Avevano aspettato tutto il pomeriggio, appollaiati sopra gli scogli che lasciavano buchi profondi sui palmi delle mani e le natiche, tagliuzzavano di piccole ferite la carne. Poi, finalmente, il sole era calato lento nell’acqua. S’era insinuato nelle orecchie un brusio, e in fondo era comparso il barcone. Tagliava spedito la superficie del mare, che si gonfiava, schiumava, e dopo un po’ si distendeva in piccole onde tese, allungate.
– Tra poco si parte! – La voce era scoppiata improvvisa nel silenzio spezzato di tanto in tanto dal grido degli uccelli, che da un po’ se ne stavano immobili sulle rocce a guardare da qualche parte, muovendo a scatti le teste.
S’erano tirati su tutti insieme, gli occhi rivolti alla faccia dell’uomo, che: – State buoni lÃ. Non è ora –. Poi quello s’era fatto strada tra gli scogli, e quando il barcone era ormai a mezzo metro dalla costa, aveva sollevato il braccio: – Adesso! – mentre con l’altra mano, chino, teneva ferma la barca, che ronfava, tirava, ondeggiando si riavvicinava.
S’era ritrovato in una calca di gambe e braccia a incespicare tra gli scogli che scendevano ripidi verso il mare. Avvinghiandosi alla prua, era riuscito a mollare la roccia e a cercare, carponi, di salire a bordo, mentre l’uomo: – Ti muovi sà o no? – gli urlava alle spalle, ridendo di quella sua «puzzolente» giacca militare, e spingendolo dentro con gli altri in un gemito confuso di voci.
Poi era calato di nuovo il silenzio, la faccia dell’uomo a un soffio dalla sua, la bocca che s’apriva, diceva: – Un cagasotto grande e grosso cosÃ... peggio dei ragazzini... – faceva una smorfia: – Alla tua età , già mi radevo! Non mi lasciavo quegli spuntoni lÃ! – mentre le mani tenevano ancora ferma la barca, la strattonavano, spingendola infine verso il largo. Il mare gli s’era riversato, all’istante, tutto dentro lo stomaco. Poi l’uomo s’era tirato su, dritto sulla riva, aveva alzato di nuovo il braccio, come a dire: «Via libera!»
Lui si era piegato a tenersi il ventre, immerso nel rumore assordante del motore, che montava insieme alla nausea. Si era girato a guardare gli uccelli, che se ne stavano ancora sulla loro scogliera, ad ali chiuse, il becco affilato che pareva annusare l’aria. Indifferenti e sempre piú lontani, mentre lui sentiva crescere attorno, a dismisura, tutto quel mare.
Adesso vedeva le loro sagome piumate mescolarsi in un’informe macchia bianca, che si faceva solida, diventava tutt’uno con la roccia, dileguava. – Statevene lÃ. Me ne frego, – aveva sussurrato, poi aveva stretto le braccia al busto e, continuando a premere le mani sul ventre, era rimasto a fissare, imperterrito, il fondo cieco del barcone, finché il sonno non gli era calato prepotente sugli occhi...
Erano appena le nove del mattino quando la vecchia aveva alzato improvvisamente la testa dal petto, s’era passata una mano sulle palpebre. – Tra poco arriva! – aveva detto rivolta al genero, che: – Ci vogliono ancora otto ore... – le aveva risposto con una vena d’insofferenza nella voce, spazzando un mucchio di granelli di sabbia incastrati nella scanalatura lungo la soglia.
Quella era tornata a chinare il capo. – Che sono otto ore! – aveva borbottato, facendo scorrere il palmo della mano sul grembo a stendere le pieghe del vestito, che era come nuovo, anche se aveva trent’anni almeno, e di un azzurro brillante punteggiato di bianco. E s’era messa a urlare forte al genero di muoversi, sporgendosi verso il foro buio del negozio, quando a mezzogiorno aveva visto i figli del Rosso sistemare, larghe larghe, una quindicina di poltroncine di plastica, a segnare un semicerchio, circondate man mano da altre file di sgabelli, cassette di frutta, sedie, tagliate su un lato, però, da un corridoio largo due metri buoni, per far passare il Biondo con la sua bestia, che aveva bisogno di spazio! aveva detto Toni, che dalla macelleria seguiva la cosa.
La vecchia s’era fatta portare la sua sedia di plastica rossa intrecciata al centro esatto della prima fila, spingendo di lato un po’ di poltroncine, ché era una vergogna prendersi tutta la piazza! E il Rosso non aveva certo piú diritto degli altri! Ne era nata quasi una rissa. Allora Toni era uscito di corsa da dietro il banco: – La vogliamo finire? – aveva urlato, mentre quella si faceva sistemare di fianco, dal nipote, un ombrellone, e si metteva lÃ, le mani in grembo, ad aspettare, con i bambini che di tanto in tanto le portavano acqua e un po’ d’anice anche, per rinfrescare la gola, ché c’era proprio un sole che ammazzava quel giorno!
Alle cinque non c’era piú un posto libero. I bambini accosciati a terra davanti, e dietro tutti gli altri, alcuni seduti a due a due, qualcuno in piedi in fondo alla piazza, che era un rincorrersi fitto di voci e richiami da un capo all’altro, mentre Toni: – Silenzio, silenzio! – urlava, piantato all’ingresso del corridoio, le mani conserte e gli occhi pronti a gelare chi sgattaiolava di lato, cercava d’intrufolarsi con la sua sedia persino lÃ.
Si stava già levando dalle prime file un brusio nervoso, che pian piano cominciava ormai a dilagare verso gli ultimi posti in scoppi d’insofferenza, quando Toni alzò energicamente un braccio. – Arriva! – esclamò.
Ruotarono tutti le teste all’unisono, mentre un silenzio grosso faceva mille volte piú grande il mercato.
Lo videro sbucare fuori dal nulla, subito oltre il gomito della strada. All’inizio scorsero soltanto una grande ombra bruna che incombeva su una sagoma d’uomo e, di fianco, come un’altra creatura, bruna anch’essa, ma sottile. Poi... si era delineata, man mano, una macchia abnorme di pelo che luccicava al sole e, davanti, immerso in quella sua giacca blu e con un gran cappello in testa, il Biondo, che la conduceva tirandola con una catenella minuscola, – Troppo minuscola! – mormorò qualcuno, sollevandosi dalla sedia per vedere meglio, mentre qualcun altro già indicava con il braccio teso l’essere sottile che gli scivolava accanto e: – È una... bicicletta! – esclamava, mollando il respiro. – E che razza di bicicletta! – faceva eco un uomo, sistemandosi meglio gli occhiali sul naso per mettere a fuoco quelle tre creature strambe che avanzavano lente.
Fu solo quando s’inoltrarono nel vicolo Grande, che scendeva dritto alla piazza, e come danzando sfilarono tra due quinte scure di facciate, fu allora che gli occhi di tutti si riempirono all’improvviso di riflessi ondeggianti, mescolati di nero e di un blu brillante, mentre i bambini già si alzavano sulle punte dei piedi, le facce rosse e anche gli occhi. – È qui! È qui! – urlavano in coro, sbracciandosi.
Il Biondo si fermò, s’arrotolò meglio nel palmo la catenella, poi fece scorrere intorno lo sguardo. La scorse rintanata in un vicolo e riprese allora a incedere a passo deciso. Chinò il capo in un accenno di saluto, strinse il manubrio della bicicletta e allargò le dita sino a toccare il guscio argentato del campanello. Poi si girò, disse qualche parola in quella sua lingua strana all’orso, che era un miracolo se non lo ammazzava con quegli artigli giganti! Lo accarezzò sul petto e s’inoltrò nel corridoio, guardando davanti a sé, la testa cosà dritta sul collo che pareva mezzo metro piú alto!
Stava già per poggiare con delicatezza a terra la bicicletta, quando il figlio piccolo del Rosso sgusciò via dal suo posto, e in un brusio scuro di voci la sollevò inarcando la schiena e le gambe. – La reggo io, – disse, girandosi in fretta a guardare suo padre, che si puntellò sui braccioli, fece per alzarsi, poi sentà una mano pressargli la spalla, il figlio piú grande sussurrare: – Quel coso ammazza! – e tornò a sedersi, rigido, contro la spalliera.
Il Biondo lanciò un’occhiata a Toni, che se ne stava in piedi in fondo. Quello annuÃ. – Avanti, – mormorò, stringendo i denti nel filtro. Allora tirò leggermente la catena, fece inchinare l’orso in un saluto lungo che sciolse il silenzio in un applauso talmente forte e serrato che alla vecchia venne quasi da piangere, «cosÃ, per l’emozione», biascicò girandosi verso il nipote, che con gli occhi la interrogava.
Fu con un gesto morbido ed esatto che il Biondo invitò l’animale a salire sul sellino, dicendo: – Ecco a voi... Iuri, Anton, Jon Scripcaru, l’orso piú in gamba che avete mai visto, mezzo straniero e... mezzo di qua ormai, – aggiunse, strappando ancora un applauso anche alle mani del Rosso, che teneva gli occhi fissi su quella gran bestia, mentre tutti si lanciavano l’un l’altro sguardi d’intesa, perché, in qualche modo, era anche roba loro quell’animale che avevano nutrito in tutti quei mesi! E: – Ce la farà ? – domandava già qualcuno con un filo di voce. – Certo che ce la farà ! – rispondeva in un strillo acuto un bambino.
– Dici che arriviamo?
SÃ, se Dio vuole.
– E se non vuole?
Allora ce la faremo da soli, nuotando con tutto quello che abbiamo.
– E cosa abbiamo?
Braccia, gambe, pancia, mani, faccia, no?
– Ma io non so nuotare...
Neanch’io, se è per questo.
– E allora?
Impareremo. Non possiamo mica affogare... in un mare bello cosÃ.
La voce-fantasma di suo padre gli si era insinuata da una lontananza nell’impasto molle e intorpidito del cervello, e ora gli sussurrava pacata dentro le orecchie.
Il mare adesso era una distesa d’oro blu srotolata verso l’orizzonte di un color pesca che scioglieva gli occhi. Il barcone ci navigava dentro, dondolando sbilenco. Pareva mille anni piú vecchio in quell’alba tenera spalancata sul mondo. E ruttava oscenamente, mentre cavalcava morbido l’acqua che suonava bella contro il legno, cosà bella che anche i gabbiani s’erano levati in volo e ora strillavano volando storti intorno, superando il barcone e lanciandosi, infine, in impennate improvvise contro il cielo che sfumava in un velo d’aria e acqua.
Lui li osservava, le dita ancorate a un appiglio sul fondo, e, concentrando lo sguardo, puntava gli occhi lontano nel tentativo di scorgere un qualche tratto di costa in quella foschia che mescolava tutto. Di tanto in tanto, si voltava a cercare il profilo evanescente di suo padre, che era giovane, incredibilmente giovane! E adesso si stava riempiendo d’aria i polmoni, chiudendo gli occhi.
– Quanto ci vuole prima di arrivare, papà ? – udà se stesso dire con una voce piccola, come fosse tornato bambino.
Non lo so, un po’, credo.
– Un po’ quanto?
Un bel po’.
– E poi?
E poi vi prendono uno per uno in braccio e vi portano a riva.
– Dove si tocca con i piedi?
Dove si tocca, certo.
– E tu mi dà i la mano, vero?
Te la posso dare anche ora, se vuoi.
– SÃ, dammela ora, cosà mi abituo già .
Il mare è buono. Vedi com’è buono? E... grandioso, ecco.
– E quelli l�
Hanno le tasche piene di soldi. Saranno contenti anche loro. Su, dammi la mano. Contento?
– SÃ... credo.
Devi dire sà e basta. Il cielo è di un celeste magnifico, il mare è... una specie di Dio azzurro, ecco, e non può non farvi arrivare... Devi dire sà e basta, Jon.
Il Biondo scrutò l’orso dritto negli occhi, annuÃ. E tutti, all’istante, tornarono a fare silenzio quando l’animale alzò la zampa posteriore, che pareva finta, scoprendo una chiazza larga e lunga di pelle spelata.
– Ma è malato! – sbottò il Rosso, cercando di agganciare lo sguardo di suo figlio. Il bambino si voltò verso il Biondo, che indicò la testa calva dei due figli maggiori del Rosso, e: – Capita, – disse, stirando le labbra, – anche agli orsi, – aggiunse, mentre sentiva gocce di sudore aggrapparglisi e scivolare lente lungo la schiena. Risero tutti.
L’orso passò la zampa oltre il sellino, si sedette. Poi tirò su quelle anteriori, rigate anch’esse all’interno di tante piccole croste. – Ma non lo vedete! – tornò a urlare il Rosso, mentre già l’animale le poggiava tutt’e due sul manubrio, ergendosi irsuto.
Il Biondo gli infilò i fermapiedi, reggendolo. – Avanti! – disse. Quello rimase un attimo in equilibrio, poi pressò la zampa contro il pedale, che sgusciò via. Piantò i piedi a terra, mentre tutti, adulti e bambini: – Dà i! – urlarono, col respiro che gli tagliava la gola. Solo il Rosso lanciò uno sguardo in giro, scosse il capo. E tornò subito a guardare dritto davanti a sé, quando la vecchia: – Deve prendere confidenza, – disse tranquilla, facendo un cenno d’assenso al Biondo, che: – Confidenza, sÃ, – mormorò, sentendo il gran corpo dell’animale fremere nervoso sotto le sue mani, che gli frizionavano i glutei e le zampe incastrate nel sellino, là ...