
- 560 pagine
- Italian
- ePUB (disponibile sull'app)
- Disponibile su iOS e Android
eBook - ePub
Gli inconsolabili
Informazioni su questo libro
Tutto inizia con quella che sembra essere soltanto una strana forma d'amnesia: un pianista di fama internazionale, Ryder, arriva in un albergo della città in cui deve tenere un concerto. E mentre Gustav, un facchino pieno di idee, lo accompagna alla sua stanza, Ryder prende atto, con un'imperturbabilità appena venata d'ansia, di non sapere quasi nulla del soggiorno che lo attende. Eppure, probabilmente, ha già abitato in quella città ; e forse c'era una donna ad aspettarlo, o addirittura un bambino. Ma perché ha dimenticato il passato?
Domande frequenti
Sì, puoi annullare l'abbonamento in qualsiasi momento dalla sezione Abbonamento nelle impostazioni del tuo account sul sito web di Perlego. L'abbonamento rimarrà attivo fino alla fine del periodo di fatturazione in corso. Scopri come annullare l'abbonamento.
Al momento è possibile scaricare tramite l'app tutti i nostri libri ePub mobile-friendly. Anche la maggior parte dei nostri PDF è scaricabile e stiamo lavorando per rendere disponibile quanto prima il download di tutti gli altri file. Per maggiori informazioni, clicca qui.
Perlego offre due piani: Base e Completo
- Base è ideale per studenti e professionisti che amano esplorare un’ampia varietà di argomenti. Accedi alla Biblioteca Base con oltre 800.000 titoli affidabili e best-seller in business, crescita personale e discipline umanistiche. Include tempo di lettura illimitato e voce Read Aloud standard.
- Completo: Perfetto per studenti avanzati e ricercatori che necessitano di accesso completo e senza restrizioni. Sblocca oltre 1,4 milioni di libri in centinaia di argomenti, inclusi titoli accademici e specializzati. Il piano Completo include anche funzionalità avanzate come Premium Read Aloud e Research Assistant.
Perlego è un servizio di abbonamento a testi accademici, che ti permette di accedere a un'intera libreria online a un prezzo inferiore rispetto a quello che pagheresti per acquistare un singolo libro al mese. Con oltre 1 milione di testi suddivisi in più di 1.000 categorie, troverai sicuramente ciò che fa per te! Per maggiori informazioni, clicca qui.
Cerca l'icona Sintesi vocale nel prossimo libro che leggerai per verificare se è possibile riprodurre l'audio. Questo strumento permette di leggere il testo a voce alta, evidenziandolo man mano che la lettura procede. Puoi aumentare o diminuire la velocità della sintesi vocale, oppure sospendere la riproduzione. Per maggiori informazioni, clicca qui.
Sì! Puoi usare l’app Perlego sia su dispositivi iOS che Android per leggere in qualsiasi momento, in qualsiasi luogo — anche offline. Perfetta per i tragitti o quando sei in movimento.
Nota che non possiamo supportare dispositivi con iOS 13 o Android 7 o versioni precedenti. Scopri di più sull’utilizzo dell’app.
Nota che non possiamo supportare dispositivi con iOS 13 o Android 7 o versioni precedenti. Scopri di più sull’utilizzo dell’app.
Sì, puoi accedere a Gli inconsolabili di Kazuo Ishiguro, Gaspare Bona in formato PDF e/o ePub. Scopri oltre 1 milione di libri disponibili nel nostro catalogo.
Informazioni
Print ISBN
9788806155292eBook ISBN
9788858427552Parte prima
1.
Il taxista parve imbarazzato quando vide che non c’era nessuno – nemmeno un portiere dietro il banco della reception – ad accogliermi. Attraversò l’atrio deserto, forse sperando di scoprire un dipendente dell’albergo nascosto dietro una pianta o una poltrona. Alla fine posò le mie valigie accanto alla porta dell’ascensore e borbottando una scusa mi lasciò.
L’atrio era abbastanza spazioso perché i numerosi tavolini da caffè sparsi in giro non dessero una sensazione di affollamento, ma il soffitto, basso e visibilmente incurvato, induceva una lieve claustrofobia. La luce, sebbene fuori splendesse il sole, era tetra. Solo sulla parete vicino al banco della reception c’era una luminosa striscia di sole, che rischiarava un tratto di rivestimento di legno scuro e uno scaffale di riviste tedesche, francesi e inglesi. Vidi anche un campanello d’argento posato sul banco, e stavo per andare a scuoterlo quando alle mie spalle si aprà una porta e comparve un giovane in uniforme.
– Buon giorno, signore, – disse il portiere stancamente, e infilatosi dietro il banco della reception cominciò le procedure di registrazione. Anche se devo dargli atto che mormorò delle scuse per la sua assenza, per un po’ le sue maniere rimasero sbrigative. Solo quando gli dissi il mio nome sussultò e raddrizzò la schiena.
– Signor Ryder, mi perdoni se non l’ho riconosciuta. Il signor Hoffman, il direttore, desiderava moltissimo riceverla personalmente. Ma proprio ora, purtroppo, ha dovuto assentarsi per una riunione importante.
– Nessun inconveniente. Farò la sua conoscenza piú tardi.
Il portiere s’affrettò a compilare i moduli, continuando a borbottare quanto sarebbe rincresciuto al direttore che io fossi arrivato mentre lui non c’era. Per due volte accennò al fatto che i preparativi per «giovedà sera» l’avevano messo in grande agitazione e lo tenevano lontano dall’albergo molto piú del solito. Mi limitai ad annuire, incapace di fare uno sforzo per indagare sull’esatta natura del «giovedà sera».
– Oh, e oggi il signor Brodsky ha fatto meraviglie, – disse il portiere, ravvivandosi. – Davvero meraviglie. Questa mattina ha provato con l’orchestra per quattro ore di fila. E lo senta adesso! Non molla un attimo, ci sta ancora lavorando per conto suo.
Indicò il fondo dell’atrio. Solo allora mi accorsi che da un punto invisibile dell’edificio giungeva il suono di un pianoforte, appena udibile sopra i rumori smorzati del traffico. Sollevai il capo e ascoltai piú attentamente. Qualcuno stava suonando e risuonando, con fare lento e preoccupato, una breve frase dal secondo movimento di Verticalità di Mullery.
– Naturalmente, se il direttore fosse qui, – stava dicendo il portiere, – forse stanerebbe il signor Brodsky per presentarglielo. Ma io non so... – Gli sfuggà una risata. – Io non so se sia il caso di disturbarlo. Lei capisce, se è concentrato...
– Certo, certo. Sarà per un’altra volta.
– Se il direttore fosse qui... – Il giovane divagò e rise di nuovo. Poi, chinandosi in avanti, disse a bassa voce: – Lo sa che ci sono dei clienti che hanno avuto il coraggio di lamentarsi? Perché vietiamo l’accesso al salotto ogni volta che il signor Brodsky ha bisogno del pianoforte? C’è davvero da chiedersi che cosa abbia in testa certa gente! Ieri si sono lamentati addirittura in due. Ma può star sicuro che il signor Hoffman li ha subito messi a posto.
– Non ne dubito affatto. Brodsky, ha detto? – Ripensai al nome, ma non mi diceva nulla. Poi vidi che il portiere mi guardava stupefatto e mi affrettai a dire: – SÃ, sÃ. Al momento buono incontrerò volentieri il signor Brodsky.
– Ah, se il direttore fosse qui, signor Ryder.
– Su, non si preoccupi. E ora, se ha finito, le sarei grato se...
– Certamente. Deve essere stanchissimo dopo un viaggio cosà lungo. Ecco la sua chiave. Gustav l’accompagnerà in camera.
Mi voltai e vidi che dall’altra parte dell’atrio mi stava aspettando un vecchio facchino. Era in piedi davanti all’ascensore aperto, e ne guardava con aria turbata l’interno. Quando mi avvicinai, trasalÃ. Poi afferrò i miei bagagli e mi seguà in fretta nell’ascensore.
Mentre salivamo, il vecchio facchino continuò a stringere entrambe le valigie, e vidi che diventava sempre piú rosso per la fatica. Le valigie erano molto pesanti, e il timore che potesse svenirmi davanti al naso mi indusse a dire:
– Sa, credo che le convenga metterle giú.
– La ringrazio per l’attenzione, signore, – rispose lui, e nella sua voce, stranamente, non c’era quasi traccia dello sforzo che stava facendo. – Quando ho cominciato questo lavoro, moltissimi anni fa, posavo sempre le valigie per terra. Le tiravo su solo quando non potevo farne a meno. Durante gli spostamenti, per intenderci. Anzi, nei primi quindici anni che ho lavorato qui, confesso di avere usato quel metodo. In città molti dei facchini piú giovani se ne servono ancora. Ma oggi non mi vedrebbe mai fare una cosa del genere. E poi, siamo quasi arrivati.
Continuammo l’ascesa in silenzio. Poi dissi:
– Cosà è un pezzo che lavora nell’albergo.
– Ventisette anni, ormai. E in tutto questo tempo ho visto molto. Ma naturalmente l’albergo esisteva ben prima che arrivassi io. Si dice che Federico il Grande vi abbia passato una notte nel Settecento, e pare che già allora fosse una locanda con una lunga tradizione. Oh sÃ, in tanti anni sono successe cose di grande interesse storico, qui dentro. Una volta, quando non sarà cosà stanco, mi farebbe piacere raccontargliene qualcuna.
– Mi stava spiegando perché, secondo lei, è sbagliato posare le valigie per terra, – dissi.
– Ah, sÃ, – riprese il facchino. – È una questione interessante. Vede, come può immaginare, in una città cosà ci sono tanti alberghi. Ciò significa che molte persone, prima o poi, provano a fare il facchino. Molti credono che basti indossare un’uniforme per conoscere il mestiere. Quest’illusione era assai diffusa in città . La chiami un mito locale, se vuole. E confesso che un tempo persino io l’ho condivisa senza pensarci. Poi una volta... oh, ormai sono passati molti anni... mia moglie e io ci siamo presi una breve vacanza. Siamo andati in Svizzera, a Lucerna. Mia moglie è passata a miglior vita, adesso, ma ogni volta che penso a lei mi viene in mente la nostra piccola vacanza. È molto bello là , in riva al lago. Sicuramente conosce il posto. Dopo colazione facevamo incantevoli gite in barca. Be’, per venire al dunque, durante la vacanza ho notato che la gente di Lucerna non aveva certi pregiudizi sui facchini, come qui da noi. Come dire? C’era molto piú rispetto. I facchini migliori erano personaggi con una certa rinomanza, e i principali alberghi se li contendevano. Devo dire che quell’esperienza mi aprà gli occhi. Ma qui in questa città vige ormai da molti anni un’idea. Anzi, certe volte mi chiedo persino se potrà mai essere sradicata. Guardi che non sto dicendo che qui la gente è sgarbata con noi. Tutt’altro, sono sempre stato trattato con cortesia e tenuto nella dovuta considerazione. Però la gente si è fatta l’idea che tutti, se vogliono, possono fare questo mestiere, basta che se lo prefiggano. Probabilmente perché tutti, prima o poi, hanno dovuto spostare una valigia da qui a là . E solo per questo ritengono che fare il facchino in un albergo non sia altro che un’estensione di quell’esperienza. Nel corso degli anni, signore, ci sono state persone che proprio qui, in questo ascensore, mi hanno detto: «Uno di questi giorni pianterò là tutto e mi metterò a fare il facchino». Proprio cosÃ. Pensi che una volta, non molto tempo dopo quella piccola vacanza a Lucerna, uno dei nostri consiglieri comunali piú in vista mi ha rivolto quasi esattamente queste parole. «Mi piacerebbe farlo anch’io uno di questi giorni, – mi ha detto, indicando le valigie. – È la vita che fa per me. Non una preoccupazione al mondo». Immagino che cercasse di essere gentile. Di farmi capire che ero da invidiare. È successo quando ero piú giovane, signore, allora non tenevo sollevate le valigie, le mettevo giú, anche qui in questo ascensore, e forse davo un po’ quell’impressione. Sa, di spensieratezza, come sosteneva il consigliere. Be’, mi creda, signore, è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso. Non mi fraintenda, non mi sono infuriato per le parole in sé. Ma quando quel tale mi ha detto cosÃ, be’, è stato come se le cose mi si chiarissero d’incanto. Cose che mi frullavano in testa da tempo. E come le ho spiegato, venivo giusto dalla nostra piccola vacanza a Lucerna, dove avevo scoperto una nuova prospettiva. E mi sono detto, be’, è davvero ora che i facchini di questa città si mettano d’impegno e cambino andazzo. Vede, signore, a Lucerna avevo visto qualcosa di diverso, e avevo la sensazione, insomma, che il modo di fare di qui non fosse all’altezza. Cosà ci ho riflettuto su per bene e ho deciso di prendere di persona un certo numero di provvedimenti. Naturalmente, è probabile che già allora sapessi quanto sarebbe stato difficile. Parlo di tanti anni fa, ma mi rendevo già conto, credo, che forse per la mia generazione era troppo tardi. Che la situazione era ormai compromessa. Ma ho pensato che se fossi riuscito a fare la mia parte e a cambiare anche di poco le cose, be’, se non altro avrei reso la vita piú facile a chi sarebbe venuto dopo di me. Cosà ho adottato i miei provvedimenti, signore, e non li ho piú abbandonati dal giorno in cui il consigliere comunale ha proferito quelle parole. E sono fiero di dire che parecchi altri facchini di questa città hanno seguito il mio esempio. Questo non significa che abbiano adottato esattamente i miei stessi provvedimenti. Diciamo però che i loro provvedimenti sono, be’, compatibili.
– Capisco. E uno dei provvedimenti è stato quello di non mettere giú le valigie ma di tenerle sollevate.
– Precisamente, signore, ha capito benissimo il succo del discorso. Devo dire, naturalmente, che quando mi sono scelto queste regole ero molto piú giovane e forte, e probabilmente non ho tenuto conto che con l’età mi sarei indebolito. È buffo, signore, ma sono cose cui non si pensa. Gli altri facchini mi hanno detto lo stesso. Però cerchiamo tutti di mantenere i nostri vecchi propositi. Con il passare degli anni abbiamo formato un gruppo molto unito; siamo dodici, ciò che resta di quelli che tanto tempo fa hanno cercato di cambiare le cose. Se adesso dovessi rimangiarmi qualcosa, signore, mi sembrerebbe di deludere gli altri. E se uno di loro tradisse una qualsiasi delle sue vecchie regole, mi sentirei altrettanto deluso. Perché senza dubbio qualche progresso in città l’abbiamo fatto. C’è ancora molta strada da fare, è vero, ma ne abbiamo parlato spesso... sa, ci troviamo tutte le domeniche pomeriggio al Caffè Ungherese nella città vecchia, potrebbe venire anche lei, ci farebbe molto piacere... dicevo che abbiamo discusso spesso di queste cose, e siamo tutti d’accordo che in questa città ci sono stati, senza alcun dubbio, significativi miglioramenti nell’atteggiamento nei nostri confronti. I giovani che sono venuti dopo di noi, naturalmente, danno tutto per scontato. Ma noi del Caffè Ungherese sappiamo di avere contribuito a cambiare le cose, anche se di poco. Se viene ci farà molto piacere. Sarei felice di presentarla al gruppo. Non siamo piú rigidi come una volta, e già da un pezzo è tacitamente ammesso che in particolari circostanze si possano portare ospiti al nostro tavolo. E in questo periodo dell’anno, con questo solicello pomeridiano, si sta proprio bene. Il nostro tavolo è all’ombra della tenda e dà sulla Piazza Vecchia. Si sta d’incanto, signore, sono sicuro che le piacerà . Ma per tornare a ciò che stavo dicendo, al Caffè Ungherese abbiamo discusso spesso di questo argomento. Voglio dire dei vecchi propositi che ciascuno di noi ha fatto tanti anni fa. Vede, allora nessuno pensava a cosa sarebbe successo con la vecchiaia. Probabilmente eravamo cosà presi dal nostro lavoro che ragionavamo alla giornata. O forse abbiamo sottovalutato il tempo che ci sarebbe voluto per cambiare certi atteggiamenti incancreniti. Ma che vuole, signore. Adesso ho l’età che ho, e ogni anno che passa la fatica aumenta.
Il facchino fece una pausa e, nonostante il notevole sforzo fisico che stava compiendo, parve perdersi nei suoi pensieri. Poi disse:
– Devo essere onesto con lei. Quel che è giusto è giusto. Da giovane, quando mi sono imposto queste regole, portavo sempre fino a tre valigie, per quanto grandi o pesanti. Se il cliente ne aveva una quarta, quella la mettevo giú. Ma fino a tre ce la facevo sempre. Be’, la verità , signore, è che quattro anni fa non sono stato bene e ho cominciato a trovarmi in difficoltà , cosà ne abbiamo parlato al Caffè Ungherese. Alla fine tutti i miei colleghi hanno sostenuto che non c’era bisogno che fossi cosà severo con me stesso. In fondo, mi hanno detto, l’unica cosa indispensabile è inculcare nel cliente qualcosa della vera natura del nostro mestiere. Due valigie o tre, l’effetto è piú o meno lo stesso. Potevo ridurre il minimo a due valigie e non ci sarebbe stato niente di male. Ho preso per buone le loro parole, signore, ma so che non è cosÃ. Mi accorgo che l’effetto è tutt’altro che uguale, quando la gente mi guarda. Tra vedere un facchino che porta due valigie e vederne uno che ne porta tre, deve ammettere, signore, che c’è una bella differenza, anche per l’occhio meno esercitato. Me ne rendo conto, e non le nascondo che per me è stato doloroso accettarlo. Ma per tornare alla mia teoria, spero che adesso capisca perché non voglio mettere giú le sue valigie. Ne ha solo due. Almeno per qualche anno, ce la faccio ancora a portarle.
– Be’, tutto ciò è lodevolissimo, – dissi. – Su di me ha sicuramente ottenuto l’effetto desiderato.
– Desidero informarla, signore, che non sono l’unico che ha dovuto cambiare abitudini. Discutiamo di queste cose in continuazione, al Caffè Ungherese, e la verità è che ognuno di noi ha dovuto introdurre qualche cambiamento. Ma non vorrei darle la sensazione che ci concediamo a vicenda deroghe ai nostri principî. Se cosà fosse, tutti gli sforzi di questi anni sarebbero vanificati. Diventeremmo in quattro e quattr’otto degli zimbelli. I passanti ci sbeffeggerebbero vedendoci riuniti al nostro tavolo la domenica pomeriggio. Oh no, signore, restiamo severissimi l’uno con l’altro, e la comunità , come sono certo che la signorina Hilde le confermerà , ha imparato a rispettare le nostre riunioni domenicali. Come le dico, signore, se viene ci farà molto piacere. Sia nel caffè sia nella piazza si sta d’incanto in questi pomeriggi di sole. E qualche volta il proprietario del caffè fa venire dei violinisti zigani che suonano in piazza. Anche il proprietario ha il massimo rispetto per noi. Il caffè non è grande, ma lui fa sempre in modo che ci sia spazio a sufficienza perché possiamo sederci comodamente intorno al nostro tavolo. Persino quando il resto del...
Indice dei contenuti
- Copertina
- Frontespizio
- Parte prima
- Parte seconda
- Parte terza
- Parte quarta
- Il libro
- L’autore
- Dello stesso autore
- Copyright