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Blackwater Park, Hampshire, 11 giugno 1850
Sei mesi a cui ripensare, sei lunghi mesi solitari dall’ultima volta che Laura e io ci siamo viste!
Quanti giorni mancano? Solo uno! Domani, dodici giugno, i viaggiatori faranno ritorno in Inghilterra. Sono stordita dalla felicità. Non riesco quasi a credere che le prossime ventiquattro ore suggelleranno la fine della nostra separazione.
Laura e il marito hanno trascorso l’intero inverno in Italia, poi si sono trasferiti in Tirolo. Torneranno in compagnia del conte Fosco e di sua moglie, che hanno intenzione di prender casa nei dintorni di Londra e hanno concordato di soggiornare a Blackwater Park nei mesi estivi, prima di assumere una decisione sulla loro nuova residenza. Ma chiunque sia con lei, l’importante è che Laura sta per tornare. Sir Percival può anche stipare la casa di persone, se gli fa piacere, a condizione che sua moglie e io abitiamo insieme.
Intanto, eccomi qui, sistemata a Blackwater Park, “L’antica, interessante dimora di Sir Percival Glyde, baronetto” (come apprendo dalla storia della contea), e abitazione futura (potrei azzardarmi ad aggiungere) dell’ordinaria Miss Halcombe, nubile, che in questo momento è accomodata in un accogliente salottino, con una tazza di tè accanto e tutti i suoi possessi terreni intorno, dentro tre scatole e una borsa.
Ho lasciato Limmeridge ieri, dopo aver ricevuto la gradita lettera di Laura da Parigi il giorno prima. Fino a quel momento era ancora incerto se dovessi incontrarli a Londra o nell’Hampshire, ma quest’ultima lettera mi ha informato che era intenzione di Sir Percival sbarcare a Southampton e proseguire subito per la sua casa di campagna. Ha speso così tanto denaro all’estero che non gliene resta abbastanza per sostenere i costi di un soggiorno a Londra fino al termine della stagione e ha quindi deciso di trascorrere l’estate e l’autunno in economia nella tranquillità di Blackwater. Laura ha vissuto abbastanza sollecitazioni e cambiamenti di ambiente e si rallegra alla prospettiva della quiete della campagna, che il marito accortamente le offre. Quanto a me, sarei felice ovunque in sua compagnia. L’inizio ci vede dunque tutti soddisfatti, ognuno per le sue ragioni.
La notte scorsa ho dormito a Londra e oggi sono stata trattenuta lì così a lungo da varie incombenze che ho raggiunto Blackwater solo in serata, dopo il crepuscolo.
A giudicare da una prima, vaga impressione del luogo, mi pare l’esatto opposto di Limmeridge.
La casa è situata su un pianoro e sembra circondata dagli alberi, quasi soffocata secondo il mio metro di abitante del Nord. Non ho incontrato nessuno, a eccezione del domestico che mi ha aperto la porta e della governante, una donna molto educata che mi ha accompagnato nella mia stanza e mi ha servito il tè. Ho a disposizione un salottino e una camera da letto in fondo a un lungo corridoio al primo piano. Le stanze dei domestici sono al secondo piano e tutte le sale sono al pianterreno. Non ne ho ancora vista nessuna e non so niente della casa, se non che un’ala pare risalga a cinquecento anni fa, che un tempo era circondata da un fossato e che ha preso il nome di Blackwater da un lago del parco.
Sono appena rintoccate le undici, in maniera solenne e spettrale, da una torretta al centro della casa che ho notato al mio arrivo. Un grosso cane dev’essere stato svegliato dallo scampanio e sta ululando con un verso tetro in qualche angolo. Odo echeggiare dei passi nei corridoi al piano di sotto e lo sferragliare di sbarre e chiavistelli alla porta di casa. I domestici stanno andando a dormire, a quanto pare. Dovrei seguire il loro esempio?
No, non ho affatto sonno. Sonno, ho detto? Mi sento come se non dovessi mai più chiudere gli occhi. Il solo pensiero che domani rivedrò l’amato viso e udirò la voce che conosco tanto bene mi tiene in uno stato di perpetua eccitazione. Se solo potessi godere dei privilegi di un uomo, ordinerei di prepararmi all’istante il miglior cavallo di Sir Percival e mi lancerei in un galoppo notturno verso est, incontro al sole nascente: una lunga, selvaggia, strenua cavalcata di ore e ore come quella del famoso bandito fino a York. Ma poiché sono solo una donna, condannata a sfoggiare pazienza, decoro e sottane per tutta la vita, devo rispettare l’opinione comune e cercare di assumere modi femminili e delicati.
Leggere è fuori questione: non potrei concentrare l’attenzione su un libro. Tenterò di scrivere sino allo sfinimento e al sopraggiungere del sonno. Ultimamente ho molto trascurato il mio diario. Che cosa ricordo – ora che mi trovo alle soglie di una nuova vita – di persone ed eventi, di occasioni e cambiamenti degli ultimi sei mesi? È stato un lungo, difficile, desolato periodo, quello che ha fatto seguito alle nozze di Laura.
Walter Hartright è in cima ai miei ricordi e in prima fila nella processione di amici lontani che mi sfila nella mente. Mi ha scritto qualche riga quando la spedizione è sbarcata in Honduras e il suo tono era più allegro e speranzoso del solito. Dopo un mese o poco più ho letto un articolo di un giornale americano che descriveva la partenza del gruppo per l’entroterra. Sono stati visti per l’ultima volta mentre si avventuravano in una selvaggia foresta primordiale, ognuno con il fucile a tracolla e il bagaglio sulle spalle. Da allora la civiltà ha perso ogni traccia di loro. Non ho più ricevuto nemmeno una riga da Walter, e nessuna notizia della spedizione è più apparsa sui giornali.
La stessa fitta, scoraggiante oscurità avvolge le sorti di Anne Catherick e della sua accompagnatrice Mrs Clements. Di loro non si è saputo più nulla. Nessuno sa se sono rimaste nel paese o lo hanno lasciato, se sono vive o morte. Persino l’avvocato di Sir Percival ha smarrito ogni speranza di ritrovarle e alla fine ha ordinato di sospendere la vana ricerca delle due fuggitive.
Il nostro vecchio, buon amico Mr Gilmore è stato tristemente costretto a interrompere la sua dinamica attività professionale. All’inizio della primavera abbiamo saputo con grande preoccupazione che l’avevano trovato privo di sensi alla sua scrivania e che gli avevano diagnosticato un colpo apoplettico. Si lamentava da tempo di un senso di pesantezza e di oppressione alla testa e il medico lo aveva avvisato dei rischi che correva continuando a lavorare dalla mattina alla sera come quando era un giovanotto. Di conseguenza, ora gli è stato ordinato senza mezzi termini di tenersi alla larga dall’ufficio per almeno un anno e di riposare il corpo e la mente cambiando in modo radicale il suo stile di vita. Quindi sarà il suo socio a portare avanti l’attività e lui, al momento, si trova in Germania, in visita da alcuni parenti che si sono stabiliti lì per questioni di affari. Così abbiamo perduto un altro amico sincero e un fidato consigliere, anche se spero e confido che sarà solo una perdita momentanea.
La povera Mrs Vesey ha viaggiato con me fino a Londra. Non si poteva lasciarla da sola a Limmeridge, dovendo anch’io abbandonare la casa dopo Laura, e abbiamo fatto in modo che potesse andare ad abitare con una sorella più giovane e nubile che gestisce una scuola a Clapham. Verrà qui il prossimo autunno per rivedere la sua pupilla, potrei quasi dire la sua figlia adottiva. Ho accompagnato la cara vecchia signora fino a destinazione e l’ho affidata alle cure della sorella. Era serena al pensiero di ritrovare Laura fra pochi mesi.
Quanto a Mr Fairlie, non credo di fargli alcun torto dicendo che pareva enormemente sollevato alla prospettiva di liberarsi di tutte le donne della casa. L’idea che possa sentire la mancanza di sua nipote è del tutto inverosimile, considerando che in passato non chiedeva di vederla per mesi interi. Quanto a me e a Mrs Vesey, mi sento autorizzata a credere che, mentre dichiarava che la nostra partenza gli spezzava il cuore, in realtà si rallegrava di sbarazzarsi anche di noi. Il suo ultimo capriccio lo aveva spinto ad assumere due fotografi impegnati a tempo pieno a immortalare tutti i tesori e gli oggetti curiosi di sua proprietà. Una copia completa della collezione fotografica sarà presentata all’Istituto di meccanica di Carlisle, ogni pezzo montato su finissimo cartoncino e accompagnato da un’appariscente didascalia a lettere rosse: “Madonna con bambino, Raffaello. Di proprietà dell’esimio Frederick Fairlie”; “Moneta di rame del periodo di Tiglath Pileser. Di proprietà dell’esimio Frederick Fairlie”; “Preziosa acquaforte di Rembrandt, conosciuta in tutta Europa come La macchia, per via di una sbavatura in un angolo, fatta dallo stampatore, che la rende unica. Valore stimato trecento ghinee. Di proprietà dell’esimio Frederick Fairlie”... Dozzine di fotografie di questo genere, con analoghe didascalie, erano già state montate prima che lasciassi il Cumberland, e ne rimangono altre centinaia da preparare. Con questo nuovo interesse a occupargli le giornate, Mr Fairlie sarà un uomo felice per mesi e mesi a venire, mentre i due sfortunati fotografi condivideranno il martirio della sua compagnia, che finora era stato inflitto per intero al suo domestico personale.
Così si conclude ciò che avevo da riferire in merito a persone e avvenimenti che sono al centro dei miei ricordi. Ma che cosa posso dire della persona che è al centro del mio cuore? Laura è sempre stata presente nei miei pensieri mentre scrivevo queste righe. Che cosa posso ricordare di lei rispetto agli ultimi sei mesi, prima di chiudere il mio diario per la notte?
Non ho altro che le sue lettere a farmi da guida, ma nessuna fa luce sulla questione più importante che la nostra corrispondenza potesse affrontare.
Il marito la tratta con gentilezza? Lei è più felice di quando ci siamo separate nel giorno delle sue nozze? Tutte le mie lettere contenevano queste due domande, poste in modo più o meno diretto e in forma diversa, e tutte, a questo riguardo, sono rimaste senza risposta. Invece, ho ricevuto generiche informazioni sulla sua salute, come se le mie domande si riferissero solo a questo. Laura mi ha scritto ripetutamente che sta bene, che viaggiare le piace, che ha superato l’inverno senza mai prendere un raffreddore per la prima volta in vita sua... Ma non trovo nemmeno un accenno da cui si possa capire se ha accettato il suo matrimonio e se riesce a ricordare quel ventidue di dicembre senza l’amarezza del rammarico e del rimpianto. Nelle sue lettere si limita a nominare il marito come se fosse un amico in viaggio con lei che si occupa dell’organizzazione. “Sir Percival” ha deciso che si parta il tal giorno; “Sir Percival” ha stabilito che il tal percorso è il migliore... Di tanto in tanto, molto di rado, lo chiama solo “Percival”, ma nove volte su dieci accompagna il nome con il titolo.
Le abitudini e opinioni del marito non sembrano avere influenzato minimamente le sue. Non vi è traccia in Laura di quella trasformazione morale che avviene facilmente in una giovane donna, fresca e sensibile, con il matrimonio. Mi comunica i suoi pensieri e le sue impressioni davanti a tutte le meraviglie che ha visto come li comunicherebbe a qualcun altro se fosse in viaggio con me invece che con suo marito. Non trapela mai alcuna intimità fra di loro. Anche quando tralascia l’argomento del viaggio e si concentra sulla vita che l’attende in Inghilterra, vede il proprio futuro nel ruolo di sorella, mentre sembra ostinarsi a non riconoscere quello di moglie di Sir Percival. E tuttavia non c’è nulla, nemmeno sotto la superficie, che mi faccia capire chiaramente che è infelice nella sua vita matrimoniale. L’impressione che ho tratto dalle sue lettere non mi porta, grazie a Dio, a questa dolorosa conclusione. Se la guardo nel suo nuovo ruolo di moglie attraverso quelle lettere, staccandomi dal ricordo di lei come sorella, vedo solo un triste torpore e un’immutabile indifferenza. In altre parole, a scrivermi in questi ultimi sei mesi è sempre stata Laura Fairlie e mai Lady Glyde.
Quanto al carattere e al comportamento del marito, mantiene lo stesso strano riserbo che osserva sul suo amico del cuore, il conte Fosco, cui fa cenno nelle ultime lettere.
Pare che il conte e la moglie abbiano cambiato i loro piani all’improvviso per qualche sconosciuta ragione alla fine dello scorso autunno e si siano recati a Vienna invece che a Roma, dove Sir Percival si aspettava di incontrarli. Sono poi rimasti a Vienna fino alla primavera e hanno infine raggiunto gli sposi in Tirolo per unirsi a loro sulla strada del ritorno. Laura ha scritto prontamente del suo incontro con Madame Fosco, assicurandomi di aver trovato la zia così cambiata in meglio – tanto più pacata e ragionevole di quanto fosse prima di sposarsi – che faticherò a riconoscerla quando la rivedrò. Ma riguardo al conte Fosco (che mi interessa infinitamente più di sua moglie), Laura è così circospetta e reticente da spazientirmi. Dice soltanto che la sconcerta e che non mi dirà qual è la sua impressione di lui finché non l’avrò incontrato e non mi sarò fatta un’opinione io stessa.
Questo, secondo me, non depone a favore del conte. Laura ha conservato molto meglio della maggioranza degli adulti la perspicacia dell’infanzia nel riconoscere una persona amica per istinto. Se, come penso, la sua prima impressione del conte Fosco non è stata favorevole, corro il rischio anch’io di dubitare e diffidare dell’illustre sconosciuto ancora prima di aver posato gli occhi su di lui. Ma devo solo avere pazienza: quest’incertezza, e molte altre, non dureranno ancora a lungo. Da domani tutti i miei dubbi cominceranno a poco a poco a chiarirsi.
È scoccata la mezzanotte e io sono appena tornata a concludere queste pagine dopo avere indugiato davanti alla finestra aperta.
È una notte senza luna, afosa e immobile. Sparute e fioche le stelle. Gli alberi, che precludono la vista su ogni lato, appaiono indi...