Il ciclista prodigioso
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Il ciclista prodigioso

  1. 200 pagine
  2. Italian
  3. ePUB (disponibile sull'app)
  4. Disponibile su iOS e Android
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Il ciclista prodigioso

Informazioni su questo libro

Giuliano Scabia è stato un autore inimitabile e poliedrico: ha innovato profondamente il teatro italiano negli anni Sessanta e Settanta portando le sue «azioni teatrali» negli ospedali psichiatrici, nelle fabbriche, nei barconi sul Po, nei boschi; è stato un mitico professore del DAMS che ha forgiato generazioni di studenti; è stato un poeta originale, «cantore delle bestie e delle piante, delle stelle e degli dèi» come ha ben scritto Gianni D'Elia; ed è stato soprattutto un romanziere dalla lingua inventiva, percorsa dalle vene dialettali di quel «pavano» che sentiva come lingua ancestrale, la lingua della sua infanzia ma anche dell'infanzia del mondo. I quattro romanzi del ciclo di Nane Oca sono ambientati in un mondo favolistico in cui la pacifica comunità dei Ronchi Palú deve affrontare scompigli grandi e piccoli. L'altro ciclo, scritto in uno stile piú realistico ma sempre attraversato da personaggi fantastici (per esempio l'angelo dagli occhi blu e l'angelo dagli occhi rossi che litigano sempre fra loro), racconta una saga familiare, a partire dal violoncellista Lorenzo (il padre di Scabia era effettivamente un violoncellista), dalle sue due mogli, fino alla figlia Sofia e ora, con quest'ultimo romanzo che esce purtroppo postumo, al figlio Ercole. Ercole, ciclista appassionato (come è sempre stato Scabia), decide di attraversare il mondo in bicicletta per raggiungere i luoghi in India dove il padre era andato a suonare per gli animali della foresta tanti anni prima. Dunque un libro «on the road», ma anche un libro di ricongiungimento col padre, e soprattutto un libro di prodigi, di incantamenti, di poesia. Il testamento finale di uno scrittore fantasioso come pochi, che ha saputo unire il popolare e il sublime.

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Informazioni

Editore
EINAUDI
Anno
2022
Print ISBN
9788806251000
eBook ISBN
9788858438572

Vera storia della vita di Ercole

scritta dai due arcangeli di famiglia

Inizio

La storia di Ercole è d’amore, violoncello, bicicletta e destino.
Il giorno in cui nacque sopra la città passò un dirigibile – silenzioso – seguito da una fila di gru lunghe e magrette. Lorenzo sollevando il figlio dalla culla disse:
– Secondo me questo è un bambino comico, avventuroso, forte e musicale. Mettiamogli nome Ercole, come il nonno, eh?
– È un nome molto impegnativo, – disse Cecilia, ancora sognante per il parto.
Sofia, che aveva quasi due anni e le gote rosate, guardava il neonato con gelosia.
Quando ebbe quattro anni Ercole imparò ad andare in biciclettina – e con Lorenzo, Cecilia e Sofia giravano per diletto (a quell’epoca le auto erano rare), salutati da amici e conoscenti. Lorenzo amava mostrare la sua nuova famiglia e far vedere quanto si volevano bene – e tutti, conoscendo la storia di Irene morta sulla nave dell’India e la disperazione di Lorenzo, erano contenti vedendo come lui era rinato e aveva ritrovato il gusto di suonare.
Per via dell’orecchio intonato Ercole era molto seguito dal padre che lo vezzeggiava coi sopra nomi – fra i quali preferito era ratatín.
Un giorno, poco dopo che Ercole compí i cinque anni, Lorenzo arrivò a casa con un piccolo violoncello e gli disse:
– Siccome hai l’orecchio perfetto – e io me ne intendo – vedo che potrai diventare un buon musicista. Ecco, questo violoncellino si chiama un quarto. Oggi cominciamo a suonare.
Gli impostò la posizione della mano destra sull’impugnatura dell’arco e lo fece tirare sulle quattro corde, do sol re la. Cosí Ercole sentí la voce dello strumento. Lorenzo gli veniva dietro suonando le medesime note e correggendolo.
Mentre all’unisono erano sul do basso udirono le sirene degli allarmi (era appena scoppiata la guerra) e poco dopo arrivarono i bombardieri. Cecilia si affacciò e disse:
– Lorenzo, bisogna scappare.
– Ma no, – disse Lorenzo. – Quando il violoncello suona non c’è pericolo. Ercole è veramente portato, lo senti?
– Preparo un cafetín? – disse Cecilia.
In quella sul poggiolo apparve quel giovane alto con gli occhi celesti e la barbetta (che Ercole non vide perché non era ancora il momento) e fece segno a Lorenzo di volergli parlare senza che il figlio sentisse.
– Attento Lorenzo, – disse, – che non venga quel rosso malpelo a traviare il bambino con idee di lontano Oriente.
– Sarà come sarà, – disse Lorenzo.
Si udirono in quella, non lontano, le scosse delle prime bombe.
– Dobbiamo scappare? – disse Lorenzo.
– Per stavolta no, – disse l’arcangelo. – Ma al prossimo bombardamento, gambe!
Qualche giorno dopo, essendo venuto il prossimo bombardamento, scapparono e andarono sfollati nel paesino di A., piccolo, in mezzo ai campi. Qua e là si sentiva muggire – ed Ercole, dopo le prime difficoltà di pugni, pedate, parole strane e sopra nomi irridenti fu accolto nella banda di Ampelio – e con loro andando per fossi e fossone diventò esperto di salire sugli alberi e trovare i nidi degli uccelli – garadestole, merli, usignoli – talvolta con dentro le uova.
Fu camminando lungo la fossona che un pomeriggio incontrarono un uomo dai capelli lunghi, di aspetto selvaggio, sopra nome Scavejàra. Con loro maschi c’era anche Maria, senza mutande, sorella di Ampelio, sopra nominata Tota.
– Cosa fai, Scavejàra? – disse Maria Tota.
– Sorveglio, – disse Scavejàra.
– Cosa sorvegli? – disse Ampelio.
– Che non venga il tedesco devastatore, – disse Scavejàra.
– Ma è nostro alleato, – disse Ampelio.
– Poco, – disse Scavejàra.
– Sei profeta? – disse Ercole.
– Scavejàra, vuoi uovi di usignolo? – disse Maria Tota.
– Gradisco! – disse Scavejàra.
Maria Tota gli diede le uova appena prese dal nido e Scavejàra le ingoiò una dopo l’altra, tuorlo e guscio.
– Uovi fa sangue! – disse.
– Sei un letamaio, – disse Maria Tota (in realtà aveva detto leamàro, nel suo dialetto).
C’erano a quei tempi personaggi come Scavejàra – veri selvaggi – a cui nessun dottore dava pillole o prescriveva ricoveri perché mai si ammalavano, abitanti per lo piú nelle tane lungo i fossi e nei pagliai. Ercole era colpito, affascinato.
– Il primo capitolo è fatto, – disse l’arcangelo dagli occhi rossi.
– Chi ben comincia è a metà dell’opera, – disse l’arcangelo dagli occhi celesti.
– Scrivere è piú godimento di qualunque chiacchiera, – disse l’arcangelo dagli occhi rossi.
– È quasi come la grazia illuminante, – disse l’arcangelo dagli occhi celesti.
– Un giorno, – disse l’arcangelo dagli occhi rossi, – mi piacerebbe scrivere un poema, magari epico.
– Su che argomento? – disse l’arcangelo dagli occhi celesti.
– Per esempio il Paradiso e l’Inferno, – disse l’arcangelo dagli occhi rossi.
– È materia che conosciamo, dopo la vita di Ercole si può fare, – disse l’arcangelo dagli occhi celesti. – Dài, andiamo avanti, che la mano mi trema.

L’ultima lezione

Passava il tempo giovane, quando i semi della vita si preparano a diventare destino.
Poco prima che Lorenzo salisse in cielo per fare il grande concerto con Boccherini, Cuccoli suo maestro e tutti i violoncellisti precedenti, Ercole ebbe l’ultima lezione dal padre.
Erano nella cameretta di sfollati – si vedevano dalla finestra i colli, parevano elefanti blu – era aprile.
– Caro Ercole, – disse Lorenzo. – Benché ancora immaturo il tuo suono è dolce, pastoso. Fai le note giuste e sulle corde cerchi a volte effetti particolari che hanno futuro.
– Papà, – disse Ercole, – ne hai avute tante di avventure col violoncello?
– Col violoncello, – disse Lorenzo, – sono perfino arrivato in capo al mondo.
– In capo al mondo? – disse Ercole.
– Il luogo piú lontano a cui uno può arrivare durante la vita, – disse Lorenzo.
– Anch’io voglio arrivare in capo al mondo, – disse Ercole.
– Ognuno ha il suo di in capo al mondo, – disse Lorenzo.
– E il mio qual è? – disse Ercole.
– Lo saprai quando ci arriverai, – disse Lorenzo.
– E quando ci arriverò? – disse Ercole.
– Non si sa mai prima di arrivarci, – disse Lorenzo.
– E tu come hai fatto a capire che eri in capo al mondo? – disse Ercole.
– Eh! – disse Lorenzo.
In quell’eh! c’era tutto: la sfida dell’uomo alto dagli occhi rossi ai Vini Veronesi, il concerto alle bestie della giungla, la morte di Irene in mezzo all’Oceano.
Fuori, nell’aria, stavano i due arcangeli che sempre, quando i discorsi si facevano di destino, si aggiravano. Lorenzo li vide ed ebbe il presentimento.
– Dài papà, – disse Ercole, – suoniamo insieme.
Cosí cominciarono il preludio della Prima Suite di Bach – che è arioso, allegro –, Ercole gli metteva un che di scherzoso – perché era di natura scherzoso, come Lorenzo.
Andarono avanti all’unisono per un po’, padre e figlio – e nell’aria i due compari su quelle note ballavano e facevano piroette. Ercole non li vedeva ma Lorenzo sí: e di quel preludio qualcosa giunse in alto – sicché Boccherini, Cuccoli e tutti i violoncellisti precede...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Frontespizio
  3. Il ciclista prodigioso
  4. Prologo
  5. VERA STORIA DELLA VITA DI ERCOLE. scritta dai due arcangeli di famiglia
  6. RACCONTO DEL VIAGGIO NEL LONTANO ORIENTE
  7. PARTE SEGRETA DEL VIAGGIO DI ERCOLE. scritta dai due arcangeli
  8. RITORNO NEL LONTANO ORIENTE. scritto dai due arcangeli
  9. Ma non è finita
  10. ULTIMA SCRITTURA DEI DUE ARCANGELI DI FAMIGLIA
  11. Il libro
  12. L’autore
  13. Dello stesso autore
  14. Copyright