Sono felice, dove ho sbagliato?
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Sono felice, dove ho sbagliato?

  1. 240 pagine
  2. Italian
  3. ePUB (disponibile sull'app)
  4. Disponibile su iOS e Android
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Sono felice, dove ho sbagliato?

Informazioni su questo libro

Vincenzo Malinconico è tornato ed è alle prese con un'ingiusta causa. D'amore. Già, c'è di mezzo l'amore anche stavolta, ma un tipo d'amore con cui Malinconico non ha avuto ancora a che fare, professionalmente parlando: l'amore impantanato, quello di chi pensa di avere diritto a un risarcimento per il dolore. Perché è proprio questo che gli chiedono gli Impantanati, sei donne e due uomini uniti in una strampalata associazione: di intentare una causa epocale per danni da sinistri sentimentali. E l'assurdo può sembrare a tratti possibile, al piú eccentrico avvocato d'insuccesso di sempre. L'amore può ingolfare una vita, metterla in attesa, in balia degli anni che passano. Tutti conosciamo coppie sfinite da rapporti senza futuro: amori dove i progetti, i desideri e persino i diritti ristagnano. A volte è proprio il legame, il problema. I rapporti di forza, il tempo sul groppone, il presente che dà dipendenza. Poi capita che una mattina la parte debole si svegli e decida che è venuto il momento di fare i conti. È quello che succede nella sesta avventura di Vincenzo Malinconico, l'avvocato delle cause perse ancor prima d'essere discusse, quando Veronica, la sua compagna, gli manda in studio una coppia di amici che gli chiedono d'intentare, con una class action, una causa epocale per l'infelicità di coppia. La pretesa dei due, apparentemente demenziale (ma Malinconico è avvezzo a questo genere di situazioni), si basa su un assunto neanche cosí sbagliato: se esiste un diritto privato, perché la sfera privata dei sentimenti non dovrebbe andare soggetta alla stessa legge che regola i rapporti patrimoniali? Fosse per Malinconico la chiuderebbe lí, anche perché ha altro di cui occuparsi (Alagia che sta per farlo diventare nonno, Alfredo in fibrillazione per il suo primo cortometraggio, uno strano figuro che lo pedina), ma finisce per cedere alle insistenze del suo socio Benny e si ritrova a partecipare con lui agli incontri degli Impantanati. E noi lo sappiamo bene: quando Malinconico si fa trascinare in una situazione che gli sta stretta, sbrocca ma riesce persino a divertirsi. Sicuramente a farci divertire come non mai, in questo che è uno dei romanzi piú mossi e vivi di Diego De Silva. Fra risate, battibecchi, colpi di scena e ordinarie drammaturgie familiari, Malinconico riuscirà ad articolare una stralunata difesa. Ma di se stesso, soprattutto.

Domande frequenti

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Informazioni

Editore
EINAUDI
Anno
2022
eBook ISBN
9788858438695

Sherlock

Piove che Dio la manda (chissà se nel conferire a Dio il mandato della pioggia si allude a una benedizione in tempi di siccità o a una sfuriata del padreterno che un giorno si alza di cattivo umore e, disgustato dalle miserie umane, pensa: «Ma sapete che ci sta? Adesso vi prendo proprio con gli idranti»); dicevo: piove che Dio la manda, quindi la gente si muove in macchina per contribuire all’intasamento urbano (è cosí e non voglio sentire una parola sull’argomento, visto che nessuno è in grado di spiegarmi perché appena piove le macchine triplicano); pure io ho preso la macchina, ma prima che venisse il diluvio (che poi a me i diluvi piacciono, specie se mi ci trovo dentro all’improvviso, ma non quando sono in macchina), e per arrivare al teatro degli impantanati impiego un’ora e dodici minuti: roba che a piedi ci avrei messo la metà del tempo.
Ora: che sarei andato l’avevo detto, o meglio l’avevo mandato a dire da Veronica dopo che aveva vinto il match a pranzo, ma non ero proprio tenuto ad arrivare puntuale, perché io (e adesso lo chiariremo, dato che mi pare non si sia ben capito) non sono uno degli impantanati, non prendo parte alle loro riunioni in qualità di membro della loro comunità e dunque non ho il dovere di spaccare il secondo e tantomeno di sentirmi in colpa se arrivo con quaranta minuti di ritardo.
Quando entro in sala la compagnia è già riunita, mancano solo la cinquantenne con bambino illegittimo e quella con la montatura alla Woody Allen. Benny – che, ormai è chiaro (anche perché ha detto a Suspiria di cancellare tutti i suoi appuntamenti nei giorni in cui si riuniscono gli impantanati), non si schioderà dal consesso prima di averle tentate tutte – mi lancia un’occhiata di riprovazione per il mio ritardo.
Né Ludovica (quella dell’amante poliziotto), né la chiagnazzara, né Adafiliberta (mi sembra), né il falso empatico e nemmeno il tenero Giacomo mi degnano di uno sguardo. L’unica a salutarmi, pur senza un gran trasporto, è Ega, che mi offre anche la sua sedia. Io rifiuto, lei insiste, salgo sul palco, mi siedo.
– Siamo qui da un po’, – dice il falso empatico.
– Cavoli, – rispondo. – Chissà se riuscirò a capire il seguito.
Quello, risentito, drizza il collo con un buffo scatto da gheppio.
Cala un’atmosfera ambigua, come se la mia battuta avesse tolto seriosità all’assemblea. Benny non ride ma poco ci manca (è un fan dei momenti imbarazzanti, quando riguardano gli altri).
– Beh, Oscar, – interviene Ludovica, che penso abbia capito che il falso empatico è un rattuso sotto copertura, – Malinconico non si è fatto mica la tessera, che deve venire puntuale.
– Ti chiami Oscar? – chiede Benny al Gheppio. Ma proprio come se si meravigliasse.
– Sí, perché? – fa quello.
– No, niente, – risponde Benny.
– Per favore, – prende la parola Ega, – vorrei pregarvi di accogliere Vincenzo con la massima cordialità, la stessa che abbiamo riservato a Benny, che sentiamo come uno di noi da quando ci ha confessato di vivere la nostra stessa condizione. La mia cara amica Veronica, che come sapete è la sua compagna, mi ha detto che Vincenzo, dopo qualche incertezza fra l’altro comprensibile, visto che la nostra non sarà una causa facile, ha deciso di darci una mano.
– Davvero? – dice la chiagnazzara. – L’altra volta mi era sembrato che non volessi.
– Anche a noi, veramente, – aggiunge Adanorberta in rappresentanza di tutti.
– Oh, non fateci caso, è solo che per sapere come la pensa deve chiedere alla fidanzata, – fa Benny.
Si leva un coretto di risatine che mi scoppiettano intorno come pop corn. Guardo Benny, e il sottopancia della mia occhiata è: «Okay, l’hai voluto tu».
– Tu invece chiedi a… aspetta, com’è che si chiamava la donna che ti ha infelicitato l’esistenza? Diana, giusto? Una collega, se ben ricordo.
– Già, – fa l’idiota, iniziando a imporporarsi.
– Sai che ho controllato e non ci sono Diane nell’albo degli avvocati? Forse usa un soprannome?
La faccia gli diventa a strisce, lo giuro. Come si fossero ingrippati i led del pannello frontale. Non so cosa mi trattenga dal tirare fuori il telefono e fargli una foto.
– No, è il secondo nome, – risponde fra i denti, abbassando il volume vocale di tre quarti.
Al che ci sporgiamo tutti verso di lui, non avendo sentito un cazzo.
– Come, scusa? – dico.
– Ho detto che è il secondo nome. Anche in famiglia la chiamano cosí.
– Ah, ecco. E il primo quale sarebbe?
– Anna.
– Beh. Quello nell’albo c’è senz’altro.
– Anna è un bellissimo nome, – osserva Ega, – come mai usa l’altro?
– Infatti, – sottoscrive Ludovica, – è cosí bello, Anna. In piú è un nome palindromo.
– Già. È cosí comodo, – dice Benny.
– Comodo? – chiede la chiagnazzara.
– Eh sí, si gira anche se la chiami al contrario.
Segue un attimo di sospensione.
– Ah, ah, ah!! – ride Ega trascinandosi dietro tutti gli altri ad eccezione del Gheppio che, da bravo rattuso, mal sopporta la concorrenza di un altro gallo nel pollaio.
– Wow, Benny, – dico io inespressivo, – questa era davvero strepitosa. Ma come ti è venuta?
Adalberta (ora mi ricordo) ride.
– Ma fate sempre questo, voi due? – domanda.
– Ce lo chiedono spesso, – risponde Benny.
– Anche in udienza, – aggiungo io. – Alcuni giudici quando entriamo in aula scuotono la testa a prescindere.
– Certo siete delle belle teste di cazzo, – commenta Ega.
Restiamo un attimo cosí. Forse perché finora nessuno le aveva sentito pronunciare una parolaccia a freddo.
– Veronica me l’aveva detto, che avevi una duchessa nell’albero, – dico.
– Ah, ah, ah!! – scoppia di nuovo a ridere. E gli altri appresso, stavolta pure il Gheppio.
La chiagnazzara si scurisce in volto e inizia a piangere.
– Oh santiddio, che le prende adesso?
Subito il Gheppio le afferra la mano. Dio, come mi piacerebbe dargli fuoco alla giacca.
– Scusate, – biascica lei, – è che l’allegria degli altri mi ricorda quanto sono infelice.
– Gesú, – fa Benny.
– Non devi vergognarti dei tuoi sentimenti, Dolores, – dice Ega, – è proprio questo lo scopo dei nostri incontri.
Non ci credo: si chiama Dolores.
– È piú di un mese che non lo vedo. Non fa che darmi appuntamenti che poi annulla, – s’intromette Adalberta. – Sapete cosa sono? Un albergo che riceve solo disdette, ecco cosa sono.
Che è come se nel bel mezzo di My Favorite Things il pianista cominciasse a suonare Il ballo del qua qua.
– No, eh, – intimo, alzandomi in piedi, – vediamo di non fare come l’altra volta che ognuno prende la parola a capocchia. Io cosí non capisco piú niente.
– Hai ragione, Vincenzo, – ribatte Ega, – ma è questo, sai, il nostro modo di procedere.
– Okay, vediamo d’intenderci almeno sui fondamentali. Io faccio l’avvocato, giusto?
– Beh, certo, – Ega si stringe nelle spalle.
– E sono qui per occuparmi della vostra class action insieme a quello scappato di casa che tutto sta facendo tranne l’avvocato, giusto?
Tutti si voltano verso Benny come dovessero trovare la risposta guardandolo. Lui assume un’espressione braccata, tra le piú ridicole che gli abbia mai visto. Vorrebbe rispondermi (male) ma lo fotto sul tempo.
– Ora: per capire su quali appigli fondare la causa, ho bisogno di conoscere le vostre storie. Perché cosí si fanno le cause: si racconta un fatto, si cerca di provarlo e si avanza una richiesta. Dico bene, collega Lacalamita?
– Intanto, scappata di casa sarà tua sorella. E so anche con chi. Per il resto, se impanare l’ovvio significa dire bene, dici bene. Ma sempre l’ovvio stai impanando.
– Ah sí? Perché, tu per caso sai su quali fatti fondare la causa? Conosci le storie di questi signori e di queste signore, una per una? Dimmi, – indico la ragazza che potrebbe essere mia figlia, – lei come si chiama? E lei? E lui? E lui? – indico in sequenza Adalberta, il tenero...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Frontespizio
  3. Sono felice, dove ho sbagliato?
  4. Cominciamo (Tipologia dei pantani)
  5. A volte ritornano
  6. Cross examination
  7. Harakiri
  8. Dietro l’essere felici (La petite mort)
  9. Special guests
  10. Class action
  11. Fuochi amici
  12. Io espio
  13. Cucú
  14. Il metodo Benny
  15. Ciaao Vincenzo, ciaao Benny
  16. Diana, Laura Antonelli e gli adolescenti inquieti
  17. Il potere dei musi (Carnage)
  18. Sherlock
  19. Drive-in
  20. A different birthday
  21. Paul e Jeanne
  22. Digressione sull’intelligenza artificiale
  23. Duet
  24. Sol La Fa Fa Do (Hello)
  25. Geolocal
  26. C’erano una volta
  27. La scomparsa di Benny
  28. BDSM
  29. Sputazzata sull’Orient Express
  30. Jr
  31. Allora
  32. Il libro
  33. L’autore
  34. Dello stesso autore
  35. Copyright