Fossa delle Marianne
Il capitano Prokovich si soffermò fuori dalla porta, da cui trapelavano le note gravi e possenti dei Carmina Burana di Karl Orff. Si asciugò i palmi sudati delle mani e si passò le dita fra gli ispidi capelli rossi tagliati a spazzola. Senza curarsi di bussare, entrò nella cabina di Benedict.
Benedict era disteso su un divano di pelle nera, a occhi chiusi, immerso nella tetraggine della musica. Avvertendo una presenza, aprì gli occhi e abbassò il volume con il telecomando.
«I suoi uomini hanno finito?»
«Da.»
Benedict notò l’espressione cupa sul volto del capitano. «È turbato per le perdite subite.»
«Si potevano evitare. Abbiamo corso dei rischi…»
«C’è un rischio in ogni grande impresa.»
«Forse è il caso di rallentare le operazioni e di attrezzarci meglio contro quelle creature.»
«Vladislav, rallentare è un lusso che non possiamo permetterci. Se esitiamo a portare a termine la missione, il Reattore Termonucleare Sperimentale taglierà il traguardo prima di noi. È nelle avversità che si saggia il valore degli uomini. O preferisce che i nostri compagni siano morti invano?»
«No.»
«Allora portiamo a buon fine il nostro compito.»
Prokovich lo condusse all’hangar di attracco, che era stato rapidamente svuotato e ripulito. Benedict sentì un odore di ammoniaca.
Il professor Kwan stava ispezionando diverse decine di secchi pieni di noduli di manganese. Accolse Benedict con un sorriso.
«Le analisi hanno dato ottimi esiti. Lei finalmente possiede il dono di Prometeo.»
«Quanto ne abbiamo?»
«Abbastanza per fornire energia a tutte le nazioni industrializzate per un buon numero di anni.»
Benedict scrollò la testa. «Non basta. Dobbiamo recuperare anche il resto, prima che gli americani scoprano il nostro segreto e chiudano l’area.»
«E come?» chiese Prokovich, aggiustandosi nervosamente la benda sull’occhio. «Le creature sono sempre in agguato. Non lasceranno mai la zona, con tutto il sangue dell’equipaggio che c’è nell’acqua.»
Benedict gli indirizzò uno sguardo rassicurante. «In questo stesso momento, i tecnici del Goliath stanno montando una schiera di potenti riflettori lungo tutto lo scafo del Prometheus, un sistema di illuminazione che terrà alla larga i pliosauri. Per ulteriore precauzione, il Benthos risalirà per posizionarsi quindici metri al di sopra dello strato idrotermale, dove le creature non osano avventurarsi. D’ora in poi, scorteremo il Prometheus nel tragitto fino al fondale e quindi di nuovo su fino allo strato freddo, mentre trasporterà i noduli di manganese verso il Goliath.»
«Sissignore. E la donna?»
Benedict sorrise. «Ora che abbiamo localizzato i noduli, la sua presenza non è più necessaria. Morirà prima che faccia giorno.»
Terry sedeva sul bordo del letto e fissava la porta della cabina, sprangata dall’esterno per impedirle la fuga. Ogni volta che il panico la sommergeva, si metteva a camminare freneticamente avanti e indietro, finché l’energia nervosa non si era scaricata e non le restava che gettarsi di nuovo sul materasso, in attesa che il suo carceriere la conducesse al patibolo.
“Non è un caso se Benedict mi ha rinchiusa qui dentro. Ormai ha finito di tormentarmi. È pronto a uccidermi.”
In preda alla disperazione, afferrò la sedia e la sbatté più volte contro la porta chiusa finché la seggiola non si sfasciò fra le sue mani. Si gettò di nuovo sull’uscio e si accorse che la maniglia aveva ceduto un minimo. Incoraggiata, cercò nella cabina qualcosa per forzare la serratura.
Terry sollevò il tavolino e lo ribaltò, sperando di riuscire a divellerne una gamba. Fu allora che notò la griglia di ventilazione.
Il capitano Prokovich e il suo equipaggio osservavano nervosi la schiera di monitor a circuito chiuso. Nelle immagini in bianco e nero, si vedevano vari punti della chiglia del Benthos.
Lungo tutta la parte inferiore dello scafo era montata una miriade di serbatoi pressurizzati, simili a giganteschi galleggianti. Una metà di quei contenitori controllava lo zavorraggio della nave, lasciando entrare acqua per consentire al Benthos di scendere, assumendo un assetto idrostatico negativo. L’altra metà conteneva gasolio che, essendo più leggero dell’acqua, serviva a mantenere un assetto neutro.
I tre kronosaurus continuavano a circolare sotto la chiglia del Benthos, eccitati dal sapore del sangue. Il rumore delle pompe che scaricavano acqua da numerosi bocchettoni sui livelli più bassi aveva attratto l’attenzione delle creature. Adesso i predatori sembravano concentrati sui giganteschi serbatoi. Ai loro occhi, i contenitori somigliavano per forma e dimensioni allo scafo dell’Epimetheus, una forma di vita che si era rivelata una ghiotta fonte di cibo. Quando il Benthos si sollevò dal fondale marino, i pliosauri cominciarono ad azzannare i serbatoi di titanio.
Benedict entrò in plancia di comando. «Rapporto, capitano.»
«Abbiamo un nuovo problema.» Prokovich indicò i monitor. «Le creature hanno cominciato ad attaccare i serbatoi della zavorra.»
«I contenitori hanno una corazza troppo spessa, perfino per quei mostri.»
«Sono d’accordo, signore. Tuttavia, è possibile che riescano a scalfire la superficie dei cilindri. Se questo dovesse accadere, la pressione estrema potrebbe trovare un punto debole, sottoponendo la corazza a una tensione insostenibile.»
«E il serbatoio si squarcerebbe.»
«Sissignore. Per il momento non abbiamo subito danni, ma le creature si fanno sempre più ardite».
«Trecentosessanta metri alla calotta idrotermale» annunciò un marinaio.
Benedict rimase incantato a guardare, quando un’enorme testa appiattita apparve su uno dei monitor. Con uno scatto prodigioso, l’animale si avventò su uno dei serbatoi di gasolio, nel tentativo di sradicarlo dalla chiglia piatta della nave.
Lo scricchiolio del metallo che si piegava fu udito dai marinai al lavoro sul ponte G.
Nel giro di pochi secondi, l’enorme pressione della fossa si scaricò sul cilindro danneggiato, che si squarciò e implose, scatenando una rapida reazione a catena che sbalzò il Benthos su un fianco. Le luci tremolarono, poi si spensero del tutto, e la nave rimase immersa nell’oscurità.
Pochi istanti dopo, il sistema di emergenza della grande nave subacquea si attivò e si accesero le luci rosse.
Prokovich si rialzò da terra. Il Benthos aveva smesso di ascendere e si era inclinato di dieci gradi sul fianco sinistro. «Rapporto danni…»
«Signore, serbatoi zavorra da B-4 a B-8 distrutti. Stiamo perdendo gasolio dai serbatoi G-5, G-8 e G-9.
Una nuova esplosione squassò il Benthos. Per un lungo istante, i marinai guardarono Benedict a occhi sbarrati, chiedendosi cos’altro sarebbe accaduto.
Poi, come se Madre Natura ne avesse ordinato il ritorno, la grande nave cominciò a inabissarsi verso il fondale.
Pacifico occidentale
L’elicottero sfrecciava sul blu intenso del Pacifico e Mac perlustrava l’oceano in cerca della nave da guerra sovietica in disarmo. «Eccola» disse, indicando una sagoma grigia all’orizzonte.
Jonas osservò il Goliath con il binocolo, poi lo passò a Harry Moon. «Siete sicuri che Celeste sia a bordo?»
«Sicurissimi» rispose Harry. «Appena è riuscita a sapere le coordinate del Purgatorio del Diavolo, ha lasciato in gran fretta il William Beebe. Non le è mai importato nulla di riacciuffare il vostro squalo, le interessava soltanto quell’informazione.»
«E come farete a sapere se e quando Benedict avrà individuato effettivamente quei noduli?» chiese Mac.
«Lo sapremo appena comincerà a fare la spola coi suoi due sommergibili tra la fossa e il Goliath. Il nostro obiettivo è portare Terry e il nostro agente fuori dalla nave senza destare sospetti. Quando Benedict avrà finito il lavoro di estrazione, la marina interverrà in forze.»
Jonas aveva un nodo allo stomaco. «Come fai a essere così sicuro che lascerà libera Terry?»
«Terry non sa niente sulla loro operazione» replicò Harry. «E Benedict non ha certo interesse a svelarle alcunché. Il William Beebe ci sta tallonando. L’ultima cosa che vuole Benedict è ritrovarsi tra i piedi un mucchio di civili, mentre sul Goliath vengono caricati noduli di manganese per miliardi di dollari. Quando c...