Roccavento
La pioggia cadeva sulla folla triste che si dirigeva verso il Riposo del Leone, come se anche il cielo piangesse coloro che avevano sacrificato la vita per sconfiggere la Legione Infuocata. Anduin Wrynn, Re di Roccavento, era in piedi a pochi passi dal podio dal quale ben presto si sarebbe rivolto ai presenti di tutte le razze dell’Alleanza. Li osservò arrivare in silenzio, commosso nel vederli, riluttante a rivolgersi a loro. Sospettava che quella funzione in onore dei caduti sarebbe stata la più difficile della sua relativamente breve vita, e non solo per gli altri che erano in lutto, ma per lui stesso. Si sarebbe svolta all’ombra della tomba vuota di suo padre.
Anduin aveva partecipato davvero a troppe cerimonie in onore dei caduti di guerra e, come ogni volta – e come a suo parere doveva fare ogni buon leader –, sperava e pregava che quella sarebbe stata l’ultima. Ma non lo era mai.
Non si sa come, c’era sempre un altro nemico: a volte era nuovo, un gruppo apparentemente uscito dal nulla; oppure era un nemico antico e da tempo incatenato o sepolto, apparentemente neutralizzato, che si risollevava dopo eoni di silenzio per terrorizzare e distruggere vite innocenti. Altre volte il nemico era tristemente noto, ma l’intimità della conoscenza non lo rendeva meno minaccioso.
Anduin si chiese come fosse riuscito suo padre ad affrontare quelle situazioni ogni volta. E come avesse fatto suo nonno. Stava vivendo un momento di relativa tranquillità, ma il nemico successivo, la sfida successiva, sarebbero di certo arrivati fin troppo presto.
Non era trascorso molto tempo dalla morte di Varian Wrynn, ma al figlio di quel grande uomo sembrava passata una vita intera. Varian era caduto nella prima, vera offensiva della sua ultima guerra contro la Legione, in apparenza ucciso tanto dal tradimento di Sylvanas Ventolesto, che credeva sua alleata, quanto dalle mostruose creature alimentate dal male, vomitate dalla Distorsione Fatua. Il resoconto di una persona di cui Anduin si fidava diceva invece che Sylvanas non aveva avuto scelta. Anduin non sapeva a cosa credere. Il pensiero della furba e traditrice Capoguerra dell’Orda lo faceva arrabbiare, come avveniva ogni volta. E, come sempre, ricorreva alla Luce Sacra per calmarsi. Non serviva a nulla nutrire l’odio nel cuore, neppure per un nemico che lo meritava. Di certo non gli avrebbe riportato suo padre. Anduin traeva conforto nel sapere che il leggendario guerriero era morto combattendo e che il suo sacrificio aveva salvato molte vite.
Poi, in un istante, il principe Anduin Wrynn si era ritrovato Re.
Benché l’avessero preparato da sempre a occupare quel ruolo, sapeva di non essere pronto per diversi aspetti, anche molto importanti. Forse non lo era nemmeno in quel momento. Varian era una figura incombente, non solo agli occhi del giovane figlio, ma anche a quelli del suo popolo e persino a quelli dei suoi nemici.
Soprannominato Lo’Gosh, o “lupo spettrale”, per la sua ferocia in battaglia, Varian era stato ben più di un possente guerriero con eccezionali abilità di combattimento: era stato un leader straordinario. Nelle settimane immediatamente successive alla scioccante morte di suo padre, Anduin aveva fatto del proprio meglio per confortare una popolazione in lutto e stordita per quella perdita, ma aveva negato a se stesso la possibilità di piangere il genitore in modo adeguato.
Se il popolo piangeva il Lupo, Anduin soffriva per l’uomo. Quando la notte restava sveglio, senza riuscire a dormire, si chiedeva quanti demoni ci fossero voluti per uccidere Re Varian Wrynn.
Una volta aveva espresso questo suo dubbio a Genn Mantogrigio, Re del caduto regno di Gilneas, che si era offerto come consigliere del giovane monarca. Il vecchio aveva sorriso con il dolore negli occhi.
«Ragazzo mio, tutto quello che posso dirti è che prima che arrivassero a tuo padre, lui aveva abbattuto da solo il più grande vilrazziatore di sempre, e tutto per salvare un’aeronave piena di soldati in ritirata. La Legione ha tolto la vita a Varian Wrynn, ma a un prezzo altissimo.»
Anduin non ne dubitava: era poco, ma doveva accontentarsi.
Dato che nel giorno in cui venivano ricordati i morti erano presenti molte guardie armate, Anduin non aveva indossato l’armatura. Portava una camicia di seta bianca, guanti di agnello, brache blu scuro e un pesante pastrano bordato d’oro. La sua unica arma era uno strumento tanto di pace quanto di guerra: la mazza Spezzapaura che portava al fianco. Quando l’aveva donata al giovane principe, l’ex Re dei nani Magni Barbabronzea gli aveva raccontato di come la Spezzapaura avesse versato sangue tra le mani di qualcuno e ne avesse fermato il flusso tra le mani di qualcun altro.
Anduin desiderava incontrare e ringraziare quante più persone possibili: avrebbe voluto consolare ciascuno dei presenti a quella dolente cerimonia, ma purtroppo era impossibile. Gli diede conforto la certezza che la Luce splendeva su tutti… anche su un giovane Re stanco.
Sollevò il viso, sapendo che il sole era dietro le nuvole, e lasciò che la pioggia leggera lo bagnasse come una benedizione. Rammentò che aveva piovuto anche qualche anno prima, durante un evento analogo, in onore di coloro che avevano compiuto il sacrificio ultimo, il più grande, nella campagna per fermare il potente Re dei Lich.
A quella commemorazione avevano partecipato due persone che Anduin amava e che, in quel momento, non erano lì. Una, naturalmente, era suo padre. La seconda era la donna che lui chiamava con affetto zia Jaina: Lady Jaina Marefiero. Un tempo, la signora di Theramore e il principe di Roccavento avevano concordato sul desiderio di pace tra l’Alleanza e l’Orda.
E, un tempo, era esistita Theramore.
La città di Jaina, però, era stata distrutta dall’Orda in modo davvero orribile, e la sua signora, disperata, non era mai riuscita a superare appieno il dolore di quel momento terribile. Anduin l’aveva vista provarci ripetutamente, ma sempre qualche nuovo tormento colpiva il suo cuore ferito. Alla fine, incapace di tollerare l’idea di collaborare con l’Orda anche contro un nemico temibile come la Legione dei demoni, Jaina aveva piantato in asso il Kirin Tor che guidava, il drago blu Kalecgos che amava e Anduin, al quale era stata di ispirazione per tutta la vita.
«Posso?» La voce era cordiale e gentile, così come la donna che aveva parlato.
Anduin sorrise alla Gran Sacerdotessa Laurena: gli stava chiedendo se volesse la sua benedizione. Lui annuì e chinò la testa: il nodo allo stomaco si sciolse e la sua anima si placò. Poi rimase rispettosamente in piedi al suo fianco, in attesa del proprio turno, mentre lei si rivolgeva alla folla.
Anduin non era stato in grado di parlare in modo formale alla funzione in memoria di suo padre: il lutto era troppo fresco e schiacciante. Con il passare del tempo si era modificato nel suo cuore, diventando meno urgente, ma non per questo meno doloroso, quindi aveva accettato di pronunciare qualche parola quel giorno.
Si mise accanto alla tomba del padre, anche se era vuota. La Legione aveva fatto in modo che il corpo di Varian non potesse essere recuperato. Osservò il viso di pietra sulla tomba: era un bel ritratto, e gli fu di conforto osservarlo, sebbene neppure gli abili tagliapietre fossero riusciti a cogliere il fuoco di Varian, il suo carattere irascibile, la sua risata facile, la sua vivacità. In un certo senso, Anduin era felice che la tomba fosse vuota; nel suo cuore avrebbe visto sempre il padre pieno di vita.
Tornò con il pensiero alla prima volta che si era recato nel posto dove il padre era caduto. Dove la leggendaria spada Shalamayne, un dono di Lady Jaina a Varian, giaceva addormentata in assenza del tocco di Varian, in attesa di un’altra persona alla quale avrebbe risposto: il figlio del grande guerriero.
Mentre la teneva fra le mani, Anduin aveva quasi percepito la presenza del padre, e solo quando aveva realmente accettato i doveri di Re, la luce aveva ricominciato a vorticare nella spada, non nella sfumatura rosso-arancio del guerriero, ma nel caldo bagliore dorato del sacerdote. In quel momento, Anduin aveva cominciato a guarire.
Genn Mantogrigio non si sarebbe certo mai definito uno particolarmente eloquente, ma Anduin non avrebbe mai dimenticato le parole che il vecchio gli aveva detto: “Le azioni di tuo padre sono state davvero eroiche. Erano il suo monito a noi, al suo popolo, affinché non ci lasciassimo mai sopraffare dalla paura… nemmeno ai cancelli dell’inferno”.
Saggiamente, Genn non aveva detto che non dovevano mai avere paura dell’inferno: bastava solo impedirgli di vincere.
“Non lo farò, padre. E Shalamayne lo sa.”
Anduin si obbligò a tornare al presente. Annuì a Laurena, poi si voltò per osservare la folla. La pioggia era meno fitta, ma non era cessata, eppure nessuno sembrava volersene andare. Lo sguardo di Anduin passò sulle vedove e i vedovi, sui genitori senza più figli, sugli orfani e sui veterani. Era orgoglioso dei soldati morti sul campo di battaglia e sperava che lo spirito dei vivi trovasse pace nella consapevolezza che i loro amati erano eroi.
Perché nessuno di coloro che si erano riuniti quel giorno al Riposo del Leone aveva lasciato che la paura prevalesse.
Vide Mantogrigio in disparte, appoggiato a un lampione. I loro occhi si incrociarono e il vecchio fece un breve cenno di riconoscimento. Anduin abbassò lo sguardo e lo fece vagare sui volti, quelli che conosceva e quelli che non conosceva. Una ragazzina pandaren stava sforzandosi di non piangere e lui le fece un sorriso rassicurante. Lei deglutì e ricambiò con un sorriso tremulo.
«Come molti di voi, conosco molto bene il dolore della perdita» disse. La sua voce risuonava chiara e forte e arrivava anche alle file più lontane. «Voi tutti sapete che mio pad…»
Si fermò, si schiarì la gola e proseguì. «Re Varian Wrynn… è caduto nel corso della prima, grande battaglia alle Isole Disperse, quando la Legione ha invaso ancora una volta Azeroth. È morto per salvare i suoi soldati: le donne e gli uomini coraggiosi che hanno affrontato orrori indicibili per proteggere noi, le nostre terre, il nostro mondo. Sapeva che nessuno, neppure un Re, è più importante dell’Alleanza. Ciascuno di voi ha perduto il proprio Re o la propria Regina, il padre o la madre, un fratello o una sorella, un figlio o una figlia.
«E siccome lui e tanti altri hanno avuto il coraggio di compiere quel sacrificio, siamo riusciti nell’impossibile.» Anduin guardò i volti uno per uno e capì quanto avessero bisogno di conforto. «Abbiamo sconfitto la Legione Infuocata. Adesso rendiamo onore a coloro che hanno sacrificato tutto, e lo facciamo non morendo… ma vivendo, curando le nostre ferite e aiutando gli altri a guarire, ridendo e sentendo il calore del sole sulla faccia, tenendo stretti coloro che amiamo e dicendo loro a ogni ora, a ogni minuto di ogni giorno, che sono importanti.»
La pioggia era cessata, le nuvole cominciarono ad aprirsi lasciando vedere sprazzi di azzurro.
«Né noi, né il nostro mondo siamo usciti illesi» proseguì Anduin. «Ne portiamo le cicatrici, un Titano sconfitto ha ferito la nostra amata Azeroth con una terribile spada forgiata nell’odio, e non sappiamo ancora quale tributo questa azione esigerà da noi. Nel nostro cuore rimarranno sempre dei vuoti ma, se vorrete servire un Re che piange stasera con voi, se vorrete onorare la memoria di un altro Re che è morto per voi, vi invito… a vivere. Perché i doni dei caduti sono le nostre vite, la nostra gioia e il nostro mondo, e dobbiamo tenerli cari. Per l’Alleanza!»
La folla applaudì, alcuni con le lacrime agli occhi. Toccava ad altri parlare, e Anduin si fece da parte permettendo loro di salire sul palco e rivolgersi alla folla. In quel momento, il suo sguardo cadde su Mantogrigio e il suo cuore perse un battito.
Mathias Shaw, maestro delle spie e capo del servizio segreto di Roccavento, l’SI:7 era accanto al deposto Re di Gilneas, ed entrambi avevano un’aria cupa che Anduin aveva notato in loro solo di rado. Non amava particolarmente Shaw, anche se il maestro aveva servito bene e con lealtà Varian, e ora Anduin. Il Re era abbastanza intelligente da capire e apprezzare i servizi che gli agenti dell’SI:7 rendevano al suo regno, anzi non avrebbe mai saputo con precisione quanti di loro avessero perduto la vita nell’ultima guerra. Diversamente dalle imprese dei guerrieri, erano ben pochi a conoscere le gesta di chi operava, viveva e moriva nell’ombra. No, non era corretto dire che ad Anduin non piacesse il maestro delle spie, rimpiangeva solo che ci fos...