La notte in cui nacque Ronja, sui monti infuriava il temporale. Già, era una notte di tuoni così forti da far rannicchiare spaventati nelle loro tane e nei loro nascondigli tutti gli spiriti silvestri che popolavano Bosco Mattis. Solo le crudeli strigagne, che più il tempo era brutto più erano contente, volavano gridando e strepitando intorno alla rocca dei briganti in cima a Monte Mattis. Il rumore disturbava Lovis, che stava partorendo, e così disse a Mattis:
«Caccia via le strigagne! Mi serve un po’ di silenzio, altrimenti non sento quello che canto!»
Dovete sapere che, mentre partoriva, Lovis cantava perché le riusciva più facile, e per di più era probabile che, se fosse venuto al mondo accompagnato dal canto, il bambino nascesse più allegro.
Mattis prese la balestra e scoccò un paio di frecce attraverso la feritoia.
«Via, strigagne!» gridò. «Stanotte avrò un figlio, lo capite o no, piaghe malefiche?»
«Uh uh, stanotte avrà un figlio» strillarono le strigagne. «Figlio di tuoni, piccolo e brutto sarà, uh uh uh!»
Mattis allora scoccò un’altra freccia proprio in mezzo allo stormo, ma quelle gli risero in faccia e si allontanarono lanciando ululati rabbiosi oltre le cime degli alberi.
Mentre Lovis partoriva e cantava e Mattis cercava come poteva di tenere a bada le strigagne, i suoi briganti se ne stavano intorno al fuoco giù nel salone di pietra, mangiando e bevendo e strepitando tanto quanto le strigagne. Qualcosa dovevano pur fare nell’attesa, perché tutti e dodici aspettavano per l’appunto quello che stava per accadere su nella stanza della torre. Mai, infatti, da quando erano briganti a Rocca Mattis, era nato un bambino.
E quello che aspettava più di tutti era Cocciapelata.
«Arriva o no, quel figlio di brigante?» disse. «Io sono vecchio e acciaccato e tra poco dirò addio alla vita da brigante. Sarebbe bello vedere il futuro capo della banda prima di allora.»
Aveva appena finito di dirlo che la porta si spalancò e, fuori di sé dalla felicità, Mattis entrò a precipizio e fece l’intero giro del salone a salti e balzi di gioia, gridando come un matto.
«Sono diventato padre! Avete capito? Sono diventato padre!»
«Maschio o femmina?» chiese Cocciapelata dal suo angolo.
«È una figlia di brigante, gioia e tripudio!» gridò Mattis. «Una figlia di brigante, eccola a voi!»
E in quel momento Lovis oltrepassò l’alta soglia tenendo la bambina tra le braccia. Tra i briganti scese un silenzio assoluto.
«Mi sa che vi è andata di traverso la birra» disse Mattis. Poi prese la piccola a Lovis e la portò in mezzo ai briganti.
«Ecco qui, se volete vedere la bambina più bella mai nata in una rocca di briganti!»
Adagiata tra le sue braccia, la figlia lo guardava con occhi vispi.
«Questa qui sa e capisce già un po’ di tutto, si vede benissimo» disse Mattis.
«Come si chiamerà?» chiese Cocciapelata.
«Ronja» rispose Lovis. «Come avevo già deciso molto tempo fa.»
«E se fosse stato un maschio?» domandò Cocciapelata.
Lovis gli rivolse uno sguardo calmo e severo.
«Se io decido di avere una Ronja, nasce una Ronja!»
Poi si girò verso Mattis.
«Vuoi che adesso la prenda io?»
Ma Mattis non voleva separarsi dalla figlia. Rimase lì fermo a guardare incantato i suoi occhi limpidi, la sua boccuccia, i ciuffi di capelli neri, le mani indifese, e provò un brivido d’amore.
«Bambina mia, in quelle manine stringi già il mio cuore di brigante» disse. «Non lo capisco, ma è così.»
«Posso tenerla un pochino?» chiese Cocciapelata, e Mattis gli depositò Ronja tra le braccia come se fosse un uovo tutto d’oro.
«Eccoti il nuovo capobanda di cui vai parlando da tanto tempo. Però guardati bene dal lasciarla cadere, perché altrimenti è scoccata la tua ora.»
Ma Cocciapelata non fece che fissare Ronja con un sorriso sdentato.
«Sembra che non pesi niente» disse sorpreso, sollevandola e abbassandola un paio di volte.
Mattis si arrabbiò e si riprese la figlia.
«Cosa ti aspettavi, testa di legno? Un capobanda grande e grosso con la pancia e il pizzetto?»
In quel momento tutti i briganti capirono che, se non volevano far perdere il buon umore a Mattis, dovevano stare attenti a non criticare quella bambina. Non era proprio il caso di fargli saltare la mosca al naso. Per questo si misero subito a lodare e decantare la neonata. Scolarono anche molti boccali di birra in suo onore, facendo felice Mattis che prese posto sul suo seggio in mezzo a loro per poi continuare a mettere in mostra la sua straordinaria figliola.
«Questa notizia manderà in bestia Borka» disse. «Che se ne stia pure a digrignare i denti per l’invidia nel suo orribile covo di briganti. Già, morte e dannazione, sarà un digrignare tale che tutte le strigagne e i nanigrigi di Bosco Borka dovranno tapparsi le orecchie, date retta a me!»
Cocciapelata annuì compiaciuto e disse con una risatina: «Oh sì sì, lo manderà in bestia di sicuro. Perché ora la stirpe di Mattis avrà una discendenza mentre quella di Borka andrà dritta affampippolo».
«Sì» confermò Mattis, «dritta affampippolo, sicuro come la morte! Perché a quanto ne so io finora Borka di figli non ne ha avuti, e pare che non ne arriveranno neanche in futuro.»
In quel momento risuonò un tuono di cui non si era mai sentito l’uguale nel Bosco Mattis. Era così forte che persino i briganti impallidirono e Cocciapelata, debole com’era, finì a gambe all’aria. Da Ronja venne inaspettatamente un vagito soltanto, che però scosse Mattis più del tuono.
«Mia figlia piange!» gridò. «Che fare, che fare?»
Ma Lovis, lì al suo fianco, rimase calmissima. Prese la bambina, se l’attaccò al seno e il pianto cessò subito.
«Un bel botto, non c’è che dire» commentò Cocciapelata quando si fu calmato anche lui. «Scommetto che il fulmine ha toccato terra.»
Eh sì, il fulmine aveva toccato terra eccome, e il mattino dopo se ne accorsero. L’antichissima Rocca Mattis in cima al Monte Mattis si era spaccata a metà. Dal colmo del muro di cinta fin giù alla volta più profonda dei sotterranei, era divisa in due parti separate da un baratro.
«Ronja, la tua vita di bambina comincia in modo grandioso» disse Lovis quando si ritrovò con la bambina in braccio di fianco al muro distrutto, a guardare quel disastro. Mattis infuriava come una belva feroce. Com’era potuta accadere una cosa del genere all’antica rocca dei suoi antenati? Ma non era il tipo da restare arrabbiato a lungo per qualcosa, e riusciva sempre a trovare motivi di consolazione.
«Va be’, almeno non dovremo più sorvegliare tutto quell’intrico di cunicoli e cantine e altra robaccia. E magari d’ora in poi nessuno si smarrirà più in giro per Rocca Mattis. Vi ricordate quando Cocciapelata si è perso e ha impiegato quattro giorni a ritrovare la strada?»
A Cocciapelata non andava che glielo si ricordasse. Che colpa ne aveva lui se era andato tutto storto? Dopotutto aveva solo cercato di scoprire quanto fosse immensa e colossale la rocca e in effetti l’aveva trovata grande abbastanza da perdercisi dentro. Poveretto, quando finalmente aveva ritrovato la strada per tornare al salone di pietra era mezzo morto. Per sua fortuna i briganti facevano un baccano tale che li aveva sentiti da lontano, altrimenti non ce l’avrebbe fatta.
«Tanto non abbiamo mai usato tutta la rocca» continuò Mattis. «E continueremo ad abitare nelle nostre sale e camere e nella stanza della torre dove siamo sempre stati. L’unica cosa che mi rode è che abbiamo perso la ritirata. Già, morte e dannazione, adesso si trova all’altro lato del baratro, e poveretto chi non riesce a trattenersi finché non ne avremo pronta un’altra.»
Ma a quello si rimediò in fretta e a Rocca Mattis la vita riprese come prima. Con la differenza che si era aggiunta una bambina. Una bambina che, secondo Lovis, piano piano andava facendo rimbambire Mattis e i suoi briganti. Non che guastasse diventare un po’ più delicati nei modi e più fini nella condotta, ma tutto ha un limite. E c’era un che di innaturale nel vedere dodici briganti e un capobanda sorridere con aria ebete ed esultare solo perché una marmocchietta aveva appena imparato a gattonare per tutto il salone di pietra, come se mai si fosse visto un prodigio uguale sulla terra. In effetti Ronja andava molto spedita, perché si era inventata un trucchetto, facendo leva sul piede sinistro, che i briganti trovavano irresistibile, ma in fondo quasi tutti i bambini imparano a muoversi a quattro zampe, come faceva notare Lovis, senza bisogno di grida di giubilo e senza che per questo i loro padri dimentichino tutto il resto e trascurino addirittura il lavoro.
«Volete proprio che Borka venga a far scorrerie al vostro posto nel Bosco Mattis?» chiedeva accigliata quando i briganti, Mattis in testa, rientravano a un’ora assurda solo perché volevano vedere Ronja mangiare la pappa prima che Lovis la mettesse a dormire nella culla appesa al soffitto.
Ma Mattis non le dava retta.
«Ronja, colombella mia» esclamava quando, con l’aiuto del piedino sinistro, la bambina attraversava come una freccia il salone non appena lui oltrepassava la soglia. E poi si prendeva la sua colombella sulle ginocchia e le dava la pappa, con i dodici briganti che stavano a guardare. La scodella era appoggiata sulla stufa, un po’ discosta, e con le sue manone maldestre da brigante Mattis finiva per rovesciarne parecchia sul pavimento. Oltretutto ogni tanto capitava che Ronja urtasse il cucchiaio facendogli schizzare la pappa sulle sopracciglia. La prima volta che successe i briganti risero...