Ho cercato di scrivere paradiso. Viaggio nell'universo di E. Pound
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Ho cercato di scrivere paradiso. Viaggio nell'universo di E. Pound

  1. 264 pagine
  2. Italian
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  4. Disponibile su iOS e Android
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Ho cercato di scrivere paradiso. Viaggio nell'universo di E. Pound

Informazioni su questo libro

Ezra Pound (Hailey 1885, Venezia 1972) è uno degli spartiacque della letteratura del Novecento: con l'epica dei suoi Cantos ha osato una Divina Commedia per il nostro tempo ed è stato, inoltre, un impareggiabile e generoso "cacciatore di talenti". Fu tra i primi a riconoscere e promuovere il genio di Joyce, T.S. Eliot e Hemingway. Eppure, il suo nome divide ancora ed è circondato da fantasmi e logori cliché che impediscono di toccare il cuore profondo della sua poesia e della sua umanità.

Alessandro Rivali ha incontrato la figlia di Pound, Mary de Rachewiltz, nel castello di Brunnenburg, dove lei andò ad abitare nel dopoguerra, mentre il padre era detenuto nel manicomio criminale St. Elizabeths di Washington, accusato di tradimento dal governo americano. Proprio il castello avrebbe dovuto rappresentare un luogo dello spirito, una sorta di EzUversity. Del resto Mary aveva appreso da Pound quanto alto fosse il valore dell'insegnamento; lui, prima della guerra, aveva chiesto alla giovanissima figlia di affrontare la traduzione di alcune parti dei Cantos. La speranza di Mary era che, una volta libero, il padre potesse trovare rifugio nel silenzio di Brunnenburg e tornare a dedicarsi a ciò che più amava.

L'approdo al castello nell'estate del '58 segnò in effetti una tappa decisiva nel lavoro di Pound, l'ultimo scorcio della sua vita lo avrebbe dedicato al compimento del "Paradiso", la parte finale del suo poema: frammenti così densi di verità e tenerezza da diventare il suo testamento più sincero. Ancora una volta era Dante la misura della sua ambizione.

Ed è proprio intorno alla sezione conclusiva dei Cantos e al senso di solitudine che Pound avvertì al suo ritorno in Italia che ruotano queste conversazioni tra Alessandro Rivali e Mary de Rachewiltz, iniziate ormai più di nove anni fa. Un avvincente romanzo familiare e, allo stesso tempo, una immaginifica ascensione al Paradiso di Pound, per scovare infine quella luce che "come un barlume ci riconduca allo splendore".

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Informazioni

II

Ritorno in Italia

Nel 1958, dopo la lunga detenzione nel manicomio statunitense, Pound ebbe la possibilità di ritornare in Italia. Come ricorda il suo arrivo a Brunnenburg?
Da poco tempo abbiamo recuperato il video realizzato da Douglas Bridson per la BBC nel 1959: è illuminante per conoscere la vita di Pound qui a Brunnenburg e lo trasmettiamo senza soluzione di continuità nella Pound room del Castello.
È senza dubbio interessante il parere del regista rispetto a quei giorni: “Se mai avessi dubitato che Ezra non fosse un attore nato, vederlo davanti alla macchina da presa mi avrebbe convinto subito del contrario. Per quattro giorni ha seguito le nostre direttive con molta naturalezza. Stagliato contro i merli, di fronte al suo busto scolpito da Gaudier che domina il giardino, lungo i corridoi e su per le scale a chiocciola, intento a suonare l’arpicordio o a passeggiare in silenzio nel suo studio, impegnato a scrivere ideogrammi cinesi con un pennello per dimostrare le sue teorie o di fronte al cameraman come una Nemesi a leggere l’accusa rovente contro l’Usura nel mondo oppure... Fratel Coniglietto per i nipotini, nessun altro sarebbe riuscito a inscenare uno spettacolo tanto coinvolgente”1.
Può rievocare i primi giorni del ritorno di Pound?
Andai a prenderlo a Verona: non era infatti necessario che andassi a recuperarlo al suo arrivo in nave a Genova. Sapeva che ci sarebbe stata una folla di giornalisti ad accoglierlo e voleva tenere la famiglia separata da quel genere di spettacolo. Non voleva confondere il privato con il pubblico. Inoltre, era sempre stato un uomo estremamente pratico. Era inutile andare in macchina sino a Genova. Fece il viaggio in due tappe da Genova a Verona, dove si fermò per la notte. Pound aveva sempre amato molto la città scaligera. Noleggiai una macchina qui in Tirolo dalla famiglia Sonvi per raggiungere Verona, dove mio padre era arrivato grazie all’aiuto di Ugo Dadone, amico di mio marito Boris: tutti hanno sempre considerato Dadone amico di Pound ma egli, fino ad allora, non l’aveva mai neppure incontrato.
Pound arrivò a Verona su una bella macchina di un’amica americana di Dadone. Ricordo che poi ci fermammo a mangiare al Greif, ristorante menzionato nei Cantos. Ci fu un piccolo menu speciale e di quel viaggio vennero scattate molte fotografie. Noi stessi le abbiamo ritagliate dalle riviste dell’epoca, perché in famiglia non possedevamo una macchina fotografica. Chi le guarda oggi può rendersi conto di come fosse scoscesa e non asfaltata la strada dal paese al Castello. Scendemmo tutti a piedi.
Era la prima volta che i nipoti vedevano il nonno.
Mia figlia Patrizia scrisse una poesia molto bella, ricordando come fosse andata incontro al nonno lungo la salita. Pound non aveva un’idea precisa del Castello. Certo, aveva visto le cartoline che gli mandavamo, ma si era fatto un’idea un po’ romantica, egli che in gioventù aveva scritto delle poesie trovadoriche. Il Castello a quel tempo non era finito, c’era soltanto la parte più antica e stavamo tutti abbastanza stretti.
Nell’archivio del Castello sono conservati molti ritagli di stampa relativi al ritorno di Pound.
Ecco il resoconto sulle pagine dell’“Adige”, il 13 luglio 1958, a firma di Palmiro Boschesi: “Tre colpi di clacson sono stati ieri il segnale di arrivo a Tirolo del poeta americano Ezra Pound. Il segnale era stato concertato tra la principessa Mary e il marito B. de Rachewiltz quando l’automobile con a bordo Ezra Pound fosse giunta al terrazzo dove termina la strada carrozzabile di Tirolo ... I tre colpi si sono fatti sentire soltanto alle 15,50, dopo che la nostra attesa durava praticamente da mezzogiorno ... La principessa Mary era partita dal Castello ieri mattina di buon’ora: verso le 6 era salita a Tirolo montando su una 1400 Fiat nera di un taxista del paese e aveva raggiunto Verona, dove si era recata col padre. Quindi, a bordo dell’automobile, padre e figlia, insieme alla moglie Dorothy e alla segretaria del poeta, si sono trasferiti a Bolzano dove hanno pranzato indisturbati all’hotel Grifone, senza che nessuno si accorgesse della presenza di uno dei personaggi più famosi del mondo ... La vettura nera si era andata a fermare all’imbocco del sentiero che da Tirolo scende a Castel Fontana, sentiero pieno di sassi e disagevole. Dalla vettura è scesa per prima la principessa Mary, quindi il poeta, la moglie di lui e la segretaria. Nel frattempo risuonavano i tre convenuti segnali di clacson. Ezra Pound appariva nelle migliori condizioni. Alto, quasi statuario, con una camicia di tela azzurra fuori della cintura, un cappello di tela color perla e il bastone. L’autista provvedeva ad aprire il bagagliaio e a porgere le valigie e le borse agli altri. Anche Pound ne prendeva due e subito si incamminava verso il Castello per andare incontro al genero e ai nipotini che non aveva mai conosciuto ... Il primo che si faceva incontro era il principe de Rachewiltz. Incontrandosi i due uomini si abbracciavano caldamente; poco più in basso arrivava intanto Patrizia, la nipotina di otto anni; Pound nell’abbracciarla la sollevava da terra ed eguale sorte seguiva Siegfrid Walter, tutto zoppicante per una grave ferita ad una gamba riportata dieci giorni orsono in un incidente in Val Pusteria. Ai giornalisti che chiedevano interviste Pound rispose: ‘Parleremo quando mi sarò riposato’. ‘E quanto ci vorrà?’ ‘Quattro mesi.’ Questa era la sua prognosi”.
Quali furono le prime impressioni di Pound a Brunnenburg?
Pound aveva sognato un’Europa prebellica. Negli anni di Rapallo aveva vissuto da signore, ma in maniera semplice e molto civile. Era una vita senza lusso o eccessi. Aveva amici e qualche discepolo. I primi giorni dopo il suo arrivo fu entusiasta e tale rimase sino alla primavera del 1959, quando fu girato il filmato della BBC.
Il Castello era molto bello d’estate, ma quello che lo spaventava era il freddo. Pound amava il Mediterraneo. Del timore del freddo scrisse espressamente, per esempio, a Giambattista Vicari2 che gli aveva offerto ospitalità. Si capiva che mio padre voleva tornare a Roma: penso che, segretamente, sognasse di vedersi assegnare un posto dall’Accademia americana di Roma. Era ancora molto attivo e pieno di idee. Invece, dopo un po’ si accorse di quanto potesse essere complicata la vita a Brunnenburg, anche solo per salire a piedi in paese. Durante la guerra, faceva senza problemi la lunga salita da Rapallo a Sant’Ambrogio, ma da quei tempi erano passati molti anni, tra l’altro trascorsi in un manicomio eccessivamente riscaldato e dove non poteva esercitarsi nelle salite. Quando arrivò a Brunnenburg era fuori forma; inoltre qui non veniva a trovarlo nessuno. All’inizio ci fu un vero “assalto” di persone, poi il flusso si esaurì.
In quei primi tempi si arrabbiava parecchio per i consueti fraintendimenti; soprattutto, reagiva a chi lo accusava di aver attaccato l’America con i suoi Radiodiscorsi. Pound aveva invece cercato di tener fuori l’America dalla guerra. Non aveva parlato “contro” l’America: avrebbe voluto salvarla. In quelle occasioni, andava su tutte le furie.
Fermiamoci un attimo sui Radiodiscorsi: è una questione che le sta molto a cuore...
Sono andata a Washington per ascoltarli, ma ci sono anche i dattiloscritti. Mio padre faceva due o tre copie a carbone dei Radiodiscorsi, che sono tutti battuti a macchina. Credeva di fare un’opera buona, ma non credo che siano serviti a nulla. In Italia è disponibile una selezione fatta da Andrea Colombo e pubblicata dal Girasole, che sarà circa il 40 per cento del totale. Quello che nessuno è riuscito a captare è il tono di scherzo e di ironia che pervade questo lavoro. Mentre stava crollando tutto, mio padre pensava di proporre a Mussolini la moneta prescrittibile. Voleva salvare il Paese. Ripeto, furono scritti per evitare la guerra tra Italia e Stati Uniti. Quando la patria o il mondo sono in pericolo, il poeta deve intervenire.
La biografia di Moody spiega molto bene gli intenti del viaggio di mio padre in America nel 1939. A Pellizzi disse: “Io devo essere dissidente perché la Costituzione americana me lo impone”. E proprio Camillo Pellizzi fu il contatto con l’EIAR: lì, in molti lavoravano per gli americani. C’era, per esempio, il principe Tasca, che era sposato con un’americana, come pure il principe Ranieri. Dopo la guerra, si è saputo che la principessa Troubetzkoy era una spia inglese: l’unico “onesto” nella sua ingenuità era proprio Pound. Del resto, anche loro erano onesti, perché si comportavano da cittadini americani. Con Pellizzi, rispettabilissimo professore, c’erano anche Villari e la signora Agresti. Pound conobbe pochi fascisti veri. Ci fu Averardo Marchetti – possedeva l’hotel Palace a Rimini dove si recò mio padre –, che nel 1923 gli fece aprire la biblioteca di Rimini per le sue ricerche sui Malatesta. Un bibliotecario non aveva voluto aprirgli, dicendo che il luogo era chiuso; allora era intervenuto Marchetti che, pur essendo un albergatore, era uno dei personaggi di riferimento della città: “Se uno straniero si prende la briga di venire fin qui per consultare dei documenti, non gli si può non aprire!”. E così gli aprirono. I favori che Pound ebbe dai fascisti furono di tipo culturale.
Questo episodio venne rievocato da Pound in Jefferson And/Or Mussolini3: “«Noi ci facciamo scannare per Mussolini» mi disse un albergatore a Rimini, anni or sono, credendo ch’io ignorassi la Rivoluzione, e volendo farmi «capire». Egli era Comandante della Piazza, e ci eravamo meglio conosciuti per ragione del suo interesse al mio lavoro. Il bibliotecario aveva chiuso la Gambalunga. Il Comandante era del parere che se io mi ero scomodato per venire in Romagna a consultare un manoscritto, la Biblioteca doveva fare a meno delle quisquilie”.
L’espressione “scannar” del Marchetti sarebbe poi tornata nel Canto XLI: “«Noi ci facciam scannar per Mussolini» / disse il comandante della piazza”4.
A Rimini, Pound andava anche per visitare il Tempio Malatestiano. La Biblioteca Malatestiana di Cesena gli fu invece aperta da Manlio Torquato Dazzi. I primi amici italiani di mio padre furono dei bibliotecari. Tra i contributi più recenti segnalo il lavoro di Maurizio Pasquero: Un poeta americano sul lago di Como. Ezra Pound, Carlo Peroni e il «Broletto» (1937-1938)5.
Poco fa mi citava la signora Agresti, un personaggio poco conosciuto in Italia.
Una fonte importante per conoscere Pound è proprio il carteggio con Olivia Rossetti Agresti6 [1875-1960 NdR], una persona davvero straordinaria. Si conobbero probabilmente a Roma ai primi tempi delle collaborazioni radiofoniche di Pound. Era nipote di Dante Gabriele Rossetti e cugina di Ford Madox Ford. Questi due elementi per Pound erano basilari; e poi, era una grande ammiratrice di Mussolini. Lei, però, era un’inglese anarchica. Da ragazza aveva frequentato italiani che potremmo definire “carbonari” e “mazziniani”.
La signora Agresti è citata in apertura del Canto LXXVI: “«Il suo [di Mussolini NdR] sistema politico, l’annienteranno» disse la signora Agresti, / «ma quello economico, no»”7.
Vi siete incontrate?
Ci siamo conosciute ed è venuta quassù. Fu esemplare per me, e fu anche una delle prime persone a salire a Brunnenburg quando una gran parte della casa non era ancora sistemata: non avevamo nemmeno le sedie. Ho il ricordo di lei seduta su un tronco con un rosario in mano. Era una cattolica convinta e quel retaggio italiano mi colpì...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Frontespizio
  3. Ho cercato di scrivere Paradiso
  4. Con la mente fissa a quella luce
  5. I. Come un nuovo Ulisse. Nella fucina dei Cantos
  6. II. Ritorno in Italia
  7. III. Indiscrezioni
  8. IV. Incontri
  9. V. Gli ultimi frammenti
  10. Alla fine di un viaggio
  11. Lettere inedite di Ezra Pound
  12. Biografia di Ezra Pound
  13. Copyright