L'età ridicola
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L'età ridicola

  1. 276 pagine
  2. Italian
  3. ePUB (disponibile sull'app)
  4. Disponibile su iOS e Android
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L'età ridicola

Informazioni su questo libro

A quasi novant'anni, la vecchia vive sola a Torino con l'anziano gatto Veleno, felino human friendly, e con i ricordi di un amore finito (la sua compagna, l'amatissima Nora, è morta da molti anni ormai); non ha altro da fare se non tenere il conto dei nuovi dolori alle ossa, ascoltare alla radio notizie di violenze e catastrofi - omicidi, bombe negli aeroporti, siccità ­-, e fare quattro chiacchiere con l'amica e coetanea Malvina, sempre più smemorata e persa sui sentieri affollati della demenza. La vecchia è decisamente stanca di vivere, stanca "come un vecchio lombrico di cimitero", ma per fortuna nelle sue giornate c'è Gabriela, un grumo di gioventù operosa proveniente dai Paesi dell'Est e sopravvissuto a una sgangherata odissea familiare. E nella vita di Gabriela, oltre a una sfilza di parenti terribili che tentano di estorcerle più denaro possibile, c'è il cugino Dorin, aspirante terrorista attivamente impegnato nel terrorizzare proprio lei, Gabriela, che rifiuta di sposarlo.

In costante dialogo amoroso con la morte (ha anche provato a morire a comando, come i saggi orientali, ma non ci è riuscita), la vecchia suo malgrado è ancora piena di energia, e si prende cura di ciò che le resta dell'amore: il decrepito Veleno e la sua amica svaporata, che nel frattempo è stata deportata dai parenti serpenti in casa di riposo. E quando oscure minacce incombono su Gabriela, la vecchia leonessa artritica non ci pensa due volte a sfoderare gli artigli per difendere ciò che le è caro.

Scrittrice formidabile, Margherita Giacobino ci racconta una storia sull'amore, la morte, la vecchiaia e il rapporto tra solitudini e differenze, tra una vecchia signora dal pensiero indocile e la sua giovane badante straniera, in un mondo in cui sembra che la vita non valga più niente, ma in cui lo sguardo lucido della protagonista riesce a riportare umanità e senso, bellezza e divertimento.

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Informazioni

Editore
Mondadori
Anno
2018
Print ISBN
9788804702177
eBook ISBN
9788852089114
II

L’amore al tempo dell’Isis

Quando non riesce a addormentarsi per l’ansia, o ha paura e non sa neppure lei di cosa, Gabriela guarda video sul cellulare, preferibilmente di gatti. Ce ne sono tanti, uno più carino dell’altro. Stasera è molto stanca, sente il sonno bussarle sulle spallucce rannicchiate ma i muscoli di tutto il corpo sono contratti, dovrebbe fare respiri lunghi e lenti e concentrarsi su ogni singolo muscoletto, sentirlo diventare pesante come se volesse affondare nel materasso, è così che dicono nelle lezioni di ginnastica dolce che guarda ogni tanto, ma non ci riesce. Il sonno bussa ma i pensieri non lo fanno entrare, i suoi pensieri sono fantasmi che scorrazzano nella torre del castello, bianche fanciulle dalle braccia livide e le pupille dilatate, cortine scompigliate di capelli, bocche distorte da urla senza suono.
Qualche ora fa ha ricevuto delle foto via WhatsApp, ha girato attorno al telefono torcendosi le mani, ha deciso di cancellarle senza guardarle ma le dita non le hanno obbedito, le foto si sono aperte. Nella prima c’era un uomo con un fucile puntato contro un altro uomo, legato. Nella seconda qualcosa che andava a fuoco, l’ha fatta scorrere veloce, ma la terza era un corpo gettato su una coperta verde con grandi macchie nere, un corpo di donna, un corpo senza gambe, un corpo con le braccia amputate, quattro monconi su una coperta verde, su grandi macchie nere. Sopra un collo bianco in cui una lama aveva aperto una grande bocca sanguinante si intravedeva una testa rovesciata.
Ha gridato, si è coperta la faccia, il telefono è caduto a terra.
Arretrando, le braccia tese dietro di lei, la parete, un altro urlo. Un rumore, era la porta che si apriva? o solo il suo cuore che sbatteva contro le costole, un uccello impazzito in gabbia?
La schiena contro il muro, le guance rigate di lacrime inconsapevoli, ha urlato senza sentirsi, ha smesso di urlare, si è accorta di essersi morsa la lingua. Sapore di sangue. Il terrore è salito come acqua attorno a lei, presto sarebbe arrivato alla bocca, agli occhi, l’avrebbe soffocata e accecata. L’ha salvata il calendario appeso in cucina, su cui un rosaio autunnale dondola dolcemente le sue foglie brunite e le grosse bacche rosse sotto il merletto della prima neve. È il calendario dell’anno scorso, la signora lo stava buttando, lei glielo ha chiesto e l’ha ottenuto, è troppo bello per buttarlo via, e del resto che importa se è dell’anno scorso? Le rose sono sempre rose, la neve è neve ogni anno. Si aggrappa ai rami del cespuglio di rose, si punge le dita, sente la neve accarezzarle le palpebre. È la pagina di novembre, la sua preferita, a permetterle di calmare il respiro, staccare le mani dal muro, avanzare a passi cauti verso il telefono, che non si è rotto, per fortuna.
Pesta sui tasti, le dita convulse, imponendosi di immaginare le bacche rosse così forte da non vedere altro. Cancella la chat tenendo le palpebre semiabbassate, i denti stretti, senza respirare.
Non si chiede dove lui abbia trovato quelle “cose”. Lo sa che Dorin passa il tempo a dissotterrare cadaveri in internet. Colleziona impiccagioni, fucilazioni, vittime di esplosioni e di torture, immagini di uomini dalla faccia coperta di passamontagna neri che ammazzano altri uomini o donne, che esibiscono teste mozze e altri souvenir. È pazzo. È malato nella testa e nessuno se ne accorge, nessuno tranne lei.
La volta che si è lamentata con Petra, la sua mezza sorella si è messa a ridere. Sono solo foto, le ha detto. E tu ti spaventi! Fai tanto la sostenuta, l’indipendente, e ti metti a strillare per una foto!
Lui è matto! Non ci sta con la testa! Dice che vuole andare in Siria! Ma se non lo sa neanche, dov’è la Siria! Non senti le cose che dice?
A te, le dice. Quello parla solo per impressionarti, ha risposto Petra girando le salsicce in pentola.
E poi: Tutti gli uomini sono matti, io non li ascolto più, e qui Petra ha fatto un salto indietro, ha imprecato e si è portata una mano al viso, dove uno schizzo d’olio bollente le aveva quasi raggiunto un occhio. Vaffanculo te e le tue storie, ha concluso smorzando il gas.
È stata lei, certamente, a dare a Dorin il suo numero. O una delle ragazze.
Il telefono le serve, ecco perché è costretta a riprenderlo in mano, anche se adesso le sembra di maneggiare una di quelle bombe piene di chiodi e bulloni. Non basta eliminare la chat, bisogna bloccarla.
Domani cambierà scheda. Di nuovo.
Ha acceso tutte le luci di casa, si fa in fretta perché sono soltanto due stanze. Ha controllato la serratura, tirato il chiavistello, chiuso le persiane con il fermo. Ha guardato ovunque, sotto il letto e negli armadi. Solerte e giudiziosa come sempre, ha riposto in frigo il piatto mangiato a metà.
Si è fatta una camomilla. Ha lavato i pavimenti e strigliato con forza le piastrelle del bagno. Pensando alle rose d’autunno, alle bacche rosse che la prima neve fa maturare. Voltandosi ogni pochi secondi per guardarsi dietro le spalle, decifrare rumori immaginari.
Adesso guarda video di gatti su YouTube. Gatti che fanno salti acrobatici, dormono in posizioni buffe, sfracellano vasellame, balzano in testa ai loro proprietari, si leccano le zampine o si fanno il bidè. Li conosce tutti a memoria, sono una delle sue medicine abituali, vorrebbe immergere le dita nel loro pelo, guardarli per ore, messaggeri di un altro mondo, più bello, non umano. Se esaurirà i gatti prima di addormentarsi, passerà ai cani, cominciando dal suo video preferito, quello della cucciolata di bassotti. Se per caso tra un gatto e l’altro la cosa sulla coperta verde le balena in mente, si aggrappa ai rami del rosaio. È diventata molto brava in questo genere di operazione, per qualche istante riesce a sentire l’odore della terra umida d’autunno sotto la prima neve.
Ma il sonno non viene. In effetti ha paura anche di addormentarsi, che ne sarà di lei mentre giace indifesa, distesa sul letto, offerta alla notte? Il sonno, lo sapevano i primitivi e lo sanno quelli che sono in pericolo, i perseguitati, è il momento di massima debolezza, quello in cui gli assassini impugnano i coltelli, ombre sgusciano nel buio per appiccare il fuoco alla casa. Le guardie armate vengono ad arrestarti.
Domani è il suo giorno libero, pensa con angoscia. Non potrà rifugiarsi nel grande appartamento tranquillo e lavorare nel mormorio ininterrotto della radio, pacificante come un rumore d’acqua che scorre. Si tira su a sedere sul letto, raccoglie le coperte attorno a sé, gli occhi sgranati nella penombra della lampada da notte. Odia con tutte le sue forze il nemico che le impedisce di sentirsi sicura a casa sua. Ma odiare non serve, bisogna concentrarsi. Pensare. Agire. Scappare. O le scoppierà il cuore.
È quasi l’una quando si alza, si veste, si prepara la borsa come per un viaggio: un cambio di abiti, una coperta, formaggio, biscotti, una mela. Prima di uscire di casa si ferma davanti alla porta, chiude gli occhi, stringe le labbra, immagina di essere invisibile, senza peso. Già morta. Se è già morta nessuno potrà farle del male. Sa che fuori le strade sono deserte, le finestre buie, si sente solo il rumore del fiume e il suo odore freddo e marcio, tutt’al più un fruscio sotto le foglie secche, un topo che attraversa lentamente, fermandosi a guardarla, come l’ultima volta. Se ha fortuna non incontrerà nessun altro.
Il coraggio nasce dalla paura. La signora le ha raccontato che quando c’era la guerra sua madre non voleva andare nel rifugio, giù in cantina. Usciva fuori, in strada. Aveva tanta paura di morire che preferiva andare incontro alla morte, guardarla in faccia, all’aria aperta.
Esce, richiudendosi la porta alle spalle senza fare rumore.
Qualche giorno dopo Gabriela si dichiara disposta a dormire a casa della vecchia. Accudirà entrambe le signore, ce la farà, staranno benissimo.
La sua datrice di lavoro cerca di dissuaderla.
E i tuoi parenti, le tue amiche? Vuoi chiuderti in casa con due vecchie?
Oh, le mie amiche! dice con sprezzo Gabriela. Per quello che me ne importa…
Ma subito si interrompe, gli occhioni tornano a brillare: Ma magari sarei libera di uscire la sera, o nel fine settimana. Farei piano, io non torno mai tardi, non mi piace…
La vecchia cerca di immaginare Gabriela in un gruppo rumoroso di ragazze che ridono forte nel clamore di una pizzeria e si scambiano foto pestando sui loro cellulari con le unghiette appuntite verdi e blu. No, non è posto per lei, se ne starebbe tutta ritratta nel suo sorriso tirato, placida e ansiosa allo stesso tempo, avvolta nella sua estraneità come in un impermeabile sdrucito da vecchio film francese, o in un casacca di pelle di renna da principessa mongola, una principessa muta a cui le forze della notte hanno tagliato la lingua in culla…
La vecchia divaga, i pensieri evaporati nelle lunghe veglie, mentre Gabriela – la bambina dentro di lei che gioca alla casa – accarezza i dettagli delle sue visioni e se ne innamora. Lo studio è così carino! Lo lascerei com’è, mettiamo solo un lettino accanto alla finestra. No, perché ridipingerlo? È pulito, è bello! Adoro quel quadretto indiano sopra la scrivania!
In ogni caso, dice la vecchia, se tu devi alzarti di notte perché Malvina dà i numeri, il giorno dopo sarai troppo stanca per lavorare. E io sarò troppo stanca anche per non far niente.
L’entusiasmo di Gabriela ricade tristemente. Si rende anche conto che ama casa sua, le mancherebbe la vista del fiume color fango, le anatre, gli alberi, perfino le nutrie che dopo un po’ non sembrano più pantegane ma conigli, per quel loro modo di rodere, i baffi che vibrano, tutto le mancherebbe. Tranne le notti solitarie di paura.
Unite da un’equazione insolubile, si perdono in improbabili soluzioni al tavolo da cucina. Intanto la radio annuncia maltempo, una perturbazione che porterà piogge prolungate e quindi alluvioni. Un altro attentato in una città europea, il terzo dall’inizio del mese, il quinto se si contano anche gli episodi minori, tipo accoltellamenti alle fermate dei bus. Mura alle frontiere tra gli Stati d’Europa per impedire il passaggio dei profughi. Un episodio di corruzione che coinvolge politici, militari, industriali e camorristi, il più importante di questa settimana, ma non grosso come quello della settimana scorsa. Il commentatore della trasmissione culturale annuncia l’ultimo libro di uno scrittore specializzato in mafia, la vecchia si sintonizza sulla classica.
Poi Gabriela si alza bruscamente e, senza chiedere nulla, si mette dietro la sedia della vecchia e le massaggia le spalle. La vecchia chiude gli occhi e sente i suoi ditini attraverso le pareti di stoffa, di lingua, di età, che le separano, altri muri e altre frontiere, altrettanto invalicabili ma provvisoriamente aperti.
Con breve allegria, la vecchia pensa che potrebbe morire ora, meglio morire ancora viva che già mezza morta. Ma non può, naturalmente. E non solo perché non si muore a comando, ma anche perché ha ancora qualcosa di cui occuparsi, Malvina, Veleno.
E questa strana ragazza, che peraltro se la caverà benissimo anche senza di lei. O forse non se la caverà per niente, ma almeno lei non lo saprà mai.
Un giorno Gabriela si ferma davanti alla vetrina di uno di quei robivecchi non troppo vecchi che si chiamano modernariato e si metamorfizza all’istante nella piccola fiammiferaia. Le mani giunte sul cuore, esala in un sussurro ardente: Che bella quella sedia a dondolo! La comprerei subito!
No, non per sé, precisa alla domanda della vecchia, ma per sua nonna. Quella che vive nella casa di terra, con le pannocchie e i pomodori nell’orto, e il cortile dove lei correva a piedi nudi nella sua pericolosa infanzia. E le galline, e i pulcini che d’inverno la nonna li porta in casa, dentro una grossa cesta accanto alla stufa, perché fuori la temperatura scende a meno venti. Sua nonna un giorno verrà qui, non appena lei avrà messo da parte abbastanza soldi per il viaggio.
La vecchia la guarda, lei o meglio il suo riflesso nella vetrina. Gabriela si specchia nel cristallo dei suoi sogni, si sdoppia o riguadagna finalmente la sua vera duplice natura, si contempla, si piace e parla con se stessa, si racconta le sue favole e diventano vere.
E che farà qui la nonna, in città, senza i suoi pomodori e i suoi pulcini? chiede la vecchia.
Vivrà con sua nipote! Gabriela cercherà una casa più grande, con una camera in più e soprattutto con un terrazzino dove ci sia posto per qualche vaso di basilico, la nonna morirebbe senza qualcosa di verde che cresce.
Ecco, questa è lei, dice facendo comparire sul suo cellulare l’immagine di una donna arcaica insaccata in sottane informi, con un fazzoletto in testa e un sorriso sdentato. Porta scarpe da ginnastica sporche di terra e in un altro s...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Frontespizio
  3. L’età ridicola
  4. I. Terrore globale e altri disturbi senili
  5. II. L’amore al tempo dell’Isis
  6. III. Le cose non sono soltanto cose
  7. IV. Niente anticamera per Veleno
  8. V. Tutto è reale attorno a me
  9. Ringraziamenti
  10. Copyright