguarda solo la magia. Noi ci sosteniamo a vicenda, a qualunque costo. Queste sono le vostre sorelle. Quando avranno bisogno di voi, le aiuterete. La sera si va in giro in coppia, così come alle feste. Mai lasciare che una sorella si allontani da sola di notte dopo che ha bevuto, e mai, per nessun motivo, entrare in una camera privata durante la festa di una confraternita maschile. Ricordate che l’alcol annebbia la mente e le capacità magiche, e la vostra incolumità viene prima di tutto.»
Scarlett fece una pausa perché le neofite assimilassero le sue parole, poi riprese. «La maggior parte della magia che operiamo si basa sugli incantesimi. Comincerete imparando quelli dei vostri arcani minori, i più semplici, quotidiani. Affronteremo gli arcani maggiori, più grandi e complessi, via via che procederemo con l’addestramento. La prima cosa che vi servirà sono i tarocchi.» Frugò ancora nel cesto e collocò otto diversi mazzi sul tavolo. «Scegliete quello che più vi attira.»
Vivi notò che qualcuno le era familiare, grazie al mestiere di sua madre: le illustrazioni erano grottesche, i colori squillanti, le pose esagerate. Allungò una mano verso un mazzo con il dorso color lavanda e delicate incisioni in bianco e nero, ma prima di poterlo esaminare meglio, con la coda dell’occhio scorse uno scintillio. Era un mazzo color marrone scuro, con disegni in foglia d’oro che brillavano come gemme, sebbene non ci fosse quasi nessuna luce da riflettere. Sfiorò la prima carta con il polpastrello ed espirò piano, pervasa da uno strano languore come se fosse sprofondata in un letto meravigliosamente soffice.
«Mischiate le carte e mettete le prime due a faccia coperta sul tavolo» ordinò Scarlett. Le neofite eseguirono. «Ora giratele.»
Con la mano un po’ tremante, Vivi scoprì le sue carte: il Matto e l’Imperatrice.
«Porca vacca» borbottò Bailey accanto a lei. Vivi notò che le erano capitate le sue stesse carte. Le ragazze si scambiarono occhiate eccitate e nervose nel rendersi conto di quanto era appena accaduto. Avevano tutte estratto le stesse figure.
«Il Matto rappresenta una creatura innocente e ingenua all’inizio di un percorso. Siete tutte voi» spiegò Scarlett, che a quanto pareva non era rimasta sorpresa. «L’Imperatrice è la dea incarnata. Queste sono le due forze degli arcani maggiori che vi serviranno per evocare i primi incantesimi, anche se assegnerò a ciascuna di voi una prova diversa, a seconda del vostro seme.»
«Avremo sempre bisogno delle carte per fare un incantesimo?» chiese Bailey, già rapita dal suo nuovo mazzo.
«No» rispose Scarlett. «I Corvi più potenti sono capaci di usare la magia di qualsiasi seme. E, con la pratica, tutte voi riuscirete a realizzare sortilegi del vostro seme senza l’ausilio delle carte. O almeno, quelle che diventeranno Corvi a tutti gli effetti.» Scoccò a Vivi un’occhiata penetrante. «Perché probabilmente alcune di voi non ce la faranno.» Si rivolse a Sonali. «Okay, sei la prima. Gira un’altra carta, prego.»
Sonali obbedì, scoprendo la Regina di Spade, la stessa carta che aveva estratto la sera prima. «Pronta a evocare la magia di una strega di Spade?» le chiese Scarlett. «Ripeti dopo di me: “Invoco la Regina di Spade, saggia e statuaria. Prestami il tuo potere per evocare l’aria”.»
Con voce tremante, Sonali ripeté la formula. Non successe niente.
«Va tutto bene» le disse Scarlett con una gentilezza per lei inconsueta. «Per il momento sono solo parole. Per trasformarle in un incantesimo, non basta pronunciarle con le labbra e con il fiato. Devi sentirle sgorgare dal cuore.» Era qualcosa che Vivi immaginò avrebbe detto sua madre per raggirare un cliente, ma lì, nella Casa Kappa, bastò per farle venire la pelle d’oca.
Sonali trasse un profondo respiro, poi scandì la frase con voce calma e sonora. «Invoco la Regina di Spade, saggia e statuaria. Prestami il tuo potere per evocare l’aria.» La temperatura nella serra subì un brusco calo e l’atmosfera parve pesante come prima di un temporale. Vivi avrebbe giurato di essersi sentita sfiorare la nuca da un soffio di vento, ma era impossibile: tutte le finestre erano chiuse.
Eppure, con suo sommo stupore, le piante si misero a ondeggiare come se una brezza leggera, ma inequivocabile, avesse cominciato a spirare nella serra, au...