Il nostro giorno migliore
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Il nostro giorno migliore

  1. 204 pagine
  2. Italian
  3. ePUB (disponibile sull'app)
  4. Disponibile su iOS e Android
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Il nostro giorno migliore

Informazioni su questo libro

A volte gli incontri che ti stravolgono la vita avvengono quando meno te l'aspetti. Un po' come l'amore. Prendete Freya, Harun e Nathaniel per esempio. Non si conoscono e le loro vite non potrebbero essere più diverse. Freya è una stella emergente della musica che ora si trova in un punto indefinito fra "l'essere sulla bocca di chiunque" e "l'essere famosa"; Harun sta progettando di scappare da tutto e da tutti e, proprio per questo, a ogni minuto che passa, si sente sempre più un codardo, un bugiardo e un pessimo figlio. Infine Nathaniel, il cui mondo sembra essere collassato in un profondo buco nero che inghiotte tutto lo spazio in cui possono esistere la luce, l'amore, i possibili dopo.

Tre estranei.

Tre solitudini.

E un destino bizzarro che gioca con loro facendoli incontrare per caso. E che poi li spinge a trascorrere un'intera giornata insieme, incapaci come sono di spezzare la cordicella invisibile che collega i loro cuori dal preciso istante in cui si sono conosciuti. Per la prima volta nella vita hanno trovato qualcuno che capisce chi sono davvero, che percepisce la loro tristezza come fosse la propria, anche se non ne comprende l'origine. E un fatto del genere, soprattutto nel momento in cui più si sentono soli e disperati, è una fortuna, anzi un miracolo. Qualcosa che capita una volta sola nella vita. Talmente speciale da dargli coraggio e convincerli che forse è possibile rimuovere la rete di sicurezza e buttarsi, per provare a essere finalmente, e completamente, loro stessi.

Dall'amatissima autrice di Resta anche domani, un romanzo emozionante e sincero sulla ricerca di se stessi e sul potere straordinario dell'amicizia.

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Informazioni

Editore
Mondadori
Anno
2018
Print ISBN
9788804702740
eBook ISBN
9788852089909
1

Mi sono persa

Mi sono persa.
Freya fissa le parole che ha appena digitato sul cellulare.
“Mi sono persa.” Da dove le è venuto quel pensiero?
«Mi scusi, signorina» ripete l’autista dell’autonoleggio, «credo di essermi perso.» E Freya torna di colpo alla realtà. È sul sedile posteriore di una vettura di lusso, si sta recando alla sua settima – o forse è l’ottava? – visita medica nelle ultime due settimane e l’uomo al volante ha da poco fatto inversione all’uscita del tunnel.
Freya apre l’app del calendario. «All’incrocio tra la Park e la Settantesima» gli suggerisce. «Giri a destra sulla Terza, poi a sinistra sulla Settantunesima.»
Torna a concentrarsi sullo schermo. MI SONO PERSA. Undici caratteri. Eppure quelle parole suonano innegabilmente vere, proprio come il do dell’ottava centrale. Invece tanti dei suoi post di questi giorni suonano falsi. Stamattina qualcuno dell’ufficio di Hayden ha condiviso una foto di Freya che stringe un microfono sorridendo. Gli hashtag erano #BornToSing e #ThankfulThursday. In realtà quello più adatto sarebbe stato #TBT, “ThrowBack Thursday”, usato da tutti per i ricordi: non solo perché la foto era vecchia di settimane, ma perché ritraeva una persona che non esiste più.
Mi sono persa.
Che cosa succederebbe se postasse quella frase? Cosa direbbero i suoi fan se scoprissero cosa le sta accadendo?
È soltanto quando il telefono si mette a vibrare che Freya si rende conto di averla pubblicata davvero. Cominciano a piovere risposte ma, prima che riesca a leggerle, ecco un SMS di sua madre: 720 PARK AVENUE, con tanto di segnaposto di Google Maps. Perché ovviamente la madre controlla in continuazione il suo feed, proprio come lei. Ed è chiaro che ha frainteso. In realtà Freya non si è persa. Ha perso la voce.
Cancella il post, sperando che nel frattempo nessuno ne abbia fatto uno screenshot o l’abbia ricondiviso, ma sa bene che da internet non scompare mai niente. Non è come nella vita vera.
Quando l’auto accosta, la madre la sta aspettando; cammina avanti e indietro, stringendo fra le mani i risultati delle analisi prescritte dal medico precedente: per ritirarli ha dovuto fare una scappata in città. «Ah, bene, eccoti qui» esclama, aprendo la portiera con la macchina ancora in movimento e trascinando Freya sul marciapiede prima che lei riesca ad allungare dieci dollari di mancia all’autista. «Ho già compilato i moduli.» Lo dice come se l’avesse fatto per guadagnare tempo, ma è una cosa che fa sempre per tutte le visite della figlia.
Entrano subito nell’ambulatorio, senza sostare in sala d’attesa. È il genere di servizio che si ottiene per 1500 dollari (grazie, Hayden) in una clinica dove non accettano assicurazioni.
«Allora, che problema abbiamo?» chiede il medico, lavandosi le mani. Non la guarda neanche in viso. Probabilmente non ha idea di chi sia. Sembra anziano, una specie di nonno, anche se gira voce che abbia curato diversi prodigi canori, di quelli con il nome d’arte formato da una sola parola… esattamente il tipo di fenomeno che tutti pensavano sarebbe diventata Freya, almeno fino a poche settimane fa.
Vorrebbe aver letto alcune delle risposte prima di cancellare il tweet. Magari c’era qualcuno che poteva consigliarle cosa fare, o semplicemente dirle che non era importante se non riusciva a cantare, tanto i fan l’avrebbero adorata comunque.
Però sa bene che sono stronzate. L’amore non è affatto incondizionato. Niente lo è.
«Ha perso la voce» dice sua madre. «Temporaneamente.» E inizia a ripercorrere quella cronologia ormai fastidiosamente familiare: «Terza settimana di registrazione…», «Stava andando tutto benissimo…», bla bla bla… Ma intanto la frase “Mi sono persa” riecheggia nella mente di Freya, come una traccia in loop, come le canzoni che lei e Sabrina ascoltavano all’infinito finché non le avevano completamente sviscerate e fatte proprie, carpendone tutti i segreti. La madre detestava quella loro mania all’inizio, poi ne aveva scoperto l’utilità.
Il medico le tasta il collo, le scruta la gola, le infila un sondino nelle narici. Freya si chiede come reagirebbe se lei ora sputasse un grumo di catarro. Magari la guarderebbe come una persona e non come un macchinario guasto. Forse la sentirebbe sul serio, a prescindere dalla sua mancanza di voce.
«Mi fai un do acuto?» le domanda.
Freya esegue.
«Riesce a cantare le singole note» spiega la madre. «E ha un’intonazione perfetta. Hayden dice che non ha mai trovato nessuno così intonato.»
«Ah sì?» commenta il dottore, premendole il collo per controllare le corde vocali. «Sentiamo una canzone. Qualcosa di semplice, tipo Tanti auguri a te.»
Tanti auguri a te. Chi non è in grado di cantare Tanti auguri a te? Anche un bambino ci riesce. Perfino chi è stonato come una campana la sa cantare. Per mostrare cosa pensa di quella richiesta, Freya comincia a intonare la canzone, ma con un forte accento francese.
«Tonti oguri a te…» cinguetta. La madre aggrotta le sopracciglia e Freya calca ancora di più l’accento. «Tonti oguri a vous…»
Ma la sua voce è più intelligente di quanto crede. Non si lascerà fregare dalle sue pagliacciate o da quell’accento finto così terribile. Appena la melodia sale di un’ottava, dal sol della quarta al sol della quinta, Freya incespica. Il panico prende il sopravvento e il suo respiro diventa pesante.
«Tonti oguri, caro…» Ed è sul “caro” che succede: la colonna d’aria si blocca, la nota si strozza a metà respiro e ne esce una melodia abortita.
«Tanti auguri a me» conclude Freya, in un tono privo di accento che vuole suonare sarcastico, mimando il gesto del tagliarsi la gola, nel caso il messaggio non sia stato abbastanza chiaro.
«Si tratta di paralisi? Abbiamo sentito dire che è avvenuta una cosa simile a…» la madre abbassa la voce «Adele.»
Freya percepisce una punta di speranza nelle parole della mamma. Non perché la donna si augura davvero che sia una paralisi vocale, ma perché aspira a creare un legame tra Freya e Adele. Qualche anno fa ha letto il libro La via e l’ha adottato in tutto e per tutto. Il suo motto ora è: “Realizza i tuoi sogni”.
«Ti farò fare qualche esame» commenta il medico, trincerandosi dietro il gergo tecnico che ormai anche Freya conosce. «Una TAC, una biopsia, una EMG laringea, magari una radiografia.» Tira fuori un biglietto da visita e glielo passa, lanciandole un’occhiata che sembra tutt’altro che ippocratica. «E forse potresti fare due chiacchiere con uno psicologo.»
«Già fatto, ma la lobotomia non ha funzionato.»
«Freya!» la sgrida la madre, e poi si rivolge al dottore: «Siamo già seguite da un terapeuta».
Siamo. Come se ci andassero insieme. Come se entrambe prendessero le pilloline che dovrebbero calmare l’ansia, la causa ipotizzata per il blocco vocale di Freya.
«È successo di punto in bianco. Letteralmente da un giorno all’altro. Se fosse…» e qui la voce della madre diventa un sussurro «qualcosa di “psicologico”, non capiterebbe così all’improvviso, no?»
Il medico si lascia sfuggire un suono evasivo. «Fissiamo una visita di controllo tra due settimane.»
Fra due settimane, però, sarà troppo tardi. Hayden è stato chiaro. Ha mobilitato diversa gente che gli doveva dei favori per farle ottenere una visita con quel medico così famoso, specializzato nel curare star con il nome di una parola, come Adele, Lorde e Beyoncé. Ha pagato i 1500 dollari del consulto perché giura che quel tizio fa miracoli… ma in realtà sottintende che Freya non ha bisogno di cure mediche dal costo esagerato, ma di una vera e propria grazia.
Fuori le attende un’auto mandata da Hayden, una cosa di cui non si era preoccupato per l’andata. L’autista apre la portiera e accenna un inchino. «Il signor Booth mi ha ordinato di accompagnarla al suo ufficio.»
Freya ha passato la maggior parte degli ultimi due anni nell’ufficio di Hayden, eppure di fronte a quella richiesta le si chiude lo stomaco. La madre sembra sconvolta; dopo tutto quel tempo continua a comportarsi come se Hayden fosse l’imperatore e lei una povera contadina. Scorre freneticamente i messaggi. «Probabilmente vuole solo sapere com’è andata.»
Hayden Booth non convoca mai nessuno senza un motivo, e il motivo non è certo raccogliere informazioni. Freya è sicura che abbia ricevuto una telefonata dal medico appena la porta dell’ambulatorio si è chiusa alle loro spalle. Chissà, magari ha persino ripreso l’intera visita con una telecamera nascosta.
Se un albero cade nella foresta e nessuno lo sente fa comunque rumore? Se Freya non va da Hayden, lui non può licenziarla. Se lui non può metterla alla porta, la sua carriera non finisce. E se la sua carriera prosegue, la gente continuerà ad amarla.
Giusto?
«Sono stanca» dice a sua madre, con un tono affaticato. «Vacci tu.»
«Vuole vedere tutte e due» le risponde lei, e lancia un’occhiata all’autista. «Ha chiesto di entrambe?»
L’autista non ne ha idea. E perché dovrebbe?
«Sono esausta per via di tutti questi stupidi consulti» ribatte Freya, entrando in quella che sua madre chiama “modalità diva”: un atteggiamento che disorienta la donna, perché se da un lato risponde al motto “Realizza i tuoi sogni”, dall’altro risulta fastidiosissimo.
Quando si arrabbia, sua madre increspa le labbra in un modo che la fa sembrare identica a Sabrina, o che fa sembrare Sabrina identica a lei. «È come se i geni avessero scelto da che parte stare» scherzava sempre la loro vecchia babysitter. Intendeva dire che Freya aveva ereditato dal padre la pelle rossastra, la fronte alta e gli inconfondibili occhi etiopi, mentre Sabrina somigliava di più alla madre, con i capelli ricci invece che crespi, e la pelle abbastanza chiara da passare, se non per bianca, almeno per portoricana.
Ma poi la madre ci ripensa, le sue labbra si distendono e smettono di somigliare a una prugna secca. «Sai che c’è? Forse è la cosa migliore. Ci parlo io, gli ricorderò che hai solo diciannove anni, che hai già fatto un sacco di strada e che abbiamo creato un’attesa enorme. Fare aspettare i fan li renderà ancora più affamati. Ci serve soltanto un altro po’ di tempo.» Torna a concentrarsi sul cellulare. «Ti prenoto una macchina con Uber.»
«Mamma, sono capace di tornare a casa da sola.»
Ma sua madre continua a digitare sul telefono. Freya non dovrebbe più prendere la metropolitana da sola. La madre le ha installato un localizzatore sul cellulare: è prudentissima, anche se questa sua cautela è eccessiva e prematura, proprio come la modalità diva della figlia. In fondo non è così famosa. Sulla scala di Hayden si trova in un punto indefinito fra “l’essere sulla bocca di tutti” e “l’essere famosa”. Se va a ballare in discoteca, o fa un giro nei locali frequentati da attori, modelli e cantanti emergenti, la gente la riconosce; se partecipa a un evento in un centro commerciale (cosa che ormai non fa più, visto che gli addetti stampa non la reputano in linea con il suo brand), la folla si accalca. Ma sulla metro, in mezzo alla gente comune, non è proprio nessuno. Per la madre però ogni sua azione deve tendere alla ricerca del successo.
«Faccio un giretto» propone Freya. «Magari passo per il parco, mi schiarisco le idee, do un’occhiata ai saldi di Barneys.»
Sa che sua madre non può negare il potere terapeutico di Barneys. In realtà Freya si sente ancora un po’ a disagio in posti del genere. Spesso la seguono, e non riesce mai a capire se è perché è mezza famosa o perché è mezza nera.
«Prenditi qualcosa di carino» risponde la madre. «Scaccia i pensieri.»
«Cos’altro abbiamo in agenda?» chiede la ragazza per abitudine, perché c’è sempre qualcos’altro da...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Frontespizio
  3. IL NOSTRO GIORNO MIGLIORE
  4. 1. Mi sono persa
  5. Dove ci siamo persi. Parte I. Freya
  6. Dove ci siamo persi. Parte II. Harun
  7. Dove ci siamo persi. Parte III. Nathaniel
  8. 2. Va tutto bene
  9. Dove ci siamo persi. Parte IV. Nathaniel
  10. Dove ci siamo persi. Parte V. Freya
  11. Dove ci siamo persi. Parte VI. Harun
  12. 3. Fame
  13. Dove ci siamo persi. Parte VII. Freya
  14. 4. Bisogna fare le cose nel modo giusto
  15. 5. Felicità
  16. Dove ci siamo persi. Parte VIII. Harun
  17. 6. I piani C
  18. Dove ci siamo persi. Parte IX. Nathaniel
  19. 7. Inghiottire i segreti
  20. Dove ci siamo persi. Parte X. Freya
  21. 8. Lo stile di Sabrina
  22. Dove ci siamo persi. Parte XI. Harun
  23. 9. Cuori spezzati
  24. Dove ci siamo persi. Parte XII. Nathaniel
  25. 10. Solo io e te
  26. RINGRAZIAMENTI
  27. Copyright