Passare dalla teoria alla pratica non era stato facile. Lojacono aveva dovuto insistere parecchio per convincere Laura a fare quello che sperava avrebbe fatto, e che avrebbe consentito a lui di fare il resto.
L’ispettore si rendeva conto che si trattava di qualcosa in contrasto con molti dei principî che informavano non solo il lavoro di un magistrato, ma la vita di qualunque essere umano. Il bene e il male erano divisi da una netta linea di demarcazione, e quella linea definiva il territorio della legge. Il Cinese l’aveva sperimentato non poche volte, anche nella sua terra di origine.
Ma nella realtà quel confine era spesso indistinto, e quando ci si avvicinava al crimine diventava faticoso essere gli unici tra i combattenti ad attenersi alle regole. Qui bisognava risolvere un caso che di momento in momento minacciava di trasformarsi in un omicidio, ma c’erano anche da salvare una donna e un bambino. Lojacono continuò a illustrare la situazione anche quando si trasferirono dal bar alla stanza della Piras. In mancanza di un loro intervento, Angela Capasso in Picariello sarebbe stata rintracciata e probabilmente uccisa. Nessun programma di protezione sarebbe bastato.
Certo, la si poteva abbandonare al suo destino. A quell’ora, magari, aveva già lasciato la casa di Meccaniello e si trovava sotto falso nome in chissà quale albergo o bed and breakfast della costiera. Si sarebbe spostata ancora, ma prima o poi qualcuno l’avrebbe notata, e avrebbe riferito. Nelle sue condizioni sarebbe stata ogni giorno piú esposta. Era solo questione di tempo.
Lojacono si appellò alla solidarietà femminile di Laura. Due innocenti ne avrebbero fatto le spese. Se il loro lavoro era catturare e punire i responsabili dei delitti, non potevano disinteressarsi di quegli stessi delitti prima che accadessero.
La Piras alla fine aveva ceduto. Dopo un lungo silenzio in cui Lojacono l’aveva vista meditare, picchiettando con la penna sul ripiano della scrivania e mordicchiandosi il labbro inferiore, si era alzata di scatto e aveva detto:
– Tu non lo conosci. È uno terribilmente intelligente, una vera volpe. Sottovalutarlo è un errore fatale. Ti affascina e ti tradisce: è la sua natura.
L’uomo non resistette alla tentazione di chiederle:
– E tu come lo sai?
Laura arrossÃ.
– Lo sanno tutti, qui dentro. Provo a vedere se c’è e se può riceverci.
Percorsero i soliti corridoi affollati di gente indaffarata carica di fascicoli e incartamenti. Lojacono si domandò quanto avrebbe impiegato l’èra digitale a tramutare tanta carta in bit e a svuotare l’edificio.
L’ufficio di Buffardi era molto diverso da quello di Laura: un’ampia sala d’aspetto governata da una bella ragazza con gli occhiali e un vestito che le fasciava il corpo, tre telefoni che squillavano senza sosta, una porta chiusa dalla quale provenivano diverse voci. Attesero in piedi, gli occhi della segretaria su Lojacono con un misto di curiosità e malizia femminile. La Piras gli sussurrò:
– Si chiama Francesca, è una stronza. Comincia a non fidarti.
Lojacono rivolse un sorriso alla ragazza.
– Buongiorno, Francesca.
Lei restituà il sorriso e rispose:
– Buongiorno, ispettore.
Eccomi già schedato, pensò Lojacono. Laura non trattenne un moto di fastidio.
La porta si aprà all’improvviso e sbucarono quattro uomini e una donna. Lojacono riconobbe Lamagna, il poliziotto della Mobile con cui Romano aveva sgradevoli trascorsi. I due si squadrarono ostili.
Dall’interno qualcuno li invitò a entrare.
Buffardi non si alzò dalla poltrona dietro la scrivania. Continuando a scrivere su un blocco di carta, indicò due sedie davanti a sé.
– Prego. Datemi un attimo, se no mi passa di mente.
Completò l’appunto e disse a voce alta:
– Francesca, vieni!
Le consegnò un foglietto.
– Ecco qua, occupatene tu. E mi raccomando, non ti scordare della spesa. Ho il frigorifero vuoto, a casa.
La ragazza annuÃ, sorrise di nuovo a Lojacono e uscà sculettando. La Piras, a denti stretti, commentò:
– Interesse privato in atti d’ufficio, eh? Ma lo sa il tuo capo che utilizzi il personale per i cazzi tuoi?
Buffardi si abbandonò sullo schienale, le mani dietro la testa.
– Siccome trascorro qui dentro il doppio dell’orario di lavoro, in qualche maniera devo arrangiarmi.
Spostò lo sguardo su Lojacono.
– Oh, ecco il famoso Cinese. Ma noi ci siamo già incontrati, o sbaglio?
L’ispettore confermò:
– SÃ. L’omicidio del panettiere, Granato Pasquale. Ci siamo incrociati sulla scena del delitto.
Buffardi sogghignò:
– SÃ, sÃ. È stato l’inizio della nostra frequentazione, no, Piras? Un bel ricordo. E poi alla fine avevate ragione voi, è cosÃ? Una rara circostanza. Tu sei una celebrità , lo sai, Lojacono? Si parla molto di te. In parecchi contesti, a essere sinceri.
La Piras intervenne:
– Senti, noi siamo qui per…
Il sostituto procuratore l’interruppe:
– Ma è un piacere, mia cara. È sempre un piacere vederti. Come è un piacere guardarti andar via. Da molte prospettive.
La battuta greve cadde sul pavimento con fragore. Lojacono rifletté che era una tattica precisa quella dell’uomo: essere sgradevole per alterare le strategie altrui. Per qualche motivo che gli sfuggiva, Buffardi voleva che Laura perdesse la calma. Sospettò che il lavoro non costituisse l’unica ragione del suo atteggiamento, e d’un tratto si chiese se non fosse proprio quell’individuo affascinante e spettinato l’origine dell’attuale freddezza manifestata dalla donna nei suoi confronti. Il Cinese non cambiò espressione di un millimetro, ma cominciò ad affilare la spada.
Laura, invece, stringeva i pugni e allargava le narici.
– Buffardi, per cortesia, cerca di concentrare le tue limitate facoltà cerebrali su ciò che dobbiamo dirti. Non abbiamo molto tempo.
L’uomo sorrise.
– Ah, ora non sono Diego, ma Buffardi. Allora la cosa è seria. Perciò ti sei portata la scorta?
Lojacono rimase in silenzio: se il magistrato sperava di scatenare una sua reazione, si sbagliava di grosso. La Piras, rassegnata:
– Come vuoi, peggio per te. Ti avevo avvisato che era inutile, Lojacono. Vieni, andiamocene. Faremo da soli.
Ben giocata, pensò l’ispettore. Buffardi reagà seccato:
– Mamma mia, Piras, come sei rigida. Se uno non ti conoscesse, si convincerebbe che sei sempre cosÃ. Avanti, in che modo posso aiutarvi?
Con la coda dell’occhio, Lojacono prese atto del rossore improvviso di Laura. Sentà un vuoto nello stomaco, come una piccola vertigine. Ma non doveva distrarsi.
Laura, senza voltarsi, per evitare il suo sguardo, iniziò a riassumere con frasi brevi e dirette quello che avevano concordato di esporre a Buffardi.
Gli rivelò che nel corso delle indagini per il pestaggio di Wood erano arrivati a capire che nel quartiere di Pizzofalcone l’americano chiedeva di Domenico Capasso, defunto nel 2004; costui era il suo padre naturale in virtú di una relazione avuta con Charlotte ÂWood a Sorrento nel 1962. A forza di porre domande l’uomo era stato notato e probabilmente pedinato fino all’indirizzo della figlia di Capasso che, come sapeva, era anche la moglie del latitante Nicola Picariello.
Buffardi ascoltava il resoconto della Piras con scarso interesse. Si era acceso una sigaretta e fumava con lentezza. Ogni tanto annuiva, osservando la pioggia che rigava la vetrata della finestra. Lojacono, immobile, si interrogava su quale tortura avrebbe scelto per farlo morire fra atroci tormenti.
Laura continuò imperterrita, fingendo di non accorgersi della tensione tra i due. Aggiunse che la squadra di Pizzofalcone, indagando sul passato, e attraverso una corrispondenza epistolare tra la Wood e Capasso di cui era entrata in possesso, era risalita a un contatto diretto tra Angela Picariello ed Ethan Wood. A quel punto l’atteggiamento di Buffardi mutò. Spense la sigaretta e si sporse in avanti, i gomiti sul ripiano della scrivania.
La Piras non modificò il proprio tono. Spiegò che Lojacono, seguendo una traccia estemporanea, un’intuizione, aveva rintracciato Angela Picariello e l’aveva avvicinata.
Buffardi batté una mano sulla scrivania.
– Cazzo, Piras! Eravamo d’accordo che se fosse saltata fuori una qualunque cosa sulla Picariello me l’avresti riferito subito. Quella donna può portarci al marito!
Laura replicò con freddezza:
– Parti dal presupposto che quanto ti stiamo dicendo avresti potuto non saperlo mai. E ti prego, niente manfrine sulla correttezza e sugli obblighi professionali. Tu sei uno squalo.
Buffardi si alzò in piedi gesticolando scomposto.
– Non puoi nemmeno immaginare l’importanza di Picariello, maledizione: muove centinaia di milioni di euro. I Sorbo non sono un piccolo clan di un inutile quartiere, controllano i traffici del porto, manovrano l’ingresso di una buona metà della coca che arriva in città . E lui è quello che regola i pagamenti e gli incassi: se riusciamo a capire come funziona li mettiamo con le spalle al muro. Dove sta, adesso, la moglie? Parla, svelta.
Lojacono intervenne. Voce profonda, volume basso, tono neutro.
– È al sicuro. Nessun problema con lei. E il quadro della situazione, mi creda, non ce l’avete ancora. Non completo.
Buffardi si comportò come se all’improvviso qualcuno, durante un incontro di boxe, gli avesse assestato un calcio nelle parti basse. Strabuzzò gli occhi e si voltò verso il poliziotto.
Laura sospirò piano. Il sostituto procuratore si mise a balbettare.
– Ma… ma come sarebbe? E che ne sai tu?
Si rivolse di nuovo a Laura:
– Lo senti? Chi gliel’ha dato il permesso di… Sei impazzita, Piras? Io… io ti faccio mandare in Trentino a contare le mele.
Lojacono riprese, sicuro, guardando il vuoto davanti a sé. Sembrava recitare una pregh...